Dichiarazione del Governo della Repubblica Cecena di Ichkeria

IN RELAZIONE ALLA CRISI UCRAINA

Il Comitato di Stato per la De – Occupazione della Repubblica Cecena di Ichkeria ha appena concluso la sua riunione di emergenza a Bruxelles, la Capitale del Belgio. I membri del Comitato sono venuti quì per questo incontro da diversi paesi europei, in particolare da Germania, Francia, Svizzera, Austria e Polonia. Personalmente, sono giunto dal Londra.

Vorrei esprimere la mia gratitudine alle autorità belghe che hanno assicurato la sicurezza di questo evento.

La principale agenda del nostro incontro era relativa alla discussione riguardo al supporto che possiamo dare al fraterno popolo ucraino contro l’aggressione russa. Vorrei far notare che il 90% dei membri del nostro comitato hanno esperienza di combattimento contro la Russia. Abbiamo discusso dei rapporti presentati al nostro incontro da tanti ceceni che sono costretti a vivere in diversi paesi europei, i quali hanno sostenuto i membri del nostro comitato ed hanno dichiarato che vogliono andare in Ucraina ed unirsi a questa battaglia per la libertà.

In questo contesto, vorrei rivolgermi al Presidente dell’Ucraina ed al comandante in capo dell’esercito ucraino, Zelensky. In ordine a supportare la guerra di liberazione del fraterno popolo ucraino, ed a condannare i perfidi attacchi dell’esercito russo sul suolo ucraino, il Comitato di Stato della Repubblica Cecena di Ichkeria ha assunto le seguenti decisioni:

Il Comitato di Stato della Repubblica Cecena di Ichkeria è pronto a formare un’unità militare volontaria tra i cittadini della Repubblica Cecena di Ichkeria. Per poter fornire questo supporto, è necessario firmare un accordo di cooperazione militare tra il governo della Repubblica Cecena di Ichkeria ed il governo dell’Ucraina. Questo è un passaggio necessario per i nostri volontari per poter essere protetti nel contesto della Convenzione di Ginevra. Come ceceni e come governo legittimo, saremo onorati di supportare la guerra di liberazione del popolo ucraino.

Sfortunatamente, uno e un solo popolo che si è offerto di dare supporto militare al popolo ucraino per la sua libertà sono i ceceni che vivono in Europa. Vorrei ricordarvi che ci sono trecentomila ceceni in Europa, oggi. Sono sicuro che la nostra iniziativa attrarrà l’attenzione di altri popoli come un esempio positivo, e che questi ci seguiranno in questo supporto. Sono pronto a recarmi in qualsiasi città ucraina per chiarire questa questione.

L’Ucraina Vincerà!

ENGLISH VERSION

The State Committee for the Deoccupation of Chechen Republic Ichkeria has just concluded its emergency meeting in Brussels, the capital of Belgium. Committee members came here for this meeting from different countries in Europe, especially Germany, France, Switzerland, Austria and Poland. I personally came from London. I would like to express my gratitude to the Belgian authorities who ensured the safety of this event.

The main agenda of our meeting was to discuss the support that we can give to the brotherly Ukrainian people against the Russian aggression. I would like to point out that 90% of the members of our committee have experience in our fight against Russia. We’ve discussed on the reports which are presented in our meeting that many Chechens who have forced to live in different European countries, applied to our committee members and declared that they wanted to go Ukraine and join their fight for freedom.

In this context, I would like to address tothe President of Ukraine and the chief commander of the Ukrainian army, Zelensky. In order to support the liberation war of the brotherly Ukrainian people and to condemn the perfidious attacks of the Russian army on the Ukrainian soil, the State Committee of the Chechen Republic of Ichkeria took the following decisions:

The State Committee of the Chechen Republic of Ichkeria is ready to form voluntary military units among the citizens of the Chechen Republic of Ichkeria. In order to be able to give this support, it is necessary to sign an agreement on military cooperation between the government of the Chechen Republic of Ichkeria and the government of Ukraine. This is a necessary step for our volunteers to be protected within the context of the Geneva Convention. As Chechen people and the legitimate Chechen government, we will be honored to support the liberation war of the Ukrainian people.

