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I CINQUEMILA GIORNI DI ICHKERIA – Marzo 1992

1 Marzo

CONFLITTI SOCIALI – Allo scopo di interrompere le indebite appropriazioni di beni pubblici, soprattutto quelli afferenti ai magazzini della Protezione Civile, o la loro rivendita illegale da parte dei funzionari pubblici, con il Decreto Presidenziale numero 17 il Presidente della Repubblica ordina un censimento generale delle proprietà ed un nuovo protocollo di autorizzazione per il loro utilizzo attraverso speciali permessi presidenziali.

POLITICA NAZIONALE – Con Decreto Presidenziale numero 16, recependo un’iniziativa del Parlamento della Repubblica, il Presidente Dudaev assegna un edificio precedentemente a disposizione del KGB ad un’unità medico – diagnostica a disposizione della popolazione infantile e femminile della Repubblica.

2 Marzo

POLITICA LOCALE – Su iniziativa del Sindaco di Grozny Bislan Gantamirov vengono aperti in città quattro negozi “sociali” destinati alla raccolta ed alla distribuzione di cibo e vestiario agli indigenti. Tale misura è volta a sostenere le fasce deboli della popolazione, sempre più colpita dal rialzo dei prezzi e dalla crisi economica generale.

Bislan Gantamirov (in abiti civili) presenzia ad un’ispezione insieme a Dzhokhar Dudaev (in mimetica)

3 Marzo

NEGOZIATI RUSSO/CECENI – I rappresentanti russi e ceceni si incontrano a Sochi per iniziare un ciclo di negoziati. Dal governo russo arriva la disponibilità a continuare nel limite del possibile il trasferimento dei fondi necessario al pagamento degli stipendi pubblici e dei salari.

5 Marzo

POLITICA NAZIONALE – In ordine a garantire locali adeguati alle strutture del comparto giudiziario della Repubblica, con il Decreto Presidenziale numero 19 “Misure per migliorare le condizioni di lavoro dei tribunali distrettuali della Repubblica Cecena” il Presidente Dudaev ordina che gli edifici, le risorse ed il mobilio appartenute al disciolto Partito Comunista dell’Unione Sovietica siano ceduti in uso alle corti di giustizia.

6 Marzo

CRISI POLITICA IN CECENIA – Umar Avturkhanov, Governatore dell’Alto Terek e principale leader dell’opposizione a Dudaev, pubblica un appello al popolo ceceno nel quale invita i suoi concittadini a non ubbidire al governo indipendentista.

CONFLITTI SOCIALI – A Grozny i rappresentanti dei dipendenti pubblici minacciano uno sciopero generale se il governo non assicurerà il pagamento degli stipendi.

POLITICA ESTERA – Dudaev invia una dichiarazione ai governi di Azerbaijian, Tatarstan, Baskhortostan e Turkmenistan proponendo un’unione monetaria alternativa al rublo, considerato uno strumento imperialista di destabilizzazione per le repubbliche “produttrici di petrolio”.

CRISI RUSSO/CECENA – Reagendo al blocco economico in atto da parte della Federazione Russa, Dudaev dichiara il blocco alle esportazioni dei prodotti strategici (in particolare dei lubrificanti per aerei, dei quali la Cecenia è produttore – leader con il 90% del fabbisogno di tutta la Russia) fin quando Mosca non riaprirà le frontiere.

ECONOMIA E FINANZA– La situazione economica nel paese peggiora di giorno in giorno. Il governo non ha le risorse necessarie a garantire il regolare pagamento degli stipendi. Insegnanti e forze dell’ordine non hanno ricevuto né lo stipendio di Gennaio, né lo stipendio di Marzo, e minacciano di scioperare.

10 Marzo

POLITICA NAZIONALE – Al fine di garantire le risorse necessarie al suo funzionamento, con il Decreto Presidenziale numero 18 il Presidente Dudaev alloca la somma di 200.000 rubli per le spese correnti della neocostituita Corte Suprema della Repubblica. Tale misura dovrà essere implementata con la costituzione di un’apposita voce nel bilancio statale.

12 Marzo

POLITICA NAZIONALE – Con la Legge numero 108/1992 Il Parlamento promulga la Costituzione della Repubblica Cecena. La nuova carta fondamentale, ispirata alle costituzioni occidentali, identifica lo Stato come una repubblica democratica di tipo parlamentare, fondata sul rispetto dei diritti della persona, dei diritti civili e della tolleranza religiosa.

Con Decreto Presidenziale numero 23 il Presidente Dudaev riforma la Protezione Civile Nazionale, assumendo il potere di nomina dei suoi massimi rappresentanti e delegando al Sindaco di Grozny la gestione della protezione civile nella capitale.

POLITICA ESTERA – La delegazione cecena, guidata dal Ministro degli Esteri Shamil Beno giunge a Dagomys, in Abkhazia, dove incontra la controparte russa per iniziare i negoziati tra i governi di Grozny e di Mosca.

Le tre più alte cariche del Parlamento di prima convocazione: Il Presidente del Parlamento, Akhmadov (Al centro) ed i due Vicepresidenti, Mezhidov (a sinistra) e Gushakayev (a destra)

12 Marzo

POLITICA ESTERA – Settanta deputati provenienti dalla Georgia vengono ospitati in sessione dalle autorità cecene, alla presenza dell’ex presidente georgiano Gamsakhurdia e del Capo dello Stato ceceno, Dudaev. Con questo gesto il Presidente della Repubblica Cecena prende una chiara posizione politica in favore dell’ormai decaduto leader georgiano.

12 Marzo

NEGOZIATI RUSSO/CECENI – I negoziati tra Federazione Russa e Repubblica Cecena portano alla sottoscrizione di un documento condiviso nel quale si identificano alcune aree di integrazione politica ed economica tra i due paesi.

I negoziati proseguono mentre la Federazione Russa indice per il 31 Marzo la cerimonia di firma di un nuovo Trattato Federativo con il quale tutti i soggetti federati della Russia fisseranno i loro rapporti con il governo centrale. I moderati ceceni spingono perché la Cecenia firmi il Trattato, ma Dudaev ed i nazionalisti pretendono che prima la Federazione Russa riconosca l’indipendenza della Cecenia.

15 Marzo

NEGOZIATI RUSSO/CECENI – Di ritorno dalla sessione negoziale nella cittadina di Dagomys, la delegazione cecena comunica che il prossimo incontro si terrà a Mosca, e che la delegazione russa ha promesso di allentare il blocco finanziario della Repubblica Cecena se questa ricomincerà ad esportare i prodotti derivanti dalla lavorazione degli idrocarburi.

16 Marzo

POLITICA NAZIONALE – Per favorire gli investimenti nella repubblica il Parlamento vara una moratoria sull’imposta sul reddito, e la abolisce per l’anno di imposta 1992. La misura serve anche a rottamare una enorme quantità di debiti privati nei confronti della pubblica amministrazione, cui la maggior parte dei ceceni non riesce più a far fronte, o che non intende pagare.

CONFLITTI SOCIALI – Continua lo sciopero degli insegnanti e di altri dipendenti del pubblico impiego a causa dei ritardi nel pagamento degli stipendi. In particolare gli insegnanti lamentano il fatto di non aver ancora ricevuto lo stipendio di Gennaio. Il governo assicura che presto i pagamenti riprenderanno regolari, a seguito di accordi per la vendita di prodotti petroliferi che dovrebbero portare alle casse dello Stato la liquidità necessaria a mettere il tesoro in pari con i pagamenti.

17 Marzo

CONFLITTI SOCIALI – Intere categorie di lavoratori pubblici entrano in sciopero a causa del mancato pagamento dei salari. Le scuole, colpite dall’astensione lavorativa degli insegnanti, rimangono chiuse. Il Ministro dell’Economia Taymaz Abubakarov promette che il tesoro ricomincerà a pagare regolarmente gli stipendi non appena la Russia interromperà il blocco dei trasferimenti finanziari.

POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento della Repubblica approva una legge con la quale reintroduce l’alfabeto latino in funzione di quello cirillico, imposto dall’Unione Sovietica negli anni ’30. Secondo il parere dei deputati, questo è più aderente alla fonetica della lingua cecena.

CRISI POLITICA IN CECENIA  l’opposizione anti – dudaevita fa circolare volantini nei quali si chiedono le dimissioni di Dudaev. Gruppi armati antidudaeviti prendono posizione nei dintorni di Grozny.

Uno dei leader dell’opposizione antidudaevita, Umar Avturkhanov

20 Marzo

POLITICA ESTERA – Con Decreto Presidenziale il Presidente Dudaev ordina al Ministero degli Esteri di stabilire regolari relazioni diplomatiche con la Repubblica di Georgia “non appena l’ordine costituzionale sarà ripristinato”. Il provvedimento è essenzialmente un gesto di amicizia politica al decaduto presidente georgiano Gamsakhurdia, il quale attualmente risiede a Grozny e lavora alla riconquista del potere sostenuto da numerosi ex esponenti del Soviet Supremo Georgiano, anch’esso disperso a seguito del colpo di stato dell’anno precedente.

20 Marzo

POLITICA NAZIONALE – Dudaev promulga il Decreto “Sulle aliquote di dazio statale da addebitarsi sulle domande e sui reclami presentati in tribunale, nonché sulle imposte degli atti notarili e dello stato civile” con il quale calmiera i prezzi degli atti pubblici, agevolando la popolazione vessata dalla crisi economica ma riducendo al minimo gli introiti a disposizione del comparto della giustizia, il quale già versa in una cronica carenza di risorse per poter funzionare.

24 Marzo

POLITICA NAZIONALE – In ordine a razionalizzare i servizi sanitari della Repubblica, con il Decreto Presidenziale numero 30 Dudaev stabilisce la conversione del centro medico del Ministero degli Interni in ospedale policlinico al servizio dei dipendenti pubblici e delle forze dell’ordine, decretando che tale struttura sarà finanziata da specifiche voci di bilancio a carico delle istituzioni statali che utilizzeranno la struttura.

25 Marzo

MOVIMENTI POLITICI – Il Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (OKChN) dal quale sono emerse le forze che hanno scatenato la Rivoluzione Cecena, delibera una nuova sessione da tenersi in Maggio. La Costituzione appena approvata non ha riconosciuto al Congresso alcuno spazio istituzionale, ed i nuovi rappresentanti dell’organizzazione, emersi dal “travaso” di molti dei suoi leaders nelle istituzioni della Repubblica, rivendicano il ruolo centrale che a loro parere il Congresso dovrebbe avere nella Cecenia indipendente.

Yaragi Mamodaev, di ritorno da un viaggio privato in Giappone, relaziona riguardo ai suoi contatti con il Ministero degli Esteri del Sol Levante e con alcuni industriali, i quali si sono detti disponibili a saggiare le possibilità di una collaborazione economica.

A latere della sua conferenza stampa Mamodaev suggerisce che il Parlamento, dei cui 41 deputati soltanto uno (Gleb Bunin) è russo e nessuno appartiene ad alcuna delle minoranze che abitano la repubblica, dovrebbe sciogliersi e ricostituirsi secondo un criterio etnicamente più rappresentativo.

26 Marzo

TENSIONI SOCIALI – Sciopero dei vigili del fuoco, i quali lamentano ritardi di tre mesi nel pagamento degli stipendi. L’allentamento delle tensioni con la Russia ha fatto si che da Mosca siano arrivati 150 milioni di rubli per il pagamento di stipendi e pensioni, ma queste risorse sono ampiamente insufficienti a coprire gli ammanchi delle casse statali.

POLITICA NAZIONALE – In un incontro con l’Associazione dell’Intellighenzia della Repubblica Cecena, il Presidente Dudaev afferma che l’indipendenza del Paese non è in discussione, mentre lo sono tutti i suoi aspetti “collaterali”, come eventuali accordi di cooperazione economica con la Federazione Russa e con i paesi produttori di petrolio. In questo modo Dudaev ribadisce la propria totale contrarietà a qualsiasi negoziato di tipo federativo con Mosca, eventualità ventilata sia dagli stessi intellettuali, sia da correnti interne al Parlamento.

28 Marzo

TERRORISMO –  Una banda di sequestratori provenienti dal Territorio di Stavropol chiede asilo al governo ceceno, ma questo lo nega ed ordina l’arresto dei sequestratori, ed il rilascio degli ostaggi. I terroristi vengono da prima tradotti nell’edificio del Ministero degli Interni, poi in una caserma della Guardia Nazionale.

28 Marzo

CRISI POLITICA IN CECENIA – La polizia antisommossa, dipendente dal Ministero degli Interni, è in stato di agitazione e chiede che il Ministero abbia riconosciuta una guida ufficiale, mentre adesso si trova diretto da un Ministro “de facto”, Umals Alsultanov, peraltro inattivo. Egli, già Ministro negli ultimi mesi di vita della ASSR Ceceno – Inguscia, era stato esautorato a causa della sua sospetta collaborazione con il Comitato di Emergenza responsabile del Putsch di Agosto e sostituito da Vakha Ibragimov, ma Dudaev lo ha riconfermato alla guida del dicastero nel suo “governo provvisorio”. Al momento della sua presentazione al Parlamento non ha ottenuto i voti necessari, pertanto si è posto in stato di riposo in attesa di dare le dimissioni in favore del suo successore. I funzionari del Ministero sono quindi divisi tra coloro che premono per una sua riconferma e coloro che chiedono la nomina di Ibragimov.

30 Marzo

CRISI POLITICA IN CECENIA – Milizie armate antidudaevite si radunano nei sobborghi di Grozny. In alcuni villaggi si segnala la distribuzione di armi a volontari disposti a mettere a segno un colpo di mano per estromettere il Presidente Dudaev e riportare la Cecenia nella Federazione Russa.

Vita quotidiana a Grozny nell’estate del 1992


31 Marzo

COLPO DI STATO DI MARZO –  Un gruppo di ex funzionari della RSSA Ceceno – Inguscia ed alcuni rappresentanti dell’opposizione, favorevoli alla federazione con la Russia tenta un colpo di Stato. Milizie armate e reparti inquadrati nella Guardia Nazionale occupano la TV e la Radio. Un “Comitato di Emergenza” si riunisce per costituire un governo di transizione che porti la Cecenia ad un Referendum sull’adesione alla Federazione Russa e successivamente a nuove elezioni parlamentari. Le unità del Ministero degli Interni, in questo momento prive di un Ministro e dirette dal Viceministro degli Interni, Udiev, rimangono acquartierate nelle caserme.

Dopo alcune ore di sbandamento una folla di sostenitori dell’indipendenza si raduna davanti al Palazzo Presidenziale, dove il Presidente del Parlamento Akhmadov legge la mozione dell’assemblea che condanna il colpo di stato in atto ed il Presidente Dudaev si appella al popolo affinché difenda l’indipendenza appena conquistata.

Nel corso del Pomeriggio la Guardia Nazionale riprende il controllo della città, espugna l’edificio della TV di Stato e costringe gli insorti ad abbandonare Grozny. Nelle sparatorie muoiono almeno quindici persone, ed una quarantina sono i feriti. L’opposizione moderata, critica verso il governo Dudaev, condanna parimenti le azioni del Comitato d’Emergenza, gridando ad un complotto ordito dalla leadership russa per provocare una guerra civile nel paese.

In serata il Parlamento torna a riunirsi in assemblea, mentre il Deputato e leader del VDP Zelimkhan Yandarbiev condanna i “nemici insidiosi del popolo ceceno” i quali, anziché accettare l’offerta di mediazione pubblicamente fatta dal Parlamento alcuni giorni fa, hanno deciso di prendere le armi contro lo Stato con ,’intento di rovesciarlo.

Memorie di Guerra: Francesco Benedetti intervista Akhmed Zakayev (Parte 2)

Quella che segue è la trascrizione della seconda parte dell’intervista tra Francesco Benedetti ed Akhmed Zakayev realizzata da Inna Kurochkina per INEWS (alleghiamo il link al video originale, che presto sarà accompagnato da sottotitoli in inglese ed italiano)

Il 6 marzo 1996 le forze armate della ChRI hanno lanciato la loro prima grande azione offensiva del conflitto: la cosiddetta Operazione Retribution. Secondo quanto mi disse Huseyn Iskhanov, allora Rappresentante di Stato Maggiore, il piano fu concepito a Goiskoye e vide la sua partecipazione, oltre a quella del Capo di Stato Maggiore, Maskhadov, e del Vice Capo di Stato Maggiore, Saydaev. Si ricorda come fu pianificata questa operazione?

Sì, certo che me lo ricordo. Questo, in linea di principio, è venuto fuori dall’operazione che abbiamo effettuato per bloccare la città di Urus-Martan al fine di impedire le elezioni. Dopo questa operazione, io e il mio capo di stato maggiore Dolkhan Khozhaev ci siamo incontrati con Dzhokhar Dudayev. E abbiamo suggerito l’opzione di fare qualcosa del genere. Abbiamo capito che di fronte a qualsiasi nostra azione, per tentare di cambiare questa situazione, i russi avevano bisogno di almeno tre giorni, in teoria. Abbiamo iniziato a parlare della possibilità di bloccare più distretti contemporaneamente. E poi Dzhokhar Dudayev ha detto: “Vedi com’è bello quando una squadra lavora!” Io, dice, ero con questi pensieri e ho pensato al modo migliore e al tipo di operazione da eseguire. Fu allora che nacque l’idea di eseguire questa operazione nella città di Grozny, che in futuro si sarebbe chiamata Città di Dzhokhar. Lo stesso giorno, è stato deciso di invitare Aslan Maskhadov, capo di stato maggiore, a chiamarlo al nostro fianco, e da quel momento, quasi due o tre giorni dopo averne discusso con Dzhokhar Dudayev, abbiamo iniziato i preparativi su questa operazione. In pratica, avevamo la nostra intelligence a Grozny, sapevamo dove era concentrata ogni unità russa, abbiamo svolto un lavoro aggiuntivo e identificato tutti i punti in cui si trovano le unità russe. Dove sono i posti di blocco, gli uffici del comandante, le unità militari. Sì, Umadi Saidaev, il defunto Umadi Saidaev, era il capo del quartier generale operativo, e poi, in seguito, è arrivato lì Aslan Maskhadov, e insieme ai comandanti delle direzioni che avrebbero dovuto prendere parte, abbiamo sviluppato questa operazione.

