ASLANBEK ABDULKHADZHIEV: biografia di “BIG ASLANBEK”

Nato a Germenchuck il 12/04/1962

Morto a Shali il 26/08/2002

Lavoratore stagionale, partecipò alla Rivoluzione Cecena, arruolandosi nella nascente Guardia Nazionale. Volontario in Abkhazia tra il 1992 e il 1993, militò nelle Brigate Internazionali della Confederazione dei Popoli dei Caucaso, diventando uomo di fiducia di Shamil Basayev.

Appuntato da Dudaev comandante militare del Distretto di Shali, combattè la I Guerra Cecena al comando di un distaccamento di grosse dimensioni, con il quale partecipò al Raid su Budennovsk (1995) e probabilmente anche al Raid su Klizyar, alla Battaglia del Primo Maggio ed al Raid su Grozny (1996). Uno dei principali comandanti sul campo durante l’Operazione Jihad, dopo la riconquista di Grozny fu comandante militare pro – tempore della città in qualità di Commissario Militare. Per i suoi meriti di guerra fu nominato Generale di Brigata e decorato con l’Onore della Nazione.

Eletto deputato alle elezioni parlamentari del Gennaio 1997, “Big Aslanbek” (nomignolo con il quale era uso distinguersi dal “collega” Generale di Brigata Aslanbek Ismailov, soprannominato “Little Aslanbek”) tentò di conquistare la presidenza dell’assemblea, ma fu superato dal candidato filogovernativo Ruslan Alikhadzhiev. Sostenitore del partito nazional – radicale, fu promotore della “Legge sulla lustrazione” con la quale si intendeva rimuovere dai pubblici uffici tutti coloro che avevano collaborato con il governo filo – russo durante la guerra. I ritardi nell’approvazione di questa legge furono all’origine delle sue dimissioni da deputato, nel 1998.

Presidente della società di stato Chechenkontrakt dal Giugno 1997, allo scoppio della II Guerra Cecena abbandonò gli incarichi civili e costituì un reparto di circa 80 uomini, con il quale combattè durante l’Assedio di Grozny (1999 – 2000) per poi abbandonare la città nel Gennaio 2000 e ripiegare nella gola dell’Argun. Passato alla lotta partigiana, combattè le truppe federali fino al 26/08/2002, quando venne intercettato a Shali e ucciso in uno scontro a fuoco.

Video commemorativo del Generale di Brigata Aslanbek Abdulkhadzhiev
Abdulkhadzhiev a Novogroznensky nel Gennaio del 1996
Abdulkhadzhiev come Commissario Militare di Grozny

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DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (QUINTA PARTE, 1999 – 2007)

IL COLLASSO DEL SISTEMA GIUDIZIARIO

Il sistema giuridico delle corti della sharia fu sempre inefficiente, anche se nel corso del 1998 parve raggiungere un maggior livello di funzionalità a seguito degli interventi diretti di Maskhadov e della sostituzione di gran parte dei funzionari incapaci o corrotti. Nel corso del 1998 la Procura Generale della Repubblica notò una diminuzione dei crimini contestati dai 3558 del 1997 ai 3083 di quell’anno, e una maggior capacità delle istituzioni di individuare e punire i crimini, secondo un tasso di “Individuazione del crimine” passato dal 41,8% del 1997 al 55,8% del 1998. Questi dati, tuttavia, fanno riferimento ai crimini comuni: per quanto riguarda la lotta ai crimini gravi, la tendenza risultò opposta, con un tasso di rilevamento del crimine passato dal 28% del 1997 al 20,1% del 1998 (cioè appena un crimine su 5). Frequente l’apertura di fascicoli ebbe scopo estorsivo, e numerosi furono i  fascicoli giudicati a posteriori non regolari, e quindi archiviati.

Arbi Baraev, comandante del Battaglione Islamico per Scopu Speciali (IPON), nonchè uno dei comandanti di campo maggiormente coinvolti nel racket dei rapimenti nella Cecenia post bellica

In particolare il crimine più odioso e purtroppo endemico nella cecenia postbellica, il rapimento, non fu arginato che in minima parte. Tra il 1997 ed il 1999 furono certamente rapite 1217 persone (ed il dato è in difetto, facendo riferimento ai soli cittadini ceceni). A fronte di questo le autorità arrestarono appena 60 persone, comminando 4 condanne a morte e 7 ergastoli.  La regione più problematica in assoluto in Cecenia era e rimase il distretto Avtorkhanovsky (ex Leninsky) di Grozny, nel quale nel solo 1998 vennero contati 736 crimini, il 25% di tutti quelli commessi in Cecenia.  Nel 1999 la situazione era totalmente fuori controllo: all’inizio di Aprile di quell’anno lo stato era incapace di garantire la sicurezza dei cittadini, con 1203 ricercati per vari crimini a piede libero, tra i quali 173 criminali gradi e 82 omicidi.

REAZIONE POPOLARE

La scarsa competenza del personale, l’arbitrarietà delle decisioni del tribunale e lo stato di diffuso abuso di autorità da parte dei funzionari generò ben presto l’insoddisfazione da parte dei cittadini verso il sistema giudiziario. Maskhadov tentò di metterci una pezza, sostituendo gran parte dei funzionari di medio livello con il Decreto 375 del 16 Agosto 1997, e introducendo un criterio di certificazione a cura del “Consiglio degli Ulema” (una sorta di riunione plenaria dei principali esperti di diritto islamico in Cecenia) che garantisse una conoscenza minima da parte del giudice del tribunale per riconoscergli il diritto di emettere sentenze. La nomina dei Giudici della Corte Suprema della Sharia fu effettuata per decreto diretto da parte del Presidente della Repubblica.

All’inefficienza del sistema si affiancava un’altra perniciosa situazione: l’instaurazione del regime islamico stava avvantaggiando, più che i ceceni, la componente araba che aveva fiancheggiato i nazionalisti durante la Prima Guerra, rappresentata dal suo più noto esponente, Ibn Al Khattab. Se questi era il braccio armato della jihad islamica in Cecenia, dietro di lui (o sotto il suo ombrello) operavano molti altri personaggi, ufficialmente studiosi di diritto islamico o animatori di associazioni caritatevoli, i quali con il loro comportamento volutamente fanatico stavano minando le già fragili basi del neonato stato indipendente ceceno. La contrapposizione tra la società civile, orientata su posizioni nazionaliste moderate e non incline ad abbandonare i presupposti laici dello stato, ed i nazionalisti radicali, espressione dei comandanti di campo più riottosi e appoggiati dai fondamentalisti arabi produsse una spaccatura sempre più vistosa, la quale esplose alla fine di Giugno del 1998 in un vero e proprio conflitto armato nei dintorni della città di Gudermes. A seguito di quel grave fatto di sangue Maskhadov si risolse a dichiarare i jihadisti arabi ospiti non più graditi in Cecenia, tramite il Decreto 175 del 18 Luglio 1998 “Sull’espulsione di individui dalla Repubblica Cecena di Ichkeria”, accusandoli di partecipazione a gruppi armati illegali, propaganda antistatale, diffusione di ideologie mirare alla divisione della società su base religiosa. Il decreto prevedeva anche il licenziamento del wahabita Anvar Ahmad Yunus Bakr Shishani (Khamzat Shishani) dalla Camera Giudiziaria.

Facendo seguito alla volontà di sradicare l’influenza dei wahabiti sul nascente stato ceceno, Maskhadov promosse un giro di vite nel sistema giudiziario, licenziando ben 44 funzionari dei Tribunali della Sharia (circa il 30% del personale) facendo anche ricorso alla legge del 12 Novembre 1992 “Sullo Status dei Giudici nella Repubblica Cecena), la quale prevedeva che per svolgere l’attività di magistrato era necessario il possesso della cittadinanza. Contestualmente al lavoro di “ripulitura” dell’apparato giudiziario in senso stretto, Maskhadov tentò di aumentare la qualità della formazione professionale dei funzionari, stabilendo con il Decreto 128 “Sulla certificazione nelle forze dell’ordine nelle autorità giudiziarie della Repubblica per l’assunzione dei lavoratori” nel quale stabilì che la presenza di precedenti criminali fosse ostativa all’assunzione di nuovi funzionari, e che coloro i quali, già assunti, vantassero simili precedenti si considerassero diffidati e sotto il rischio di essere licenziati.” Il decreto stabiliva inoltre che i funzionari fossero in possesso “come minimo” di un titolo di istruzione secondaria, raccomandazione indicativa dello stato deplorevole nel quale versava l’organico della magistratura. Considerato il fatto che, secondo quanto riportato dai giornali di allora, il 90% delle controversie giudiziali riguardavano controversie associate al lavoro (una categoria che richiede particolare esperienza in ambito contrattuale) è facile intuire come l’amministrazione della giustizia risultasse deficitaria, e quanto poca fiducia avesse il ceceno comune nei riguardi delle corti della Sharia.

Esecuzione di una pena inflitta dalla Guardia della Sharia per le strade di Grozny.

Il giro di vite imposto da Maskhadov si vide anche nel fatto che i Tribunali della Sharia iniziarono a lavorare anche sulla classe dirigente della Repubblica, e non soltanto sui cittadini comuni, altra cosa molto in odio tra i ceceni: i leader politici ed i comandanti di campo, infatti, avevano acquisito una sorta di immunità giudiziale, controllando direttamente o indirettamente i tribunali nei loro territori. La campagna promossa da Maskhadov produsse il suo primo risultato nel processo a Salman Raduev, tenutosi contro il Comandante di Campo radicale tra le fine di Ottobre e l’inizio di Novembre 1998. Il verdetto, del 4 Novembre 1998 fu emesso riguardo l’attacco al centro televisivo di Grozny portato a termine pochi mesi prima dai militanti radueviti al seguito del suo vice, Colonnello Vakha Jafarov, e comminò una condanna a 4 anni di carcere (mai scontati). 6 Giorni dopo Maskhadov privò Raduev di tutti i titoli ed i riconoscimenti, ivi compreso il grado di Generale di Brigata. Come già detto, Raduev non scontò un solo giorno di carcere, venendo successivamente perdonato da Maskhadov dopo l’interessamento diretto di Basayev, il quale addusse alle precarie condizioni di salute del condannato per ottenere la sua scarcerazione.

Così come Maskhadov si stava applicando per salvare lo stato islamico dagli islamisti, gli islamisti tentarono di utilizzare proprio lo strumento giuridico per metterlo fuori dai giochi. Mentre si teneva infatti il processo a Raduev, Maskhadov stesso fu posto sotto accusa per usurpazione del potere e condotta immorale, proprio dal suo ex compagno d’armi Shamil Basayev, ormai in rotta di collisione con il Presidente. Di quel processo è purtroppo rimasto molto poco, tranne una registrazione di una ventina di minuti nella quale tuttavia si parla poco del processo, ma si ascoltano per lo più parole del Muftì Akhmat Kadyrov. In ogni caso il processo di risolse con l’assoluzione di Maskhadov ed una semplice ammonizione per via del fatto che sua moglie stesse portando avanti un progetto di carità sociale assimilabile al lavoro, quindi vietato dal Corano.

REAZIONE DELLE AUTORITA’ RELIGIOSE

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, la massima autorità religiosa del paese, il Muftì della Cecenia Akhmat Kadyrov, si dichiarò sempre contrario all’introduzione della Sharia, considerando che il paese non fosse in alcun modo pronto ad affrontare una simile rivoluzione, oltre al fatto che egli aveva in odio i wahabiti e vedeva le manovre di Yandarbiev e dei nazionalisti radicali soltanto come un cavallo di troia del fondamentalismo. Come riportato, del resto, dalla trascrizione del processo a Maskhadov, di cui ne riportiamo una parte.

