FRANCESCO BIGAZZI – DIARIO DEL RAPIMENTO DI MAURO GALLIGANI

Il 23 Febbraio 1997 il fotoreporter Mario Galligani, veterano del giornalismo di guerra, venne sequestrato da un commando di uomini armati poche ore dopo essere atterrato a Grozny per effettuare un reportage sulla “normalizzazione” della Cecenia. Con lui si trovava il giornalista e amico Francesco Bigazzi, il quale si rifiutò di lasciare il paese fino alla liberazione di Galligani, avvenuta il 14 Aprile successivo. Bigazzi mobilitò tutte le sue conoscenze personali e collaborò con le autorità della Repubblica Cecena di Ichkeria affinchè i rapitori fossero individuati ed arrestati, ed il suo amico fosse rilasciato senza il pagamento dell’esorbitante riscatto di un milione di dollari, richiesto dai criminali.

Durante il suo periodo di permanenza in Cecenia Bigazzi tenne un accurato diario giornaliero che oggi, a distanza di ventitrè anni da quegli eventi, viene pubblicato integralmente da Mauro Pagliai Editore. E’ un documento di enorme importanza storica, sia per quanto riguarda la storia di quel fatto criminale, sia per quanto riguarda la storia del periodo interbellico della Repubblica Cecena di Ichkeria. Pochi, infatti, sono i resoconti di “vita quotidiana” di quel periodo raccontati da un punto di vista neutrale, ed in questo senso Bigazzi mostra una grande onestà intellettuale riportando il suo punto di vista e confrontandolo con quello dei suoi amici collaboratori, offrendo in questo modo al lettore diverse chiavi interpretative degli eventi che si susseguono.

Khukarpasha Israpilov, Generale di Brigata e Direttore del Centro Antiterrorismo nel periodo interbellico

Il diario di Bigazzi è un documento essenziale anche per approfondire l’odioso fenomeno criminale dei rapimenti nella Cecenia post bellica, vera e propria piaga che più di ogni altra gettò sulla giovane repubblica separatista il turpe alone del fallimento, contribuendo a permettere che la seconda invasione del paese fosse moralmente accettata dalla maggioranza dell’opinione pubblica. Nel racconto si fanno i nomi di numerosi personaggi che, per convenienza o per necessità, si trovarono a prendere parte al sequestro di Galligani in qualità di esecutori, di mediatori o di doppiogiochisti: imprenditori, ex ministri, giovani combattenti intenti a costruire il nuovo stato indipendente, disgraziati senza soldi pronti a vendersi al miglior offerente, e così via.

Riportiamo un breve passo del libro a titolo di “preview”

“La sede dello stato maggiore dell’antiterrorismo è senza dubbio la più protetta di Grozny. Situata in quello che doveva essere uno dei quartieri residenziali più belli di Grozny, tutti gli edifici sono stati ristrutturati e le villette che ospitano i vari dipartimenti hanno tutte le finestre oscurate per “rendere più difficile il lavoro dei satelliti spia”. Khunkarpasha [Israpilov, ndr] ci accoglie in una di queste villette dopo averci fatto cambiare più volte il tragitto. Personalità dotata di un forte carisma, è molto comunicativo e non fa niente per tenere a freno la sua straordinaria energia. Insieme a Shamil Basayev rappresenta il nuovo della Repubblica Cecena di Ichkeria, anche se entrambi si sono formati nell’ex Armata Rossa. […] Khunkarpasha ci fa entrare in uno studio dove l’oscurità è rotta solamente da sottili raggi di luce. Quando l’occhio si abitua al buio è possibile vedere che i raggi di sole filtrano dai fori provocati nelle imposte dai colpi di mitra o da altre armi pesanti. D’improvviso, dopo che gli occhi si sono abituati all’oscurità, scorgo un obice, di dimensioni notevoli, conficcato per metà nella parete. E’ difficile fare finta di niente. Khunkarpasha, forse per tranquillizzarmi, mi dice: “Vedi come funzionano male le armi russe? Sono già sfuggito ad almeno sette attentati e questo oggetto mi porta fortuna”.