Tornando di nuovo all’operazione Retribution, questo è stato un successo che la leadership ChRI ha scelto di utilizzare più simbolicamente che strategicamente. Nella sue memorie ricorda che all’epoca la decisione di ritirarsi da Grozny, nonostante fosse sotto il vostro controllo, non le piacque, e che ancora oggi lei ritiene che quanto realizzato nell’agosto successivo, con l’Operazione Jihad, avrebbe potuto essere raggiunto con Operazione Retribution. Infine, lei afferma: Nel marzo del 1996 probabilmente abbiamo avuto l’opportunità di concludere vittoriosamente la guerra, e in quel caso gran parte della nostra storia recente sarebbe potuta andare diversamente. Cosa intende con questa frase? Allude al fatto che Dudayev era ancora vivo, o al fatto che le elezioni presidenziali russe non si erano ancora svolte? O ancora, a qualcos’altro?

Ho pensato alle elezioni in Russia per ultima cosa, perché lì non ci sono mai state elezioni. Sì, il fatto stesso che Dzhokhar fosse vivo in quel momento avrebbe potuto essere di grande importanza, e il corso della storia sarebbe potuto essere completamente diverso se la guerra fosse finita con Dzhokhar Dudayev vivo. I russi hanno fatto ogni sforzo per eliminare Dzhokhar Dudayev e successivamente per cercare la pace. Per quanto riguarda questa operazione, ne sono proprio sicuro. Sì, allora abbiamo programmato l’operazione perché durasse tre o quattro giorni, ma non c’è stata una decisione concreta, secondo la quale ci saremmo dovuti ritirare in tre giorni. Quando Dzhokhar Dudayev è arrivato a Grozny, si sistemò nel mio quartier generale nella città di Grozny, nel mio settore della difesa, in quella parte della città in cui combattevano le unità sotto il mio comando, è arrivato lì, e la sera precedente eravamo insieme al Quartier Generale. Ricordo la reazione di Dzhokhar Dudayev quando ha saputo che c’era un ordine di lasciare la città, che alcune unità avevano già iniziato a lasciare Grozny. Non era d’accordo con questo, perché puoi davvero valutare la situazione quando vedi la situazione nel processo, come cambia, e sulla base di ciò devi trarre conclusioni e prendere decisioni. Dzhokhar Dudayev era a Grozny per la prima volta dall’occupazione russa, abbiamo viaggiato con lui di notte, a Grozny di notte, siamo andati alla stazione degli autobus, ha assistito a tutta questa distruzione e quando siamo tornati al quartier generale, alcuni dei nostri le unità avevano già iniziato a partire. Ha detto: “Bene, se c’è un ordine, è necessario eseguirlo”. E ci siamo ritirati. E poi ci ho ripensato, perché ad Agosto non abbiamo fatto niente di più di quello che avevamo fatto a marzo. Questa operazione è stata ripetuta nello stesso modo, e con le stesse forze e mezzi. E quindi, sono sicuro che se fossimo rimasti a Grozny … (beh … la storia non tollera il congiuntivo). Quello che doveva succedere è successo. Ma rimango della mia opinione che avrebbe potuto essere diverso. Questo è già dall’area del “potrebbe”. E non è successo.

Nel marzo 1996 lei ha affrontato, come comandante, quella che forse è stata la più grande battaglia difensiva combattuta dall’esercito ceceno nel 1996. Mi riferisco alla battaglia di Goiskoye. Ho letto pareri contrastanti sulla scelta di affrontare i russi in quella posizione. Alcuni sostengono che la difesa del villaggio fosse insensata, provocando numerose vittime ingiustificate per le forze cecene. Altri sostengono che se Goiskoye fosse caduto troppo presto mani federali, l’intero sistema di difesa ceceno avrebbe potuto andare in frantumi. Dopo tutti questi anni, cosa ne pensa?

Impedire al nemico di raggiungere le colline pedemontane, bloccarlo nel villaggio di Goyskoe, questa è stata, dal punto di vista strategico, militarmente una decisione assolutamente corretta. Questa decisione è stata presa dal Comando supremo delle forze armate della Repubblica cecena di Ichkeria. Sì, so anche che esiste una dichiarazione del genere, ma sulla base di perdite reali, non abbiamo subito perdite gravi durante la difesa di Goiskoye. Sì, c’erano morti, diverse persone che sono morte sono rimaste ferite, ma non ci sono state perdite del genere. Non c’è guerra senza perdita. Ebbene, in senso strategico, la protezione e la difesa di Goiskoye hanno permesso di mantenere la linea del fronte, che si sviluppava da Bamut ad Alkhazurovo. Alkhazurov era caduta sotto il controllo russo, ed anche Komsomolskoye era caduta sotto il controllo russo. Ma a Goyskoye non li abbiamo lasciati andare oltre. Abbiamo impedito il passaggio dei russi fino alle pendici. E così abbiamo mantenuto il fronte e la linea del fronte. E questo era di importanza strategica, tanto più sullo sfondo del fatto che i russi avevano iniziato a parlare di negoziati, di tregua. Nel caso di una tregua finalizzata ad un dialogo politico, naturalmente, la conservazione di un certo territorio che controllavamo, era di grande importanza, e in relazione a questo, Dzhokhar Dudayev ha preso la decisione di proteggere Goiskoye . Sì, siamo durati un mese e mezzo. E solo più tardi, dopo la morte di Dzhokhar Dudayev, quando Bamut era già caduta, si decise di lasciare Goiskoye. Ma finché Achkhoy e Bamut erano in mano nostra, mantenemmo la linea di difesa anche a Goyskoye. Quando lì il fronte fu interrotto, a quel punto fu inutile continuare a tenere posizione e perdere i nostri combattenti. E così si decise di ritirare le nostre unità in montagna. Successivamente, ci distribuimmo più vicino alla città e iniziammo a prepararci per l’operazione di agosto.

Dopo la morte di Dudayev, il potere è stato trasferito al vicepresidente Yandarbiev, che è entrato in carica come presidente ad interim. La decisione di trasferirgli il potere è stata unanime? O ci sono state discussioni a riguardo?

In linea di principio non ci sono state discussioni, solo un voto era contrario, il resto si espresse a favore del riconoscimento di Zelimkhan Yandarbiyev come vicepresidente. Era in linea con la nostra costituzione, con le disposizioni presidenziali, ed è stata accettata. E Zelimkhan Yandarbiev ha iniziato a fungere da presidente.

Dopo che Yandarbiev ha assunto i poteri presidenziali, l’ha nominata assistente presidenziale alla sicurezza. Quali erano i suoi doveri in questa posizione?

SÌ. Mi ha nominato Assistente del Presidente per la Sicurezza Nazionale. E allo stesso tempo, sono stato contemporaneamente nominato Comandante della Brigata Speciale Separata. Cioè, l’unità che ho comandato, che all’epoca era Terzo Settore, è stata elevata allo status di Brigata sotto il Presidente della Repubblica cecena di Ichkeria. Fondamentalmente, questo è stato necessario perché Zelimkhan Yandarbiyev (dopo essere rimasto con noi  all’interno del Palazzo Presidenziale fino all’ultimo momento, fino a quando non abbiamo lasciato la città) non è stato più coinvolto in operazioni militari nell’anno e mezzo successivo, e in quel periodo erano state create nuove unità e nuove persone sono apparse nella gerarchia militare. E naturalmente, Zelimkhan aveva bisogno di una persona che conoscesse militarmente l’intero sistema. Abbiamo lavorato con lui e nel periodo successivo Zelimkhan è stato introdotto in tutte le direzioni, nei fronti e nelle nostre unità, e poi come comandante supremo, ha iniziato a gestire personalmente questi processi. Il mio compito era quello di raccordo [tra lui e gli ufficiali, NDR]. Poi, terminate le operazioni militari, è diventato quello di “Segretario del Consiglio di sicurezza”. Fino a prima delle elezioni, in linea di principio, svolgevo queste funzioni.

Memorie di Guerra: Francesco Benedetti intervista Akhmed Zakayev (Parte 1)

Quella che segue è la trascrizione della prima parte dell’intervista tra Francesco Benedetti ed Akhmed Zakayev realizzata da Inna Kurochkina per INEWS (alleghiamo il link al video originale, che presto sarà accompagnato da sottotitoli in inglese ed italiano)

1. Il 6 dicembre 1994, pochi giorni prima che l’esercito federale invadesse la Cecenia, una delegazione nominata da Dudayev si recò a Vladikavkaz per conferire con il ministro russo per le Nazionalità, Mikhailov. Nelle sue memorie lei dice che un certo numero di imprenditori petroliferi si è unito alla delegazione guidata dal ministro dell’Economia Abubakarov. Quale pensa fosse lo scopo della loro presenza? È possibile che tra le proposte che la delegazione avrebbe dovuto presentare ci fosse un accordo sullo sfruttamento del petrolio ceceno o sullo sfruttamento delle raffinerie cecene?

In quel momento e durante quel periodo, la presenza in questa delegazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze Abubakarov, e del Vice Primo Ministro Amaliyev, non era associata ad alcun possibile accordo sul funzionamento delle raffinerie di petrolio. Erano i nostri rappresentanti e delegati di Dzhokhar Dudayev. Non solo hanno “aderito”, ma sono stati inclusi in questa delegazione. E da lì sono andati da Kizlyar a Mosca, per approfondire la questione della prevenzione dell’aggressione militare dalla Russia, per prevenire una guerra. Dzhokhar ha fatto tutto il possibile per prevenire lo scoppio delle ostilità in Cecenia. E praticamente la nostra delegazione era a Mosca, guidata da Tyushi Amaliyev, con Abubakarov, il ministro delle finanze e dell’economia, quando la Russia ha iniziato a bombardare Grozny. L’11 dicembre, nonostante tutto, Eltsin ha firmato un decreto sull’introduzione delle truppe e l’inizio di una campagna militare. Quindi, in quel momento e in quel periodo, non si trattava del funzionamento dei pozzi petroliferi, o meglio, dell’utilizzo delle raffinerie di petrolio, o del petrolio ceceno che si produceva in quel momento.

2. Allo scoppio della guerra lei si è messo al servizio del presidente Dudayev e nel giro di pochi mesi le è stato affidato il compito di allestire un fronte autonomo. All’epoca lei era Ministro della Cultura, di certo nessuno si aspettava che prendesse le armi e facesse la guerra. Perché ha deciso di arruolarsi?

(ride)

Il fatto è che non sono andato al servizio di Dudayev. Sono stato nominato ministro della cultura della Repubblica cecena di Ichkeria con decreto di Dudayev. Nessuno ha servito nessuno. Abbiamo lavorato per il nostro stato e Dzhokhar Dudayev, in qualità di presidente, aveva l’autorità di nominare e revocare. La mia nomina fu in ottobre, quando Dzhokhar Dudayev mi ha offerto di lavorare nella sua squadra. L’ho accettata nonostante tutto quello che è successo. Dico solo nel mio libro che per me non c’era differenza, era assolutamente ovvio che ci sarebbe stata una guerra. E ho detto a Dzhokhar: “Dzhokhar, non fa differenza per me in quale veste difenderò la nostra patria, il mio posto è qui, con la mia gente. Come un bidello, o come un ministro .. ” Dzhokhar ha poi detto, ricordo le sue parole, ne ho appena scritto. Egli ha detto: “No, non ci sarà nessuna guerra. Il mondo non lo permetterà. Non lo permetterò. Non ci sarà la guerra, dobbiamo fare un lavoro creativo. E il tuo posto è esattamente in questa direzione. E quindi devi accettare la mia offerta. Ho accettato questa offerta. Sono tornato nella repubblica e già il primo giorno, il 18 novembre, sono andato ufficialmente a lavorare e il 26 novembre è iniziata la guerra.

In linea di principio, questa è la prima invasione delle truppe russe con il pretesto della ‘”opposizione cecena” nella città di Grozny, dove furono sconfitte. E ora per la seconda parte della domanda. Il fatto è che secondo la nostra legislazione, penso che sia lo stesso in Italia, i membri del governo, se inizia una guerra, diventano responsabili del servizio militare, indipendentemente dalla loro posizione. Cultura, o arte, non importa, tutti diventano responsabili del servizio militare. Io, in linea di principio, prima di essere nominato comandante del settimo fronte, mi sono unito alla milizia popolare. Ricordo quel giorno, il 28 dicembre, quando fu bombardato il mio ufficio del Ministero della Cultura, nel palazzo del Sindaco, e lo stesso giorno io… C’era gente in piazza che si arruolava volontaria nella milizia popolare. Mi sono iscritto alla milizia e solo l’11 gennaio Dzhokhar mi ha richiamato dalla carica di ministro della Cultura, perché era prevista una riunione del governo. E sono tornato dalle mie posizioni alla riunione del governo l’11 gennaio. E in questo giorno Dzhokhar mi ha affidato un altro compito, ne ho scritto anche nelle mie memorie, e poi, già a marzo, quando la città è stata abbandonata e ci siamo ritirati a piedi, a quel tempo Dzhokhar firmò il Decreto sulla creazione del Settimo Fronte e mi nominò Comandante. Cioè, abbiamo iniziato a formare questo fronte, in generale, da zero.

3. Dopo la caduta di Grozny in mano russa, e il ritiro delle forze cecene sulla linea di difesa della montagna, il governo è stato riorganizzato per sopperire alle defezioni di alcuni alti funzionari, ma anche per funzionare in modo più snello in un contesto di guerra totale. Questo “governo di guerra” ha continuato a funzionare per tutto il durata del conflitto, e superò la morte di Dudayev, mettendosi a disposizione del Presidente ad interim, Yandarbiev. Come ha operato questo governo, e come è riuscito a incontrarsi, a tenersi in contatto con il Presidente?

Il Governo Militare, quello che tu chiami il Governo Militare, era il Comitato di Difesa dello Stato, formatosi con Decreto Presidenziale quando iniziò l’aggressione militare. E questo corpo era l’organo supremo dello Stato. Il Parlamento ha interrotto la sua attività legislativa. Il governo era già stato trasferito su una base militare e il Comitato di difesa dello Stato era stato formato come Organo supremo del potere statale. Comprendeva membri del Governo, membri del Parlamento, il Comando Militare Principale rappresentato dallo Stato Maggiore Generale, i Comandanti di Fronti e Direzioni. E questo governo ha funzionato per tutto questo periodo. Come sono stati gli incontri? Naturalmente, sapevamo tutti dove si trovava il comandante in capo supremo, in quale parte della repubblica. E periodicamente convocava una riunione del Comitato per la difesa dello Stato, e discutevamo questioni relative alla continuazione della resistenza. Sono state discusse questioni di natura militare in relazione alla preparazione di operazioni militari o attacchi al territorio nemico. Tutti questi punti sono stati discussi durante la riunione del Comitato per la difesa dello Stato, che ha funzionato in modo molto efficace. Era un piccolo numero di persone, ma erano persone direttamente coinvolte in tutti i processi: questioni politiche, militari, economiche. Questi compiti non erano gli unici che avevamo, perché dovevamo anche fornire alle unità le disposizioni necessarie, anche questo era di competenza del Comitato per la difesa dello Stato. E tutte queste questioni sono state discusse e hanno funzionato in modo molto efficace proprio per il fatto che Dzhokhar Dudayev non è andato sottoterra, nelle foreste, nelle montagne, dove sarebbe stato impossibile rintracciarlo, ma ha tenuto incontri personali con tutte le unità, no solo con il Comitato di Difesa dello Stato ma anche con le unità militari. È andato in prima linea, al fronte, ha incontrato soldati ordinari. E tutta la nostra difesa e tutti i nostri combattenti della resistenza, hanno assunto un atteggiamento molto responsabile perché dietro di loro c’era Dzhokhar Dudayev. Voglio dire, lungo la linea del fronte, dove si svolgevano le ostilità attive, i soldati sapevano che dietro di loro, dietro le loro spalle, c’era già il quartier generale del comandante supremo.

Quando [Dudaev] attraversava l’Argun, andando dall’altra parte, le Forze Armate [che operavano lì] hanno annunciato con orgoglio che il Comandante Supremo era ora dalla loro  parte del fronte. C’era un’atmosfera molto amichevole. Quando ricordo questi tempi, questo periodo, noto che nonostante tutte le difficoltà che abbiamo vissuto allora, c’era una guerra, ma le persone erano diverse. Eravamo diversi. I ceceni erano completamente diversi. Erano diversi dai ceceni di oggi, quelli che vivono nel territorio e quelli che sono fuori. E tutto ciò era collegato, credo, al fatto che siamo stati sotto l’occupazione sovietica per settant’anni e per la prima volta abbiamo avuto la possibilità di costruire il nostro stato. Stato indipendente. E il leader di questo movimento e dello stato, e in seguito il leader della Difesa e il leader del movimento di liberazione nazionale, ha ispirato in molti modi e non solo i combattenti, ma l’intero popolo ceceno a resistere e respingere l’aggressione. Erano tempi semplicemente fantastici nella storia del popolo ceceno, quando l’intero popolo ha effettivamente compiuto un’impresa. È stato grazie all’impresa del popolo ceceno che siamo riusciti a preservare le strutture di potere che ciò che stavamo costruendo. E fondamentalmente a vincere.

4. Tra marzo e maggio 1995, secondo quanto lei riferisce nelle sue memorie, lei si è occupato di allestire, a tempo di record e con mezzi pressoché inesistenti, il cosiddetto “Settimo fronte” a sud di Urus – Martan, che avrebbe dovuto essere il punto di contatto tra la roccaforte di Bamut e il resto dello schieramento ceceno. Nel suo libro racconta di come è nato il Settimo Fronte. Potrebbe spiegarci come si è sviluppato, quali unità lo componevano e quali operazioni ha svolto fino al giugno 1995?