Unfortunately, so far, one and only people who have offered to give military support to the Ukrainian people for their freedom are the Chechens who live in Europe. I would like to remind you that there are 300 thousand Chechens living in Europe today. I am sure that our initiative will attract the attention of other peoples as a positive example and they will follow us in this support. I am ready to go any city of Ukraine urgently to clarify this matter. Victory will be Ukraine’s.

Chairman of the State Committee for the Deoccupation of Chechen Republic Ichkeria Akhmed Zakayev

Le parole di Dudaev sull’Ucraina

Nel 1995, durante la Prima Guerra Cecena, Dzhokhar Dudaev rilasciò un’intervista (della quale alleghiamo il link) che, alla luce degli eventi in corso in Ucraina, potremmo definire profetica. Parlando degli appetiti imperiali di Mosca, da lui definiti “Russismo”, Previde uno scontro “mortale” tra Russia e Ucraina. Ne riproponiamo oggi una traduzione in Inglese, a cura di Inna Kurochkina, e la sua trascrizione in italiano.

Of course, Russia’s plans and appetites have been always wide. But they stopped in Afghanistan.

You know, as in a joke: An Ant goes bandaged, and a mosquito asks. “What’s the matter with you, Murik, dear? What happened?” – “Yes … There was a case … I wanted to taste a firefly, but I ran into a cigarette butt.”

That’s how they ran into Afghanistan. And their appetite has waned a bit. And when they failed in Afghanistan, they decided to change their policy, to win Europe over to their side, ideologists and politicians. And Russia started to flirt with Europe. To intensify their influence up to the Indian Ocean, the Middle East, the Bosphorus, the Red Sea, and then slap Europe as well. Then Afghanistan, and then other difficulties, and now also Ichkeria. Ichkeria reduced Russia’s appetite a little, but did not stop.

There will still be a massacre in Crimea. Ukraine will still clash with Russia…deadly…  As long as “Rusism” exists, it will never give up its ambitions. Right now, “Slavic” plan is there … under this brand, they want to crush Ukraine and Belarus again, as in the old days. Russia wants to get stronger. Now no one wants to be with Russia and in an alliance, either in the military… not only in the military… in the economic, and in the political, and even in the trade sense.

Because they have studied well.

TRADUZIONE ITALIANA

Ovviamente, i piani e gli appetiti russi sono sempre stati voraci. Ma furono frustrati in Afghanistan.

Sai, come in quella barzelletta: una formica si aggira, tutta bendata, ed una zanzara gli chiede: “Che ti succede, Murik Caro? Cosa è successo?” – “Si, è successa una cosa…volevo assaggiare una lucciola, ma sono finito addosso ad un mozzicone di sigaretta”

E’ così che finirono in Afghanistan. E il loro appetito fu ridotto un po’. A quando fallirono in Afghanistan, decisero di cambiare la loro politica, per battere l’Europa sul suo terreno, ideologico e politico. E la Russia iniziò a flirtare con l’Europa, per intensificare la sua influenza nell’Oceano Indiano, nel Medio Oriente, nel Bosforo, nel Mar Rosso, per poi prendere a schiaffi per bene l’Europa. Poi l’Afghanistan, e ancora altre difficoltà, e ora anche l’Ichkeria. l’Ichkeria ha ridotto un po’ gli appetiti russi, ma non li ha fermati.

Ci sarà ancora un massacro in Crimea. L’Ucraina si scontrerà nuovamente contro la Russia, mortalmente…finchè esisterà il Russismo, questo non rinuncerà mai alle sue ambizioni. In questo momento, il piano “Slavo” è lì…sotto questo marchio, vogliono schiacciare un’altra volta Ucraina e Bielorussia, come ai vecchi tempi. La Russia vuole diventare più forte. Adesso nessuno vuole stare in un’alleanza con la Russia, nè militare, nè economica, nè politica, nè commerciale.

Perchè hanno studiato bene.