IL COLPO DI STATO DEL 31 MARZO 1992

Mentre Dudaev consolidava il suo potere e lo Stato indipendente ceceno iniziava a prendere forma, l’opposizione ai separatisti si radunava intorno alla figura di Umar Avturkhanov, ex funzionario del Ministero degli Interni, eletto da poco Governatore del Distretto dell’Alto Terek e apertamente ostile al nuovo governo. Vicino a lui si erano raccolti sia i nazionalisti moderati, sia gli esponenti della vecchia classe dirigente sovietica. Si trattava di una trentina di notabili, tra i quali spiccavano il già citato Hadjiev, che aveva snobbato l’invito di Dudaev a fargli da vice, l’ormai apparentemente emarginato Zavgaev ed il leader di Daimokhk, Lecha Umkhaev.. Il Movimento aveva il supporto manifesto di Mosca, che intendeva usare l’opposizione come grimaldello per scardinare il fronte dudaevita. Con l’avvicinarsi del 31 marzo, data nella quale tutti i soggetti federati avrebbero dovuto firmare il nuovo Trattato Federativo, l’opposizione iniziò a manifestare la volontà di intervenire affinché la Cecenia interrompesse il suo percorso secessionista. Il 6 marzo, mentre i negoziati di Sochi erano in atto, Avturkhanov pubblicò un comunicato nel quale si appellava a tutti i cittadini della repubblica cecena, invitandoli a non riconoscere né Dudaev né il Parlamento. Lo stesso giorno, il governatore dichiarò lo Stato d’Emergenza nell’Alto Terek ed attivò un Quartier Generale, dal quale distribuì armi alla popolazione e mobilitò l’Unione per la Difesa dei Cittadini della Repubblica Ceceno – Inguscia, una milizia volontaria antidudaevita e filorussa. Secondo quanto riportato dai suoi stessi esponenti, da Mosca giunsero 50 milioni di rubli per finanziare l’attività dei dissidenti, mentre dalla vicina base militare russa di Modzok affluirono armi leggere. L’opposizione si era data anche un nome: Movimento per il Ripristino dell’Ordine Costituzionale nella Repubblica Ceceno – Inguscia.

Umar Avturkhanov, governatore dell’Alto Terek e principale oppositore di Dudaev tra il 1992 ed il 1994.

Il 17 marzo un primo volantino firmato dagli esponenti del movimento iniziò a circolare a Grozny. In esso si chiedevano le dimissioni di Dudaev, accusato di essere la causa della situazione drammatica nella quale stava precipitando il paese. Nei giorni seguenti distaccamenti armati dell’Unione per la Difesa dei Cittadini presero posizione nei distretti di Sunzha, di Achkoy – Martan, di Shali e di Grozny. Dudaev tentava di evitare uno scontro diretto con queste formazioni armate, un po’ perché sperava di ricondurre i loro leaders ad un’alleanza politica col suo governo, un po’ perché non era sicuro che la sua Guardia Nazionale fosse in grado di resistere ad un attacco ben coordinato[1]. La debolezza delle truppe regolari era ben chiara dall’opposizione, ed Avturkhanov si convinse che un assalto ben orchestrato a Grozny sarebbe bastato a far cadere il Generale. Così i leaders del Movimento per il Ripristino dell’Ordine Costituzionale organizzarono il loro colpo di mano. La sera del 30 marzo i leaders golpisti si riunirono in un’abitazione a Grozny, nei pressi di Kirov Park, poco lontano dalla stazione TV, e organizzarono in un Comitato d’Emergenza. La mattina del 31 marzo, intorno alle 7:00 un commando armato penetrò all’interno della TV di stato e disarmò le poche guardie che sorvegliavano l’edificio. Pattuglie armate occuparono il principale asse viario di Grozny, quello che da Nord – Ovest della città raggiunge i sobborghi meridionali. Nessun reparto della Guardia Nazionale intervenne. Ancora alle 9 e mezzo, più di due ore dopo il blitz, nessuna forza lealista aveva reagito all’attacco, mentre una folla piuttosto nutrita di civili, per lo più sostenitori dell’opposizione, si era radunata a Kirov Park, scandendo slogan di supporto al Comitato d’Emergenza. Nel frattempo un secondo distaccamento di golpisti aveva raggiunto l’avanguardia che aveva lanciato l’attacco: ora i ribelli contavano cento – centocinquanta uomini armati. Le unità dipendenti dal Ministero degli Interni, richiamate da Dudaev ad intervenire, rimasero chiuse nei loro acquartieramenti per ordine esplicito del Ministro, il quale dichiarò che non avrebbe permesso la partecipazione delle sue unità, impegnandosi soltanto a garantire “per quanto possibile il mantenimento dell’ordine pubblico”. Con questo atteggiamento, il Ministero degli Interni passava di fatto dalla parte degli insorti. Tutto era pronto per l’arrivo dei leader del Comitato d’Emergenza ed il rovesciamento di Dudaev.