Questo è successo a marzo, Dzhokhar Dudayev ha firmato un decreto. A questo punto tutte le nostre unità si erano spostate ai piedi delle montagne, perchè la parte pianeggiante era già principalmente sotto il controllo degli aggressori russi, e rimanevano i contrafforti, a partire da Bamut e ad Alkhazurovo, in questa direzione, e lì più in alto, verso la regione di Grozny, a Chishki, a Dacha Borzoi. Questa parte non era ancora occupata dai russi, ed era necessario creare una difesa unificata in questa direzione, da Bamut ad Alkhazurovo. E lo scopo del Settimo Fronte, il compito del Settimo Fronte, era proprio questo. Questo è il cosiddetto distretto di Urus – Martanovsky. Si credeva che quest’area fosse fedele alla Russia, agli aggressori russi, perché lì funzionava il regime di occupazione, le strutture del potere di occupazione, guidate da Yusup Elmurzaev, l’allora prefetto, che fu nominato dalle autorità di occupazione. Il compito principale  di questo fronte era la creazione di basi militari in tre gole: Martan Chu, Tangi Chu, Roshni Chu. Fu in queste tre gole che in pochi mesi formammo tre basi militari. Sebbene al momento della firma del decreto, non vi fossero praticamente unità militari (c’erano solo milizie, persone che facevano parte della milizia popolare, ma non c’era un comando centralizzato) noi in breve tempo, da quelle unità, da quelle milizie popolari che erano allora in questa regione, creammo questo Settimo Fronte, e un’unità militare centralizzata, sotto il comando del Comandante in Capo Supremo Dzhokhar Dudayev. Successivamente, questo Settimo Fronte fu trasformato in Settori del Fronte Sud-Occidentale: Il Primo, il Secondo, e ilTerzo Settore. Questi settori erano sotto la mia responsabilità. Successivamente sono stato responsabile del Terzo Settore del Fronte Sudoccidentale. Citando i cognomi, questi sono, in linea di massima, i nostri giovani comandanti di medio livello, Dokka Makhaev, Dokka Umarov, Khamzat Labazanov, Isa Munaev, questi ragazzi …

Akhyad (non lo chiamerò con il suo cognome, perché è vivo ed è sul territorio), Khusein Isabaev, erano questi ragazzi l’anello intermedio dei comandanti che guidavano questi settori e questa direzione. Sebbene fosse già un’unica unità militare, che faceva parte delle Forze Armate ed era già stata strutturata nello Stato Maggiore delle Forze Armate della CRI.

5. Nella primavera del 1995 lei poteva considerarsi uno dei principali ufficiali dell’esercito della ChRI, ed era sicuramente monitorato dall’FSB e dall’intelligence dell’esercito russo. In che modo le forze federali hanno cercato di impedire a lei e ad altri alti ufficiali di partecipare alla resistenza? E come siete riusciti a eluderle?

Prima di tutto, Dio ci ha protetti. E, in secondo luogo, sono stati i ceceni e il popolo ceceno. Eravamo a casa. Eravamo nei nostri villaggi nativi, nei nostri insediamenti nativi. E, naturalmente, il popolo ceceno era la principale protezione di coloro che erano allora nelle forze armate. E il presidente Dzhokhar Dudayev, sai, la repubblica è piccola, per tutto questo tempo è stato tra i ceceni, era in diversi insediamenti, in ogni villaggio dove i combattenti si sono fermati, anche se c’erano anche persone di mentalità opposta e codarde. Ma in generale, i nostri sostenitori, sostenitori e indipendenza, e coloro che hanno sostenuto il nostro movimento di liberazione nazionale, erano molto più forti ed erano molto più numerosi. Riuscirono a sventare sia i tentativi di assassinio che quegli agguati che tesero non solo me, ma anche coloro che allora furono coinvolti ed erano inseriti nei ranghi, come hai detto, nella più alta composizione del Comando. Tutti erano protetti dal Popolo ceceno. E, naturalmente, non tutto era sotto il controllo né dell’FSB né dei russi. La vita e la morte sono nelle mani di Dio. E quelle ragioni, quelle azioni che sono state intraprese da noi per sopravvivere, e cosa hanno fatto i ceceni con noi, il popolo ceceno, proteggendo i loro comandanti, le persone che hanno difeso la loro patria, la loro patria e se stesse.

Da Mosca a Nazran (estratto dal secondo volume)

Oggi pubblichiamo un secondo estratto dal secondo volume di “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria”, nel quale si parla della genesi degli Accordi di Nazran del Giugno 1996.

DA MOSCA A NAZRAN

Il 16 aprile 1996, pochi giorni prima che Dudaev fosse ucciso, si era tenuto un congresso delle principali anime politiche della Cecenia. Si erano riuniti 26 movimenti e 12 partiti politici, ed al congresso avevano partecipato Maskhadov in veste ufficiale per il governo della Repubblica di Ichkeria ed i rappresentanti di Khasbulatov per l’opposizione antidudaevita. Il documento che ne era venuto fuori conteneva la proposta di una moratoria sulle azioni militari, l’apertura di negoziati ai massimi livelli tra Russia e Cecenia, lo svolgimento di nuove elezioni parlamentari. Zavgaev fu volutamente escluso dagli inviti, non partecipò alle attività dell’assemblea e venne considerato come un semplice funzionario di Mosca. Eltsin aveva bisogno proprio di un documento del genere in quel momento. I ceceni capirono che incoraggiare Elstin avrebbe potuto portare ad una effettiva fine delle ostilità, e Yandarbiev dichiarò di essere disposto a iniziare negoziati formali, a condizione che sul piatto fosse posto il ritiro delle forze russe. Come segno di buona volontà il nuovo presidente ordinò il rilascio di 40 prigionieri, catturati durante l’Operazione Retribution. Altri 32 furono rilasciati una settimana dopo. Per parte sua, Maskhadov sostenne la posizione di Yandarbiev, dichiarando di essere disposto ad intavolare immediatamente trattative con il Generale Tikhomirov riguardanti un effettivo cessate – il – fuoco. In un primo momento la leadership dell’esercito federale, rappresentata in primo luogo proprio da Tikhomirov, non sembrò mostrarsi ricettiva: avendo avuto notizia che Eltsin si sarebbe presto recato in Cecenia, e volendo mostrare al presidente di avere la situazione  militare sotto controllo, l’alto ufficiale russo ordinò una serie di rabbiosi attacchi contro il villaggio di Goiskoye e gli insediamenti alla periferia di Urus  – Martan, provocando ampie distruzioni e ulteriori perdite da entrambe le parti, senza tuttavia ottenere risultati concreti: anzi, il 10 Maggio forze cecene tesero un’imboscata ad una colonna blindata nei pressi di Mesker – Yurt, alla periferia meridionale di Argun, costringendola ad un repentino ripiegamento. Più fortunate furono le operazioni lanciate contro le roccaforti occidentali: nel corso della seconda metà di Maggio caddero Starye Achkhoy, Yandi e Bamut (di queste battaglie parleremo più avanti). Questi parziali successi spinsero Tikhomirov a dichiarare, con ingiustificata pomposità, che non ci fossero più grandi sacche di resistenza delle formazioni armate di Dudayev e che tale evidenza avrebbe favorito negoziati senza alcuna condizione[1].

Zelimkhan Yandarbiev

Il 23 maggio, finalmente, fu annunciato che Yandarbiev era stato invitato a Mosca per porre fine alla guerra. Il 27 Yandarbiev raggiunse l’aereoporto inguscio di Sleptovskaya accompagnato da una nutrita scorta armata, e da qui volò fino alla capitale russa. Insieme a lui c’erano Akhmed Zakayev, Khozh – Akhmed Yarikhanov e, Movladi Ugudov, oltre ad altri funzionari[2], tra i quali alcuni rappresentanti dell’OSCE. Quando la delegazione cecena raggiunse il Cremlino, Yandarbiev ed i suoi entrarono nella sala del negoziato da una porta laterale, trovandosi faccia a faccia con la rappresentanza del governo filorusso, Zavgaev in testa, che stava entrando dalla parte opposta. Quando entrambe le delegazioni furono una di fronte all’altra, dalla porta centrale apparve Eltsin. Era chiaro che questi intendeva presentarsi alle parti come il “mediatore” che avrebbe risolto un “conflitto interno” alla repubblica cecena. Eltsin si sedette a capotavola, invitando le parti a sedersi sui lati del tavolo. Ma Yandarbiev si rifiutò di assecondarlo, finché Eltsin non avesse accondisceso a prendere il posto di Zavgaev, riconoscendosi come una parte in causa e non come un giudice super partes. Davanti al folto gruppo di inviati accorsi a riprendere l’evento, il Presidente ad interim della Repubblica Cecena di Ichkeria dichiarò: Sono venuto ad incontrare il Presidente russo, non alla riunione di una commissione. Avete capito?  Eltsin oppose resistenza, rispondendo: Mettiamoci a parlare: non siamo pari a lei, indicando una sedia alla sua sinistra. Avvicinatosi fin quasi a toccarlo, Yandarbiev rispose: Anche se non siamo pari, dobbiamo decidere, rimanendo in piedi davanti al presidente russo, il quale, sempre più stizzito, insisteva: Si sieda! Si sieda! All’ordine di Eltsin il presidente ceceno rispose: Boris Nikolaevic, se lei usa questo tono con me, io non mi siederò! Messo l’avversario sulla difensiva, Yandarbiev riprese: Parliamo a tu per tu! Al rifiuto di Eltsin, tra gli sguardi imbarazzati dei funzionari del Cremlino, e nel silenzio della delegazione del governo Zavgaev, il leader indipendentista rispose: Allora non parleremo affatto. Io non mi siedo. Basta! E poi, volgendogli le spalle: Non tollero azioni del genere. Di fronte all’imbarazzo dei russi, Yandarbiev chiese che Zavgaev ed i suoi delegati abbandonassero il tavolo. Eltsin replicò: ci sono documenti da firmare, li firmerà lui, indicando Zavgaev. L’altro, prontamente, rispose: se non ci troveremo d’accordo, non firmeremo alcun documento. Il presidente russo rispose che un documento doveva assolutamente essere firmato: bisogna mettere termine allo spargimento di sangue, bisogna porre fine alla guerra. In questo modo palesò all’altro il suo assoluto bisogno di chiudere quell’incontro con la firma di un documento politico. E a quel punto fu chiaro a Yandarbiev che il suo avversario era sul punto di cedere. Io voglio parlare con lei. Lo incalzò. Penso che sarà lei a trarne vantaggio. Dopo alcuni minuti di confusione, Eltsin si alzò dal capotavola, si sedette dal lato di Zavgaev ed invitò Yandarbiev a sedersi. I ceceni l’avevano spuntata: ora il negoziato sarebbe stato tra Russia ed Ichkeria.

Yandarbiev discute con Eltsin il 27 Maggio 1996

La scena fu ripresa dalle TV di tutto il mondo, e fu piuttosto imbarazzante per il Presidente russo. Sul momento questi incassò il colpo, ma il suo piano aveva appena iniziato a svilupparsi: mentre i colloqui sul cessate il fuoco andavano avanti, Eltsin volò a Grozny, lasciando il Primo Ministro, Chernomyrdin, alle prese con un ignaro Yandarbiev. I negoziati portarono alla firma congiunta di un documento che impegnava le parti a cessare tutte le operazioni dalla mezzanotte del 1 Giugno 1996 e ad organizzare un nuovo round di negoziati nella capitale del Daghestan, Makhachkala. Nel frattempo, mentre il presidente ceceno ed il premier russo firmavano un accordo di pace, il Presidente russo si mostrò nella capitale cecena per una fugace visita elettorale di quattro ore, proclamando la vittoria delle forze russe, e dichiarando che ben presto le poche unità indipendentiste rimaste sarebbero state liquidate. Poi, durante il viaggio di ritorno, dichiarò che la sua visita era servita a dimostrare che la Cecenia è parte della Russia, e di nient’altro. Fu una vigliaccata che Yandarbiev non gli perdonò, oltre che una inutile e pomposa menzogna. Di fatto Yandarbiev si trovò ad essere l’ostaggio dietro al quale Eltsin poté volare in Cecenia garantendosi l’incolumità personale[3]. Ad ogni modo, il 2 Giugno il Comitato di Difesa dello Stato confermò gli Accordi di Mosca, modificando unicamente la sede del secondo ciclo di colloqui da Makhachkala a Nazran, in Inguscezia. Il 6 Giugno questi ripresero sotto il patrocinio del presidente inguscio Ruslan Aushev. Capi delle rispettive delegazioni erano il Ministro delle Nazionalità russo, Mikhailov, ed il Capo di Stato Maggiore delle forze armate cecene, Maskhadov, accompagnato da Said – Khasan Abumuslimov, nuovo Vicepresidente della Repubblica Cecena di Ichkeria, appena nominato da Yandarbiev[4].

Mandatory Credit: Photo by Yuri Kochetkov/EPA/Shutterstock (8489593a) Ingush President Ruslan Aushev

I negoziati non iniziarono nel migliore dei modi, giacché subito dopo il loro inizio la cittadina di Shali fu oggetto di un attacco, durante il quale furono catturati 14 tra funzionari e poliziotti del governo filorusso. Non è chiaro cosa successe precisamente, fatto sta che il Generale Shamanov, al comando delle unità schierate in quel settore, pose sotto assedio la cittadina. Per rappresaglia, i ceceni assediarono un avamposto della milizia dipendente dal Ministero dell’Interno presso il villaggio di Shuani, catturando 27 militari. Di nuovo si materializzò l’impasse che aveva fatto naufragare i negoziati l’anno precedente, e nonostante le delegazioni giunte a Nazran avessero già concordato un cessate – il – fuoco permanente ed il progressivo ritiro delle truppe federali entro la fine di Agosto, la parte russa dichiarò di non essere intenzionata a portare avanti il ritiro a causa della scarsa collaborazione offerta dalla parte cecena. Ci vollero un paio di giorni prima che il clima si distendesse a sufficienza da far riprendere i negoziati, i quali proseguirono sul blocco delle questioni politiche. Maskhadov chiese, ed ottenne, la promessa che entro il 1 Luglio le forze federali abbandonassero il paese, e che Mosca accettasse la costituzione di un governo di unità nazionale che traghettasse il paese a nuove elezioni. A tal proposito, Mikhailov si impegnò a garantire che nessuna consultazione elettorale si sarebbe tenuta finché le forze di Mosca non avessero completato il loro ritiro. Questo tema era considerato fondamentale dagli indipendentisti, ed era tanto più caldo in quanto il premier filorusso, Zavgaev, che a Mosca, durante le trattative tra Yandarbiev ed Eltsin, era stato pubblicamente degradato a fantoccio dei Russi, intendeva consolidare la sua posizione con un nuovo voto popolare, ed aveva indicato per il 16 Giugno la data della nuova consultazione, in contemporanea con le elezioni presidenziali russe, il cui appuntamento era stato il principale motore della riapertura dei negoziati da parte di Eltsin. Qualora le elezioni si fossero svolte prima del ritiro, Zavgaev avrebbe avuto più chances di mettere in angolo i nazionalisti i quali, molto probabilmente, avrebbero boicottato la tornata. La vittoria elettorale avrebbe permesso al Capo della Repubblica Cecena di presentarsi alle parti come l’unico in grado di costituire un governo di unità nazionale, potendo così amministrare il passaggio di consegne tra Mosca e Grozny e tenere lontani dal potere Yandarbiev e Maskhadov. Una convincente tornata elettorale, infine, avrebbe dissipato le sempre più minacciose nubi che si addensavano sul suo esecutivo, sempre più nel mirino degli inquirenti a causa di certi ammanchi finanziari dei quali, al momento, Zavgaev non sapeva rendere conto. Da tempo infatti la procura federale portava avanti indagini sui flussi che dalle casse dello Stato transitavano attraverso numerose banche commerciali, e da queste finivano nelle disponibilità dei dicasteri ceceni deputati alla ricostruzione del paese, in particolare nelle mani dell’ex sindaco di Grozny, Bislan Gantamirov. Su di lui pesavano le accuse di aver dirottato miliardi di rubli destinati alla ricostruzione verso il riarmo della propria milizia personale. Come abbiamo visto, Gantamirov era già stato sindaco della città una prima volta, quando era allineato sulle posizioni degli indipendentisti, tra il 1991 ed il 1993, ed anche in quell’occasione era finito sotto l’occhio della magistratura per malversazione di quote petrolifere. Le accuse della procura federale sembravano ricalcare in maniera speculare quelle rivoltegli a suo tempo dalla procura repubblicana. Un’elezione popolare avrebbe forse attenuato il crescente astio che montava tra la popolazione di Grozny verso il suo governo, già di per sé debole a causa della presenza pervasiva dell’esercito federale, e ora accusato apertamente di essere corrotto. I dudaeviti ovviamente contestavano la proposta di Zavgaev, ed a Nazran Maskhadov dichiarò che i suoi non avrebbero preso parte alle elezioni e che non le avrebbero in alcun modo riconosciute ma anzi, che qualora esse non fossero state annullate entro il 12 Giugno, avrebbero ripreso le ostilità contro le truppe federali ancora presenti in Cecenia.