La crisi istituzionale del 1993 – Russia e Cecenia a Confronto (Parte 1)

LA FINE DELLA PERESTROJKA

Agli inizi del 1993 il processo innescato dalla Perestrojka e proseguito col collasso dell’URSS poteva dirsi completo. In ogni ex repubblica sovietica il comunismo era stato travolto ed il regime a partito unico era stato sostituito da sistemi democratici. Si trattava di governi giovani, instabili, nei quali alle istituzioni parlamentari si contrapponeva l’autoritarismo dei leader che le avevano create. Esattamente come stava succedendo in Cecenia, dove la straripante figura del Generale Dudaev veniva a stento contenuta dal Parlamento, anche in Bielorussia, Georgia, Armenia, Azerbaijan e nella stessa Russia si innescarono conflitti istituzionali. I risultati furono di due tipi: dove vinse la corrente parlamentare si instaurarono democrazie di stampo occidentale. Dove invece vinsero i leader nazionalpopolari nacquero repubbliche dalla spiccata vocazione presidenziale o regimi semi – dittatoriali. Sia in Russia che in Cecenia l’evoluzione del conflitto avrebbe portato al medesimo epilogo.

In Cecenia Dudaev si trovava sempre più isolato. I suoi sostenitori, per la maggior parte componenti dell’entourage presidenziale e nazionalisti del VDP, si arroccavano a difesa di posizioni radicali, in contrasto con la propensione al compromesso dei nazionalisti moderati. Una crescente opposizione extraparlamentare, poi, rifiutava di partecipare alla vita politica. In Russia la situazione non era molto diversa: le politiche del governo Gaidar erano in pieno svolgimento e presentavano ai russi un conto salatissimo. Nel corso del 1992 il PIL del paese era franato del 14,5%, e le stime per il 1993 non lasciavano sperare in meglio. La crisi economica aveva lasciato sul lastrico metà della popolazione. Tutti i comparti della spesa pubblica erano stati tagliati, a cominciare dai sussidi sociali, dal sistema sanitario, e ovviamente dall’esercito, ridotto all’ombra di sé stesso. La terapia d’urto stava costando ad Eltsin un vistoso calo di consensi, e gli aveva ormai allontanato il supporto del Presidente del Soviet Supremo, il già citato politico ceceno Ruslan Khasbulatov. Questi, inizialmente vicino alle posizioni del presidente, soprattutto nei giorni confusi del Putsch di Agosto, si era allineato su posizioni socialdemocratiche, critiche verso il liberismo di Gaidar. Intorno a lui la maggioranza dei deputati del Soviet aveva aderito a correnti, movimenti e partiti favorevoli ad una moderazione delle politiche governative.

Ruslan Khasbulatov

La strada per una “controrivoluzione liberale” sembrava aperta, e passava prima di tutto dalla abrogazione dei poteri d’emergenza che Eltsin aveva chiesto ed ottenuto per attuare la sua manovra “lacrime e sangue”, i quali sarebbero scaduti naturalmente entro la fine del 1992. Il Presidente ne chiedeva il prolungamento, ma questa richiesta cozzava con le intenzioni di buona parte dei deputati ostili al governo Gaidar e con quelle di Khasbulatov, che quei poteri voleva revocarli quanto prima. Pertanto la richiesta di Eltsin sbatté contro il rifiuto del Congresso che, anzi, il 9 dicembre 1992 sfiduciò Gaidar dalla guida dell’esecutivo. Al pari di quanto stava succedendo in Cecenia, anche in Russia il potere presidenziale, fautore di una politica radicale, si scontrava con quello parlamentare, intenzionato a difendere l’ordinamento costituzionale.

ELTSIN CONTRO KHASBULATOV

La reazione di Eltsin non si fece attendere, ed il 10 dicembre il Presidente tenne un rabbioso discorso, accusando il Soviet Supremo di voler sabotare le riforme e riportare la Russia nell’era sovietica. Propose infine un referendum popolare sulla fiducia dei cittadini nel Presidente, nel governo e nel Parlamento[1]. Dopo due giorni di reciproche bordate, Khasbulatov ed Eltsin raggiunsero un compromesso per il quale il Presidente avrebbe accettato di sottoporre il suo operato ad un voto popolare di fiducia, ed avrebbe operato un cambio della guardia nell’esecutivo, in cambio dell’estensione di quasi tutti i poteri d’emergenza fino al giorno del referendum, da tenersi nell’aprile del 1993. Lì per lì sembrò che l’accordo tenesse: Elstin licenziò Gaidar e lo sostituì con Viktor Chernomyrdin, personaggio eclettico e politicamente volubile, presidente della principale società produttrice di petrolio e gas naturale della Russia ed una delle più importanti del pianeta, la Gazprom.