  • Giudice: Voglio attirare l’attenzione di tutti i presenti su questo: Shamil [Basayev, ndr], voglio che tu esprima la tua accusa, in modo che più tardi non ci siano lamentele riguardo al fatto che non ti abbiamo ascoltato.
  • Basayev: Non lo riconosco come Muftì [Akhmat Kadyrov] dal momento che avrebbe dovuto assumere una posizione neutrale.
  • Kadyrov: Ascolta, Shamil, l’ho detto allora e lo ripeterò adesso: se non esprimo correttamente la mia opinione, potrà sembrare che io stia dando la preferenza ad una delle parti. Che tu lo voglia o no sono il tuo Muftì, sono il Muftì dei tuoi sostenitori, sono il Muftì del popolo e della repubblica, sono il Muftì di tutti i musulmani che lo riconoscono. Non mi schiererò in questo conflitto. Sarò più professionale possibile nello stabilire la giustizia. Sono venuto qui per amore della giustizia! Oggi non fa differenza se sono arrivato qui in veste di Muftì o di persona comune, perché qui ci sono i giudici, la decisione sarà presa da loro!
  • Basayev: No, non sei il mio Muftì, sei andato contro di me per molto tempo, dal primo incontro ti sei schierato dalla parte di Maskhadov! Dovevi rimanere neutrale, così saresti stato un Muftì.
  • Giudice: andiamo su richiesta
  • Basayev: Allora, secondo la dichiarazione, voglio invitare qui Zelimkhan Yandarbiev, testimone di uno spergiuro di Maskhadov, per dimostrare che Maskhadov era coinvolto in un crimine contro l’indipendenza e la sovranità, nell’usurpazione del potere e nelle conseguenze ad esso associate, nei crimini di divisione dei combattenti, di divisione del popolo. Voglio invitare Zelimkhan Yandarbiev
  • Kadyrov: non apprezzo le attività di questa corte della Sharia se le persone qui presenti non tengono conto del verdetto della corte. E’ facile accusarmi in modo infondato, è facile condannarmi alla decapitazione, ma se non aderiamo alla decisione del tribunale, non siamo musulmani. E ho motivo di dubitare che la decisione del tribunale verrà rispettata, indipendentemente dalla decisione che prendiamo oggi. E’ importante che trattiamo questa decisione con il dovuto rispetto. Abbiamo visto a cosa ha portato questo prima: la legge del più forte.
  • Yandarbiev: Secondo le mie informazioni si sono riuniti a Bakhi – Yurt: si sono riuniti Kadyrov, Khambiev, Sulim, figlio di Vakha, che ha prestato servizio in un reggimento di carri armati, Arsaev Aslanbek, Ibragim di Bachi . Yurt e Umar Ali…
  • Kadyrov: non credo alle tue informazioni e tu non sei un testimone di questa conversazione. Questa è una bugia, non ho visto Umar Ali da quando si è unito a te.
  • Giudice: aspetta, questo non è un contraddittorio
  • Yandarbiev: desidero che tu risponda
  • Kadyrov: questa non è una risposta alla tua domanda. Questa è solo una bugia.
  • Yandarbiev: in tal caso voglio chiamarlo (Umar – Ali) perché renda conto.
  • Kadyrov: eccellente, anch’io voglio chiamarlo a rendere conto. Umar Ali non si è nemmeno seduto a parlare con me da quando ti sei avvicinato a lui.

[…]

  • Kadyrov: nel nome di Allah il Misericordioso, non voglio discutere di relazioni personali in questa corte. Vorrei dire, a proposito di Zelimkhan (Yandarbiev) che è l’uomo che ha dato avvio alla discordia ed alla divisione in questa società. Risponderò e spiegherò come lo fa. Non appena la guerra finì, chiamò Baudi da Kisilyurt, dichiarando che era un grande esperto […] Ulus – Kert, anche quando non c’era un solo soldato per strada, eravamo con Aslan Maskhadov. Shamsudi Batukaev ci portò questo Baudi, ci disse “Sono qui per ordine del vostro Presidente, dobbiamo dichiarare subito lo Stato Islamico. Abbiamo parlato con il vostro presidente e siamo giunti ad un accordo. Ma c’è un problema: non abbiamo persone qualificate per farlo. Vi porterò buoni sceicchi e costruiremo uno Stato Islamico.” L’ho detto fin dall’inizio, e Zelimkhan è testimone: abbiamo troppi pochi Imam per organizzare i tribunali della Sharia, è ancora molto presto per noi per istituire i tribunali della Sharia. Ne abbiamo parlato molte volte. Ha affermato che il Wahabismo era sullo stesso percorso del Tariqat, altrimenti sarebbe stato una loro violazione. Baudi, Aslan Maskhadov e Batukaev sono testimoni di questa conversazione.

Yandarbiev: dove e con chi?

Kadyrov: Novye Atagi. Io, Shamsudi e Baudi, sono tutti testimoni, ho parlato dopo di te. Da allora, la società è stata divisa in due fronti da Zelimkhan Yandarbiev. Tutto ha avuto inizio con quello! E ciò che poi ha fatto alle elezioni è una storia a parte, lo avete visto tutti. Mi disse allora, cito: Akhmat, so che non vincerò le elezioni, ma se non ritirano la loro candidatura non lascerò loro un solo centimetro di questo paese! Lo giuro. Oggi è portatore di sciagura nella nostra società, qualsiasi parola che esce dalla sua bocca è una bugia!” Da ex presidente, mi ha parlato del popolo ceceno…fammi finire! Raccontaci come vivi, da dove vengono le tue proprietà, da dove vengono le macchine! Non ne discuteremo qui e ora. Ora qui stiamo esaminando il caso di Aslan Maskhadov, che è stato accusato da Shamil Basayev. Pertanto, dichiaro ancora una volta che Zelimkhan Yandarbiev è l’uomo che ha diviso la società in due campi, l’uomo che ha diffuso le idee del wahabismo. Il wahabismo non è la via, il wahabismo è la via per sterminare i musulmani! Tutti coloro che sono nemici dell’islam stanno su questa strada!

  • Yandarbiev: Voglio rispondere…
  • Kadyrov: Ora rispondi se quelli seduti là lo permettono! Dichiaro subito che non ero con Umar Alì e con il suo capo della sicurezza né a Bachi – Yurt né altrove. Questo non è un pettegolezzo, ma un fatto che posso giurare!
  • Yandarbiev: Aslan ha giurato sul Corano che avrebbe protetto la costituzione, ha giurato che c’era anche il Muftì!
  • Dal pubblico: raccontaci com’è andata, e se giurò che avrebbe difeso la costituzione!
  • Kadyrov: il mondo intero conosce questo giuramento, questo giuramento non è mai stato un segreto. Voglio rispondere a Shamil [Basayev] voglio rispondere alla sua dichiarazione secondo cui Zelimkhan (Yandarbiev) aveva proposto di tenere le elezioni in conformità con la Sharia, ma noi non lo avremmo permesso. Ci eravamo riuniti da Zelimkhan, c’erano anche altri candidati, non ricordo onestamente se Shamil ci fosse o meno. Altri erano sicuramente lì, c’erano anche esperti, insieme a Hussein Batukaev e Magomed di Zakan – Yurt. Con questi esperi abbiamo voluto provare in modo che scegliessero un candidato tra di loro. Poi Hussein Batukaev ha suggerito loro, cito: “Cinque capi militari, votate uno di loro e scegliete una persona dei vostri”. “Che tipo di ciarlataneria stai proponendo!” esclamò Zelimkhan Yandarbiev. L’altro ha detto che quella non era ciarlataneria, ed ha citato una storia dalla Vita del Profeta”
  • Yandarbiev: Non è vero!
  • Kadyrov: I candidate Akhmed Zakayev e Aslan Maskhadov,  Hussein Batukayev e Magomed di Zakan   Yurt sono tutti testimoni di questo. Eravamo nel suo ufficio.
  • Yandarbiev: Bugie, non ricordo questi incontri
  • Kadyrov: Questa non è una bugia! C’e stata una violazione lì da parte di Zelimkhan, non voleva tenere nessuna elezione. Ora voglio rispondere per il “giuramento”
  • Giudice: ci sono altri oltre a te che vogliono parlare…
  • Kadyrov: non ho ancora finito!
  • Giudice: Akhmat, sei solo un testimone
  • Kadyrov: sto rispondendo alle tue domande! Va bene…
  • Giudice: Ho dato la parola ad Akhmat dopo di te, Zelimkhan, ora risponde alla tua domanda in merito al caso, non interromperlo.
  • Kadurov: sto rispondendo a questa domanda. Aslan Maskhadov ha giurato di difendere e aderire alla costituzione, il mondo intero ne è testimone! Ma secondo la Sharia c’è una regola: una persona viene liberata da un giuramento se trova una soluzione più corretta. La Sharia gli concede questo diritto. La Costituzione è la Costituzione. Violare la Costituzione è una cosa, lui non ha violato il Corano, qui siete tutti degli studiosi e sapete che su questo giuramento incombe una soluzione migliore, e in questo caso ha il diritto di infrangere il giuramento! Persone come Zelimkhan Yandarbiev non sanno queste cose! Ama definirsi un esperto, non ha neanche una conoscenza di base!
  • Basayev: Ho una domanda per Aslan Maskhadov, quando stavamo tornando da Budennovsk, nel distretto di Novolasky, ti abbiamo dato un documento con le condizioni. Quando hai allegato questo documento? Ne hai discusso coi russi?
  • Maskhadov: abbiamo pensato che si, davvero questo fosse un documento utile per noi…
  • Kadyrov: C’era un progetto preparato, Zakayev allora aveva la testa rasata. Sono venuti a Benoy c’era Shamil, c’era Aslan, che Allah accetti la Gazavat, c’era Alavdi da Argun. Questo accordo è stato considerato punto per punto, sul retro c’era scritto un emendamento a penna di Dzhokhar (Dudaev). Hanno detto di firmare, questo accordo è stato firmato e se ne sono andati, io ne sono un testimone!

[…]

  • Kadyrov: la metà dei presenti qui dichiara che sono il loro Muftì, l’altra parte è contraria perché qui non sono un imputato, sono loro gli imputati! Ne risponderanno oggi! Shamil ha detto che non ero il suo Muftì, quindi le mie risposte non si applicavano a lui! Pertanto non risponderò a questa domanda, voglio rivolgerne una alla Corte della Sharia. Ti risponderanno, se vorrai rispondergli

LA PIENA LEGGE DELLA SHARIA

Come risultato di una serie di frizioni e allentamenti di tensione intercorsi in tutto il 1998, agli inizi del 1999 Maskhadov tentò di prendere il controllo dello Stato islamico che di fatto si stava venendo a costituire in Cecenia proclamandone la sua istituzione ufficiale e assumendone, in questo modo, il diretto controllo. Il 3 Febbraio 1999 Maskhadov emise il Decreto 39 del 3 Febbraio 1999 “Sull’introduzione della piena regola della Sharia” con il quale la Cecenia diventava ufficialmente una Repubblica Islamica e le istituzioni secolari venivano svuotate di qualsiasi potere a vantaggio di loro emuli confessionali. In particolare il Parlamento perse il diritto di iniziativa legislativa a vantaggio di un nuovo organo, la Shura Presidenziale (o Consiglio Islamico) che avrebbe costituito di fatto un’assemblea legislativa. L’8 Febbraio, con il Decreto 46 “Sulla Costituzione della Sharia”  Maskhadov decretò la creazione di una commissione di Stato che preparasse il paese alla transizione al pieno sistema confessionale, redigendo una bozza di una nuova costituzione in affiancamento al Consiglio degli Ulema. Il documento finale sarebbe stato sottoposto ad un Congresso Nazionale del Popolo Ceceno ed eventualmente approvato.

 Il gesto fu un autogol sostanziale: Maskhadov non incassò il parere dei radicali islamici, i quali continuarono a chiedere le sue dimissioni, e lo mise in rotta di collisione con i moderati, i quali lo avevano sempre sostenuto. I radicali pretesero che, una volta istituito lo Stato Islamico, Maskhadov procedesse alla dissoluzione delle strutture di potere secolari, ivi compresa la carica di Presidente della Repubblica, non prevista dallo Stato Islamico. Di fronte al parere negativo della Corte Suprema della Sharia, la quale confermò la posizione di Maskhadov alla presidenza, i radicali istituirono un loro “stato nello stato”, costituendo una loro Shura Islamica ed una loro Corte Suprema della Sharia. Il paese sprofondò così in una sorta di triarchia, con le istituzioni secolari ancora operative, quelle confessionali filo – presidenziali e quelle confessionali anti – presidenziali, aggiungendo caos al caos e impantanando il lavoro delle istituzioni.

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 Il provvedimento del 3 Febbraio, peraltro, era in contrasto con la Costituzione del 1992, ed inevitabilmente espose il Presidente all’impeachment per violazione dei dettami costituzionali. I suoi decreti vennero pertanto immediatamente aboliti, ma stante il caos istituzionale regnante nella Repubblica le decisioni di Maskhadov furono comunque portate avanti autonomamente dalla Presidenza, e la Commissione sulla riscrittura della Costituzione fu istituita ed iniziò ad operare senza il consenso del Parlamento. Akhmed Zakayev, Presidente della Commissione, iniziò a sviluppare un progetto costituzionale basato sulle carte fondamentali di Iran e Pakistan, con l’intendo di adeguarle alla situazione cecena. Anche Maskhadov, per parte sua, continuò a comportarsi come se i suoi decreti avessero avuto un effetto pratico: mentre il Parlamento continuava a riunirsi ignorandolo, e lo steso facevano i radicali nazionalisti con la loro Shura, Maskhadov si proclamò con Decreto 80 del 9 Marzo 1999 “Mekhkan – Da”, cioè “Padre della Nazione”, tentando di consolidare la sua riforma del sistema statale ichkeriano basato sì su di un fondamento confessionale, ma funzionante come una sua dittatura personale.

LO SCOPPIO DELLA GUERRA E LA DISSOLUZIONE DELLO STATO

Lo scoppio della Seconda Guerra Cecena, il sequestro, il saccheggio e la distruzione degli archivi statali conseguenti all’invasione militare hanno sottratto allo studio accademico sulla materia gran parte dei documenti originali, ragion per cui se già è difficile ricostruire la storia del sistema giudiziario ichkeriano tra il 1991 ed il 1999, è praticamente impossibile farlo per il periodo durante il quale le corti della Sharia operarono in stato di guerra e poi in clandestinità.