Aslan Maskhadov (Photo by Oleg Nikishin/Getty Images)

Il 10 giugno Maskhadov ed il Comando militare russo giunsero ad un accordo, che Mikhailov non esitò a definire l’ultima possibilità e, forse, l’unica opportunità di pace[5]: i federali avrebbero tolto l’assedio ai villaggi sotto attacco entro il 7 Luglio, ed in cambio i ceceni avrebbero consegnato le loro armi entro il 7 Agosto. Al termine della demilitarizzazione, prevista per il 31 agosto, le forze federali avrebbero definitivamente lasciato la Cecenia. Nel frattempo i due fronti si sarebbero scambiati i prigionieri ancora nelle rispettive mani. Furono costituiti gruppi di lavoro congiunti, incaricati di redigere le liste dei prigionieri da scambiare, e commissioni militari che organizzassero la demilitarizzazione dei villaggi. La firma dei protocolli militari portò ad un primo ritiro delle unità schierate a ridosso delle cittadine di Vedeno e Shatoy, l’11 Giugno 1996. Quello tuttavia fu l’unico effetto pratico dell’accordo giacché, il giorno successivo, Zavgaev confermò che il 16 si sarebbero tenute regolarmente le elezioni[6]. Eltsin, che proprio quel giorno avrebbe dovuto affrontare la prova elettorale più difficile della sua vita politica, non aveva intenzione di infangare la sua immagine con un intervento riguardo la Cecenia, e liquidò le elezioni come un affare interno alla piccola repubblica, non appoggiandole esplicitamente, ma neanche condannandole[7], e considerandole come un “tampone” in attesa che il ritiro fosse completato e si potesse procedere a nuove elezioni. Zavgaev, da parte sua, smentì questa posizione, dichiarando che le elezioni che erano in procinto di tenersi avrebbero costituito il corpo legislativo dello stato almeno fino al 1998, escludendo a priori qualsiasi margine di trattativa politica con gli indipendentisti.

In questo modo mentre gli occhi di tutto il mondo erano puntati sul Cremlino, a Grozny ed in qualche altro distretto ancora sotto il controllo federale si tennero le elezioni – farsa di cui Zavgaev aveva bisogno[8]. Si trattò di una consultazione priva di rappresentatività, poco partecipata e boicottata dagli indipendentisti, al termine della quale Zavgaev uscì, come previsto, vincitore. Alla Camera dei Rappresentanti, uno dei due nuovi organi previsti da Zavgaev,  venne eletto l’ex membro del Presidium del Soviet Supremo Amin Osmaev, mentre la Camera Legislativa elesse presidente l’ex Capo del Governo di Rinascita Nazionale, l’organo costituito nell’estate del 1994 dal Consiglio Provvisorio, Ali Alavdinov. L’OSCE, che aveva avuto modo di verificare quanto poco trasparenti fossero state le elezioni, giudicò la consultazione illegittima, pubblicando una nota nella quale la certificava come non allineata agli standard minimi di legalità, oltre a contraddire lo spirito del protocollo sul cessate il fuoco e sulla risoluzione del conflitto armato firmato il 19 Giugno a Nazran[9].  Il primo risultato delle elezioni fu una recrudescenza delle azioni militari: gli indipendentisti risposero alla presa di posizione di Zavgaev chiedendo l’annullamento della consultazione, le dimissioni del governo Zavgaev e la ricostituzione della delegazione russa in modo che questa non includesse personaggi gravati dalla responsabilità di aver scatenato la guerra[10],  lanciando una serie di attacchi alle truppe federali, alle quali i russi risposero con uguale ferocia: nel corso delle prime tre settimane di giugno i ceceni attaccarono le posizioni russe almeno 350 volte, ed altrettante furono le azioni di rappresaglia compiute dalle forze federali[11].

Doku Zavgaev

L’effimera vittoria politica ottenuta da Zavgaev con le sue elezioni, non portò al leader ex – sovietico alcun vantaggio tangibile. Anzi, contribuì ad isolarlo sia rispetto alla popolazione cecena, che ormai lo odiava, sia rispetto al Cremlino, che non poteva più spenderlo come candidato credibile alla guida di un governo di unità nazionale, malgrado questi ribadisse di aver ottenuto tale investitura con il voto appena conclusosi. La leadership indipendentista continuò a pretendere che i negoziati si svolgessero esclusivamente tra i suoi rappresentanti e quelli della Russia, relegando Zavgaev al ruolo di mero collaborazionista delle forze di occupazione. I russi, per parte loro, avevano come unico obiettivo quello di porre fine alle operazioni militari, e di presentare la Cecenia “pacificata” e non avevano più alcuna intenzione di perdere tempo e risorse nel puntellare il potere di Zavgaev. Prova di questo fu l’arresto, operato dalla stessa polizia federale, dell’ex sindaco di Grozny, nel frattempo diventato Vice Primo Ministro, Bislan Gantamirov, fermato a Mosca con l’accusa di appropriazione indebita di 7 miliardi di rubli dai fondi destinati alla ricostruzione della Cecenia, e di frode[12]


[1] Stanislav Dmitrevsky, Bogdan Gvraeli, Oksana Chelysheva – Tribunale Internazionale per la Cecenia.

[2] Insieme ai delegati sopra citati presenziarono alle trattative gli assistenti presidenziali Movlen Salamov ed Hussein Bybulatov ed il Viceministro degli Esteri Yaragi Abdulaev.

[3] Tale considerazione fu condivisa anche dai media russi. In un articolo di Kommersant del 29/05/1996 si leggeva: Il viaggio di quattro ore del presidente non poteva rivelarsi un fallimento, come molti scettici avevano previsto. Né poteva finire tragicamente: la delegazione degli indipendentisti ceceni, rimasta a Mosca fino al ritorno di Eltsin, si è fatta garante della sua incolumità.

[4] Said – Khasan Abumuslimov: Nato in Kazakistan il 01/02/1953, professore presso l’Università Statale Cecena, era stato uno dei principali ideologi dell’indipendentismo ceceno ed uno dei suoi primi attivisti avendo partecipato alla fondazione, nel 1988, della rivista Bart, dalla quale sarebbe sorto il Partito Democratico Vaynakh. Membro del Comitato Esecutivo del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (Ispolkom) era stato eletto deputato alle elezioni popolari dell’Ottobre 1991. Nel Giugno 1993 aveva sostenuto Dudaev, rimanendo in Parlamento fino allo scoppio delle ostilità.

[5] Kommersant, 13/06/1996.

[6] In una nota pubblicata dal quotidiano russo Kommersant il 13/06/1996, il portavoce di Zavgaev dichiarò: L’annullamento delle elezioni significherebbe la sconfitta davanti agli indipendentisti e che la dirigenza cecena non intendeva essere condizionata da una manciata di ricattatori.

[7] Uno dei membri della delegazione russa a Nazran, Vladimir Zorin, commentò: le elezioni per il rinnovo del parlamento ceceno non sono una priorità, perché non rientrano nel quadro degli accordi firmati a Mosca. Tra il 10 ed il 16 Giugno i delegati russi difesero blandamente l’idea delle elezioni, cercando di convincere Yandarbiev che queste non avessero a che fare con il ben più importante tema della risoluzione del conflitto, e che la tornata elettorale sarebbe stata comunque cancellata da nuove elezioni non appena terminato il ritiro delle truppe russe dal paese. Sergei Stephasin rassicurò sui media che lo svolgimento dell’attuale votazione non annulla le future elezioni democratiche, le quali si svolgeranno dopo il ritiro definitivo delle truppe e la smilitarizzazione della repubblica mentre il rappresentante presidenziale Emil Pain dichiarò che le elezioni avevano l’unico scopo di costituire un corpo legislativo democratico che assicurasse una transizione che fosse più breve possibile (Kommersant, 15/06/1996).

[8] Secondo quanto riportato in The War in Chechnya: Anche il rappresentante del Quartier Generale Russo, Tenente Generale Andrei Ivanov, fu costretto ad ammettere indirettamente che considerare “svolte” le elezioni era possibile soltanto con un discreto sforzo di fantasia. Le elezioni non si tennero affatto in tutta la regione di Khuchaloy, né nei territori circostanti Bachi – Yurt, Alleroy, Tsentoroi, Gudermes, Vedeno, Shelkovsky e Shali. Furono parzialmente tenute nelle regioni di Kalinovskaya e Sovetskoye, e solo in alcune comunità nelle regioni di Nozhai – Yurt ed Achkhoy – Martan.

[9] La posizione assunta dall’OSCE, e più volte ribadita dall’inviato dell’organizzazione in Cecenia, Tim Guldiman, irritò non poco Zavgaev, il quale, secondo quanto riportato da Kommersant, giudicò la condotta del diplomatico svizzero unilaterale e minacciò di chiedere la sua rimozione.

[10] Quest’ultima richiesta era riferita alla presenza di Sergei Stephasin, all’epoca dell’inizio della guerra Direttore dell’FSK – FSB.

[11] Secondo quanto riportato in The War in Chechnya le azioni di guerriglia nel mese di Giugno portarono alla morte di 30 militari russi, ed al ferimento di un centinaio, oltre alla perdita di un elicottero da combattimento e due veicoli blindati. La parte cecena soffrì la perdita di 25 uomini ed il ferimento di altri 75.

[12] Il Governo filorusso si affrettò a dichiarare sé stesso e Gantamirov estranei a qualsiasi addebito, rimbalzando l’accusa sullo stesso governo russo. Il Vicepremier Bugaev dichiarò: la distribuzione dei fondi di bilancio è completamente controllata dal centro di Mosca. Il governo della repubblica e, in particolare, Gantamirov, non hanno niente a che fare con questi soldi. Anche il sindaco successore di Gantamirov, Yakub Deniyev, sostenne l’innocenza del primo: La notizia dell’arresto di Gantamirov ha causato sconcerto e rammarico in città. Ha gettato un’ombra su uno dei più tenaci combattenti contro Dzhokhar Dudaev. Il processo contro Gantamirov si sarebbe protratto fino al 1999, quando il Tribunale di Mosca lo avrebbe condannato a 6 anni di reclusione. Tuttavia nel giro di 6 mesi sarebbe uscito di carcere tramite un provvedimento di grazia concessogli da Eltsin in concomitanza con l’inizio della Seconda Guerra Cecena, durante la quale Gantamirov sarebbe stato nominato Capo del Consiglio di Stato del governo filorusso (Vedi il Volume IV di quest’opera).

“Niente di nuovo in Ucraina” – Intervista a Khavazh Serbiev

Khavazh Serbiev è stato Procuratore Generale della Repubblica Cecena di Ichkeria durante il periodo che intercorre tra la prima e la seconda invasione russa del paese. Nel Giugno del 2022 ha rilasciato un’intervista ad Ukraina Today (https://ukrainatoday.com.ua/) riguardo i parallelismi tra la guerra in corso e quelle combattute dai Ceceni. Ti seguito riportiamo la traduzione dell’intervista.

L’articolo originale è disponibile quì:

https://ukrainatoday.com.ua/k-rassledovaniju-voennyh-prestuplenij-ochen-vazhno-privlech-zarubezhnyh-jekspertov-genprokuror-nepriznannoj-ichkerii-serbiev/

Hai indagato sui crimini dell’esercito russo. Se confrontiamo le azioni dell’esercito russo in Cecenia e quello che hanno fatto in Ucraina, c’è qualcosa di più simile o diverso?

In Ucraina non è successo, né sta succedendo nulla di nuovo, rispetto a quanto è stato fatto nella Repubblica Cecena. Tutto è rispecchiato: soltanto la scala è diversa, perché la tua gente (gli Ucraini, Ndr) è molte volte più numerosa dei ceceni, ed il territorio è più vasto. Tutto il resto è uguale. Questo ci è così familiare che siamo persino sorpresi: nulla cambia nella politica dello stato russo e nelle azioni del suo esercito!

Perché la comunità mondiale ha reagito piuttosto lentamente alle dichiarazioni sui crimini di guerra russi in Cecenia? Perché era considerato un affare interno della Russia, o perché la propaganda russa è riuscita a disumanizzare i ceceni, dicendo che lì stavano combattendo i terroristi?

Certo, il mondo intero credeva che il territorio ceceno ed il popolo ceceno fossero sudditi della Federazione Russa. E nessuno voleva cambiare le cose. Anche se nel novembre 1990, secondo le leggi dell’URSS, la Repubblica cecena venne effettivamente portata su un piano di parità con le altre repubbliche sindacali (le repubbliche che componevano l’URSS, ndr). Ma nessuno voleva cambiare le cose. Inoltre, la Russia è un grande stato nucleare. Mi sembra che questo fattore abbia avuto un ruolo di primo piano.

Alla fine, tutti in quel momento avevano i loro problemi. L’Ucraina, la Bielorussia e altri stati avevano lasciato l’URSS. Non volevano nemmeno porsi questo problema. E il resto del mondo – l’Occidente e altri stati – per loro questa faccenda stava accadendo in un luogo lontano, a loro non importava. La parte cecena è stata accusata di utilizzare metodi inaccettabili. Cioè, hanno incolpato la vittima e l’aggressore secondo gli stessi standard. C’era una sorta di paura o di riluttanza a intervenire in questo problema.

E’ importante coinvolgere esperti stranieri nelle indagini sui crimini di guerra o è sufficiente utilizzare le nostre stesse forze?

È molto importante coinvolgere esperti stranieri. Perché in un dialogo con la Russia non è realistico fare qualcosa da soli. Naturalmente, la base viene creata sul posto. Per voi ucraini è più facile, ma per noi era praticamente impossibile. Credo che tutto il mondo dovrebbe essere coinvolto in questo processo. È importante avere un’opinione internazionale, un’indagine internazionale. Questo è l’unico modo in cui può funzionare.

Come si sono svolte le indagini sui crimini di guerra dopo la prima guerra cecena?

Presso l’ufficio del procuratore generale è stato avviato un procedimento penale per genocidio. Il materiale, raccolto in ogni circoscrizione del nostro territorio, era convogliato negli apparati della Procura Generale. Prove di genocidio e crimini di guerra dell’esercito russo sono stati indagati in ogni distretto. E tutto è confluito in un procedimento penale comune, che ha raggiunto 64 volumi. Ogni volume è di almeno 400 pagine. Questo è ciò che siamo stati in grado di coprire. Prima dell’inizio della seconda aggressione russa, tuttavia, non fummo in grado di trasferire una certa quantità di questo materiale ad un’autorità internazionale, come il Tribunale dell’Aja.

Grozny nel 1995

Perché?

Perchè la Russia ha creato enormi problemi all’interno della Cecenia, gli eventi si sono sovrapposti l’uno all’altro in un’ondata dopo l’altra. Le forze dell’ordine e, naturalmente, l’ufficio del procuratore generale, semplicemente non hanno avuto il tempo di portare a conclusione almeno una parte di questo caso sui crimini di guerra dell’esercito russo nella Repubblica cecena. Semplicemente, non ce l’abbiamo fatta. Quando ormai era iniziata la seconda aggressione, abbiamo consegnato parte dei materiali al Tribunale dell’Aia. Sono stati consegnati circa 12 volumi di materiali. Alcuni furono restituiti, perché considerati non pertinenti secondo le norme del diritto internazionale. Non avevamo esperienza. Sono rimasti solo 6 volumi. Nel frattempo ricominciarono le ostilità attive e presto l’intero territorio fu completamente occupato. Ed ogni ulteriore processo è stato nuovamente sospeso.

Durante la prima guerra, persa da Mosca, le truppe russe causarono molti problemi ai ceceni. Come è potuto accadere che durante la Seconda guerra Mosca abbia trovato relativamente molti alleati tra i ceceni? In particolare, Kadyrov li ha supportati.

Il regime russo, le autorità ed i servizi competenti coinvolti nella Repubblica cecena hanno tenuto conto dei loro precedenti errori. Il “lancio del cappello” ha dominato le menti dei politici e dei militari durante la loro prima campagna. Di conseguenza, hanno tenuto conto di questi momenti e hanno svolto un enorme lavoro sotto copertura per attirare nuovi membri in questa rete di agenti, ed hanno anche lanciato una potente propaganda all’interno della stessa Russia.

Immagina quando è iniziata la seconda campagna: immediatamente alla televisione di stato della Russia suonò “Alzati, il paese è enorme!” (canzone popolare scritta durante la Seconda Guerra Mondiale per mobilitare le masse contro l’invasione tedesca, Ndr) come suonava durante la Seconda guerra mondiale, quando Hitler attaccò l’URSS. L’ho sentito io stesso. Viene la pelle d’oca quando si sente questa canzone. Immagina questo contro la piccola Repubblica cecena, che alcuni non riescono neanche a trovare sulla mappa! E poi improvvisamente i ceceni sono diventati una “forza fascista”. La stessa cosa che è stata fatta ora contro l’Ucraina.

La seconda guerra cecena è stata preceduta da attacchi terroristici sul territorio della Russia, in cui sono stati accusati i ceceni. Che ne sai a riguardo?

Solida disinformazione, che è stata giocata molto non solo in Russia, ma in tutto il mondo. Molti ci hanno creduto. Perché è stato presentato in modo così magistrale utilizzando i media controllati dal regime. Era così ovvio per noi che si trattava di una bugia che siamo rimasti semplicemente sorpresi. C’erano molte prove che si trattava di provocazioni, che ciò veniva fatto dai servizi speciali russi. Ma semplicemente non c’era nessuno ad ascoltarci. E i materiali che abbiamo cercato di contrabbandare all’estero attraverso i media in Occidente sono semplicemente scomparsi. Furono trasmessi, furono segnalati, ma non ci fu alcuna risposta.

Shamil Basayev durante l’invasione del Daghestan (Agosto 1999)

C’era un’altra ragione per la seconda guerra: l’invasione del distaccamento di Shamil Basayev in Daghestan. Perché è accaduta?

Sì, c’è stata uno sconfinamento di alcuni gruppi, c’erano ceceni anche nel territorio del Daghestan. Questo non può essere negato. Se sapessi quanto erano diversi questi gruppi! C’erano persone provenienti da tutto il Caucaso settentrionale, compreso il Daghestan. Solo Bagautdin (uno dei leader della “Shura islamica del Daghestan” – ndr) ha portato nel nostro territorio 2.000 persone. E la gente ha avuto l’impressione che fossero i ceceni a muoversi come una valanga nel territorio del Daghestan con l’obiettivo di occupare, aggredire, ecc. Sembrava completamente diverso rispetto a quello che vedevano testimoni oculari. Tutti, ovviamente, hanno visto quello che volevano vedere. Ma ti assicuro che non c’era nemmeno la metà dei ceceni. Per la maggior parte erano persone di altre repubbliche, c’erano anche volontari dal Medio Oriente … Naturalmente, il presidente Aslan Maskhadov, fin dall’inizio, quando le informazioni iniziarono ad arrivare, era categoricamente contrario. E questa non era l’azione delle unità armate della Repubblica cecena di Ichkeria. In nessun caso! Questi erano volontari che hanno fatto la loro scelta e hanno preso parte a questa operazione.