I NEGOZIATI DI GENNAIO

Impantanato com’era nella crisi col Parlamento, Eltsin non aveva né il tempo né l’opportunità di occuparsi della Cecenia. Per questo lasciò che il suo plenipotenziario Sergei Shakhrai, che già nel 1992 lo aveva rappresentato nei numerosi incontri con le delegazioni separatiste, si occupasse di portare avanti le trattative con la controparte, con l’unico imperativo di non lasciare che la piccola repubblica caucasica riuscisse ad ottenere un riconoscimento come stato indipendente. Shakhrai aveva tre opzioni tra le quali scegliere: appoggiare l’opposizione extraparlamentare e favorire una ribellione armata nella repubblica, aprire un ciclo di negoziati con Dudaev, o tentare di aggirarlo portandogli via il sostegno del suo stesso Parlamento. La terza soluzione gli parve la più efficace, perché indeboliva il principale ostacolo al reintegro della Cecenia (Dudaev appunto) pur senza “sporcarsi le mani” con operazioni sotto copertura. Ad armare qualche ribelle per mandarlo ad uccidere il presidente ceceno si era sempre in tempo. Dividere il fronte indipendentista, invece, era possibile farlo solo ora che tra il generale e gli esponenti del Parlamento di Grozny i rapporti erano compromessi. Così, per tutto il mese di dicembre, Shakhrai lavorò a tenersi vicini sia Mamodaev sia il più energico tra deputati ceceni, Soslambekov, ormai ostile al Presidente.  

Yusup Soslambekov e Dzhokhar Dudaev

Shakhrai, Mamodaev e Soslambekov si incontrarono prima a Vladikavkaz, poi a Mosca, predisponendo una bozza di Trattato Federativo che avrebbe visto la Cecenia aderirvi come uno stato indipendente. Il primo risultato di questa rinnovata intesa fu la promessa di Shakhrai di allentare il blocco economico e ricominciare a pagare pensioni e sussidi ai cittadini ceceni, non appena la bozza del Trattato fosse stata approvata a Grozny. Sembrò che dopo tanta acredine un terreno comune di negoziato fosse stato raggiunto. Ma come sempre era stato fino ad allora, le speranze dei negoziatori ceceni sbatterono contro il cocciuto rifiuto di Dudaev, il quale non intendeva aderire ad alcun trattato federativo, di nessuna natura, a nessuna condizione. Per il momento, in ogni caso, le consultazioni andarono avanti. Del resto per Shakhrai non era tanto importante giungere ad un accordo immediatamente, quanto isolare il più possibile Dudaev.  Il 6 gennaio Mamodaev dichiarò di aver presentato un progetto di trattato tra Russia e Cecenia, e di averne discusso a grandi linee con il Vice – Ministro russo per le nazionalità Ramzan Abdulatipov. Il documento, che avrebbe dovuto essere discusso nei giorni seguenti, avrebbe determinato il trasferimento di numerosi poteri da parte dello stato ceceno alla Federazione Russa. Come c’era da aspettarsi, Dudaev rispose con un categorico No. Shkahrai e Soslambekov si accordarono comunque per proseguire le trattative sulla base del principio federativo “tra pari”, sperando che la fazione parlamentare riuscisse ad avere la meglio su Dudaev, ed il divorzio russo – ceceno riuscisse a ricomporsi. I due decisero di incontrarsi nuovamente a Grozny il 14 gennaio.