Shamil Basayev ed Aslan Maskhadov

CONCLUDENDO

Uno dei principali fallimenti nello “state – building” della Repubblica Cecena di Ichkeria fu rappresentato dall’incapacità del nuovo stato di garantire ai cittadini un sistema giudiziario equo e funzionante. Durante il primo periodo repubblicano la magistratura fu costantemente ostaggio delle lotte di potere tra il partito parlamentarista e quello presidenzialista, mentre durante il regime di Dudaev esso subì un costante deterioramento causato sia dallo stato di grave carenza di fondi, sia dall’utilizzo che il regime fece delle strutture giudiziarie, ridotte per lo più a strumenti di repressione politica. Durante la prima guerra cecena il sistema si dissolse, aprendo la strada ai tribunali della Sharia, visti come strumento “smart” per amministrare una sommaria giustizia nei territori sotto il controllo dei miliziani, e per tenere a freno i miliziani stessi. Al termine della prima guerra la dissoluzione delle strutture pubbliche e lo slancio islamista di molti comandanti di campo, abilmente intercettato da Yandarbiev e malamente contrastato da Maskhadov, portò alla trasformazione della magistratura in un sistema islamico di facciata, privo degli strumenti materiali ed intellettuali per funzionare in maniera decorosa, e che divenne ben presto uno strumento nelle mani dei piccoli potentati semi  – indipendenti che andarono a crearsi nella Cecenia postbellica. Il risultato fu un accrescimento del clima di anarchia nel quale la ChRI si trovò a vivere fino alla Seconda Guerra Cecena. Con lo scoppio della Seconda Guerra il sistema giuridico andò in frantumi, e di nuovo fu istituita una “magistratura di guerra” che fu messa direttamente nelle mani dei comandanti di campo, i quali presumibilmente ne fecero un uso personalistico e finalizzato alla conservazione del proprio potere.

Com’era possibile, dunque, che la leadership dell’Ichkeria, posta alla guida dello Stato da una Costituzione secolare, legiferasse apparentemente in piena tranquillità secondo il diritto confessionale, aggirando i dettami della carta fondamentale per trasformare la Cecenia in uno stato islamico? Sia Dudaev che Maskhadov (ma in gioventù certamente anche Yandarbiev) erano formati alla scuola socialista, e non potevano certamente dirsi zelanti islamici. Eppure tutti e tre mossero concreti passi politici verso l’islamizzazione dello Stato. Come abbiamo visto il primo a muovere passi in questo senso fu Dudaev, con l’istituzione dei tribunali della Sharia in tempo di guerra. Lui probabilmente cercò soltanto di dare una parvenza di ordine alle milizie, utilizzando un meccanismo di giudizio più alla loro portata, e certamente più facile da gestire nella situazione contingente. Yandarbiev, invece, mosse passi molto decisi verso l’islamizzazione dello stato, agendo in costante disprezzo verso i dettami della Costituzione ed abolendo quasi ogni manifestazione secolare dello Stato. Maskhadov ondeggiò inizialmente tra l’una e l’altra soluzione, ma fu lui nel Febbraio del 1999 ad instaurare la Legge della Sharia per decreto presidenziale, compiendo un passo che né Dudaev, né Yandarbiev si erano arrischiati a fare. L’opinione corrente è che tutti e tre (Dudaev prudentemente, Maskhadov con incertezza, Yandarbiev con maggior convinzione) “flirtarono” con gli islamisti perché questi, seppur minoritari, erano la massa militante più facile da mobilitare e più fedele alla causa della guerra.

L’introduzione dei tribunali della Sharia e la progressiva abolizione dei tribunali secolari ha avuto effetti distruttivi non soltanto sul già agonizzante potere giudiziario, ma anche sulla stessa società civile. Se già la legge della Sharia poteva infatti dirsi non all’altezza di un sistema sociale moderno, il fatto che questa fosse demandata a corti improvvisate, basata su un sistema legislativo artigianale e spesso inadatto al luogo e al tempo nel quale avrebbe dovuto essere applicato, ed il semi – analfabetismo dei giudici nominati portarono il paese al caos giuridico, trasformando la Cecenia in una sorta di anarchia islamica.

DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (QUARTA PARTE, 1996 – 1998)

IL GOVERNO MASKHADOV

Maskhadov, succeduto a Yandarbiev, ebbe occasione di moderare i tratti assurdamente violenti del codice penale, ma si guardò dal farlo, dichiarando: “Baldoria, criminalità, omicidio, rapimento sono ormai i principali guai della repubblica. E tutto questo può essere fermato soltanto con metodi duri e radicali.” Lo sviluppo del sistema giuridico confessionale proseguì con i decreti già citati NEL PRECEDENTE ARTICOLO tramite i quali, tra il 30 Settembre e la fine di Dicembre del 1996 vennero istituite le principali strutture giudiziarie della Sharia, ivi compresa la Corte Suprema della Sharia, pensata per sostituire Corte Costituzionale della Repubblica. Il 16 Dicembre 1996 il “doppio corso” dei tribunali secolari e religiosi ebbe termine con l’abolizione per legge dei primi (decreto 247 Sulla riorganizzazione del sistema giudiziario della Repubblica Cecena di Ichkeria). In questo decreto venne definitivamente abolita anche la Corte Costituzionale, sostituita dalla Corte Suprema della Sharia della ChRI. Unico simulacro di secolarità rimase la Suprema Corte Arbitrale, la quale fu rinominata con il nome di Corte Suprema. I tribunali della Sharia, che avevano sostituito i tribunali ordinari di rito civile, fondavano le loro sentenza su Corano, sulla Sunnah, e sulle interpretazioni dei più importanti studiosi islamici riguardo alle sentenze dei tribunali religiosi. Il processo, stabilito dall’alto e in tutta velocità, portò alla costituzione di un settore giudiziario gravemente deviato dalla quasi totale incompetenza dei suoi funzionari, molti dei quali possedevano soltanto un’idea molto sommaria di cosa fosse il diritto islamico.  La formazione della gerarchia nel sistema giuridico non fu messa a punto prima dell’agosto 1997, cioè un anno dopo la sua istituzione. Ci volle infatti il Decreto 377 del 16 Agosto 1997 per costituire la struttura dell’organizzazione ed i procedimenti di selezione del personale.

RECEPIMENTO DA PARTE DEL PARLAMENTO

Il parlamento di seconda convocazione, eletto a seguito delle consultazioni del Gennaio 1997, inizialmente si allineò su una posizione collaborativa e favorevole nella riforma dello Stato in senso confessionale. Nel corso del 1997 votò la legge “Sugli emendamenti della Costituzione della ChRI” con la quale venne modificato l’Articolo 4 della Costituzione: in esso fu incluso il riconoscimento dell’Islam come religione di Stato. La legge recepiva inoltre il decreto presidenziale sulla costituzione della Corte Suprema della Sharia. Da lì in avanti, tuttavia, tutti i provvedimenti adottati in materia di confessionalizzazione dello stato furono portati avanti, come si evince dalla lista di decreti presidenziali presentata su esclusiva iniziativa del Presidente della Repubblica, senza il consenso del Parlamento. In compenso, il questo operò al massimo delle sue possibilità durante tutto il periodo di attività, nonostante la paralisi istituzionale e la cronica carenza di fondi, stipendi e strumenti, adottando ben 56 leggi tra le quali:

La legge del 07/06/1997 “Sul Servizio Fiscale della ChRI”

La legge del 19/09/1997 “Sulla Banca Nazionale della ChRI”

La legge del 15/11/1997 “Sulle armi”

La legge del 25/11/1997 “Sulla cultura”

La legge del 01/12/1998 “Sulla difesa”

La legge del 09/02/1998 “Sul codice penale della ChRI”

La legge del 09/09/1998 “Sulle misure di protezione sociale delle vittime della Guerra Russo – Cecena del 1994 – 1996)”

La legge del 16/06/1998 “Sull’istruzione”

Oltre a 210 risoluzioni di natura economica, politica e legale.

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LA LEGGE ISLAMICA IN VIGORE

La prima esecuzione pubblica da parte di un tribunale della Sharia fu eseguita il 3 Settembre 1997, e produsse una grande risonanza nell’opinione pubblica mondiale. Furono uccisi una donna ed un giovane. Nonostante le proteste, gli omicidi continuarono: Piazza dell’Amicizia a Grozny divenne il patibolo delle esecuzioni pubbliche. Il 18 settembre due uomini, rei confessi di omicidio a seguito di tortura, furono condannati sbrigativamente a morte e fucilati. Alle fucilazioni fecero seguito esecuzioni ancora più cruente, spesso trasmesse in diretta TV ed operate dagli stessi parenti delle vittime.

Il video mostra la prima esecuzione pubblica tenuta nella ChRI a seguito dell’istituzione dei Tribunali della Sharia. L’evento suscitò un’ondata di disgusto presso l’opinione pubblica internazionale, ma le esecuzioni continuarono.

LA CORTE SUPREMA DELLA SHARIA

Vertice del nuovo sistema giudiziario era la Corte Suprema della Sharia, una sorta di riedizione confessionale della Corte Suprema. Essa si pronunciava sui casi di omicidio, adulterio, rapina ed altri reati ritenuti particolarmente odiosi, oltre a risolvere le controversie tra le organizzazioni ed i dipartimenti governativi, i casi di divorzio complessi, i matrimoni con una ragazza senza parenti maschi, questioni relative allo spaccio di droga, crimini contro lo Stato, apostasia, relazioni commerciali controverse. La Corte era presieduta da un presidente, da due vicepresidenti (uno per le cause civili ed uno per le cause penali) e da una Camera Giudiziaria, una sorta di governo dei giudici, presieduta dallo stesso Presidente della corte e da 4 giudici ordinari. Essa operava sia come tribunale, sia come corte d’appello. Le sue sentenze erano da considerarsi vincolanti a norma di legge e costituivano precedente utilizzabile in sede processuale.

I tribunali ordinari invece erano organizzati in corti regionali, distrettuali e cittadine. Dalle fonti che abbiamo possiamo affermare che le corti regionali fossero almeno 10:

  • Achkhoy – Martan
  • Vedeno
  • Grozny
  • Kurchaloy
  • Nadterechny
  • Naursk
  • Nozhai – Yurt
  • Sunzha
  • Shatoy
  • Shelkolvsky

I Tribunali cittadini erano almeno 4: Argun, Gudermes, Urus  – Martan e Shali.

I tribunali distrettuali lavoravano nei diversi distretti della città di Grozny, ribattezzata Johar per volontà di Yandarbiev (Decreto 32 del 23 Gennaio 1997): anch’essi erano 4, come 4 erano i macroquartieri della citta (Oktyabrsky, Avtorkhanovsky (ex Leninsky), Zavodskoy e Staropromislovsky). Il tribunale militare, attivo nell’Agosto del 1996, non fu dissolto ma confermato, ed equiparato al grado di Tribunale Regionale della Sharia. Ogni tribunale era composto da un presidente, da un vicepresidente, dai giudici della Sharia e dai Giudici Generali. Ovviamente soltanto i cittadini di provata fede islamica potevano lavorare nei tribunali, e soltanto di sesso maschile.

Secondo quanto definito nell’allegato al Decreto 377 del 16 Agosto 1997 operavano in Ichkeria 114 giudici della Sharia. La legge prevedeva che questi giudici (ed i loro sostituti) fossero perfettamente edotti riguardo la regola della Sharia. In realtà la maggior parte di loro a stento conosceva il Corano, e certamente non possedeva i più basilari rudimenti nell’amministrazione della giustizia religiosa. Pochissimi erano coloro che possedevano una istruzione teologica superiore, e che pertanto fossero in grado di interpretare i dettami religiosi ai quali le corti dovevano ispirarsi nell’amministrazione della giustizia. Una prova drammatica di questa assoluta incapacità a giudicare fu il divieto di insegnare filosofia nelle scuole stabilito dal tribunale distrettuale di Zavodskoy nel 1998. In quel quartiere si trovava il principale istituto di istruzione superiore della Repubblica, l’Istituto Petrolifero di Grozny. Citando la presenza di opere di Karl Marx e di Friedrich Engels, la Corte stabilì l’immoralità di tale disciplina. La sentenza, limitata al distretto, venne confutata dalle altre corti distrettuali di Grozny, così che mentre all’Istituto Petrolifero non si poteva insegnare filosofia, a pochi isolati, presso l’Università Statale Cecena e all’Istituto Pedagogico Ceceno, la filosofia era insegnata liberamente e senza restrizioni.

“Interrogatorio” ed esecuzione di due uomini accusati di omicidio. Grozny,

FUNZIONAMENTO DELLE CORTI DELLA SHARIA

La scarsità dei documenti sopravvissuti alla guerra e l’irreperibilità di quelli sequestrati e tenuti in archivio dalle autorità federali ci permette di avere un’idea piuttosto generica di come funzionasse l’istruttoria in questi tribunali. Una ricerca del 2015 (Saidumov, Dzhambulat – Tribunali, legge e giustizia ceceno – inguscia (XVIII – XX Secolo) (RUS), scaricabile nella sezione “bibliografia”) ha fornito la trascrizione di un documento definito “originale” dall’autore, che riportiamo. Si tratta di una sentenza del 1998 della corte della Sharia del Distretto Avtorkhanovsky (ex Leninsky) di Dzhokhar (il nuovo nome di Grozny dal 1996).