Il presidente Maskhadov ha avuto l’opportunità di fermare l’azione di Basayev?

A quel tempo, ai confini della Repubblica cecena, in tutto il Caucaso settentrionale, c’era una massiccia concentrazione di truppe russe, enorme. Perché erano concentrati in questi luoghi?  Noi non avevamo truppe ai nostri confini, non c’era nemmeno la possibilità di farlo. Ad esempio, non vi era alcuna leva nell’esercito in quanto tale. E contenere i volontari o lo stesso Basayev, che ha agito da solo, avrebbe significato uno scontro militare intra-ceceno. Il passaggio al territorio del Daghestan è avvenuto in pochi giorni. Credo che per Maskhadov sia stato, da un lato, inaspettato e che comunque non ci fossero forze adeguate per organizzare una sorta di barriera per impedire questo sconfinamento.

Tra i soldati russi morti in Ucraina, ci sono molte persone del Daghestan. Come spiegarlo?

Il Daghestan è per la maggior parte un’area montuosa. Ci sono molti villaggi d’alta quota che vivono autonomamente. Possiamo dire che la ragione principale è la povertà. Nella Federazione Russa, questo è un fenomeno comune nell’entroterra. E in Daghestan c’è povertà, e quindi …

“Invece della morte, la vita è venuta in questa casa” – Un estratto da “Silver Coin” di Ismail Akaev

Ismail Akaev è un giornalista e scrittore ceceno. I frequentatori di questo sito lo conoscono per il suo fondamentale contributo alla traduzione in lingua russa di “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria”. Autore prolifico, la sua principale opera narrativa è il romanzo storico “Silver Coin”, che si presenta al suo pubblico con queste parole:

Questo non è un romanzo ordinario, ma piuttosto una storia giornalistica sull’amore, il dovere e l’onore. Se vuoi conoscere un’altra verità sulla guerra cecena e allo stesso tempo sentirne tutto il dolore, questo libro è per te. Una storia tragica e commovente su un insegnante di scuola… Su un padre e un figlio… “L’alba sanguina davanti ai nostri occhi. Il cielo bagna i cadaveri e la terra piange. Uccelli e animali: tutto brucia sotto il fuoco. Quanto fa male: un gemito mi taglia la schiena. Cosa dovrei fare? Non si può cambiare nulla …

Il libro è acquistabile qui:

Ismail Akaev – Silver Coin

La copertina di “Silver Coin”

Di seguito riportiamo un estratto:

“Quella sera il villaggio di montagna di Borzoy accolse Said con ansia e tristezza. I militanti che si erano ritirati dalla città si trasferirono sulle montagne e quindi qui si svolgevano intense operazioni militari. In alcuni punti sui sentieri di montagna innevati le loro ombre, avvolte in cappotti mimetici bianchi, lampeggiavano.

C’era allarme e spavento in montagna, e non solo in montagna. Qualcosa di inimmaginabile stava accadendo in tutta la repubblica. Non era una guerra, le guerre non funzionano così . In guerra due paesi con la stessa forza militare si combattono, e conoscono bene le ragioni del conflitto. Quello che stava succedendo in Cecenia era la distruzione di massa di un piccolo popolo da parte di un’enorme potenza nucleare. E il mondo intero guardava con indifferenza, come se dovesse essere così… Dopo aver letto gli appunti trovati nel nascondiglio di suo padre, Said era sicuro che nulla avrebbe mai turbato il suo cuore. Gli sembrò che quella notte avesse pianto tutte le lacrime e anestetizzato il suo cuore e la sua anima, ma ciò che stava accadendo intorno a lui diceva contrario. Le “operazioni di pulizia”, L’omicidio , il furto, sono diventati un luogo comune per i ceceni . Si rallegravano del ritrovamento del cadavere come un tesoro e la morte era percepita come ricompensa, l’importante era non finire nel campo di filtraggio e non diventare cibo per i cani. I federali hanno imparato da soli che i ceceni apprezzano allo stesso modo sia i vivi che i morti e hanno trovato un modo per guadagnarci sopra. Con la scusa di controllare i passaporti, individuavano le famiglie benestanti che sarebbero state in grado di pagare i soldi per riavere i loro cari. Rapire qualcuno non era un problema per loro. Del resto Shamanov aveva detto: “Un buon ceceno è un ceceno morto”.

A Chechen woman showing the passports of her missing sons during a gathering of women searching for arrested and missing male relatives in central Grozny.  Photo by Heidi Brander

Man mano si andò creando una mappa della morte: si annotava chi era sepolto dove per restituire il suo corpo ai parenti, in cambio di soldi. La vicina di Saipuddin, Zara, apparteneva ad una delle famiglie benestanti. Viveva con il suo unico figlio, Isa, nella vecchia casa paterna di suo marito, nel villaggio di Borzoy. Suo marito era stato ucciso durante la prima campagna militare, mentre lasciava la città assediata. Dopo la sua morte lei e Isa si trasferirono nel villaggio ancestrale di suo marito e si stabilirono qui. La vista della loro casa fu il motivo per cui Isa fu portato al campo di filtraggio. Zara non sapeva come fare. Parenti vicini e lontani, e perfino i compaesani accorsero in aiuto della vedova: tante persone si trovavano nella situazione di Zara, ma la sua tragedia sconvolse molti. Vagò per un anno, e per tutta la Cecenia, in cerca di suo figlio. I suoi occhi videro tanti cadaveri, spesso mutilati, col volto tumefatto. Zara continuò a cercare, sopportando l’odore nauseante dei cadaveri. Cercava il suo ragazzo, il suo unico legame al senso della vita, tra i vivi e tra i morti.

[…]

Insieme al cugino del marito Zara si diresse al luogo che le era stato indicato. Ad un certo punto incontrò i federali, i quali gli dissero che non era permesso procedere con la macchina oltre quel punto. Così lui rimase sulla strada e Zara, salita su un’auto militare, andò avanti insieme ai federali. Dopo aver viaggiato molto, Zara vide un’enorme buca. Le fu detto di scendere e identificare suo figlio, dopodiché i federali sarebbero scesi a prenderlo . Zara scese con cautela. I cadaveri erano sparpagliati alla rinfusa nella buca. Zara riconobbe immediatamente Isa. Lo riconobbe da una piccola voglia sulla fronte, e dal sorriso disegnato sulle sue labbra congelate. Il cadavere era fresco. A quanto sembrava, era stato tenuto nel campo per molto tempo ed è stato ucciso di recente. Stava per  gridare ai federali di averlo trovato, quando vide il mignolo della mano del cadavere accanto a quello di Isa che stava tremando. A Zara sembrò che l’avessero cosparsa di acqua bollente.

“Sei vivo?” – sussurrò con labbra tremanti. Il palmo sporco del ragazzo che strinse era caldo. Zara si rese conto che era vivo. A quanto pare era svenuto dopo il pestaggio e i federali lo avevano gettato nella fossa insieme ai cadaveri. Zara non ebbe il tempo pensare. Tutto quello che aveva passato quest’anno per arrivare al cadavere del suo giovane figlio le scorreva davanti agli occhi. Probabilmente i Borzoy si stavano già radunando per un funerale e si stavano preparando a scavare una fossa accanto alla tomba del padre di Isa. Nei suoi occhi apparve l’immagine di suo marito: cosa avrebbe fatto lui? Non importa, si sarebbe comportata come una madre, questa era la decisione giusta. Zara si è resa conto che suo figlio non poteva tornare indietro. Da qualche parte, in Cecenia, la madre di colui sulla cui mano si era appena mosso il mignolo non dormiva la notte. Se Allah le aveva lasciato una tale scelta, lei avrebbe scelto come sceglierebbe il cuore di una madre.

“Dirò loro che sei mio figlio, ti sto tirando fuori come se fossi morto. Non fare un fiato”, sussurrò. Zara guardò indietro. Si chinò sul cadavere di suo figlio e fece scorrere delicatamente la mano sul suo viso giovane, che non aveva avuto il tempo di ricoprirsi di barba. “Che Allah ti benedica, mio caro ragazzo, perdonami, devo lasciarti qui per salvare un’altra vita”.

–             “Sono pronta” Gridò Zara. Il soldato scese nella fossa.

–             Quale?

–             “Eccolo mio figlio”. Indicò Zara con mano tremante.

Caricando il ragazzo come un sacco in spalla, il soldato lasciò la fossa, seguito da Zara. Lo gettò a terra e un altro “Fed” colpì allo stomaco il “cadavere” con una pala. Zara urlò di orrore. Pensò il ragazzo si sarebbe contorto dal dolore.

–             “Vai avanti da sola. Portalo sulla strada”, disse il “Fed”. Salirono in macchina, chiudendo le portiere dietro di loro, e infilarono la canna di una pistola fuori dal finestrino. Zara se lo mise sulla spalla e camminò così per un po’, poi le gambe cedettero, e Zara cadde a terra con lui. Decise di trascinarlo come un sacco.

–             “Abbi pazienza figlio mio, ancora un po’ e raggiungeremo la macchina, va tutto bene… Ti porterò a Borzoy. Ti curerò… è così bello lì… L’aria fresca… Le montagne, il fiume. Tu sei forte e giovane e ti rimetterai presto in piedi. Assomigli persino a mio figlio. Andrà tutto bene, arriva la primavera… Tornerai da tua madre», borbottò Zara. In qualche modo raggiunse il ciglio della strada.

–             Dov’è Isa?

–             “Isa è rimasto lì”, rispose Zara con un sussurro, gli occhi sconvolti

–             “Cosa significa, Zara di cosa stai parlando?” chiese l’uomo, sorpreso.

–             “Isa è morto – sussurrò lei –  ma lui è vivo, ed io ho preso il vivo” Poi cadde a terra, priva di sensi.

[…]

Lungo la strada, Zara tornò in sé e si sedette sul sedile posteriore. Tenne la mano del ragazzo nella sua mano. Arrivarono a Borzoy. Aperto il cancello vi trovarono parenti, anziani e il teologo locale. Akhmed non sapeva cosa dire ai parenti. Fermò la macchina e appoggiò stancamente la testa sul volante.

–             “Racconterò tutto da sola”, disse lei.

Scese con sicurezza dall’auto e si avvicinò allo zio di suo marito, Abdulbek. “Vashi” gli disse “Sei il maggiore della nostra famiglia, ci consultiamo con te per tutto, quindi voglio solo dirti che… Non ho portato Isa. È rimasto lì tra i cadaveri. Quando sono sceso nella fossa, ho notato un ragazzo vivo tra i corpi, ho detto che era mio figlio e l’ho tirato fuori . Non so se ho fatto bene.”

Ci fu un ruggito di stupore tra la gente.

–             “Hai fatto come avrebbe dovuto fare qualsiasi madre cecena, sono orgoglioso di te figlia. Invece della morte, la vita è venuta in questa casa. Quindi è il volere di Allah . Alhamdulillah , Gloria ad Allah.”

–             “Dov’è?”

–             “Dobbiamo aiutarlo”

–             “Di chi è?”

Il ragazzo non era cosciente. Lo portarono in casa. Gli astanti lessero il Movlid ed eseguirono lo zikr in onore della memoria di Isa . E Zara iniziò a prendersi cura di colui a cui aveva salvato la vita.

A woman searches for the bodies of her missing family members in a mass grave. Photo by Heidi Brander

Said rimase scioccato da questa storia. Insieme a zio Saipula, aveva aiutato i vicini a prepararsi per il funerale: come tutti, anche lui si aspettava che Zara sarebbe arrivata presto e che avrebbero seppellito suo figlio. Lui avrebbe ricordato per sempre quel giorno, la triste immagine di Zara, avvolta in una sciarpa nera, che passava tra la folla delle persone per confessarsi.

Said si riscosse: ricordò la rivelazione di suo padre che aveva letto il giorno precedente. Quanto è grande il sacrificio del ceceno persone. Questa è l’intera risposta alla domanda sul perché per secoli, dopo tanti genocidi, questo popolo rinasce ancora, e ancora. Sentendosi colpevole per l’intera nazione, suo padre lascia il proprio figlio a una donna sconosciuta e poi, decenni dopo, una donna cecena abbandona il cadavere di suo figlio, porta fuori il figlio di qualcun altro, perché ogni vita cecena le è cara. L’ impresa compiuta di Zara sembrava ricordargli che il futuro appartiene al popolo ceceno, il cui amore per la vita e per la Patria è più forte di migliaia di morti. Così passavano i giorni sulle montagne cecene innevate dove, sostituendosi l’un l’altro come il giorno e la notte, la vita e la morte andavano mano nella mano.

Ieri Bamut, oggi Bakhmut. Indietro al 1995, un’altra fortezza che non si arrese ai russi

L’assonanza è soltanto fonetica, ma il significato storico è impressionante, se si considera che la Bamut del 1995, così come la Bakhmut del 2023, segnò l’arresto di una avanzata che sembrava inarrestabile, imbarazzò l’esercito russo di fronte al mondo e ispirò tutta la nazione (cecena allora, ucraina oggi) a resistere all’invasione. Quello che segue è un estratto dal secondo volume di “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria”.

Bamut


Mentre il Gruppo di Combattimento Sever prendeva Argun, Gudermes e Shali e respingeva i dudaeviti verso il ridotto montano, ad Ovest ilGruppo di Combattimento Jug avanzava verso gli obiettivi designati. Di fronte aveva i reparti ceceni organizzati nel Fronte di Bamut, un’unità composita ma combattiva al comando di Ruslan Khaikhoroev. Il reparto era inizialmente composto da circa 200 volontari, ma per la fine di marzo, con l’arrivo del Reggimento Galachozh al comando di Khizir Khachukayev, si era già ingrossato giungendo a toccare i quattrocento miliziani. Alla metà di marzo 1995 ancora nessuno degli obiettivi prefissati per il Gruppo Jug era stato raggiunto, malgrado l’artiglieria avesse martellato quasi tutte le cittadine al fronte. La posizione cecena era favorevole, ancorché defilata rispetto alla linea principale delle operazioni. Il villaggio di Bamut, infatti, giaceva all’imbocco di una stretta gola, sovrastata ad est e ad ovest da ripide alture boscose. Ad occidente le posizioni cecene confinavano con l’Inguscezia, paese relativamente “amico”, dove gli indipendentisti potevano trovare supporto materiale ed umano. A poca distanza dal villaggio poi, su un’altura denominata “444.4” e chiamata dagli abitanti locali “Monte Calvo”, si trovava una base missilistica sovietica, in grado di resistere efficacemente sia ai bombardamenti di artiglieria che a quelli dell’aeronautica. I ceceni l’avevano occupata, trincerandola ulteriormente. In quest’area erano affluiti tutti gli equipaggiamenti pesanti a disposizione del Fronte Occidentale, oltre ad un discreto arsenale di mine antiuomo ed anticarro che Kachukhaev aveva fatto sistemare all’imbocco dell’unica strada carrabile verso la base, proveniente da Assinovskaya e diretta a Bamut. Il

18 Aprile i russi tentarono di prendere il villaggio. Una brigata si affacciò sull’abitato all’alba, ma finì ben presto sotto il tiro delle armi pesanti cecene. Nel tentativo di manovrare, i russi finirono dapprima in un campo minato, poi tra le strade del villaggio, anch’esse minate con ordigni antiuomo. Numerosi veicoli blindati ed alcuni carri da battaglia rimasero distrutti. Una volta impantanata tra le rovine, la brigata si trovò sotto il tiro dei cecchini, che falcidiarono la fanteria. Al termine dell’azione, conclusasi con il ritiro dei federali, si contarono decine tra morti e feriti. Un tentativo di alleggerimento della pressione, operato da un distaccamento delle forze speciali, finì in un fiasco, con la morte di 10 “Spetnatz” ed il ferimento di altri 17. L’esercito federale dovette così organizzare un metodico assedio delle posizioni cecene, impiegando il grosso delle forze a disposizione.

La mappa mostra l’offensiva russa in Cecenia tra il Marzo ed il Giugno 1995. A sinistra si può notare la fortezza di Bamut, che resisté alle offensive russe e rimase sotto assedio per più di un anno, fino al 24 Maggio 1996


Dopo aver schierato le truppe in assetto di battaglia, il 24 marzo Babichev riuscì a penetrare ad Achkhoy – Martan, occupandola per breve tempo prima che un contrattacco ceceno costringesse i russi a ripiegare. Il 7 aprile l’intero fronte occidentale venne investito da una violenta offensiva. Quel giorno vennero attaccate contemporaneamente
Samashki, Davydenko, Achkhoy Martan, Novy Sharoy e Bamut. L’offensiva produsse la conquista di Samashki, Davydenko e Novy Sharoy, le roccaforti più esterne, al costo di centinaia tra morti e feriti. Scontri particolarmente violenti si registrarono nei dintorni di Samashki,
dove i reparti di Mosca vennero investiti da una violenta controffensiva cecena e lasciarono sul campo una settantina di uomini. Nonostante la fiera resistenza dei militanti la preponderanza di uomini e mezzi a vantaggio dei russi era tale che la difesa della posizione non avrebbe mai
potuto produrre una controffensiva. Kachukhaev si organizzò quindi per una resistenza ad oltranza, richiamando tutti i combattenti che non avevano fatto in tempo a raggiungere il ridotto montano, o che operavano ancora in pianura. La maggior parte delle unità che giunse a portare soccorso erano milizie volontarie non inquadrate, mal coordinate tra loro, molte delle quali tentarono di raggiungere gli assediati attraverso la strada di collegamento tra Starye Achkhoy e Achkhoy – Martan, finendo intercettate dalle avanguardie russe. Altri gruppi, provenienti dal villaggio inguscio di Arshty, furono intercettati dall’aeronautica federale e dispersi. I rinforzi che riuscirono a raggiungere Bamut furono quelli che, faticosamente, si fecero largo tra le montagne passando da Sud, raggiungendo il fiume Martanka dietro Bamut e risalendolo fino alle posizioni dei difensori.