Bandiera del Consiglio Provvisorio della Repubblica Cecena, il principale raggruppamento anti – dudaevita sorto nel 1992 intorno ad Avturkhanov. Nel corso del 1993 ad esso si unirono personaggi che avevano aderito al fronte secessionista, come il Sindaco di Grozny Bislan Gantamirov ed il Deputato Ibragim Suleimenov.

Ma nessuno si fece vivo. Che era successo ai capi della rivolta? Semplicemente si erano messi a litigare, si erano spartiti i fondi russi e se ne erano tornati da dove erano venuti. Era successo che durante la notte i componenti del Comitato d’Emergenza si erano affrontati per decidere chi avrebbe dovuto essere il capo di quell’accozzaglia di post – comunisti ed anti – dudaeviti così eterogenea e contraddittoria. Ne era venuto fuori che tutti volevano fare il Presidente, ma che nessuno aveva intenzione di guidare le operazioni militari. Dopo un acceso alterco la direzione del colpo di stato era stata abbandonata al suo destino. Così, alle 11 del mattino del 31 marzo, nonostante i ribelli avessero preso il controllo della piazza, non c’era nessuno in grado di ordinare la prosecuzione delle operazioni.  Rimasto senza una regia, il golpe si trasformò in una farsa. Le forze lealiste, giunte nei pressi della TV di stato soltanto verso le 11, si trovarono ad affrontare un centinaio di miliziani privi di una catena di comando, circondati da un cordone di manifestanti disarmati e disorientati. Verso mezzogiorno dal Parlamento riunito in seduta plenaria giunse la condanna al colpo di stato. Akhmadov fece votare l’introduzione dello Stato di Emergenza in tutto il paese, dichiarando le azioni prodotte dal Comitato d’Emergenza “un tentativo di colpo di Stato”. Quando cominciò a circolare la voce che i ribelli erano finanziati ed armati dal Cremlino, la reazione popolare non si fece attendere: una folla di persone si radunò davanti al Palazzo Presidenziale, ed anche i sostenitori del colpo di stato, saputo che questo era orchestrato da Mosca, cambiarono bandiera e si unirono ai lealisti. Il silenzio degli esponenti del Comitato di Emergenza fece il resto, ed alle 18:35 un trionfante Dudaev, ormai tornato padrone della situazione, si rivolse ai cittadini, invitandoli a sollevarsi in difesa del sacro diritto del popolo alla libertà, all’indipendenza ed alla dignità nazionale, contro i circoli reazionari della Russia e i loro burattini locali. Nel giro di poche ore una folla di ceceni lealisti si raccolse intorno alla TV di Stato, l’ultimo edificio ancora in mano ai golpisti, mentre i reparti della Guardia Repubblicana si preparavano ad irrompervi. Alle 19:20, scaduti gli ultimatum, iniziò l’assalto.

Una folla di manifestanti fedeli a Dudaev si dirige verso il centro televisivo di stato per contrastare il golpe degli anti – dudaeviti.

La sparatoria durò alcuni minuti, dopodiché la Guardia Nazionale riuscì a penetrare nella stazione TV, sloggiando i ribelli e catturandone una dozzina. Morirono una quindicina di persone. Coloro che non se ne erano già andati approfittarono della calca per sgattaiolare fuori da Grozny, mentre i reparti ribelli che non erano stati ingaggiati dalla Guardia Repubblicana si ritirarono dalla città verso le basi di partenza. Alle 10 di sera il colpo di stato poteva dirsi ufficialmente fallito, e la TV riprese a trasmettere dal canale governativo. Yandarbiev parlò al paese, accusando i golpisti di essere una forza distruttiva al soldo della Russia. Nei giorni successivi il VDP e gli altri movimenti lealisti organizzarono una grande manifestazione di piazza a sostegno dell’indipendenza, alla quale parteciparono migliaia di persone. Il Governo ed il Parlamento emisero un appello generale nel quale si diceva:

“Noi, rappresentanti di tutti i villaggi ed i distretti della Repubblica Cecena, riuniti in una manifestazione di molte migliaia il 1 e il 2 Aprile 1992, esprimiamo il nostro sostegno al Parlamento eletto ed al Presidente della Repubblica Cecena, esprimiamo la nostra collera contro gli autori del raid all’emittente pubblica ed al tentativo di colpo di stato da parte delle forze reazionarie della cosiddetta opposizione, agenti dell’impero russo. Chiediamo con forza al Parlamento, al Presidente del Consiglio dei ministri di adottare misure di emergenza per frenare le azioni anticostituzionali delle forze di opposizione e la criminalità dilagante. Al fine di stabilizzare la situazione, proponiamo di introdurre la pena di morte in pubblico per reati gravi contro lo stato, nonché per i crimini contro la vita dei cittadini della nostra repubblica. […] Esortiamo i cittadini della repubblica ad essere vigili, a non soccombere al panico […].”

Avturkhanov e gli altri ribelli di ritirarono nell’Alto Terek e, tentando di salvare la faccia, dichiararono che quella del 31 marzo era stata soltanto una “azione dimostrativa” e non un colpo di stato. Qualunque fosse lo scopo dell’attacco, il risultato fu quello di mobilitare le piazze a sostegno di Dudaev, rendendolo ancora di più padrone della scena politica.

Bektimar Mezhidov, Hussein Akhmadov e Magomed Gushakayev, i tre leaders del Parlamento di prima convocazione. Il Parlamento si espresse compattamente contro il colpo di Stato, isolando i golpisti.

[1] A quel tempo essa era composta da qualche centinaio di volontari, pochi ed in perenne conflitto tra loro: una parte sosteneva Gantemirov, un’altra Basayev. Nel febbraio del 1992 le frizioni tra le due squadre erano giunte all’apice quando si era scoperto che le armi del principale magazzino militare in mani cecene, quello rinvenuto all’interno dell’edificio del KGB a seguito dell’assalto al palazzo, erano quasi tutte sparite. Basayev accusò Gantemirov (che ne aveva la custodia) di averle sottratte per armare la sua “fazione”. Gantemirov negò ogni accusa, ma non fornì alcuna spiegazione plausibile per la loro scomparsa. Se si escludono queste forze, a Dudaev rimaneva un piccolo nucleo di combattenti, che aveva inquadrato nella Guardia Presidenziale, il cui compito era quello di difendere la sua persona, i suoi familiari ed i principali edifici governativi. Ma si trattava di una trentina scarsa di persone, troppo poche per potersi opporre ad un attacco diretto da parte di un esercito organizzato.

MEMORIE DI UN PRESIDENTE – INTERVISTA A ZELIMKHAN YANDARBIEV (17/12/2001)

Zelimkhan Abdulmuslimovich Yandarbiev nacque il 12 Settembre 1952 in esilio, nel villaggio Kazako di Vydriha, all’estremo nordest della Repubblica Sovietica Kazaka. Rientrato in Cecenia a seguito del “perdono” del governo sovietico, si trasferì con la sua famiglia a Starye Atagi, il villaggio dal quale i suoi genitori erano stati prelevati con la forza il 23 Febbraio 1944. Fondatore dell’associazione “Bart” (“Unità”), fu organizzatore e presidente del Partito Democratico Vaynakh (VDP) di orientamento nazionalista radicale. Su suo invito il Generale Dzhokhar Dudaev rientrò in patria dall’Estonia, dando un contributo determinante alla Rivoluzione Cecena. Eletto deputato al Parlamento di prima convocazione, assunse la presidenza della Commissione per i Media e l’Editoria, e fece parte della delegazione cecena nei negoziati con la Russia, partecipando agli incontri di Sochi e di Dagomys. Schierato su posizioni di pieno appoggio alla politica presidenziale, fu tra i più accaniti difensori di Dudaev nella lotta tra partito presidenziale e partito parlamentare, sostenne la proposta di emendare la costituzione in senso autoritario ed appoggiò il colpo di stato del 5 Giugno 1993, venendo in quell’occasione nominato Vicepresidente della Repubblica “ad interim”.