INTESTAZIONE: Tribunale della Sharia della Repubblica Cecena di Ichkeria

PARTE SUPERIORE DEL MODULO: Simboli del Dipartimento

LATO SINISTRO IN ALTO: Nome del Tribunale in alfabeto cirillico

LATO DESTRO IN ALTO: Nome del Tribunale a caratteri arabi

CENTRATO: Emblema della Corte Suprema della Sharia della Repubblica Cecena di Ichkeria: un semicerchio con all’interno una mezzaluna, un libro aperto che simboleggia il Corano e l’invocazione “In nome di Allah il Misericordioso” e il verso “E coloro che non giudicano secondo ciò che Allah ha rivelato sono dei miscredenti”.

TESTO: il testo, contenente numerosi errori ortografici e corretto a penna, è simile ai documenti redatti dai tribunali secolari. Il testo è scritto in russo in carattere cirillico, anche se la lingua di stato è il Ceceno, ed il carattere ufficiale previsto sarebbe l’alfabeto latino. Questo testimonia lo stato di caos giuridico e istituzionale nel quale versavano i tribunali della Sharia, al pari del paese tutto.

La sentenza consiste in un accertamento della proprietà di un bene immobile del quale non è possibile identificare i corretti titoli di provenienza a causa della distruzione dell’archivio di Stato durante la Prima Guerra. L’accertamento procede secondo un rito civile, e non contiene alcun riferimento alla legge islamica, segno che il tribunale era uso ad operare secondo le fonti e le ritualità formali disponibili in mancanza di altro. In particolare viene citato il Decreto del Presidente della Repubblica Cecena numero 125 (non è indicata la data, ma dalla definizione di “Repubblica Cecena” sembra riconducibile ad un periodo tra il 1991 ed il 1994, anno in cui la ChRI assunse la denominazione ufficiale di “Repubblica Cecena di Ichkeria”) quindi un provvedimento legislativo riferito al periodo “secolare” della repubblica, segno che i provvedimenti legislativi precedenti all’evoluzione confessionale del sistema legislativo non vennero aboliti e anzi, continuarono ad essere presi in considerazione come fonti legittime del diritto.

Unico riferimento alla formulazione teologica si trova nella conclusione della sentenza, dove si legge “La Corte, guidata dal Sacro Corano e dalla Sunnah del Profeta Maometto, prende questa decisione”. Successivamente, tuttavia, si esprime il diritto di ricorso da parte del soggetto entro dieci giorni dalla sua emissione, secondo una formula totalmente aliena al diritto islamico ma coerente con il diritto civile precedente. Questo è un segno evidente del “sincretismo” nel quale si trovò ad operare la giustizia ichkeriana, la quale per un verso era dichiaratamente confessionale, ma per l’altro era incapace di formulare una valida metodologia operativa senza attingere al precedente sistema secolare.

SIGILLI: In basso il documento reca i sigilli sia della Corte Suprema della Sharia (con scritte in ceceno) , sia del Tribunale Distrettuale

Il documento citato (del quale purtroppo non abbiamo una copia originale, e che pertanto invitiamo il lettore a prendere con le dovute cautele) sembra confermare lo stato di confusione normativa e giuridica nella quale operavano i tribunali della Sharia. Tale percezione è rafforzata dal fatto che, secondo quanto citato da fonti giornalistiche dell’epoca, le forze dell’ordine della Repubblica ignoravano spesso le sentenze dei tribunali, arrogandosi in autonomia il diritto di rispettarle o meno. Anche i vertici dello Stato, nella persona dell’allora Procuratore Albakov (a sua volta nominato per decreto da Maskhadov ma non riconosciuto dal Parlamento) trovavano grandi difficoltà a gestire i rapporti tra un sistema coercitivo di epoca sovietica ed un sistema giudiziario di ispirazione confessionale. Albakov, ancora nel 1999, raccomandava ai pubblici ministeri di stabilire stretti contatti con i giudici dei tribunali della Sharia, in modo da armonizzare il lavoro tra le due istituzioni ed evitare il caos nel quale versava il sistema giudiziario repubblicano.

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DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (TERZA PARTE, 1995 – 1996)

LA MAGISTRATURA DI GUERRA

Lo scoppio della guerra civile, nel Settembre 1994 e poi della Prima Guerra Cecena fecero sì che quel poco di sistema giuridico sopravvissuto alla Rivoluzione Cecena ed alla Dittatura di Dudaev si dissolvessero. Su ordine di Dudaev, allo scoppio delle ostilità con la Russia, nel Dicembre 1994, l’amministrazione della giustizia passò alla Commissione Giudiziaria Perentoria (ChSBSK), costituita in accordo con il Parlamento il 20 Dicembre 1994 (e confermata come valida dal Parlamento di seconda convocazione il 9 Giugno 1998). Da quel momento i tribunali ordinari cessarono di essere riconosciuti in tutta la Repubblica (eventualità quantomai speculativa, stante il fatto che entro il Maggio 1995 il governo Dudaev non avrebbe avuto comunque alcuna autorità sulle istituzioni operanti in Cecenia) e l’amministrazione della giustizia fu affidata a commissari nominati dal governo con ampie deleghe operative. La Commissione Giudiziaria Perentoria avrebbe dovuto operare principalmente nei riguardi di colpevoli di reati militari (dal collaborazionismo alla violazione delle leggi di guerra, al saccheggio, all’appropriazione indebita, al tradimento). Braccio armato della Commissione Giudiziaria sarebbe stato il Dipartimento per la Sicurezza dello Stato (per approfondire leggi l’articolo QUI).

Per l’amministrazione civile nei territori ancora sotto il controllo separatista (i quali, dalla Primavera del 1996, si estesero esponenzialmente) Dudaev si risolse a introdurre il 23 Marzo 1995 i tribunali della Sharia, provvedimento discusso ed approvato dal Congresso Nazionale Ceceno (OKChN) tenutosi in clandestinità il 9 Marzo precedente (per approfondire, leggi l’articolo sull’OKChN, QUI). Nella prospettiva di Dudaev, questi tribunali avrebbero dovuto operare in parallelo o in sostituzione alle corti di giustizia ordinarie, colmando i prevedibili vuoti che lo stato di guerra avrebbe determinato in questo settore. La Sharia divenne quindi il principio giuridico al quale le formazioni armate separatiste si allinearono, in assenza di istituzioni secolari funzionanti. Questo provvedimento, se pure garantì una certa disciplina alle bande e una parvenza di legalità nei territori da queste controllati, costituì un pericoloso precedente che, come vedremo, avrebbe determinato l’evoluzione in senso confessionale della magistratura cecena.

I tirbunali della Sharia operanti in tempo di guerra seguivano una procedura semplificata. Il dibattito tra le parti era praticamente assente, l’imputato non aveva alcun difensore, la decisione del tribunale era definitiva e non soggetta ad appello. Le sentenze di morte venivano eseguite, di regola, immediatamente. Un esempio di processo di questo tipo fu filmato nel 1996, quando il prefetto dell’amministrazione filo – russa di Vedeno, Amir Zagayev, fu catturato, processato sommariamente da Shamil Basayev in veste di giudice e fucilato sul posto.

Un tribunale militare della Sharia, presieduto da Shamil Basayev, condanna a morte il prefetto filo – russo Amir Zagayev alla fucilazione, 1996

Quando, a seguito dell’Operazione Jihad, i separatisti ripresero il controllo di Grozny e di gran parte della Cecenia, per il governo della ChRI si pose il problema di costituire un’amministrazione provvisoria che garantisse un minimo di ordine in attesa che le vecchie strutture dello Stato ricominciassero a funzionare. Nell’Agosto del 1996 Dudaev era già morto, e gli era succeduto il Vicepresidente in carica, Zelimkhan Yandarbiev. Egli stava già lavorando ad una radicale riforma della giustizia, ma sul momento decise di risolvere il problema in maniera pragmatica, e l’8 Agosto 1996 nominò un Tribunale Militare responsabile dell’applicazione della legge a Grozny per tutto il periodo di “interregno” tra il governo filo – russo, ormai in procinto di essere sciolto, ed il nuovo governo separatista. A presiderlo Yandarbiev chiamò il Generale di Brigata Aslambek Ismailov, nel frattempo nominato anche “Comandante Miliare della Città”. Durante il periodo di attività la corte emise un totale di 12 condanne a morte, comminate senza possibilità di ricorso in processi nei quali agli accusati non fu fornito un difensore, neanche d’ufficio, e al termine dei quali non fu permesso ai condannati presentare domanda di grazia, commutazione della pena o ricorso ad un tribunale superiore allo scopo di riesaminare il loro caso.

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LA MAGISTRATURA ISLAMICA

L’introduzione della Sharia era in evidente contraddizione con la Costituzione promulgata nel 1992, la quale decretava all’articolo 94: “Il potere giudiziario nella Repubblica cecena è esercitato solo dal tribunale e agisce indipendentemente dai poteri legislativo ed esecutivo, nonché da partiti, associazioni e movimenti pubblici. Nessuno, ad eccezione degli organi giudiziari stipulati dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica cecena, ha il diritto di assumere le funzioni e i poteri del potere giudiziario. La magistratura ha come scopo la protezione del sistema costituzionale della Repubblica cecena, i diritti e le libertà dei cittadini, il controllo sulla corretta applicazione e applicazione delle leggi e degli atti del ramo esecutivo, della Costituzione della Repubblica cecena.”

In particolare poi, l’introduzione della legge islamica andava direttamente contro numerosi articoli della Costituzione, in particolare:

Articolo 17: “La Repubblica Cecena riconosce i diritti naturali e inalienabili per ogni cittadino. Essa garantisce e protegge questi diritti, garantisce l’adempimento da parte dei cittadini dei loro doveri. I diritti, le libertà e i doveri dei cittadini della Repubblica Cecena non possono essere annullati o limitati, ed i loro doveri ampliati da altri atti e azioni. I regolamenti che riducono o limitano i diritti e le libertà legati dei cittadini non hanno valore legale.”

Articolo 19: “Il cittadino e lo stato sono vincolati da diritti e responsabilità reciproci. Gli enti ed i funzionari statali sono tenuti a garantire e proteggere i diritti e le libertà dei cittadini, e ad incoraggiare la azioni pubbliche sui diritti umani.”

Articolo 21: “Tutti i cittadini della Repubblica Cecena sono uguali davanti alla legge e, in tribunale, hanno uguale diritto alla difesa, indipendentemente da nazionalità, razza, origine sociale, genere, lingua, religione, luogo di residenza, status di proprietà, convinzioni politiche e di altro tipo, affiliazione a partito o altre circostanze. […].”

Articolo 22: “Uomini e donne hanno gli stessi diritti e libertà.”

Articolo 26: “I cittadini della Repubblica Cecena hanno diritto di lavorare. […]”.

Articolo 38: “La Repubblica Cecena riconosce e rispetta il diritto di ogni persona alla vita. Nessuno può essere privato della vita. La pena di morte è applicata solo a una sentenza del tribunale, come misura eccezionale di punizione per reati particolarmente gravi. […].”

Articolo 39: “L’onore e la dignità di un individuo devono essere protetti dalla legge. Qualsiasi interferenza arbitraria nella sfera della vita personale è illegale. Una persona privata della libertà ha diritto ad un trattamento umano. Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti disumani o degradanti. Le prove ottenute illegalmente sono riconosciute nulle.”

In sostanza l’introduzione dei tribunali della Sharia contraddiceva la quasi totalità della Costituzione, creando uno stato giuridico pesantemente alterato nel quale le istituzioni della Repubblica operavano in netta contraddizione con la carta fondamentale che le legittimava.

Aslambek Ismailov, Generale di Brigata, nell’Agosto del 1996 fu comandante militare della città di Grozny. In questa veste presiedette il tribunale militare responsabile dell’applicazione della giustizia nel periodo di transizione, dall’8 al 26 Agosto 1996.