I ritardi nel concentramento dei reparti fecero sì che le unità che effettivamente raggiunsero Bamut fossero in numero grandemente inferiore alle aspettative, nonché esauste per la lunga marcia a piedi. Molti miliziani ebbero appena un paio di giorni per recuperare le forze in attesa del grande scontro. Man mano che i reparti raggiungevano la base, Kachukhaev schierava le unità lungo il perimetro difensivo sulla base della loro grandezza e della supposta capacità operativa. In tutto furono
schierate sulla linea del fronte dalle 100 alle 300 unità, cui si aggiunsero
nei giorni successivi alcune decine di volontari provenienti dall’Inguscezia, inquadrati nel cosiddetto Battaglione Inguscio. La linea difensiva correva lungo i resti del centro abitato, addossata agli edifici e organizzata in un mosaico di piccole trincee a zig zag, in ordine a contrastare le unità russe avanzanti senza offrire bersagli estesi all’artiglieria. Dietro la prima linea di trincee ne era stata scavata una seconda, così che le unità combattenti potessero agilmente cambiare posizione ed alleggerire la pressione, per poi rioccupare le posizioni avanzate alla fine dei bombardamenti d’artiglieria. Le vie d’accesso erano bloccate dai detriti delle abitazioni distrutte, ed il materiale di risulta era stato impiegato per costruire piccoli guadi attraverso i quali le unità combattenti avrebbero potuto attraversare agevolmente il Martanka, per sottarsi a combattimenti troppo pesanti o per effettuare manovre di aggiramento sulle colonne corazzate federali.

Soldati russi avanzano verso le posizioni cecene

Le truppe russe si posizionarono a circa un chilometro e mezzo da quelle cecene, a una distanza sufficiente da evitare di essere bersagliate dagli RPG, ed iniziarono a bombardare la linea di difesa di Bamut. La linea russa correva ora lungo l’argine settentrionale di un canale che, da ovest, disegnava un semicerchio a nord di Bamut per gettarsi nel fiume, che correva sul fianco orientale del villaggio. Da lì l’artiglieria iniziò a martellare la prima linea cecena. I difensori si ritirarono, lasciando ai russi soltanto una serie di trincee vuote da bombardare, ed al termine del martellamento tornarono ad occupare le posizioni avanzate. I federali, convinti di aver piegato la resistenza cecena, iniziarono a muovere in avanti: una colonna si diresse verso il villaggio attraverso la strada principale, la quale corre parallela al Martanka. Questa azione avrebbe dovuto attirare il grosso dei nemici, mentre una seconda colonna avanzava da Nordovest, varcando il canale e dirigendo direttamente verso il centro del villaggio. I ceceni tuttavia avevano fiutato la trappola, e pur mantenendo una fiera difesa della via principale
lungo il Martanka, non sguarnirono le posizioni Nordoccidentali. Conscio della natura del suo piccolo esercito, costituito più come un arcipelago di piccole unità autonome che come una forza unitaria, Kachukhaev lasciò ai comandanti locali l’onere di organizzare autonomamente la loro strategia, mantenendo come unico imperativo quello di non spostarsi dal proprio settore senza autorizzazione. Questo fece sì che i russi non riuscissero a capire quante e quali unità avessero davanti, e non avessero un’idea chiara di quale fosse il fronte della battaglia. Decine di piccoli scontri locali si accesero lungo tutta la linea di difesa, incendiando l’intero settore per tutto il primo giorno di battaglia. Le unità indipendentiste, dotate di grande mobilità, colpivano con gli RPG i veicoli blindati, li assaltavano e cambiavano immediatamente posizione, impedendo ai russi di tracciarle e di annichilirle con l’artiglieria. In questo modo i reparti che difendevano il fianco sinistro dello schieramento ceceno furono in grado di accerchiare i russi avanzanti, provocando loro gravi perdite e costringendo la colonna federale prima ad arrestarsi, poi a fare marcia indietro.

Combattenti ceceni del Battaglione Galanchozh a difesa di Bamut


Anche il fronte orientale riuscì a fermare l’attacco russo. Allorchè la pressione dei federali si fece troppo forte, Kachukhaev ordinò alle prime linee di minare le trincee e di ritirarsi sulla seconda linea. Non appena le truppe russe ebbero preso il controllo, Kachukhaev ordinò che fossero fatte brillare, uccidendo coloro che le occupavano. Persa la maggior parte delle unità di fanteria, i corazzati russi non avrebbero potuto avanzare da soli, o sarebbero finiti sotto una pioggia di RPG. Così gli attaccanti decisero di ritirarsi, vanificando i progressi ottenuti a caro prezzo in quella prima giornata di battaglia. L’artiglieria federale ora conosceva le coordinate della seconda linea difensiva cecena, ed iniziò a bombardarla, ma ancora una volta senza successo: i reparti ceceni, infatti, utilizzarono i guadi approntati nei giorni precedenti per disperdersi tra le colline intorno a Bamut, per poi tornare ad occupare le loro posizioni una volta che il bombardamento fu terminato. Quando i russi tornarono all’attacco, il giorno successivo, si trovarono davanti un dispositivo difensivo di tutto rispetto, e nel giro di una mezz’ora il comando russo ordinò di interrompere nuovamente le operazioni. La notte successiva un reparto esplorativo fu inviato ad individuare le posizioni cecene per un attacco d’artiglieria notturno. L’operazione fu un disastro: il reparto esplorante fu intercettato e finì sotto una pioggia di proiettili. 10 degli 11 componenti la squadra furono uccisi, e l’unico sopravvissuto fu fatto prigioniero. Interrogato sulla consistenza delle forze federali di fronte a loro egli riferì che gli attaccanti disponevano ancora di troppe unità perché Kachukhaev potesse capitalizzare il successo con un contrattacco, così il comandante ceceno decise di mantenere un atteggiamento difensivo, preferendo impegnare gli uomini nella ricostruzione delle trincee e nell’approntamento di nuovi sbarramenti.

I NEWS intervista Francesco Benedetti

Alcuni giorni fa Francesco Benedetti ha incontrato a Firenze Inna Kurochkina di I NEWS. L’intervista che ne è uscita fuori riprende i discorsi affrontati in un’altra chiacchierata, svoltasi più o meno un anno fa, poco prima che la Russia invadesse l’Ucraina. Nel corso di questo anno molte cose sono cambiate, il lavoro di Francesco è andato avanti e con esso la sua consapevolezza di quanto sia importante per l’Occidente la storia della Cecenia.

Riproponiamo il video dell’intervista, allegandone la trascrizione in lingua italiana.

TRASCRIZIONE IN ITALIANO DELL’INTERVISTA

Prima di tutto vorrei congratularmi con te da parte di tutti i visitatori, gli abbonati che hanno già letto il tuo primo volume. Da oggi è possibile avere questo secondo volume. Com’è possibile averlo?

Prima di tutto grazie a te, e grazie a tutti coloro che hanno apprezzato il primo volume, e che mi hanno dato questa considerazione. Il libro in questo momento è disponibile in italiano, su Amazon, ma sarà presto disponibile in inglese, grazie alla collaborazione di Orts Akhmadov, figlio di Ilyas Akhmadov, che sta lavorando con me alla versione inglese, e presto sarà disponibile anche in lingua russa e cecena, come per il primo volume.

L’altra volta che ci siamo visti ed abbiamo parlato del tuo libro era il Dicembre del 2021 e forse ci aspettavamo la guerra, questa tragedia. Poi ci siamo incontrati a Bruxelles nel primo giorno della guerra, quando sia noi che tu incontrammo per la prima volta Akhmed Zakayev. Con il tuo aiuto partecipammo ad alcuni eventi di Radicali Italiani, queste ottime persone che organizzarono la visita di Akhmed Zakayev in Italia, quindi in qualche modo sei coinvolto nelle nostre attività ed in quelle di Ichkeria. Com’è cambiata la tua vita durante questo anno?

Sicuramente ho avuto esperienze più reali rispetto a questo tema. Ero un semplice studente della storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, ma la mia esperienza era puramente teorica, astratta, non concreta, materiale. Da quel giorno ho avuto modo di parlare con molte persone, e questo secondo libro è scritto anche grazie alle memorie di circa un centinaio di persone con le quali ho parlato. Così, la mia conoscenza di quella esperienza storica e dell’esperienza umana dei ceceni è cresciuta enormemente. Da Febbraio ad oggi ho dato volti, nomi ed vite ad un’esperienza che per me fino ad allora era stata soltanto teoretica.

Io e te stiamo lavorando alla storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, perché anch’io sto facendo un ciclo di cronache. Capisci l’espressione “nella tua pelle”? Come hai sentito sulla tua pelle come la guerra stesse arrivando in Cecenia?

Una delle domande che mi faccio studiando la storia della Cecenia, e in particolare studiando questo periodo è stata proprio “come mi sarei sentito se mi fossi trovato in quella situazione?” E mi faccio questa domanda quasi tutti i giorni, perché il mio studio si basa sulle memorie delle persone che intervisto, e le mie interviste si focalizzano proprio si questo aspetto di ogni evento storico: naturalmente chiedo informazioni, nomi, date eccetera, ma la prima domanda che ho fatto in quasi tutte le interviste è stata “come ti sentivi in quel momento?” “Come passasti il periodo tra il 26 Novembre e l’11 Dicembre (il lasso di tempo tra l’assalto a Grozny da parte dell’opposizione filorussa e l’invasione). Personalmente provo ogni giorno ad immaginarmi quali fossero i sentimenti delle persone che aspettavano la guerra, cosa pensavano: i loro figli, le loro famiglie, come mettere in salvo le loro famiglie, come mettere in salvo le loro cose, i loro soldi, le loro auto, le loro case. Un evento come questo può distruggere completamente la vita, cambia per sempre la vita della gente. Credo di essere una persona abbastanza empatica, e ti assicuro che scrivendo questo libro ho sofferto molto. Come ogni autore rileggo molto spesso il libro che ho letto, ed ogni volta ho la stessa sensazione da una parte di tragedia, dall’altra di ammirazione per quelle persone che sono sopravvissute alla guerra, in questo caso riuscendo a vincerla, contro i loro invasori.

Vorrei comprendere come inquadri la natura del popolo ceceno. Io sono nata in Georgia, sono ucraina. Vorrei lavorare per il popolo georgiano, o per quello ceceno, ma tutto il mio cuore ora appartiene al popolo ceceno, non so perché. Come potresti descrivere il tuo sentimento verso il popolo ceceno? Perché se ti sei innamorato per questo popolo, lo hai fatto perché hai in te una passione.

Capisco quello che pensi perché, se ci penso, è veramente strano ciò che mi è capitato. Vivo in Toscana, e non ho alcun collegamento familiare, economico o di qualsiasi altro genere con la Cecenia. Eppure fin da quando ero bambino, la prima volta in cui ho ascoltato il nome “Cecenia” è successo qualcosa. Non so cosa precisamente, un’affinità elettiva che è cresciuta dentro di me, e non so precisamente perché.

Ciò che amo del popolo ceceno, riguardo a questa storia, è la sua capacità di mostrare la felicità nella tragedia. In loro ho visto persone che non vogliono essere considerate vittime, ma persone che riescono a trovare la bellezza della vita in ogni cosa. Loro hanno mostrato al mondo come si ride di fronte alla morte, e come si conserva l’umanità anche in una situazione che, se mi immagino di essere al loro posto, strapperebbe via l’umanità anche da me. Se una guerra distruggesse la mia vita forse diventerei pazzo. Ho parlato con molte persone che hanno combattuto una guerra e non sono impazzite, ma anzi hanno conservato la loro gentilezza, il loro essere persone buone. Non so se sarei in grado di conservare in me queste qualità, combattendo una guerra. Penso che questo tratto caratteriale dei ceceni sia bellissimo: il fatto che siano riusciti a conservare felicità e voglia di vivere nonostante abbiano dovuto affrontare esperienze così amare.

Conoscendo questo tratto caratteriale speciale di questo popolo, pensiamo a quanto la Russia si sia impegnata a distruggerli. E’ una storia biblica per me. Tu che ne pensi?

Quando un bullo prova a picchiare una vittima, e questa gli sorride, il bullo diventerà ancora più rabbioso, ma alla fine sarà sconfitto dalla resilienza della sua vittima. In questo senso ho amato la lotta dei ceceni, i quali hanno mostrato ai russi che il loro spirito non si sarebbe mai spezzato.

In quest’ultimo anno ci siamo resi conto che gli ucraini non avevano capito cosa fosse stata la guerra in Cecenia, perché esattamente come i russi non se ne erano preoccupati. Adesso hanno capito, ed il parlamento ucraino ha riconosciuto l’indipendenza, lo stato di occupazione ed il genocidio del popolo ceceno. Cosa deve succedere perché anche i liberali russi capiscano questa tragedia? Nella loro visione della vita non c’è nessuna guerra cecena e nessuna tragedia cecena, e ovviamente non c’è nessuna Ichkeria. Cosa ne pensi?

Penso che i liberali russi siano anche loro parte dell’impero russo. Forse vogliono un “impero liberale”? Forse è un non – senso. Non credo che in questo senso ci sia tanta differenza tra i partiti radicali e quelli moderati, o liberali. Tutti vogliono la stessa cosa: rafforzare l’impero, in una forma o nell’altra. Forse i liberali russi, non vogliono combattere la guerra in Ucraina, ma non vogliono neanche perdere l’integrità del loro impero. Non vedo niente di strano in questo. Sono più abituato a studiare ed a leggere le notizie di un altro impero, quello americano, ed i liberali dell’impero americano non sono meno arrabbiati ed aggressivi rispetto ai nazionalisti. I cittadini di un impero crescono pensando che l’unico modo per preservare il paese sia tenero unito e schiacciare ogni voce dissonante.

Sono stata molto sorpresa dal tuo “hobby”. Mostrerò dei pezzi di uno dei video della tua band, che si chiama “Inner Code”. Parlami di questa canzone che parla dell’impero. Sono così sorpresa perché sei di Firenze, noi non riusciamo a mettere in relazione il concetto di “impero” con la città di Roma,  che è così bella.

Roma in questa canzone è l’archetipo dell’impero. Quando pensiamo all’impero romano pensiamo all’impero per definizione. Lo stesso impero russo si ispira all’impero romano. La parola “Zar” è la traduzione del latino “Caesar”, il Kaiser dell’impero tedesco è la traduzione germanica di “Caesar”, e così via. “Brucerà Roma” parla della caduta di Roma, ma per estensione parla della caduta di tutti gli imperi. Per quanto grande e forte, ogni impero prima o poi cadrà. Quando ascolto questa canzone trovo un collegamento con la storia di cui stiamo parlando, essendo una storia che può funzionare con qualsiasi impero, anche per quello russo. Consiglio comunque di ascoltare la canzone a volume basso!

[…]

Fondamentalmente, tutto ciò di cui stiamo parlando gira intorno alla parola “Libertà”. Tu sei una persona libera sotto tutti i punti di vista, come vedo. Vedi la libertà di Ichkeria sotto attacco? Pensi che le forze imperiali, l’Fsb, vogliano cancellare questo obiettivo di libertà? Noi percepiamo questi attacchi, per esempio quelli che stanno venendo portati contro Akhmed Zakayev, una persona che è un simbolo della libertà di Ichkeria. Percepisci questi attacchi dall’Italia?

Immagino che questo comportamento sia coerente con la situazione. Ho una percezione indiretta di questo, perché sfortunatamente i giornali italiani non raccontano molto ciò che succede in Cecenia o nella diaspora cecena. Tuttavia avendo alcuni contatti con i membri della diaspora cecena per via dei miei studi, immagino che queste persone stiano parlando di progetti  presenti e futuri per raggiungere l’indipendenza e la libertà della Cecenia e che talvolta lo facciano discutendo animatamente, o arrabbiandosi. Parlo da italiano, non penso di avere il diritto di dire ai ceceni ciò che devono fare. Solo, vedendo da fuori ciò che succede nella diaspora cecena, noto che ci sono delle “questioni irrisolte” ed è possibile che l’Fsb, o chiunque non voglia una Cecenia indipendente possa enfatizzare queste divisioni del fronte indipendentista per indebolirlo. Spero che le persone non cadano in questa trappola. Non so se l’indipendenza della Cecenia è lontana o vicina, ma è importante che ad ogni passo ci si trovi nella migliore condizione per raccogliere insieme tutte le forze per conquistare la libertà.

Negli ultimi mesi, anche grazie a te ed ai Radicali Italiani (penso all’incontro a Roma tra Zakayev e Benedetto della Vedova, al discorso al parlamento italiano, al riconoscimento di Ichkeria da parte del parlamento ucraino, all’appena terminato intervento di Zakayev al parlamento europeo ecc..) abbiamo visto un’evoluzione nella proposta del governo di Ichkeria. A Bruxelles Zakayev ha presentato un progetto di ricostituzione della Repubblica della Montagna, costituita nel 1918 e dissolta dai Bolscevichi, e che a suo tempo Zviad Gamsakhurdia e Dzhokhar Dudaev volevano ricostituire negli anni ’90.  Adesso Zakayev sta portando avanti quest’idea, questo progetto, ed il Ministro degli Affari Esteri, Inal Sharip è andato a Washington DC e lo sta presentando là. Da storico, pensi che questo progetto della Repubblica della Montagna sia più sicuro, più realizzabile rispetto alla Cecenia indipendente? Pensi che da sola la Cecenia riuscirebbe a sopravvivere ai suoi vicini così “mostruosi”?