Non appena la delegazione russa giunse nella capitale cecena subito fu chiaro agli occhi di tutti in quale difficile clima si sarebbero svolti i negoziati. L’aeroporto era militarizzato, ed il corteo diplomatico fu sorvegliato da miliziani di Dudaev armati fino ai denti fino all’arrivo all’edificio del Parlamento, dove si sarebbero tenuti i colloqui. Giunta a destinazione la delegazione russa iniziò i negoziati con quella cecena, composta dal Presidente del Parlamento, Akhmadov, dal Vicepresidente Mezhidov, dal Presidente della Commissione Affari Esteri, Soslambekov e dal rappresentante della Cecenia a Mosca, Sherip Yusupov. Nel giro di pochi minuti un distaccamento della Guardia Presidenziale raggiunse l’edificio del Parlamento in assetto da combattimento. Sembrava che Dudaev fosse deciso ad interrompere i negoziati ad ogni costo, se necessario arrestando tutti i presenti. Akhmadov e Soslambekov mobilitarono chiunque potesse aiutarli, parenti e amici compresi. L’intervento di una folla di parlamentari e civili, che si assieparono di fronte all’edificio ed impedirono alle forze speciali di intervenire, permise il proseguimento dei colloqui.

I PRODROMI DELLA CRISI ISTITUZIONALE IN CECENIA

Il fatto in sé rimaneva comunque inaudito, ed indicativo del clima di reciproco sospetto che ormai aleggiava tra il Presidente ed il Parlamento. Le due delegazioni alla fine firmarono un protocollo di preparazione ad un trattato sulla mutua delegazione e divisione dei poteri. Il protocollo dava ai Ceceni la vittoria di un riconoscimento della loro repubblica come un soggetto del diritto. Parimenti, garantiva ai russi la prospettiva di un trattato che mantenesse la Cecenia entro lo spazio economico e politico della Russia. Su questa base, la Cecenia avrebbe potuto cedere porzioni della sua sovranità alla Federazione Russa non in quanto soggetto di livello inferiore, ma in quanto soggetto paritetico che volontariamente aderiva ad una federazione di repubbliche sovrane. Sul piano giuridico la differenza era effettivamente importante: si riconosceva l’ingresso della Cecenia come volontario, e non come una costrizione dovuta all’applicazione del principio di supremazia. Sul piano pratico (che era quello che interessava più a Dudaev) tuttavia, significava il ritorno della Cecenia alla Russia, la perdita dell’indipendenza ed il riconoscimento del primato politico di Mosca. Il 19 gennaio la stampa cecena pubblicò la bozza del trattato, facendo infuriare Dudaev. Questi ripudiò il protocollo, dichiarando che nessun accordo avrebbe potuto essere raggiunto prima del riconoscimento del Paese come repubblica indipendente, facendo infuriare a sua volta Soslambekov ed Akhmadov.

Frustrato dall’atteggiamento di Dudaev, Soslambekov dichiarò che se il generale si fosse opposto ai negoziati il Parlamento avrebbe tenuto un referendum popolare, costringendo il Presidente a firmare il trattato federativo. Stiamo costruendo uno stato non per il Presidente e non per il Parlamento, ma per l’intero popolo della repubblica, le sue future generazioni dichiarò alla stampa. Anche il terzo delegato del Parlamento, il Vice – Presidente Bektimar Mezhidov, si scagliò contro il Presidente, accusandolo di non voler trovare un linguaggio comune. Dudaev rispose per bocca del suo Ministro dell’Informazione, Ugudov, il quale dichiarò: Mentre, nel complesso, il governo supporta la conduzione di negoziati russo – ceceni, non concorda con una serie di formule del protocollo firmato dalla delegazione russa e dai rappresentanti del parlamento ceceno il 14 gennaio.  Yandarbiev gli fece eco, sostenendo che il tenore del documento firmato abbassava il livello del negoziato così come era stato impostato tra marzo e maggio del 1992.  Soslambekov tentò allora di rettificare i punti contestati, redigendo una bozza di trattato in base al quale la Cecenia avrebbe aderito alla Federazione Russa da soggetto indipendente.

Sergei Shakhrai

[1] Descrivendo lo scopo del referendum in una conferenza stampa, Eltsin propose il suo quesito: Quale corso sostengono i cittadini della Russia? Il corso del Presidente, un corso di trasformazione, o il corso del Congresso, del Soviet Supremo e del suo Presidente, un corso volto a piegare le riforme ed in ultima analisi verso l’aggravamento della crisi?

Interview with Aslan Artsuev, Director of the Human Rights Centre Ichkeria (HRCI)

ENGLISH VERSION

Can you tell your personal story? How did you get to Hamburg from Chechnya?