LA DEMOLIZIONE DEL SISTEMA SECOLARE

Tra il 1995 ed il 1999 il sistema giuridico fu modificato con 15 provvedimenti aventi valore legale, che riportiamo di seguito:

  • Decreto del Presidente della ChRI 18 del 23 Marzo 1995 Sui tribunali della Sharia
  • Decreto del Presidente della ChRi 82 dell’8 Luglio 1996 Sul codice penale della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 138 del 30 Settembre 1996 Sull’istituzione dei tribunali arbitrali della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 191 del 12 Novembre 1996 Sull’abolizione del Decreto Presidenziale del 28 Maggio 1993, numero 45 riguardante lo scioglimento della Corte Costituzionale della Repubblica Cecena
  • Decreto del Presidente della ChRI 209/37 dl 24 Novembre 1996 Sul riordino dei sistemi della Magistratura nella Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 226 del 2 Dicembre 1996 Sulla creazione della Guardia della Sharia sotto il Presidente della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 246 del 16 Dicembre 1996 Sulla Suprema Corte Arbitrale della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 247 del 16 Dicembre 1996 Sul riordino della magistratura nella Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 20 del 15 Gennaio 1997 Sull’ordinamento giudiziario della CRI
  • Decreto del Presidente della CRI 375 del 16 Agosto 1997 Sull’allontanamento del personale, dei presidenti e dei giudici dei tribunali distrettuali, cittadini e regionali della Shariah, e del Tribunale Militare della ChRI
  • Decreto del Presidente della ChRI 376 del 16 Agosto 1997 Su emendamenti e integrazioni ai decreti presidenziali 18 del 23 Marzo 1995 sulle corti della Sharia e 209/37 del 24 Novembre 1996 “Sull’istituzione dei tribunali della Sharia e l’introduzione di azioni di procedura giudiziaria della Sharia in tutto il territorio della ChRI”, 247 del 16 Dicembre 1996 “Sulla riorganizzazione del sistema giudiziario nella Repubblica Cecena di Ichkeria” e 20 del 15 Gennaio 1997 “Sul sistema giudiziario della ChRI”
  • Decreto del Presidente della ChRI 377 del 16 Agosto 1997 Sulla approvazione della composizione dei presidenti della Corte Suprema della Sharia della ChRI, delle corti regionali, cittadine, dei tribunali regionali della Sharia, del Tribunale Militare della Repubblica Cecena di Ichkeria, dei loro sostituti e dei giudici della Corte Suprema della Sharia, delle corti distrettuali, cittadine e regionali
  • Decreto del Presidente della ChRi 39 del 3 Febbraio 1999  Sull’introduzione della piena regola della Sharia nel territorio della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 73 del 5 Febbraio 1997 Sul riconoscimento di diritti aggiuntivi al tribunale della Sharia
  • Decreto del Presidente della ChRI 46 dell’8 Febbraio 1999 Sulla costituzione della Sharia

IL GOVERNO YANDARBIEV

Del primo decreto abbiamo già parlato, ed è afferente al “governo di guerra” di Dudaev. Partiamo dal secondo, varato da Yandarbiev, il quale stabiliva l’istituzione di un nuovo codice penale in vigore in tutta la repubblica. Esso fu sviluppato intorno a precedenti testi provenienti da altri paesi islamici che avevano introdotto elementi confessionali nel loro corpus giuridico. Il testo che ne venne fuori era un corpus giuridico fuori dal tempo. Esso era concepito secondo una logica medievale, irrispettosa dei più basilari diritti civili e addirittura diritti umani. La pena di morte era prevista per una vasta gamma di reati, ed era da eseguirsi per fucilazione, per decapitazione e addirittura per lapidazione, o per contrappasso in analogia con il crimine compiuto dal condannato. A questa si aggiungevano la reclusione fino a 20 anni, l’esilio, la sanzione pecuniaria, la confisca o la distruzione delle proprietà. Erano previste anche punizioni corporali come quaranta colpi di bastone per il consumo di bevande alcoliche, ma soltanto qualora il colpevole fosse musulmano. Qualora non lo fosse, la pena era commutata in reclusione non oltre un mese.

Alcuni articoli, oltre ad essere di difficile applicazione pratica, violavano apertamente il diritto internazionale: ad esempio, era previsto che qualora un cittadino ceceno avesse compiuto atti illegali al di fuori dei confini dello Stato, esso sarebbe stato perseguibile anche all’estero dalla magistratura Cecena. Un principio, questo, gravemente lesivo della sovranità degli stati oggetto delle “attenzioni” della giustizia della ChRI. In generale l’impianto del codice penale era rivolto alla preservazione dell’autorità dello Stato e della società, mentre solo pochi articoli erano dedicati al trattamento dei crimini contro la persona. In questo senso nulla di strano, considerata la natura confessionale del Codice Penale, chiaramente orientato all’imposizione della norma comunitaria sulla libertà individuale. Per conseguenza tutti i “crimini” connessi all’asocialità nel senso religioso del termine, come bere alcolici, commettere apostasia, adulterio, gioco d’azzardo e via dicendo erano puniti in quanti lesivi della dignità comunitaria. 

Zelimkhan Yandarbiev . Divenuto Presidente ad interim a seguito della morte di Dzhokhar Dudaev, mantenne l’incarico fino alle elezioni del Gennaio 1997. Sotto la sua presidenza la ChRI subì un forte impulso verso l’islamizzazione dello stato, con l’introduzione del nuovo Codice Penale e l’istituzionalizzazione dei tribunali della Sharia.

Come abbiamo visto il decreto è datato 8 Luglio. In effetti il Codice Penale entrò in vigore soltanto il 7 Agosto, a seguito degli Accordi di Khasavyurt: con questo gesto Yandarbiev volle testimoniare la pienezza della sovranità Cecena conquistata con la vittoria militare sulla Russia. Interrogato su quale fosse la direzione che lo Stato indipendente avrebbe dovuto prendere egli rispose: “la creazione di uno stato ceceno indipendente è possibile soltanto su base islamica”. La posizione di Yandarbiev era sostenuta da tutta l’ala radicale del nazionalismo ceceno, in particolare dall’allora Ministro dell’Informazione e della Stampa (poi Ministro degli Esteri) Movladi Ugudov, il quale ebbe ad affermare: “il cosiddetto diritto romano, ampiamente praticato nel mondo, è innaturale per la natura cecena. Non è percepito da molti, e quindi è violato. Nella costruzione della legislazione dobbiamo trovare una base che le persone possano adottare. L’islam è la base giusta per il popolo ceceno. Altrimenti avremo una massa armata incontrollabile, che creerà problemi per tutti, anche per la Russia.”

Yandarbiev volle dotare il sistema giudiziario anche di un autonomo corpo di polizia. Il 2 Dicembre 1996, con Decreto numero 226, egli fondò quindi la “Guardia della Sharia”, la quale divenne il braccio armato della giustizia religiosa. A questa si aggiunse il cosiddetto “Reggimento Islamico di Scopo Speciale (IPON)” formazione paramilitare seguace della Corte Suprema della Sharia, la cui costituzione era stata voluta e sponsorizzata dallo stesso Yandarbiev. Le due formazioni avrebbero continuato ad operare come corpi dello Stato fino al Giugno del 1998 quando, dopo la Battaglia di Gudermes (scatenata proprio da elementi della Guardia della Sharia), Maskhadov li avrebbe sciolti per attività antistatale. Durante questo periodo i reparti della polizia religiosa si sovrapposero a quelli ordinari, generando spesso caos sociale e determinando la reazione, talvolta violenta, della popolazione civile. La Guardia della Sharia, infatti, lungi dall’eseguire i compiti di ordinaria amministrazione cui era destinata (presidio delle strutture detentive, difesa degli edifici pubblici, scorta dei funzionari e degli imputati) si occupava principalmente di funzionare come una sorta di polizia religiosa, compiendo raid nelle città e nei villaggi al fine di punire in via esemplare i consumatori di alcolici, i fumatori, le donne che non si adeguavano ai dettami islamici nel vestire e nel comportamento.

Il video mostra l’esecuzione di una pena corporale inflitta dalla polizia religiosa nella Cecenia postbellica. A causa della durezza delle immagini esso è visualizzabile soltanto ad un pubblico maggiorenne .

DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (SECONDA PARTE, 1992 – 1994)

LOTTE DI POTERE

Tra il 1992 e il 1993 il cronicizzarsi dello scontro politico tra Presidente e Parlamento ed il proliferare di numerose strutture ed agenzie governative, ora fedeli all’una, ora all’altra autorità, misero in pericolo il lavoro dei magistrati. Questo stato di insicurezza era emerso fin dalle prime fasi della Rivoluzione Cecena: in un appello pubblicato sul giornale “Voce della Ceceno – Inguscezia” dell’Ottobre 1991, esponenti del sistema giudiziario lamentavano la perniciosa presenza di elementi fedeli al governo rivoluzionario, i quali tentavano di condizionare il lavoro di Giudici e Notai a vantaggio della loro causa, o a loro vantaggio personale, tentando di evitare di essere inquisiti o rifiutandosi di accettare il normale iter giudiziario previsto dalla legge. La cronica carenza di fondi e di spazi a disposizione dei tribunali rendeva complessa anche l’ordinaria amministrazione, ed a poco servì l’ordinanza numero 19 del 15 Marzo 1992 “Sulle misure volte a migliorare le condizioni di lavoro dei tribunali distrettuali e cittadini della Repubblica Cecena”, con il quale si raccomandava la concentrazione degli uffici e l’utilizzo di risorse, locali e mobilio di proprietà del disciolto Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS): il cronico ritardo nel pagamento degli stipendi e la carenza di risorse liquide impedì di fatto al sistema giudiziario di funzionare.

In ambito giudiziario l’acredine tra parlamentaristi e presidenzialisti raggiunse un livello tale che l’Assemblea Legislativa, allora guidata da Hussein Akhmadov, rifiutò le nomine proposte da Dudaev al Ministero della Giustizia. In particolare, si oppose alla nomina di Imaev, già Presidente del Comitato Nazionale per la Riforma Giuridica, giudicandolo inadatto al ruolo e troppo dichiaratamente allineato sulle posizioni del Presidente. Per tutta risposta, Dudaev estese i poteri del Comitato al punto da farli coincidere con quelli del Ministero della Giustizia, aggirando il veto parlamentare e lasciando il vecchio dicastero un contenitore vuoto. Con l’Ordine del Presidente della Repubblica numero 66 del 26 Agosto 1992 “Sulla registrazione statale degli atti normativi della Repubblica Cecena” il Comitato fu dotato del compito di certificare l’entrata in vigore degli atti normativi e delle loro successive modifiche, diventando a tutti gli effetti una sorta di “cancelleria dello Stato” non riconosciuta dal Parlamento.

Sostenitori del Presidente della Repubblica Dudaev in piazza durante la crisi istituzionale del 1993. In piedi sta tenendo un discorso il deputato dudaevita Isa Arsemikov.

Dalla fine del 1992 il confronto tra partito parlamentare e partito presidenziale divenne serrato, aprendo una crisi politica che paralizzò l’attività dello stato, nel comparto legislativo ed esecutivo ma anche in quello giudiziario. Contrariamente a quanto previsto dalla legge del 18 Novembre 1992, la quale prevedeva un cursus honorum interno alla magistratura per la nomina dei giudici, il ricorso alla clientela politica ed alla pressione dall’alto per l’investitura di questo o quel magistrato erano all’ordine del giorno. Dal Marzo del 1993 Dudaev chiese l’intervento della Corte Costituzionale, all’epoca presieduta da Ikhvan Gerikhanov, riguardo a una proposta di modifica costituzionale che avrebbe profondamente riformato lo Stato ceceno, attribuendo un gran numero di poteri al Presidente della Repubblica a scapito del Parlamento. Al rifiuto di questi di riconoscere legittimità a tale proposito, Dudaev non trovò altra via d’uscita se non quella di sopprimere tutte gli organi statali a lui ostili. Anche la stessa Corte Costituzionale finì nel mirino dei dudaeviti, ed il 28 Maggio 1993 il Presidente emise il decreto n° 45 “Sullo scioglimento della Corte Costituzionale della Repubblica Cecena”. Tramite questo decreto il Capo dello Stato abolì ogni attività di tale organo sul territorio della repubblica, motivando la scelta con la necessità di “prevenire una scissione nella società e” di conservare “L’autocrazia”. Tale decreto, palesemente incostituzionale, fu l’anticamera del colpo di stato che seguì pochi giorni dopo, il 4 Giugno 1993, con l’occupazione manu militari del parlamento, del consiglio cittadino di Grozny e delle altre strutture di potere, e lo scioglimento delle assemblee elettive.

Il Colpo di Stato dette a Dudaev ancor più mano libera nell’intromettersi nel sistema giudiziario. Per la verità questa tendenza era evidente fin dai primi giorni del suo governo, come testimoniato dal Decreto numero 34 del 25 Febbraio 1992 “Sull’esecuzione delle sentenze dei tribunali e delle corti arbitrali straniere nella Repubblica Cecena”, nella quale si diffidava i giudici a dare seguito a sentenze emesse da corti di paesi i quali non avevano riconosciuto la Repubblica Cecena o con i quali la Repubblica non avesse un qualche tipo di accordo. Questo decreto, emesso appena quattro mesi dopo l’entrata in carica di Dudaev, rendeva chiara la volontà del Presidente di utilizzare la Magistratura come arma coercitiva nei confronti dei governi stranieri e forzare il riconoscimento della Cecenia facendo leva sulla velata minaccia di trasformare il paese in un “Buco nero giudiziario”.  

Ikhvan Gerikhanov, Presidente della Corte Costituzionale, tentò di mediare il conflitto istituzionale tra Presidente e Parlamento, intervenendo nella primavera del 1993. Il suo intervento, tuttavia, non arginò le pretese di Dudaev, il quale il 28 Maggio sciolse la Corte Costituzionale, ed il 4 Giugno mise in atto un colpo di Stato militare.