Penso che creare una confederazione sia molto difficile, ma se questa è guidata da un centro forte, può moltiplicare la forza di ogni suo singolo membro. Se la confederazione è una semplice somma di soggetti non credo che durerà a lungo. Un esempio può essere quello dell’Unione Europea: una somma di paesi, ma la sua forza non è equivalente alla somma delle forze che la compongono. Perché ogni paese difende i suoi interessi, e questo è un problema perché uno stato costruito in questo modo non può resistere a forze di paesi come Stati Uniti, Russia, Cina. Il problema della nostra confederazione  è che non abbiamo un centro, una nazione che tiene unite tutte le altre. E ogni volta che una delle nazioni europee prende la supremazia le altre la combattono. Così la nostra confederazione europea è politicamente debole. Se i ceceni vogliono guidare una confederazione non devono farlo come lo hanno fatto gli europei. Se saranno abbastanza credibili da attrarre le altre nazioni in una confederazione della quale loro siano il centro, non come un centro imperiale, ma come il luogo di coloro che credono più di tutti gli altri a questo progetto,  e che per questo sono pronti a sacrificarsi più degli altri per tenere tutti insieme, allora credo che questo sia un progetto politico che può durare. Come, per esempio, gli Stati Uniti, i quali sono una confederazione che, dopo alcuni grossi problemi, è diventata la più potente nazione della terra. Una confederazione, quindi, può durare, ma ti serve un centro che abbia la credibilità e la forza per tenere insieme tutti gli altri, non con la forza ma dando l’esempio. Penso che i ceceni abbiano mostrato più di una volta al mondo grandi esempi.

Nel 1997 Russia e Cecenia firmarono un trattato di pace che poi fu tradito. Cosa pensi del desiderio da parte della comunità mondiale di convincere l’Ucraina a firmare un trattato simile con la Russia?

Guardando alla storia si capisce perfettamente che il reale valore dei documenti dipende dal fatto che questi riflettano o meno la situazione reale. Nel 1997 la Russia firmò un trattato di pace, ma mentre lo firmava stava preparando la seconda invasione. Secondo me se adesso accettasse un compromesso con la Russia, questo compromesso in nessun caso potrebbe sistemare alcuna situazione, perché non credo che i russi sarebbero soddisfatti, e neanche gli ucraini lo sarebbero. Credo che adesso un compromesso sarebbe soltanto un modo per spostare in avanti la guerra di tre o quattro anni. Credo che questo sia un momento nel quale è necessario risolvere un problema che è nato proprio in Cecenia. In una bellissima recensione di Adriano Sofri, un italiano che conosce bene la Cecenia, e che ha scritto un bellissimo articolo su questo libro, lui dice che quello che è successo in Ucraina è un remake di quello che è successo in Cecenia e in Georgia, e che l’Ucraina è la fine di una linea che inizia in Cecenia. E’ il momento di interrompere questa linea una volta per tutte, altrimenti dovremo aggiungere un altro punto a questa linea, tra quattro o cinque anni. Come europeo rifletto sul fatto che questa linea non si dirige lontano dall’Europa, ma dalla Cecenia verso l’Europa. Il punto successivo sarà ancora più vicino a casa nostra, non più lontano. Credo che l’Europa dovrebbe pensare a questo. Se non interrompono questo processo adesso, lo affronteranno di nuovo ancora più vicino a casa.

Memories of Budennovsk: Francesco Benedetti interviews Ikhvan Gerikhanov

Mr. Gerikhanov , your intervention in the Budennovsk hostage crisis begins on the evening of June 15, 1995, when you reach the city hospital, occupied by Basayev’s men, with the intention of starting negotiations. The task had been assigned to her by the Minister for Nationalities of the Russian Federation, Mikhailov. Do you remember how you responded to his request? Were you able to communicate with ChRI authorities from the time you were called to the hospital until you entered the hospital?

That’s essentially how it went. As chairman of the Constitutional Court , I had no contact with the leadership of the Chechen Republic, and was busy reporting on the war crimes that were taking place on the territory of our republic. I have personally held dozens of international conferences and roundtables, in which I have called for the intervention of the world community to stop the destruction of the Chechen people as an ethnic group!

At the time I was in Moscow, as an expert in the session of the International Tribunal for war crimes and crimes against humanity in the Chechen Republic, headed by State Duma Deputy Galina Starovoitova, later killed due to her civil engagement on the events in Chechnya. While I was at work, I was approached by one of my compatriots who held a responsible position in the presidential administration of the Russian Federation. He was looking for me at the request of the Minister for Nationalities, Mikhailov, who asked for my assistance in freeing the hostages held in Budennovsk. Naturally, I accepted the assignment, aware of the moral responsibility I had for these facts, as a senior official of the republic.

First of all, I interpreted my mission as that of allowing the hostages to understand the reason for this armed incursion, and to explain to them that they were not “militants”, as reported by all the world’s media, but defenders of their homeland.

Two or three days after I received the request, I was on a plane bound for Grozny, on which was also a delegation from the Russian Liberal Democratic Party, headed by Zhirinovsky. We had no contact with them, but the departure of the plane from Moscow was delayed for several hours.

Ikhvan Gerikhanov waits in front of an entrance to the Budennovsk hospital manned by one of Basayev’s men

Together with her were other Chechen officials. Who were they? And why did you choose them?

With me . were Paskushev and D. Khangoshvili . The second is a Georgian Chechen. Neither was an official of the state structure of the republic. I didn’t choose them, we just happened to be together. In fact I was not the head of the delegation. The other two simply knew my position among the authorities of the republic, and they recognized me as a sort of “primacy” in relation to the responsibility of my work. Unfortunately Khangoshvili passed away a week ago. Paskushev remained at headquarters in the Ministry of Internal Affairs building to ensure our safety.

I take this opportunity to express my special gratitude to my comrades for their courage and perseverance in these events. We were exposed to mortal danger of being shot in the rear by the Russian army, or by a sniper, or of being shot by our own if the military’s provocations ended with the assault on the hospital.

Did you personally know Basayev before Budennovsk? What opinion did you have of him? And how has it changed after the seizure of the hospital?

Before these events I had never had personal contact with him, as a Member of Parliament on first call and President of the Constitutional Court I was busy with my duties.

My opinion on this raid is still ambiguous today, I am against violence against civilians, although dozens of times we Chechens have seen how Russian troops put groups of civilians in front of them and went on the attack. But war is war , there are no rules of engagement and no one chooses the methods. This was mutually evident when civilians were killed by carpet bombing on the territory of the republic and filter camps were set up, where ordinary civilians, both women and men, were tortured, raped and killed.

The indifference of the absolute majority of Russian citizens and the world community gave the following result: our soldiers were forced to attract everyone’s attention in this way, to stop the destruction of the Chechens on a national basis. By the way, to this day the participants of Basayev’s raid are “found guilty” and sentenced to the maximum sentence, while not a single officer or soldier of the Russian army, except for the freak and rapist Budanov, has been held responsible for the criminal acts made on the territory of our republic.

This raid, with its pitiable innocent victims, produced results: the war was stopped and the Khasavyurt Accords on the cessation of hostilities and the beginning of peace negotiations were signed.

After landing in Budennovsk and reaching the hospital, you made contact with the Chechen units barricaded in the facility. Your first request to talk to Basayev, however, was turned down. Aslambek Ismailov, clarified that there would be no negotiations. Why do you think Basayev reacted so harshly? Didn’t he recognize you as a senior ChRI official? And speaking of Ismailov, did you know him before the Budennovsk events?

Before our arrival in Budennovsk, Basayev made it clear to everyone that there would be no negotiations before the withdrawal of the Russian army from the territory of our republic and that negotiations with Dudayev for the recognition of independence should begin. To all delegations, including one composed of Basayev’s relatives, he made it clear that he would not speak to anyone, and that any attempt to force the situation would lead to the death of the hostages.

After arriving at the Headquarters, headed by Russian Deputy Prime Minister Egorov, I informed everyone about the purpose of my visit and after long discussions I called the hospital directly to explain that my intention was to visit the building where the hostages were being held. Since it was night, I resolved to enter the building the next morning. Ismailov, Basayev’s deputy, answered me. I had never met him before. He knew me, he knew I was a high official of the republic. He promised to tell Basayev what I was proposing, and to give me an answer within a few hours.

To get an affirmative answer, I had to declare that I was willing to remain inside the hospital together with the hostages and Basayev’s men if my efforts to resolve the crisis were unsuccessful.

June 18 , you finally managed to enter the hospital, leading two different groups inside the facility and starting negotiations to open an exit corridor for Basayev’s men, in exchange for the release of a certain number of hostages. How did these negotiations take place? Why do you think Basayev changed his attitude towards you?

My first contact was on June 16 , when Khangoshvili and Ismailov met at the hospital entrance. Before our arrival a sniper had shot one of Basayev’s men, and his corpse was still lying in plain sight, covered in blood, at a distance of 1.5 – 2 meters. To avoid risking the same end, we met on the entrance stairway, sheltered from snipers. After a short conversation with Ismailov, we parted. On the same day he contacted the General Headquarters informing those present that Basayev was available to meet the President of the Constitutional Court of the Chechen Republic.

Women and children hostages are freed during the negotiations.

What situation did you find in the hospital? Do you remember the conditions of the hostages and militants during your stay in the facility?

The situation was very tense, there were many women and children, some wounded, mothers who had just given birth. With respect to this, the Russian media presented a distorted version of reality: with the exception of military pilots and police officers, the hostages were shown respect and care, relative to the conditions in which they found themselves. The hostages themselves had spread white scarves and sheets outside the windows to prevent an assault by the Russian army. I saw a woman, a doctor from the hospital, slap a police lieutenant general who was saying that Basayev’s team was putting women and children against the windows!

Khangoshvili and I have been to the hospital 5-6 times until June 18th , and each time we came back with several children, who we returned to their mothers. They persuaded me to take the children with me, referring to the fact that Basayev would not object and that the children would be saved. On our next visit, we heard the voices of the women talking to each other saying that there was a “mustachioed prosecutor” and that another group of children needed to be rounded up.

According to press reports, it was you who developed the text of the agreement that led to the resolution of the crisis. Do you remember the genesis of this document? Were there discussions about what should be written on it? Do you keep a copy of this document?

Yes, I wrote that text. At the first meeting with Basayev he recognized my rank as an official, but said that he was accountable to his command, and that without the approval of his bosses he would not take any decision. Basayev insisted that the withdrawal of Russian troops from Chechnya and the republic’s independence could not be negotiated. His detachment would not have left if these two conditions were not met. If necessary they would all have sacrificed their lives for this. I had to talk to all the members of Basayev’s team to explain to them that at this stage of the conflict, fulfilling both conditions would be impossible, even with the sacrifice of all Chechens on earth.

In the end, thanks to the help of the witnesses I brought, and the arguments of my reasoning, I managed to persuade Basayev that the withdrawal of troops and the opening of negotiations would be real steps towards ending the war and recognizing Chechen sovereignty . After another visit to the hospital on June 17 , Basayev finally declared that he was ready to open a dialogue on this basis, and asked me to draft a document. To the above conditions he added the request for a guarantee of safety for his men, so that they could return to Chechnya without incident. Finally, he reminded me that, as a Chechen, I would answer to the people and to Allah if the Russian military and political leadership did not abide by the agreements.

The text was signed by responsible persons. I was asked to sign as head of the Chechen delegation, but I refused because I was a state official. However, having to identify a guarantor among the Chechens, I asked Kanghoshvili to sign, since the Russian government would not accept my signature as an official of the Chechen Republic.

The main concern for me and for Basayev was: who would guarantee the free passage of the buses on which the Chechen fighters and their escorts would leave? Knowing the insidious behavior of the Russian military and leadership, when I returned to the HQ I asked on my own initiative that this guarantee be given by the Russian Prime Minister Chernomyrdin: without his direct intervention, Basayev’s men would not have left the building, and they would have agreed to fight to the death. All those present reacted with anger: Deputy Prime Minister Yegorov , FSB director Stephasin and other military commanders invited me to leave. To which, brusquely, I told them that if they stormed the hospital, the whole world would immediately know about it from me, and the death of the hostages would remain on their conscience!

While returning to Moscow with the Chechen delegation, the human rights activist, S. Kovalev, approached us, and told us that Chernomyrdin was willing to talk with us about the guarantees to be given to Basayev’s men. I replied that this shouldn’t have been behind the scenes, but that it should have been an official statement. I then demanded that the Prime Minister speak to Basayev directly on the phone, and threatened to abandon the negotiations, and to return to my job if the conversation did not take place.

When you left the hospital, you took about a hundred hostages with you. Do you remember any of them? Were you able to exchange a few words between you? What did the hostages think about what was happening?

As I said, after I learned that Chernomyrdin would call Basayev, I returned to the hospital on June 18th . Arriving from Basayev I asked him: if the Prime Minister provides a guarantee of safe passage to Chechnya, will this be a sufficient basis for the release of the hostages? Basayev and his men laughed: they didn’t believe such a guarantee would be possible. However Kovalev and the accompanying State Duma deputies confirmed my words, so we added this clause to the agreement, and signed it. I asked Basayev to give a sign of good will by handing over, together with the request for agreement, at least 100 hostages, including women and children, to be released. Basayev agreed to the request the next day.

Upon your departure, Basayev reportedly warned you: “Remember that you are a Chechen. If even a single hair falls from my fighters’ heads along the way, your whole family will answer for it!” Does this mean you got involved in a family feud to save the Budennovsk hostages?

Naturally this was a provocation on Basayev’s part. After all, I could not vouch for their free passage through Russian territory. Knowing about Yeltsin’s intention to show himself to the world community as a fighter against “terrorists”, I nipped in the bud another provocation thought up by the head of the operation to free the hostages, General Yerin . As soon as I arrived in Moscow, I gave several interviews to Russian and foreign journalists in which I feared a possible military provocation against Basayev’s detachment on the way back.

After signing the agreement, on your way home, you were abruptly called back at Aslambek ‘s explicit request Abdulkhadzhiev . The feds had asked all those who had joined Basayev on the return journey to sign a document that effectively exempted the Russian authorities from any responsibility in the event of accidents on the way back. It was a tacit admission of a willingness to raid Basayev’s convoy as soon as it entered Chechnya. Abdulkhadzhiev stated that without your intervention the negotiations would not have resumed. Did you know him? Why was your presence deemed necessary?

I have already mentioned General Yerin , the author of this receipt stating that such and such a person “voluntarily joins Shamil Basayev’s group…”. Abdulkhadzhiev reacted urgently to this provocation and declared that without a conversation with the President of the Constitutional Court of the Republic, the agreement would not proceed.

A car caught up with us on the way to the airport, and we were asked to come back. Upon arrival in Budennovsk, after reading the text proposed by General Yerin , I asked to speak urgently with Chernomyrdin and, after my explanations, Chernomyrdin slipped through Yerin , scolded him about the receipt and ordered him to cancel it. It later became known that the General was preparing an assault on Basayev’s convoy on orders from President Yeltsin, who was outside Russia at the time. Indeed, an attempted assault took place near the Chechen border, at the height of Kurskaya , when military helicopters began flying over the buses. However, due to the great attention these events caused and the presence of many foreign journalists, the attack did not take place.

Hostages leave the hospital

After resolving this second crisis, you were faced with the frustrated reaction of the Russian military and civilians who had witnessed the kidnapping. Why were they mad at you? What made them so nervous?

The answer in this case is unequivocal. Many soldiers wanted to destroy Basayev’s detachment and gain prestige. They didn’t care about the hostages and their punishments at the time. On our next visit to the hospital we realized that the army’s special units clearly wanted to take advantage of the stalemate in operations due to the negotiation process to storm the hospital. And the police major’s snide comment: You can’t come here, you’re no better than the terrorists you sent home I assumed I never expected the most basic humanity or gratitude from these people.

After Basayev’s return to Chechnya, your mission was over. Were you able to contact Dudayev, or another official of the Chechen Republic of Ichkeria?

Unfortunately no, I was very busy with the international tribunal, and until 1996 I was unable to return to the republic. According to Abdulkhadzhiev , in the presence of Ismailov and Basayev, my actions in this mission were highly appreciated by the President, who said that at the first meeting with me he would present me with the Republic’s highest award, the “Honor of the Nation ”. Unfortunately, the infamous assassination of the President of the Chechen Republic prevented us from meeting on this earth.

Did the Russian authorities give you any credit for ending the Budennovsk hostage crisis?

First of all, I didn’t expect anything from gold and I didn’t work for them. I only accepted the offer to participate in this matter, in good faith, because I was one of the highest officials of the Republic. Secondly, I did what I did out of civic duty, and I am grateful to the Almighty for giving me the opportunity to be of service to my people and to free more than 1200 hostages who were not involved in hostilities, like dozens of thousands of civilians in Chechnya, who suffered the most from the presence of the Russian army.

It was said a long time ago that I was offered an apartment in Moscow. Speculation around this topic was a useless farce of the Russian leadership, just as some newly emerged “patriots” among the Chechens could be accused of treason, who even today cannot understand and evaluate my actions as Chairman of the Constitutional Court of the Republic Chechen. But that’s another topic!

The Budennovsk crisis allowed the Chechen government to conclude a truce which proved useful in winning the war. However, it has cast a shadow of terror on the resistance. How do you think Budennovsk changed the history of independent Chechnya?

Today the whole world has known the face of the Russian Empire and has finally understood that the war of the aggressor, launched against our republic, was the beginning of perfidy and contempt for all norms and principles of international law, so as well as its obligations to the world community. The Budennovsk events forced the Russian leadership to sit down at the negotiating table, and this saved tens of thousands of lives, both on the territory of our republic and in Russia itself.

As for the “shadow of terror”, state terror was declared against the Chechen people by Russia, exclusively on a national basis, and has not stopped to this day, even though the peace treaty with the Chechen Republic of Ichkeria was signed a long time ago! So who is guilty of terrorism? Who is the terrorist?

Thank God the European community has already declared Russia a sponsor of terrorism. This is mine answer at the your last question !

Text of the agreement drawn up by Gerikhanov.


The document, translated for us by Inna Kurochkina, says:

Agreed text for the time 10 hours 40 minutes 18.06.95.

On the release of the hostages, the city of Budyonnovsk.

Commitment:

-On the part of the Government of the Russian Federation represented by the Prime Minister

V.S. Chernomyrdin:

Immediately stop hostilities and bombardments of the territory of Chechnya.

All other issues, including the disengagement of troops, should be resolved exclusively by personal means on the basis of the negotiation process.

The person authorized to negotiate with the Chechen side is Usman Imaev.