Since 2001 my parents lived in Germany, in Hamburg, they left to escape the Russian occupation, and in 2015 I chose to leave Russia so as not to be imprisoned, or killed, because of my human rights activities and my beliefs. policies.

If you like, could you tell us what pressures did you face in Russia?

There were “kind” warnings, then direct threats, constant (in my opinion) surveillance of me, then there was a “random” attack with attempted murder.

When did you come up with the idea of ​​creating the Ichkeria Human Rights Center?

The idea of ​​creating a human rights organization dates back a long time, when I saw how human rights organizations in Moscow disguised their activities. For me, as a representative of a nation that has survived or, more precisely, is experiencing genocide, it was vital for me to create at least one human rights organization that is honest and truly capable of protecting our people. Our organization (in the process of registration) is called the Human Rights Center of Ichkeria, I thought the word “Ichkeria” should be rehabilitated, as the Reds have made a lot of effort trying to discredit it. Of course, we help everyone, not just the citizens of Ichkeria.

What behaviors of human rights organizations in Moscow did you dislike? How, then, does the Human Rights Center of Ichkeria want to differentiate itself?

Corruption, lack of assistance on all issues (Chechen issues), hypocrisy, lies, xenophobia. This shouldn’t exist in our Center.

What is the main focus of the center?

We help refugees, monitoring the rights situation in the temporarily occupied Chechen Republic of Ichkeria, promoting anti-extremist propaganda, educating young people, disseminating and explaining the principles of democracy, organizing demonstrations and other actions, conducting an information fight against fakes on the internet and also bringing them closer to the United States and the NATO bloc.

What is the extremist message that the Center tries to fight?

Any form of extremism is unacceptable to us, we are not speaking only of our Center, but of the Chechen nation as a whole. Chechen society has always been democratic, but after the genocide, and with skillful manipulation, we were presented as terrorists, fascists, extremists and Putinists , which is absolutely not true!

Islamic fundamentalism is a problem for the Chechen community in the West

Islamic radicalism is a problem for the Chechen community not only in the West, but throughout the world.

I noticed that you used the term “radicalism” instead of “fundamentalism”. The European media often use these two words as synonyms. Do you think there are differences between these two terms?

In Russian, radicalism is the rejection of an alternative point of view, intransigence and fundamentalism are basic principles, in this case religion, that is, its supporting structure, in my opinion, is not the same thing.

What are the main challenges facing the center?

Threats from Russian special services to myself, attempts to discredit its activities, as well as a shortage of qualified young personnel. Certain human resources exist, but due to the threat of pressure on relatives, many are not ready to openly help us.

Do the authorities of the Chechen Republic of Ichkeria support the activities of the center?

No, quite the opposite!

Why, if you want to talk about it, are the authorities in Ichkeria not supporting an organization with such an important purpose for the Chechen people?

Apparently they do not consider (we are talking about the Zakayev government) that this is an important goal for the Chechen people.

How many Chechens live in Europe today and in the so-called “West” in general?

I can’t say for sure, but there is information that speaks of more than three hundred thousand people.

What challenges do you think the Chechen diaspora faces in the West?

The first, in my opinion, is the lack of due and legitimate attention on the part of the countries that have accepted us, for example, the sensitivity of not calling us “Russians”, as there is no legal basis for this. This attitude is perceived by the Chechens as complicity with Russia in their actions against us. Secondly, the infiltration of Russian agents into our community under the pretext of carrying out anti – Russian activities.

Does the fact that European countries do not recognize Chechens as refugees from an occupied country, but as Russian emigrants, does it have any legal consequences for Chechens? I am thinking of the forced returns to Chechnya, where it seems that many dissidents in the current government are made to disappear, or brutally punished.

Obviously. Firstly, as you rightly noted, the deportation to Russia for torture and the possible extrajudicial execution of a political opponent of Russia, and secondly, this is in accordance with the policy of genocide of the Chechen people and the denial of legitimate right of Chechens to have their own state. Furthermore, by accepting more than 300,000 Chechen refugees, and then recognizing us as Russians, that is, as our mortal enemies, the West creates fertile ground for identifying Chechens as enemies. For example, it is no secret that the Russian special services continue to recruit them under the guise of Islamists, and continue to do so.