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AZIONE DI CONTRASTO AL CRIMINE

Uno dei problemi più gravi che il sistema giudiziario della Repubblica si trovò ad affrontare fu quello connesso alla proliferazione delle armi da fuoco, conseguente al saccheggio delle strutture militari sovietiche, all’esplosione del mercato nero ed alla costituzione di numerosi gruppi armati semi – legalizzati come reparti dell’esercito o società di sicurezza private. In questo senso uno dei primi provvedimenti di Dudaev non aiutava: il Decreto del 16 Dicembre 1991 “Sul diritto dei Cittadini della Repubblica Cecena ad acquistare e tenere armi da fuoco personali e sul diritto di portarle” riconosceva il diritto “sottratto durante il periodo totalitario” dei cittadini ad armarsi, recuperando così una antica tradizione ingiustamente soppressa. Probabilmente nella visione dudaevita questo era un buon compromesso per controllare il fenomeno, anziché vietarlo non avendo gli strumenti per farlo. Ma il risultato certamente era stata una “corsa sociale alle armi” che alimentava l’illegalità, paralizzando il lavoro dei tribunali. A sua volta la paralisi dei tribunali alimentava la paura della gente comune, la quale continuava ad armarsi per timore di non avere nessuna protezione dallo Stato.

La carenza di fondi e le paghe basse e insicure producevano un diffuso fenomeno di corruzione. Questa era già esplosa prima ancora che Dudaev desse il suo colpo di piccone alla giustizia con il commissariamento del Ministero e la calmierazione dei prezzi, che aveva privato la magistratura delle fonti economiche necessarie a sostentarsi, tanto che un decreto dell’8 gennaio il Parlamento invitava le autorità giudiziarie a perseguire i cittadini che si rifiutavano di riconoscere lo stato di diritto e tentavano di influenzare il lavoro delle corti. Ma anche questo decreto era privo di eseguibilità pratica e rimase sostanzialmente una dichiarazione. Nel 1992 appena il 12% dei crimini registrati nella repubblica furono oggetto di processo, e soltanto 327 colpevoli su 1204 furono condannati alla prigione. Il diffuso senso di impunità incoraggiava il ricorso al crimine, visto da molti come unica soluzione alla miseria dilagante, e da alcuni come una buona opportunità per fare soldi facili.

Le attività criminali divennero endemici, a partire dal florido mercato della contraffazione dei titoli di credito. Basti pensare che nel solo 1993, dei 9,4 miliardi di rubli in titoli di Stato contraffatti in Russia, ben 3,7 miliardi provenivano dalla Cecenia. Fiorì il contrabbando di merci e di droghe, ed il mercato delle armi di Grozny divenne il più grande mercato nero di tutta l’ex Unione Sovietica. Tra il 1992 e il 1994 vennero registrati 1354 attacchi a treni merci e passeggeri. Secondo i dati riportati dalle agenzie di stampa e dal Ministero degli Interni ceceno, alla sola stazione di Grozny della Ferrovia del Nord Caucaso, nel solo 1993, vennero attaccati 559 treni, saccheggiati circa 4.000 vagoni per un valore di circa 11,5 miliardi di rubli. Nei primi 8 mesi del 1994 vennero commessi 120 attacchi armati, che portarono al saccheggio di 1156 vagoni e 527 container, per oltre 11 miliardi di rubli di danni. Nel biennio 1992 – 1994 26 lavoratori delle ferrovie persero la vita in attacchi armati. 

Reparto di Polizia dei Trasporti della ChRI sfilano in un documentario della TV di Stato. Il crimine dilagante si abbattè in primo luogo sul trasporto ferroviario con saccheggi sistematici delle merci e ruberie ai passeggeri.

RIFORME DI FACCIATA E DIRITTO CONSUETUDINARIO

In sostanza vi era una notevole differenza tra quanto prodotto in termini legislativi dal Parlamento e dal Presidente, e la realtà quotidiana del paese. Sulla carta le istituzioni lavoravano alacremente al disegno di un nuovo sistema giudiziario. Di fatto, questo era paralizzato dalle lotte di potere interne, dalla carenza di disponibilità economica e dalla corruzione dilagante, tre fattori che rendevano lo Stato virtualmente impotente rispetto alle forze criminali che si stavano impadronendo del Paese.  Stante il collasso totale delle strutture giudiziarie pubbliche, la società iniziò a recuperare quelle forme di diritto consuetudinario in vigore presso le società islamiche chiamato Adat, una sorta di “codice civile non scritto” patrimonio degli anziani, tramandato di generazione in generazione. Ancorchè non riconosciuto dallo Stato, l’Adat iniziò a prendere campo soprattutto nella risoluzione di controversie di natura economica, per le quali era previsto il Tribunale Arbitrale, il quale tuttavia funzionava poco e male, e non riscuoteva la fiducia dei cittadini.

Del resto Dudaev aveva tentato di reintrodurre l’Adat nei livelli più bassi dell’amministrazione della giustizia. In particolare, con la ricostituzione del Mekhk  – Khel, il Consiglio degli Anziani, Dudaev puntava a ricostituire un sistema di arbitrato locale basato sul diritto consuetudinario. In questo senso il Consiglio degli Anziani fu ufficialmente riconosciuto come entità deputata al “controllo morale ed alla supervisione delle attività istituzionali” dall’articolo 12 della Legge sull’Attività del Parlamento della Repubblica Cecena, varata il 24/12/1991. Tale legge riconosceva il Mekhk -Khel come una istituzione dello Stato, ma i suoi membri presero presto a comportarsi in maniera così pervasiva da costringere il Parlamento a negare il diritto del Consiglio degli Anziani ad interferire con le attività degli organi statali, revocando lo status di “istituzione statale” al Mekhk – Khel (febbraio 1992).

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DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (PRIMA PARTE, 1991 – 1992)

INTRODUZIONE

Uno dei caratteri fondamentali di uno Stato di diritto funzionante è la sua capacità di esercitare la sovranità tramite l’imposizione della legge, l’efficacia nella sua applicazione e il potere di farla rispettare, punendo coloro che la infrangono. Non è un caso, quindi, che il potere giudiziario sia considerato ugualmente importante rispetto a quello legislativo ed a quello esecutivo. In uno stato di diritto romano, questo potere è più efficace quanto più è indipendente dagli altri due: solo in questo modo, infatti, uno Stato può garantire ai suoi cittadini il rispetto delle loro libertà senza ledere gli interessi comuni, e viceversa.

Fin dalla Rivoluzione Cecena l’autorità politica che si insediò al posto della vecchia nomenklatura sovietica si pose il problema di garantire al nascente stato indipendente una magistratura equa e funzionante, precondizione essenziale al mantenimento dell’ordine sociale in un momento particolarmente critico per il Paese, generato in parte dai sommovimenti politici e sociali conseguenti alla caduta del comunismo, in parte dallo stato di prostrazione economica nel quale si trovò tutto lo spazio ex – sovietico, Cecenia compresa.

Gli articoli che seguono ripercorrono la storia della Magistratura nella Repubblica Cecena di Ichkeria, secondo un percorso che attraversa essenzialmente tre fasi:

  • Il periodo tra il 1991 ed il 1995, caratterizzato a sua volta da una fase di “transizione” durante la quale vennero mantenute le precedenti strutture sovietica, ed una fase “di regime” durante la quale si tentò una prudente riforma del sistema in un difficile contesto di crisi politica ed istituzionale;
  • Il periodo tra il 1995 ed il 1996, definito di “magistratura di guerra” durante il quale il governo in clandestinità organizzò il comparto giudiziario come un’appendice delle forze armate, introducendo i primi elementi di diritto islamico e le prime corti della Sharia;
  • Il periodo tra il 1996 ed il 1999, durante il quale il governo centrale tentò di introdurre il diritto islamico dapprima in parallelo, poi in sostituzione di quello secolare, avviando un processo di confessionalizzazione dello stato interrotto dallo scoppio della Seconda Guerra Cecena.

Un quarto periodo che ci riserviamo di analizzare qualora emergessero sufficienti prove documentarie sarebbe quello della seconda “magistratura di guerra” operante tra il 2000 ed il 2007. Purtroppo per questo periodo possiamo soltanto abbozzare alcune supposizioni, non essendo reperibili fonti sufficientemente attendibili né documenti originali che sia possibile consultare.

LA RIVOLUZIONE CECENA

Lo scoppio della Rivoluzione Cecena e la dichiarazione di indipendenza che ne seguì sancirono l’avvento dello Stato ceceno indipendente. Fin dai primi giorni di insediamento, il Presidente Dudaev ed il Parlamento si trovarono davanti a molteplici criticità, una delle più gravi delle quali era determinata dall’improvviso afflosciarsi di tutte le strutture giudiziarie e di ordine pubblico necessarie a mantenere la pace sociale. Durante i mesi confusi di Settembre ed Ottobre 1991, infatti, i tribunali avevano sostanzialmente smesso di funzionare, il KGB, organismo repressivo al servizio del potere sovietico, era stato smantellato dai rivoltosi e gli edifici dov’erano acquartierati i suoi funzionari occupati, la polizia era rimasta acquartierata nelle caserme o si era unita alla rivolta, e le stesse carceri erano state abbandonate, provocando la fuoriuscita di centinaia di detenuti (alcuni dei quali erano addirittura finiti a rinfoltire i ranghi della nascente Guardia Nazionale). Gli assalti alle caserme ed ai depositi militari, inizialmente episodi isolati, erano divenuti una piaga endemica, attraverso la quale migliaia di armi da guerra affluivano sul mercato nero, o finivano distribuiti tra la popolazione. La crisi dello Stato di Emergenza del Novembre seguente e la distribuzione delle armi ai civili operata dal governo rivoluzionario avevano aggravato ulteriormente il problema, facendo si che, alla dichiarazione di indipendenza, centinaia di giovani ceceni girassero per Grozny armati fino ai denti, festeggiando con una sarabanda di colpi in aria l’elezione di Dudaev alla Presidenza della Repubblica.

Il Palazzo del KGB di Grozny nel 1988

Le nuove autorità politiche, ancorchè nate da una rivoluzione e quindi piuttosto a loro agio tra i miliziani armati, erano coscienti che una situazione di diffusa impunità, la libera circolazione di armi da guerra e l’assenza del potere coercitivo dello Stato avrebbero potuto ben presto produrre uno stato di anarchia militare ingovernabile. Per questo motivo sia il Parlamento che la Presidenza della Repubblica si dettero da fare per dare un ordine al Paese e disarmare nel limite del possibile la popolazione civile, per poi procedere alla riattivazione della magistratura e riportare la situazione del comparto giudiziario alla normalità.

La soluzione di questi problemi rappresentò il primo terreno di uno scontro istituzionale che avrebbe accompagnato la Repubblica Cecena (non ancora “Di Ichkeria”) per tutto il 1992, creando i presupposti per la crisi istituzionale che avrebbe portato al Colpo di Stato del 4 Giugno 1993 ed alla dittatura del Generale Dudaev. Fin da subito, infatti, le due istituzioni tentarono di prendere il controllo della Magistratura, e delle unità armate ad essa collegate: il Parlamento costituì un Servizio di Sicurezza Nazionale alle dipendenze del Deputato Ibragim Suleimenov, mentre parallelamente Dudaev ne costituì un doppione a lui fedele, mettendo al comando il potente Sultan Albakov. Il Parlamento premeva per la requisizione delle armi da fuoco e per una legge che disciplinasse rigidamente il suo possesso, mentre Dudaev, con il Decreto 05 del 16/12/1991 ne consentì la detenzione a tutti i cittadini ceceni, “Nel rispetto delle tradizioni storiche dei Vaynakh, dello stile di vita sociale e dello stile di vita dei popoli della Repubblica Cecena, riconoscendo il diritto inalienabile e naturale dei cittadini all’autodifesa ed alla protezione dalle aggressioni criminali.”

Dzhokhar Dudaev, primo Presidente della Repubblica cecena indipendente. Nel Dicembre del 1991 riconobbe a tutti i ceceni il diritto di possedere armi da fuoco, in ossequio alla tradizione Vaynakh

Il terreno dell’ordinamento giudiziario rimase, per il momento, neutrale: entrambe le parti concordarono sulla necessità di guadagnare il tempo necessario a riformare il sistema, senza lasciare il paese nell’anarchia: fu così stabili che, una volta promulgata la Costituzione, il corpus delle leggi relative sarebbe stato aggiornato progressivamente. Nel frattempo sarebbero rimaste in vigore tutte le normative non in contrasto con la Costituzione, o con la Dichiarazione di Indipendenza. La magistratura passò, così, sotto il controllo del governo separatista senza subire apparenti modifiche strutturali.

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IL PERIODO REPUBBLICANO

Con la promulgazione della Costituzione (12 Marzo 1992) lo Stato indipendente ceceno si dotò della sua carta fondamentale. Gli articoli riguardanti il potere giudiziario erano contenuti nell’ultima sezione (articoli 94 – 116) e configuravano la magistratura secondo un modello secolarizzato, mutuato in parte dalla vecchia istituzione sovietica e in parte da quello proposto dalle democrazie occidentali. Fulcro del sistema era l’Articolo 94, il quale citava:

 “Il potere giudiziario nella Repubblica cecena è esercitato solo dal tribunale e agisce indipendentemente dai poteri legislativo ed esecutivo, nonché da partiti, associazioni e movimenti pubblici. Nessuno, ad eccezione degli organi giudiziari stipulati dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica cecena, ha il diritto di assumere le funzioni e i poteri del potere giudiziario. La magistratura ha come scopo la protezione del sistema costituzionale della Repubblica cecena, i diritti e le libertà dei cittadini, il controllo sulla corretta applicazione e applicazione delle leggi e degli atti del ramo esecutivo, della Costituzione della Repubblica cecena.”.