-From Shamil Basayev:

Release of hostages, with the exception of the security assurance team.

Time of completion:

Statement by Chairman of the Government of the Russian Federation Chernomyrdin.

The release of the hostages in the amount of one hundred people Sh. Basaev immediately after the speech of Viktor Chernomyrdin.

The rest, with the exception of the security guarantee group, are released during the time for the security of the departure of Sh. Basayev’s group.

18.06.95

10 hours 03 minutes

Signatures:

Viktor Stepanivich Chernomyrdin

Shamil Basaev

From the Government of the Russian Federation on behalf of Viktor Chernomyrdin: Head of

the Delegation Sergey Kovalev

From the Administration of the Stavropol Kraj Member of the delegation Sergey Popov

Deputy of the State Duma of the Russian Federation Yuliy Rybakov

From the side of the Chechen diaspora Khangoshvili Dzhabrail

Federation Council Deputy Viktor Kurochkin

Assistant to Kovalev Oleg Orlov “Memorial”

Amendments to the first document

The document, translated for us by Inna Kurochkina, says:

Additional agreements to the text of the Agreement dated June 18, 1995.

The delegation of the Russian Federation and Shamil Basayev’s group agreed on the following:

All questions of a political settlement, including the question of the status of the Republic of Chechnya, its relations with the federal authorities of the Russian Federation, and the republics of the Russian Federation, and other issues, should be resolved exclusively by peaceful means, on the basis of international legal acts, legislation and agreements reached in the negotiations.

This procedure should be the subject of consideration by authorized officials of the Chechen Republic of Ichkeria and representatives of the Government and the Federal Assembly of

the Russian Federation.

18.06.95

11 hours 03 minutes

Signatures

Shamil Basaev

From the side of the Chechen diaspora Khangoshvili Dzhabrail

From the delegation of the Russian Federation:

Sergey Kovalev

Juliy Rybakov (Deputy of the State Duma)

Viktor Kurochkin (Member of the Federal Assembly)

Oleg Orlov (“Memorial”)

From the Administration of the Stavropol Kraj Sergey Popov

Akhmed Zakayev a Rimini (11/12/2022) “Da dove viene l’espressione ‘La Cecenia fa parte della Russia’?”

Quello che segue è il testo integrale dell’intervento presentato dal Presidente del Gabinetto dei Ministri del governo ceceno, Akhmed Zakayev, al Congresso Nazionale dei Radicali, svoltosi a Rimini tra il 9 e l’11 Dicembre 2022. Lo avevamo tradotto per l’occasione dall’inglese, affinchè potesse essere distribuito agli astanti. Lo riproponiamo ai lettori di questo blog.

11.12.2022 Rimini, Italia

Signor Presidente,

Signore e signori,

All’inizio del mio intervento, vorrei ringraziare gli organizzatori di questo forum. In particolare ” Radicali Italiani ”. così come tutti i membri del movimento.

Da più di 30 anni partecipo direttamente ai processi militari e politici in corso sia all’interno della stessa Cecenia, sia – ora – al di fuori della Cecenia. Le informazioni rilasciate dagli uffici stampa dei ministeri e delle agenzie russe hanno lo scopo di distogliere l’attenzione da fatti oggettivi. Gli ideologi del Cremlino praticano ancora la teoria totalitaria secondo cui se ripeti mille volte una bugia, diventerà la verità. Preferisco l’affermazione di Abraham Lincoln: che puoi ingannare alcune persone per sempre, e tutte le persone per qualche tempo, ma mai tutte le persone per sempre.

Il presente e il futuro di qualsiasi conflitto devono essere definiti innanzitutto dalla natura di quel conflitto. Probabilmente avrete sentito dozzine di versioni delle origini del conflitto tra Russia e Cecenia. Le riserve petrolifere e il terrorismo islamico internazionale hanno poco o nulla a che fare con l’origine del conflitto. Vorrei spiegare di cosa ha così paura il governo russo.

Dall’inizio della guerra russo-cecena, l’11 dicembre 1994, ogni tentativo della comunità mondiale di impegnarsi nella soluzione pacifica del conflitto è stato bloccato dalla tesi dell’integrità territoriale della Federazione Russa. Oggi che il nostro conflitto è degenerato in un circolo vizioso, è estremamente importante esaminarlo dal punto di vista della sua legalità. Epiteti come “autodichiarato”, “separatista”, “ribelle” o “non riconosciuto” sono spesso usati per descrivere la Repubblica cecena. Essi non si basano su fatti storici e legali.

Lo status sovrano della Repubblica cecena è legittimo quanto lo era l’URSS. Nell’aprile 1990, durante le riforme del sistema sovietico di Gorbaciov, il Soviet Supremo dell’URSS adottò due leggi di fondamentale importanza per le nazioni dell’Unione Sovietica.

Il 10 aprile 1990. “Sulla base dei rapporti economici tra l’URSS e l’Unione e le Repubbliche Autonome” Poi il 26 aprile 1990 “Sulla divisione dell’autorità tra l’URSS ei sudditi della Federazione”. Questa normativa conteneva, accanto a disposizioni più generali, una serie di articoli che modificarono radicalmente lo statuto delle repubbliche autonome. Da quel momento esse condivisero gli stessi diritti delle altre repubbliche sovrane. Entrambi i tipi di repubbliche godettero del diritto alla “libera autodeterminazione dei popoli”.

Il 27 novembre 1990 , a seguito di un editto ufficiale del Soviet Supremo dell’URSS, il Soviet Supremo della Repubblica ceceno-inguscia ha adottato una Dichiarazione sulla sovranità dello Stato.

Per tutta la vita dell’URSS, tutto ciò che aveva a che fare con lo status giuridico, la “statalità” ei confini delle varie entità etniche all’interno del paese era prerogativa esclusiva del Soviet Supremo dell’URSS.

Il motivo per cui sto entrando così nei dettagli è perché possiate capire che non c’è stata alcuna rivolta, nessuna presa del potere da parte di separatisti armati. La sovranità della Repubblica cecena è stata stabilita dall’adozione nell’URSS di diverse nuove leggi nell’aprile 1990, e quindi era assolutamente legale e legittima ai sensi del diritto sovietico, del diritto russo e del diritto internazionale.

Quindi, quando l’Unione Sovietica fu sciolta nel dicembre 1991, la Repubblica cecena esisteva da più di un anno come stato sovrano, riconosciuto nell’ordinamento giuridico dell’URSS, uguale a tutte le “Repubbliche dell’Unione” (Russia, Georgia , Ucraina, Stati baltici e altri) e si stava preparando a firmare il Trattato dell’Unione aggiornato.

Lo status paritario della Repubblica cecena è stato infatti riconosciuto dal governo della Russia nel 1992, in occasione della spartizione ufficiale delle armi e dei beni dell’ex esercito sovietico che si trovavano nella Repubblica di Cecenia. Una simile divisione delle armi e dei beni dell’esercito sovietico ebbe luogo tra la Russia e tutte le ex repubbliche dell’URSS.

Il 1992 è stato un anno chiave per la Repubblica cecena a causa di altri due eventi che hanno avuto luogo: il primo è stato l’adozione della nostra Costituzione, che ha confermato lo status della Repubblica cecena come Stato sovrano democratico. La seconda è stata la firma del Trattato federale in Russia, cui la Repubblica cecena non ha partecipato.

Akhmed Zakayev

Da dove viene l’espressione “la Cecenia fa parte della Russia”?

Nell’ottobre 1993 il presidente Eltsin ordinò alle truppe di sparare sul parlamento russo e disperse l’assemblea. Quando il presidente Eltsin ordinò un referendum per una costituzione russa, non esisteva né il parlamento russo né la costituzione russa. Poiché la Repubblica cecena aveva un parlamento dal 1991, il quale aveva adottato una costituzione nel 1992, la Repubblica cecena non ha partecipato al referendum russo. La Costituzione russa contiene un articolo in cui si afferma che lo Stato russo è uno Stato federale, composto da soggetti che hanno firmato volontariamente il Trattato federale. Un altro articolo afferma che la Repubblica cecena è un soggetto della Federazione Russa. La presidenza russa ha violato tutte le possibili norme legali quando ha incluso la Repubblica cecena come “soggetto” della Federazione Russa nella Costituzione russa.

Nel 1994, dopo tre anni e mezzo di terrorismo di stato, di ricatti, di tentativi di indebolire la leadership cecena, che non sono riusciti a far capitolare la Repubblica cecena, la Russia ha scatenato un’invasione militare su vasta scala. Questa guerra fu cinicamente dichiarata per “l’instaurazione dell’ordine costituzionale”, mentre in realtà fu una guerra che violava tutti i principi del diritto internazionale, comprese le Convenzioni di Ginevra che regolano le norme di guerra.

Nel 1996 la guerra finì e tutte le truppe russe furono ritirate dalla Repubblica cecena. Nel gennaio 1997, con l’attivo supporto metodologico e logistico dell’OSCE e in conformità con la Costituzione cecena del 1992, la Cecenia ha tenuto le elezioni presidenziali e parlamentari, ufficialmente riconosciute dal Consiglio d’Europa che ha inviato un gran numero di osservatori, e dalla stessa Federazione Russa.

Il 12 maggio 1997è stato firmato il documento più importante di tutta la storia dei rapporti tra Russia e Cecenia. Il trattato di pace che ha stabilito i principi fondamentali per le relazioni tra la Federazione Russa e la Repubblica cecena di Ichkeria .

Il difficile ma chiaramente promettente processo di creazione di relazioni interstatali reciprocamente accettabili tra la Russia e la Repubblica cecena fu interrotto nel 1998, quando il Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, presieduto da Putin, il quale era anche direttore dell’FSB, pose un clamoroso freno al processo negoziale.

Al nostro governo viene spesso rimproverata l’accusa di aver avuto il tempo e l’opportunità dopo la fine della prima guerra russo-cecena di rafforzare e affermare la nostra sovranità. Posso affermare con piena autorità che in realtà non abbiamo avuto né il tempo, né l’opportunità, e questo perché i servizi segreti russi hanno immediatamente avviato seri preparativi per una seconda guerra. Hanno scatenato una dura ondata di operazioni terroristiche contro la Cecenia, che includevano esplosioni, omicidi e rapimenti, in particolare di stranieri e giornalisti. Molti noti politici hanno dichiarato pubblicamente che la Cecenia doveva essere portata a uno stato tale da implorare in ginocchio di poter rientrare nella Federazione Russa.

Dopo lo scioglimento dell’URSS, i sostenitori di un forte governo centrale in Russia si lamentavano che non esisteva più un’idea unificatrice e quindi che ciò che restava del grande impero russo, la Federazione Russa, avrebbe potuto sgretolarsi. Il Cremlino ha trovato l’idea che era necessaria. Hanno sostituito l’idea di Marx di combattere il capitalismo con l’idea di combattere il terrorismo. Il vantaggio della nuova idea era che quando si trattava di teoria e pratica degli atti di terrore, la Russia era stata il leader mondiale per tutto il XX secolo, e in tutti i continenti.

Vi interesserà sapere che durante la prima guerra del 1994-1996 siamo stati etichettati come banditi, separatisti, fascisti, ogni sorta di cose, ma nessun politico russo si è sognato di chiamarci fondamentalisti o terroristi islamici, figuriamoci terroristi internazionali.

Il Cremlino aveva già esperienza nel collegare la questione cecena con i problemi internazionali. Stalin, ad esempio, quando affrontò la questione cecena nel 1944 (deportando l’intera nazione nelle steppe del Kazakistan e della Siberia), accusò il popolo ceceno di collaborare con i tedeschi fascisti, anche se i nazisti non riuscirono mai ad occupare la Cecenia. Gli alleati democratici di Stalin potevano allora trovare comprensibili le sue affermazioni. Nel nostro tempo, presentare la Cecenia come uno dei principali focolai del terrorismo islamico internazionale sembra adattarsi convenientemente all’opinione pubblica russa, ma anche a quella dell’Occidente.

Akhmed Zakayev parla alla Camera dei Deputati in Italia

Negli ultimi anni i liberal-democratici russi ci hanno parlato dei processi negativi che hanno avuto luogo e sono tuttora in corso in Russia. Sono profondamente convinto che ciò che il regime di Putin ha fatto in Russia sia la conseguenza e il riflesso di quanto è accaduto, e continua ad accadere, in Cecenia.

L’isteria anti-cecena fomentata dal Cremlino che gode dell’appoggio della maggioranza assoluta della società russa, democratici compresi.

Menzogne spudorate, illegalità e crimini crudeli sono gli strumenti della politica russa nei confronti della Cecenia. Infiammata dalla propaganda della Grande Potenza, la società russa acconsentì prontamente ai mezzi ovvi e malvagi usati contro i ceceni, e quando questi iniziarono ad essere usati contro gli stessi russi era già troppo tardi per cambiare qualcosa.

Una campagna di terrore contro una piccola nazione non può portare a risultati positivi. Le prevedibili conseguenze di una guerra criminale scatenata contro la Cecenia sono state una restrizione delle libertà democratiche, inclusa l’abolizione della libertà di parola, della libertà per l’attività imprenditoriale privata e della libertà per le minoranze religiose. Procedimenti penali politicamente motivati, persecuzione delle organizzazioni per i diritti civili, violazione dei diritti elettorali dei cittadini, fascismo sempre più forte e grave interferenza negli affari interni degli stati vicini: questi sono tutti risultati naturali della criminale guerra anti-cecena, che continua nel suo 28 anno.

Il rifiuto della Russia di riconoscere l’indipendenza della Repubblica cecena, e il conseguente scatenarsi di una guerra, ha creato false aspettative in molte persone riguardo alla possibile risoluzione dei conflitti post-sovietici. La Georgia, la Moldavia ei loro amici volevano vedere la Russia soggiogare la Cecenia il prima possibile, immaginando che dopo questo sarebbe stata ripristinata la loro “integrità territoriale”.

I bombardamenti a tappeto di villaggi e città, la violazione di ogni norma militare, le pulizie etniche e il genocidio commessi durante le due guerre anti-cecene erano tutti considerati affari interni della Russia.

Putin era fiducioso che gli attuali leader occidentali non avrebbero mai cambiato il loro atteggiamento pubblicamente dichiarato nei confronti della Russia , qualunque cosa faccia.

Il regime russo è emerso nella sua forma attuale in gran parte grazie all’incoraggiamento che la Russia ha ricevuto dagli stati occidentali nella sua barbara guerra contro la Cecenia, uno dei conflitti più sanguinosi e violenti in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. 300 mila civili , di cui oltre 40mila bambini , sono stati uccisi in Cecenia.

 Sono profondamente convinto che gli interessi economici di alcuni paesi e gli interessi politici di alcuni politici non debbano essere superiori al destino di un intero popolo. Sono anche assolutamente sicuro che la mancanza di un’adeguata reazione del mondo occidentale alla tragedia cecena sia la ragione principale per cui la Russia ha commesso un’aggressione militare contro la Georgia e l’Ucraina.

Sono lieto che il mondo si sia reso conto che la politica di pacificazione non può essere continuata e abbia condannato fermamente l’aggressione russa contro l’Ucraina.

I ceceni sono stati coinvolti in questa guerra dalla parte degli ucraini dal 2014. Putin, durante l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, ha attirato i cosiddetti Kadyroviti nelle file degli occupanti russi. Questa decisione è stata presa con l’obiettivo di portare odio tra ceceni e ucraini. Ma grazie alla saggezza del popolo ucraino e alle azioni corrette del governo della CRI in esilio, Putin non è riuscito a raggiungere questo obiettivo. Il 26 febbraio Bruxelles ha ospitato una riunione del Comitato di Stato per la Disoccupazione della CRI, di cui sono a capo, in qualità di capo del governo della CRI in esilio. In questo incontro si decise di formare distaccamenti di volontari tra i ceceni in Europa per partecipare alla guerra a fianco degli ucraini. Lo stesso giorno, abbiamo annunciato questa decisione attraverso i media. Mi sono anche rivolto al presidente Zelensky sulla necessità di concludere un accordo sulla cooperazione militare tra le parti. In modo che la partecipazione dei ceceni a un conflitto armato non contraddica la Convenzione di Ginevra del 1949 e il protocollo aggiuntivo del 7 dicembre 1978 “Protezione delle persone che partecipano alle ostilità”, in modo che questa persona non rientri nell’articolo “mercenari” della suddetta Convenzione.

Il 28 maggio, nella città di Kiev, è stato firmato un accordo di mutua assistenza e sostegno tra i dipartimenti militari dell’Ucraina e la CRI. Da quel momento è in corso la formazione di una brigata separata per scopi speciali come parte della legione straniera dell’Ucraina. Due battaglioni sono lì dal 2014. Due battaglioni sono stati formati dopo la firma di un accordo interdipartimentale. E al momento, il terzo battaglione sta venendo reclutato.

Ora vorrei divagare leggermente dall’argomento principale e citare il primo presidente della Repubblica cecena di Ichkeria , Dzhokhar Dudayev, il quale ha detto nel 1995: “quando il sole della libertà sorgerà in Ucraina, verrà la fine dell’Impero russo”.

Infatti, oggi, in connessione con la guerra in Ucraina, il mondo si sta riorganizzando e l’Ucraina è diventata il leader del mondo libero.

La mia fiducia è rafforzata dal fatto che il 18 ottobre la Verkhovna Rada dell’Ucraina ha riconosciuto il genocidio del popolo ceceno e che il territorio della Repubblica cecena di Ichkeria è stato temporaneamente occupato dalla Russia. Questo è un evento epocale nella storia della formazione dello stato ceceno. Questo apre grandi opportunità per il governo della CRI in esilio.

Sono sicuro che oggi il mio popolo, come mai prima nella sua storia, è vicino al ripristino della propria statualità. E garantisco che con l’aiuto dell’Onnipotente, il nostro governo all’estero non perderà questa occasione storica.

Grazie a tutti.

Akhmed Zakayev

Presidente del Gabinetto dei Ministri della Repubblica Cecena di Ichkeria

Capo del Comitato per la De – Occupazione della Repubblica Cecena di Ichkeria