What do Chechens living in Europe now think about the situation in their country?

Most Chechens dream of returning to their homeland after the withdrawal of the occupying troops from Ichkeria. The Russian regime in Chechnya is considered inhumane and barbaric.

What do you think of what is happening in Chechnya right now? What are your hopes for the future?

The genocide of the Chechen people continues in the temporarily occupied Chechen Republic of Ichkeria. I am absolutely certain that we will gain freedom and prosecute, in accordance with international law, at least the best known criminals.

What is practically the genocide of the Chechen people at home today? In your opinion, does Ramzan Kadyrov not intend to protect the Chechen people in his own way?

Kadyrov defends himself not in his own way, but in the Russian way, that is, whatever the Russian order, he will carry it out. For example, the “Kadirovites” in 1944 helped to load people on cattle wagons for genocide, under the pretext of deportation. Now in Chechnya the physical destruction of people continues (Chechnya ranks first for oncological diseases and coronavirus mortality) is underway also the cultural, linguistic, legal genocide, the replacement of historical memory.

VERSIONE ITALIANA

Puoi raccontare la tua storia personale? Come sei arrivato ad Amburgo dalla Cecenia?

Dal 2001 i miei genitori vivevano in Germania, ad Amburgo, sono partiti per sfuggire all’occupazione russa, e nel 2015 ho scelto di lasciare la Russia per non essere imprigionato, o ucciso, a causa delle mie attività sui diritti umani e delle mie convinzioni politiche.

Se ti va, potresti raccontare quali pressioni hai subito in Russia?

Ci sono stati avvertimenti “gentili”, poi minacce dirette, una costante (secondo me) sorveglianza su di me, poi c’è stato un attacco “casuale” con un tentato omicidio.

Quando ti è venuta l’idea di creare il Centro Diritti Umani Ichkeria?

L’idea di creare un’organizzazione per i diritti umani risale a molto tempo fa, è nata quando ho visto come le organizzazioni per i diritti umani a Mosca dissimulavano le loro attività. Per me, in quanto rappresentante di una nazione sopravvissuta o, più precisamente, che sta vivendo un genocidio, era di vitale importanza per me creare almeno un’organizzazione per i diritti umani onesta e realmente in grado di proteggere la nostra gente. La nostra organizzazione (in fase di registrazione) si chiama Human Rights Center of Ichkeria, ho pensato che la parola “Ichkeria” dovesse essere riabilitata, poiché i rossi hanno fatto molti sforzi cercando di screditarla. Certo, aiutiamo tutti, non solo i cittadini di Ichkeria.

Quali comportamenti tenuti dalle organizzazioni dei diritti umani a Mosca non hai apprezzato? In cosa, quindi, vuole differenziarsi la Human Rights Center of Ichkeria?

Corruzione, mancata assistenza su tutte le questioni (tematiche cecene) ipocrisia, bugie, xenofobia. Questo non dovrebbe esistere nel nostro Centro.

Qual è il focus principale del centro?

Ci impegniamo ad aiutare i rifugiati, monitorare la situazione dei diritti nella Repubblica Cecena di Ichkeria temporaneamente occupata, fare propaganda anti – estremista, educare i giovani, divulgare e spiegare i principi della democrazia, organizzare manifestazioni ed altre azioni, condurre una lotta informativa contro i falsi su internet ed anche avvicinando loro agli Stati Uniti ed al blocco NATO.

In cosa consiste il messaggio estremista che il Centro cerca di combattere?

Qualsiasi forma di estremismo è per noi inaccettabile, non stiamo parlando solo del nostro Centro, ma della nazione cecena nel suo insieme. La società cecena è sempre stata democratica, ma dopo il genocidio, e con l’abile manipolazione, siamo stati presentati come terroristi, fascisti, estremisti e putinisti, il che non è assolutamente vero!

Il fondamentalismo islamico è un problema per la comunità cecena in Occidente

Il radicalismo islamico è un problema per la comunità cecena non solo in Occidente, ma nel mondo intero.