Negli altri articoli erano approfonditi il ruolo che la magistratura avrebbe dovuto avere ed i poteri gli erano attribuiti. Senza citarli uno per uno (per approfondire è possibile leggere la costituzione integrale, tradotta e commentata, QUI) il potere giudiziario aveva tra i suoi compiti, oltre all’amministrazione della giustizia: il controllo sul rispetto dell’ordine costituzionale, la verifica della legalità e della validità delle delibere e delle azioni di agenzie e funzionari governativi, l’indagine e il giudizio su illeciti operati nell’esercizio delle funzioni da parte dei tribunali, nonché la partecipazione alla formazione degli organici della magistratura stessa. Al vertice del potere giudiziario della Repubblica Cecena erano previste tre istituzioni: la Corte Costituzionale, la Corte Arbitrale e la Corte Suprema. La prima avrebbe dovuto fungere da controllore dell’ordine costituzionale, ed esercitare diritto irrevocabile di giudizio sulla costituzionalità degli atti normativi e dei decreti legge varati dal Presidente della Repubblica. La seconda avrebbe dovuto fungere da Corte d’Appello per questioni di natura civile e patrimoniale. La terza, supremo organo giudiziario, avrebbe rappresentato il vertice della Magistratura, esercitando funzione nomofilattica (cioè garantendo identità di interpretazione delle norme giuridiche) e di giudice di ultima istanza.

I vertici del Parlamento di Prima Convocazione. Da sinistra a destra Bektimar Mezhidov (Vicepresidente), Hussein Akmadov (Presidente), Magomed Gushakayev (Vicepresidente)

Come abbiamo già detto, la Costituzione appena varata mancava delle necessarie connessioni con il precedente sistema di epoca sovietica, cosicché per tutto il 1992 il Parlamento lavorò affinché entrassero in vigore i regolamenti e le leggi attuative necessarie a mettere in connessione la carta fondamentale con il sistema giudiziario ereditato dalla vecchia RSSA Ceceno – Inguscia. In questo seno le 3 leggi fondamentali varate nel corso di quell’anno furono le seguenti:

  • “Sulla Corte Costituzionale della Repubblica Cecena” (7 Luglio 1992)
  • “Sullo status dei giudici nella Repubblica Cecena” (12 Novembre 1992)
  • “Sul sistema giudiziario nella Repubblica Cecena” (19 Novembre 1992)

La prima, composta da 89 articoli, regolamentava l’attività della Corte Costituzionale, organo costituito per proteggere l’integrità dello Stato e garantire una corretta interpretazione della Costituzione, prevenendo la Repubblica da iniziative incostituzionali o in contrasto con il principio della separazione dei poteri.

La seconda, composta da 20 articoli, regolava le prerogative, i diritti e i doveri dei magistrati.

La terza, infine, era una ampia legiferazione composta da 5 sezioni e 68 articoli, ed intendeva riorganizzare l’intero potere giudiziario, riordinando le norme di base, i compiti di giudici e procuratori, il sistema di lavoro dei tribunali e delle cancellerie.

IL CONFLITTO TRA PRESIDENTE E PARLAMENTO

Mentre il Parlamento lavorava alla costruzione del sistema legale alla base della magistratura, i primi attriti iniziarono a consumarsi tra questo e il Presidente della Repubblica, Dzhokhar Dudaev, il quale intendeva anch’egli avere un ruolo centrale nella formazione del potere giudiziario, e ancora di più nell’attribuzione in capo ad esso di uomini di sua fiducia. Il primo scontro si ebbe allorchè il Presidente nominò, senza il preventivo consenso del Parlamento, l’ex funzionario del Ministero della Protezione Sociale della RSSA Ceceno – Inguscia, il trentacinquenne Usman Imaev, alla carica di Ministro della Giustizia, incaricandolo di redigere una bozza di riforma della giustizia da pensarsi in ragione non soltanto del diritto romano, ma anche del diritto consuetudinario ceceno, il cosiddetto Adat. Il Parlamento si oppose a questa nomina, non convalidandola. Intenzionato a far valere le sue ragioni, Dudaev pochi giorni dopo istituì il “Comitato per la Riforma Giuridica sotto il Presidente della Repubblica”, aggirando di fatto la legge che imponeva l’approvazione parlamentare per i ministri proposti dal Presidente. Egli, infatti, pur non potendo nominare ministri a suo piacimento, aveva pieni poteri nella costituzione di comitati di Stato e nella formulazione dei loro regolamenti. Così Dudaev lasciò vacante il Ministero della Giustizia e costituì un comitato dotato di poteri equivalenti, alla cui presidenza pose lo stesso Imaev, lasciando impotente l’assemblea legislativa.

Usman Imaev

Con l’Ordine Presidenziale n° 4 (“Sulle misure per garantire il corretto funzionamento del Comitato Nazionale per la Riforma Giuridica” del 27 Gennaio 1992) Dudaev dotò la nuova struttura di una voce di spesa autonoma dal bilancio pubblico con la quale poté aggirare il pericolo che il Parlamento bloccasse i fondi del Ministero della Giustizia. Uno dei primi provvedimenti suggeriti dal Comitato e prontamente recepiti da Dudaev fu l’adeguamento della tassazione pubblica sugli atti giudiziari e notarili alla situazione economica contingente, all’epoca estremamente precaria, della maggioranza della popolazione. Con un Decreto del 24 Marzo 1992 “Sulle aliquote di dazio statale da addebitarsi sulle domande e sui reclami presentati in tribunale, nonché sulle imposte degli atti notarili e dello stato civile” Dudaev ordinò la calmierazione delle relative tasse. Questo facilitò certamente il ricorso al sistema giudiziario da parte dei cittadini, ma creò conseguentemente un buco nel bilancio a disposizione dei tribunali, i quali si trovarono ben presto in condizione di grave indigenza e carenza di risorse anche per le più elementari necessità ordinarie.

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Verso l’insurrezione islamica: l’invasione del daghestan

Nella primavera del 1998 tra le frange radicali del nazionalismo ceceno si era fatta largo l’idea di esportare la rivoluzione in tutto il Caucaso, un po’ per intimorire la Russia, un po’ per assecondare il delirio di onnipotenza di quei capibanda che, dopo aver vinto la prima guerra, sognavano di combatterne una seconda ancora più grande. L’organizzazione che si era fatta promotrice di questo obiettivo, il Congresso dei Popoli di Ichkeria e Daghestan, si era costituita poco dopo, e Basayev ne era stato nominato Emiro. Nella primavera del 1999 le attività del Congresso si intensificarono. Il 17 luglio si tenne una assemblea plenaria, convocata per discutere la situazione di forte tensione che si viveva nel vicino Daghestan. Qui, come abbiamo visto, una vivace frangia del fondamentalismo, ispirata da Bagauddin Kebedov, aveva messo radici nei distretti più poveri e periferici, finendo per esserne espulsa con la forza. Kebedov era stato accolto da Basayev ed aveva trasferito in Cecenia i suoi seguaci, preparando la rivincita. Ugudov e Basayev sponsorizzavano fortemente il progetto.

In un’intervista con la rivista jihadista cecena Al – Qaf Basayev aveva dichiarato: “I leader del Congresso non consentiranno all’esercito di occupazione russo di provocare il caos nella terra dei nostri fratelli musulmani. Non intendiamo lasciarli impotenti.”. Nel gennaio del 1999 Khattab aveva iniziato a raccogliere i suoi adepti in una “Legione Islamica”, mentre insieme a Basayev aveva costituito la Brigata Internazionale Islamica per il Mantenimento della Pace, reclutando volontari principalmente tra i ceceni che componevano le Guardie della Sharia ed il Reggimento Islamico Speciale. Nell’aprile 1999 Kebedov aveva dichiarato ufficialmente una Jihad contro gli infedeli che perseguitavano i wahabiti in Daghestan, invitando tutti i “patrioti islamici del Caucaso” a prendervi parte. L’assemblea del Congresso fu convocata per decidere in che misura la Jihad di Kebedov dovesse essere appoggiata. Uno dei leader daghestani accorsi al Congresso dichiarò: “L’esistenza dell’impero russo per noi è un eterno onere schiacciante associato a determinati problemi. Dobbiamo fare del nostro meglio per concentrare tutto il nostro intelletto sulla distruzione e la frammentazione di questa minaccia globale […] dobbiamo compiere il nostro destino e scrivere col sangue la nuova storia del Caucaso […].” Il discorso si concluse con la proposta di iniziare le azioni di guerra quella stessa estate. La linea generale dei partecipanti fu aderente a questa dichiarazione.

Bandiera della Brigata Islamica per il Mantenimento della Pace, braccio armato del Congresso dei Popoli di Ichkeria e Daghestan

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Nelle settimane successive al congresso, bande armate provenienti dalla Cecenia iniziarono a penetrare oltre i confini del Daghestan, attaccando posti di blocco della polizia ed ingaggiando sparatorie con l’esercito federale. Dalla seconda metà di luglio, gli scontri divennero pressoché quotidiani.  Il governo, appena uscito da un confronto all’ultimo sangue coi signori della guerra, non aveva le forze e la capacità politica di fermare le azioni dei fondamentalisti, e si limitava a rispondere alle proteste di Mosca accusando a sua volta l’esercito federale di essere il vero responsabile degli attacchi, con l’intento di provocare deliberatamente un’escalation. Il 2 agosto un primo contingente di grandi dimensioni, composto per lo più da miliziani daghestani al seguito di Kebedov, penetrò in Daghestan, attaccando alcuni villaggi nel distretto di Tsumadi. Tra il 6 ed il 7 agosto circa 1500 uomini attraversarono il confine ceceno ed occuparono diversi villaggi senza sparare un singolo colpo. Tre giorni dopo, il 10 agosto, Kebedov dichiarò la nascita dello Stato Islamico del Daghestan, ed ingiunse al Congresso dei Popoli di Ichkeria e Daghestan di accorrere in suo aiuto, nominando Shamil Basayev Emiro (cioè comandante militare) del nuovo Stato. Lo sconfinamento di Kebedov fece incendiare i territori nel quali la componente fondamentalista era più forte. In particolare la rivolta si estese al circondario di Karamakhi, una piccola cittadina nel cuore del Daghestan, a circa centocinquanta chilometri dalle posizioni appena occupate dallo Stato Islamico del Daghestan. Il 15 agosto i miliziani fondamentalisti presenti in quel distretto presero il controllo della città, cacciarono gli amministratori civili e proclamarono la loro adesione allo Stato Islamico. L’ingresso incontrastato di Kebedov in Daghestan e la ribellione di Karamakhi convinsero Basayev e Khattab che fosse davvero possibile promuovere una “Guerra di liberazione” anche nella repubblica limitrofa. Così si dettero ad organizzare un vero e proprio piano di invasione. Sfruttando una massa critica di qualche migliaio di uomini le forze islamiste avrebbero dovuto penetrare nel distretto di Botlikh, al confine con la Cecenia.

Shamil Basayev dirige le operazioni durante le prima fasi dell’invasione

Da qui, radunati altri volontari, l’esercito di Basayev avrebbe dovuto marciare dapprima su Karamakhi, poi sulla capitale dello stato, Machachkala, nella quale, nel frattempo, squadre di infiltrati avrebbero dovuto scatenare una sommossa. Un secondo contingente, nel frattempo, avrebbe dovuto penetrare in Daghestan da Nord, occupando la cittadina di Khasavyurt (la stessa dove nel 1996 si erano svolti i negoziati tra Maskhadov e Lebed) e da lì convergere su Machachkala, segnando la vittoria della rivoluzione e la liberazione del Daghestan. Numerose azioni diversive, tra le quali alcune azioni terroristiche in Russia, avrebbero distratto l’opinione pubblica dalle manovre militari, facendo guadagnare tempo agli insorti e consolidando la loro situazione strategica. Il piano era estremamente ambizioso, e partiva dalla convinzione, radicata sia in Basayev che in Kebedov, che il popolo daghestano non vedesse l’ora di seguire l’esempio tracciato dai ceceni e di affrancarsi così dal dominio russo. Secondo Basayev la proclamazione dello Stato Islamico sarebbe stato l’innesco di una reazione a catena che avrebbe in breve acceso tutto il Caucaso Settentrionale, provocando un’insurrezione generale. Forte di questa certezza, ai primi di agosto il comandante ceceno penetrò nel distretto di Botlikh con un drappello di 500 volontari armati di fucili da guerra, granate ed RPG. Nel corso della prima giornata di avanzata il piccolo esercito prese tutti i villaggi che incontrò sul suo cammino. Nel frattempo Ugudov, che sosteneva l’attività dei fondamentalisti con la sua stazione televisiva, aveva istituito il canale ufficiale dello Stato Islamico e da questo iniziò ad inneggiare alla Jihad contro gli infedeli russi. A Grozny la notizia dell’invasione del Daghestan fu vissuta con impotenza ed apprensione. Maskhadov non aveva le forze per prevenire, o anche solo per arrestare l’iniziativa di Basayev: non appena la notizia dell’attacco fu ufficializzata, il Presidente ceceno si affrettò a prenderne le distanze, dichiarando che lo sconfinamento non era né voluto né organizzato dal governo ceceno. La notizia dello sfondamento da parte dei miliziani islamisti non giungeva nuova a Mosca.

I comandi federali già da tempo si erano preparati all’eventualità di un’azione simile, sapendo già da almeno un anno che le intenzioni dei radicali ceceni erano quelle di penetrare in Daghestan e tentare di esportarvi la rivoluzione. Anzi, per la verità li avevano anche incoraggiati, ritirando per tutta la prima parte del 1999 qualsiasi unità militare dal confine occidentale del Daghestan, quasi ad invitarli ad entrare. Così, non appena fu chiaro che l’operazione era iniziata, Eltsin raccomandò massima durezza alle forze armate, e nominò primo ministro un giovane astro nascente della politica russa, Vladimir Putin. Questi era stato fino ad allora Direttore dei servizi segreti federali. Non si era neanche insediato che tenne una conferenza stampa nella quale dichiarò che il governo aveva preparato “una serie di misure per mantenere l’ordine e la disciplina in Daghestan.” Il 9 agosto le prime forze speciali federali vennero a contatto con i jihadisti sulle creste ad ovest di Botlikh, mentre l’aereonautica iniziava a bersagliare i sentieri, compiendo 78 sortite nelle sole prime 24 ore. La rabbiosa reazione delle forze federali costrinse Maskhadov ad intervenire per tentare di smarcarsi da quello che sembrava un disastro annunciato. In una conferenza stampa il presidente ceceno dichiarò che quanto stava accadendo non aveva niente a che fare con la Cecenia, che i miliziani erano per lo più daghestani e che i cittadini della Cecenia non stavano partecipando all’attacco, fatta eccezione per alcuni individui isolati.

Reparti di volontari daghestani sfilano ad una rievocazione. La maggior parte dei Daghestani si oppose all’invasione degli islamisti, costituendo distaccamenti di milizia a difesa dei villaggi.

Nel frattempo, al fronte, i miliziani si erano attestati su una collina calva chiamata “orecchio d’asino”. Le truppe federali iniziarono bombardando le altezze facendo largo uso di artiglieria Grad, e bersagliando le posizioni dei militanti con elicotteri da combattimento. Il 12 agosto, dopo intensi bombardamenti, le forze federali passarono all’assalto di terra, conquistando la cima del monte alle prime ore del 13 agosto. Le forze di Basayev passarono al contrattacco attacco utilizzando i loro mortai come copertura. L’attacco fu rabbioso ed ebbe successo: i russi persero una decina di uomini, tra i quali il comandante del gruppo, Maggiore Kostin ed altri venticinque rimasero feriti, e dovettero sloggiare le posizioni acquisite. Un secondo tentativo di prendere la cima fu fatto il 18 agosto, ed anche in questo caso un violento contrattacco islamista costrinse i federali a tornare sulle posizioni di partenza. La seconda controffensiva tuttavia esaurì le riserve degli insorti, che infine si decisero ad abbandonare la montagna. Nel frattempo tutto il fronte nel distretto di Botlikh si era acceso: l’11 agosto i miliziani avevano abbattuto un elicottero a bordo del quale volavano tre Generali della Milizia del Ministero degli Interni, i quali rimasero feriti. Altri due corpi d’assalto islamisti, uno agli ordini di Kebedov, l’altro costituito dai resti del Reggimento Islamico Speciale di Baraev, penetrarono in Daghestan, aspettandosi da un momento all’altro che i daghestani insorgessero in tutto il paese a supporto della loro azione. Tuttavia la stragrande maggioranza delle popolazione non soltanto non fraternizzò coi wahabiti, ma cercò in tutti i modi di allontanarli dai villaggi, temendo che le loro cose finissero distrutte nei combattimenti. Ben presto l’avanzata iniziò ad impantanarsi. Nessuna grande città del paese insorse, e le forze attaccanti, appiedate e prive di supporto aereo, non si avvicinarono a meno di centoventi chilometri da Karamakhi, l’obiettivo a medio termine dell’offensiva. Il 17 agosto le forze federali passarono al contrattacco assaltando Tando, la principale roccaforte di Basayev. I miliziani resistettero stoicamente, distruggendo 6 veicoli russi ed uccidendo 34 soldati, oltre a ferirne un centinaio, ma dopo aver accusato enormi perdite dovettero ritirarsi. Tra il 20 ed il 24 agosto i federali ripresero il controllo di tutto il circondario di Botlikh, bombardando pesantemente Tando e costringendo i miliziani superstiti a ritirarsi oltre i confini della Cecenia.

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Da Mosca giungevano pressioni affinché  Maskhadov ripudiasse i jihadisti senza se e senza ma. Il 12 agosto il Vice Ministro dell’Interno russo, Zubov, gli aveva inviato un telegramma proponendo un’operazione congiunta contro gli islamisti: mentre i federali avrebbero scacciato Basayev ed i suoi dal Daghestan, i ceceni avrebbero distrutto le loro basi in Cecenia. Di nuovo Maskhadov si trovò di fronte ad un bivio: se avesse condannato Basayev, inseguendolo sulle montagne e consegnandolo ai russi, avrebbe scatenato la rappresaglia dei signori della guerra. Se non lo avesse fatto avrebbe invitato i Russi ad invadere il paese. Stavolta la scelta non era tra anarchia e guerra, ma chi scegliere come nemico. E Maskhadov non si sentì di assecondare le richieste di Mosca. Così scelse di non rispondere al telegramma inviato da Zubov, ma si limitò a convocare una manifestazione a Grozny, durante la quale accusò il governo russo di aver volutamente destabilizzato il Daghestan, ed introdusse la Legge Marziale nella Repubblica. Il dado era tratto: da adesso in poi una seconda guerra con la Russia sarebbe stata soltanto questione di tempo. Il 18 agosto si tenne un’assemblea dei Comandanti di Campo e dei veterani della Prima Guerra Cecena a Grozny. L’assemblea venne diretta da Maskhadov, Basayev e Yandarbiev. Molti Comandanti di Campo rifiutarono di supportare direttamente le azioni della Shura del Daghestan, ma accettarono di fornire assistenza ai feriti e materiale per sostenere lo sforzo bellico. Il 25 agosto l’aereonautica russa lanciò il primo raid aereo sul territorio ceceno. Su indicazione di Putin, il Distretto Militare del Caucaso Settentrionale dichiarò che si sarebbe riservato il diritto “di colpire le basi dei militanti sul territorio di qualsiasi regione del Caucaso Settentrionale, compresa la Cecenia.” Nel frattempo, approfittando del ritiro dei miliziani islamisti nelle basi di partenza, Putin ordinò di liquidare l’enclave di Karamakhi. Il 27 agosto l’autorità militare russa inviò un ultimatum ai wahabiti diffidandoli a far entrare la polizia militare entro le 8 del giorno successivo. Alle 3:30 della notte, non avendo ancora ricevuto risposta dagli assediati, l’esercito russo iniziò il bombardamento della cittadina con l’artiglieria e l’aereonautica. Le forze di terra iniziarono ad avanzare il giorno seguente, incontrando la severa resistenza di 500 Muhajdeen. La battaglia infuriò fino al 30 agosto, quando i miliziani cominciarono ad abbandonare Karamakhi ed a rifugiarsi sulle alture che sovrastavano la regione. Sembrava che i fondamentalisti avessero perso su tutta la linea. L’invasione era stata fermata, lo Stato Islamico sciolto e la raccogliticcia Brigata di Basayev sgominata. Ma il peggio doveva ancora venire.

Militare del Ministero degli Interni del Daghestan a Karamakhi, 16 settembre 1999

I jihadisti avevano previsto per i primi giorni di settembre una serie di operazioni terroristiche che avrebbero dovuto distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica mentre le loro bande, che per quella date avrebbero già dovuto essere giunte in appoggio agli insorti di Karamakhi, avrebbero lanciato il loro assalto finale alla capitale del Daghestan. L’offensiva di terra non aveva avuto successo, ma gli attentati si sarebbero ugualmente svolti. Nella notte tra il 4 ed il 5 settembre una serie di esplosioni scosse tutta la Russia.  La prima si ebbe alle 21:45 a Buynaksk, in Daghestan. Un camion contenente 2700 chilogrammi di esplosivo fu fatto esplodere sotto ad un condominio di cinque piani che ospitava le famiglie dei militari della 136a Brigata Motorizzata federale. Morirono 64 persone, tra le quali 23 bambini, mentre altre 146 rimasero ferite. Un secondo camion – bomba, in procinto di esplodere, venne individuato e neutralizzato due ore dopo. Era il preludio della terza fase dell’operazione programmata da Basayev e Khattab, durante la quale un secondo troncone, passando da Khasavyurt, avrebbe dovuto ricongiungersi al primo, nel frattempo penetrato a Karamakhi e diretto a Machachkala. I miliziani attraversarono il confine in più punti, diretti al capoluogo del distretto, Novolaskoye. Il primo drappello si lanciò all’assalto di un posto di blocco presidiato da soldati federali e poliziotti daghestani. I difensori, sopraffatti, ebbero morti e feriti, e sei di loro si arresero sulla promessa di non essere uccisi. Ma una volta abbassate le armi vennero arrestati, processati, e condannati sbrigativamente a morte dal comandante dell’unità miliziana. Vennero sgozzati ai lati di una strada di campagna, e la loro esecuzione venne filmata e registrata su una videocassetta. Il video di quell’orribile crimine fece il giro del mondo, e se ancora qualcuno in Russia avesse avuto qualche remora a dare carta bianca ad Eltsin ed a Putin, anch’egli quel giorno cambiò idea.

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Un secondo gruppo di Jihadisti penetrò dentro Novolaskoye. Dopo aver preso in ostaggio un ufficiale della polizia, Eduard Belan ed averlo torturato per conoscere i nomi dei comandanti militari locali, lo mutilarono e lo uccisero brutalmente, dopodiché assaltarono il presidio della polizia locale. I poliziotti russi si difesero strenuamente, ma finirono sotto il tiro dei lanciagranate e dovettero ripiegare verso la stazione di polizia, presidiata dai poliziotti daghestani. Un terzo distaccamento era penetrato in città con l’intenzione di prendere l’altura che dominava la cittadina sulla quale spiccava la torre televisiva.  La stazione era presidiata da cinque poliziotti daghestani ed un militare russo armato di mitragliatrice. Contro di loro si lanciarono per un’intera giornata un centinaio di miliziani, venendo respinti per ben sette volte con alte perdite. Soltanto l’esaurimento delle munizioni costrinse il piccolo drappello ad arrendersi. I due superstiti furono giustiziati e sepolti poco lontano. Mentre gli uomini di Basayev e Khattab combattevano a Novolaskoye, i terroristi che li fiancheggiavano continuavano a far scoppiare bombe in tutta la Russia. Il 9 settembre un condominio saltò in aria a Mosca. Morirono 109 persone, molte delle quali donne, anziane e bambini, ed altre 690 rimasero ferite. Un’ondata di sdegno attraversò l’opinione pubblica russa: i giornali di tutto il paese tuonavano contro i fondamentalisti, spingendo affinché Mosca intervenisse per sopprimere quell’ondata terroristica.

Resti del palazzo in Via Goryanov a Mosca, distrutto in un attentato terroristico il 9 Settembre 1999

Putin non aspettava altro, ed ordinò un violento contrattacco. Lo stesso 9 settembre forze federali riconquistavano la torre della televisione sulla sommità della collina che dominava Novolansky. La battaglia fu un vero e proprio tritacarne. Dopo aver preso la cima, le forze federali si trovarono sotto un pesante contrattacco dei miliziani, che coinvolse anche una colonna corazzata giunta in soccorso ed un secondo distaccamento di commando inviato a risolvere la situazione. Cinquecento miliziani piombarono addosso alle truppe federali, che in breve si trovarono circondate ed attaccate da tutti i lati. L’aereonautica, inviata a sostenere il ripiegamento della fanteria, finì per bombardare gli stessi russi, non si sa se per errore del comando o per il sabotaggio dei canali di comunicazione da parte dei miliziani islamisti. I feriti vennero per lo più uccisi sul posto dai jihadisti, ed i loro corpi mutilati. I federali dovettero infine desistere dall’assalto, schierare l’artiglieria campale ed iniziare un fitto bombardamento delle posizioni dei jihadisti, che l’11 settembre si ritirarono definitivamente dal Daghestan e rientrarono nelle loro basi in Cecenia. L’invasione islamista del Daghestan era ufficialmente fallita: era durata cinquanta giorni, aveva provocato la morte di 300 soldati federali ed il ferimento di un altro migliaio. I fondamentalisti avevano perso almeno un migliaio di uomini, ed un altro migliaio dovevano essere stati i feriti.  A Grozny, Maskhadov non si faceva illusioni. L’offensiva dello Stato Islamico del Daghestan aveva dato a Putin l’argomento perfetto per porre fine una volta per tutte all’indipendenza della Cecenia.

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