Ho notato che hai usato il termine “radicalismo” anziché “fondamentalismo”. I media europei spesso utilizzano queste due parole come sinonimi. Pensi che esistano differenze tra questi due termini?

In russo, il radicalismo è il rifiuto di un punto di vista alternativo, l’intransigenza e il fondamentalismo sono principi di base, in questo caso la religione, cioè la sua struttura portante, secondo me, non è la stessa cosa.

Quali sono le principali sfide che deve affrontare il centro?

Minacce personali da parte servizi speciali russi, tentativi di screditare le sue attività, nonché la carenza di personale giovane qualificato. Certe risorse umane esistono, ma a causa della minaccia di pressioni sui parenti, molti non sono pronti ad aiutarci apertamente.

Le autorità della Repubblica Cecena di Ichkeria sostengono le attività del centro?

No, anzi, il contrario!

Perché, se ti va di parlarne, le autorità di Ichkeria non sostengono un’organizzazione con un fine così importante per il popolo ceceno?

A quanto pare non considerano (stiamo parlando del governo Zakayev) che questo sia un obiettivo importante per il popolo ceceno.

Quanti ceceni vivono oggi in Europa e in generale nel cosiddetto “Occidente”?

Non posso dirlo con certezza, ma ci sono informazioni che parlano di più di trecentomila persone.

Quali sfide pensi che la diaspora cecena debba affrontare in Occidente?

La prima, a mio avviso, è la mancanza della dovuta e legittima attenzione da parte dei paesi che ci hanno accettati, ad esempio, la sensibilità di non chiamarci “russi”, non essendoci alcuna base giuridica per questo. Questo atteggiamento è percepito dai ceceni come una complicità con la Russia nelle azioni contro di noi. In secondo luogo, l’infiltrazione di agenti russi nella nostra comunità con il pretesto di svolgere attività anti – russe.

Il fatto che i paesi europei non riconoscano i ceceni come rifugiati di un paese occupato, ma come emigranti russi determina delle conseguenze legali per i ceceni? Penso ai rimpatri forzati in Cecenia, dove pare che molti dissidenti all’attuale governo vengano fatti sparire, o brutalmente puniti.

Ovviamente. In primo luogo, come hai giustamente notato, la deportazione in Russia per tortura e la possibile esecuzione extragiudiziale di un oppositore politico della Russia, e in secondo luogo, questo è in accordo con la politica di genocidio del popolo ceceno e della negazione del legittimo diritto dei ceceni ad avere un proprio stato. Inoltre, accettando più di 300.000 profughi ceceni, e poi riconoscendoci come russi, cioè come i nostri nemici mortali, l’Occidente crea un terreno fertile per identificare i ceceni come nemici. Ad esempio, non è un segreto che i servizi speciali russi continuino a reclutarli sotto le spoglie di islamisti, e continuino a farlo.

Cosa pensano ora i ceceni che vivono in Europa della situazione nel loro paese?

La maggior parte dei ceceni sogna di tornare in patria dopo il ritiro delle truppe occupanti da Ichkeria. Il regime russo in Cecenia è considerato disumano e barbaro.

Cosa ne pensi di ciò che sta accadendo in Cecenia adesso? Quali sono le tue speranze per il futuro?

Il genocidio del popolo ceceno continua nella Repubblica Cecena di Ichkeria, temporaneamente occupata. Sono assolutamente certo che otterremo la libertà e perseguiremo, in conformità con il diritto internazionale, almeno i criminali più noti.

In cosa si concretizza, praticamente, il genocidio del popolo ceceno in patria, oggi? Ramzan Kadyrov non intende, secondo te, proteggere a modo suo il popolo ceceno?

Kadyrov si difende non a modo suo, ma al modo russo, cioè qualsiasi sia l’ordine dei russi, egli lo eseguirà. Ad esempio, i “kadiroviti” nel 1944 aiutarono a caricare persone sui carri bestiame per il genocidio, con il pretesto della deportazione Ora in Cecenia prosegue la distruzione fisica delle persone (La Cecenia è al primo posto per malattie oncologiche e mortalità da coronavirus) è in atto anche il genocidio culturale, linguistico, legale, la sostituzione della memoria storica.