Yandarbiev (Sinistra) Dudaev (Centro) e Maskhadov (Destra) pregano al funerale di Zviad Gamsakhurdia

Allo scoppio della Prima Guerra Cecena combattè dalla parte dei separatisti, pur non avendo alcuna qualifica di tipo militare. Coordinò l’azione politica della resistenza all’occupazione russa, e tenne i contatti con tutti i movimenti filo – dudaeviti che dal Marzo del 1995 ricominciarono ad operare nei territori occupati. Il 21 Aprile, alla morte di Dudaev, venne riconosciuto Presidente della Repubblica “ad interim”, con l’incarico di guidare il movimento separatista e, una volta finita la guerra, organizzare elezioni democratiche. Alla fine dell’estate del 1996, quando ormai i separatisti avevano riconquistato Grozny ed i russi avevano accettato di ritirarsi dal Paese, Yandarbiev costituì un governo provvisorio, affidandone il comando al Generale Aslan Maskhadov, Capo di Stato Maggiore dell’esercito e uno dei principali artefici della vittoria cecena. Yandarbiev affrontò il mandato presidenziale con un paese in ginocchio, quasi privo di un’economia organizzata e senza le risorse per reintegrare le migliaia di miliziani che avevano combattuto per la causa secessionista. Con l’obiettivo di riportare quanto prima l’ordine in Cecenia introdusse una serie di provvedimenti che portarono la repubblica a sterzare fortemente verso un sistema confessionale: i tribunali ordinari vennero progressivamente sostituiti dalle corti religiose, ed in generale il peso delle autorità religiose si accrebbe fortemente, in particolare quelle di matrice radicale , tramite le quali affluivano in Cecenia risorse economiche essenziali per il sostentamento della popolazione.

Candidatosi alla Presidenza della Repubblica nelle elezioni di Gennaio 1997, ottenne circa il 10% dei voti, piazzandosi al terzo posto dopo Maskhadov, che ottenne più del 60%, e Shamil Basayev. Passato all’opposizione, si unì alla corrente radicale del nazionalismo ceceno, e contestò duramente Maskhadov a causa della sua politica “morbida” nei confronti della Russia. Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena Yandarbiev ottenne l’incarico di Rappresentante della ChRI nei paesi arabi, e fuoriuscì dal paese. Nei tre anni successivi si mosse tra Pakistan, Asghanistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, tessendo una rete di alleanze politiche e sponsorizzando la causa cecena presso gli istituti islamici, con lo scopo di arruolare volontari e finanziare la resistenza. Dopo essersi stabilito nel Qatar il qualità di “ospite personale dell’Emiro, rifugiato senza diritto di attività politica” prese dimora a Doha, continuando ad esortare gli islamici di tutto il mondo alla Ghazavat e pubblicando opere di memoria ed analisi politica. Il 13 Febbraio 2004 una bomba piazzata sotto il suo SUV esplose mentre rientrava dalla preghiera del venerdì. Yandarbiev e due delle sue guardie del corpo morirono, mentre suo figlio tredicenne, Daud, rimase gravemente ferito. Due funzionari dei servizi segreti federali furono riconosciuti colpevoli dell’assassinio e condannati all’ergastolo.

Akhmat Kadyrov (Sinistra) Zelimkhan Yandarbiev (Centro) e Dzhokhar Dudaev (Destra) conferiscono medaglie ai combattenti, 1995

La presente intervista fu rilasciata da Yandarbiev alla giornalista del “Vremya Novostey” Elena Suponina. Il colloquio si svolse a Doha il 17 Dicembre 2001, quando ormai l’esercito russo controllava la maggior parte della Cecenia ed i separatisti sembravano aver perduto l’iniziativa militare.

Quando hai parlato l’ultima volta con Aslan Maskhadov?

Molto tempo fa. Un anno fa, per telefono. Egli ha approvato molto il nostro accordo con i talebani. Mi ha chiesto di proseguire. Poi mi ha liberato dalle consegne con le quali ero partito. Non ha accettato quello che sto facendo all’estero. Non ha detto questo, ma ha compiuto azioni non necessarie che ho considerato offensive ed ho smesso di parlare a suo nome. Diciamo che non siamo d’accordo.

Cosa non ti è piaciuto di lui?

Yandarbiev spegne il dittafono e fa un commento, anche se non molto offensivo.

Puo’ essere riportato a verbale?

Non puoi. Per cosa, per giocare su questo? I poteri legali di Maskhadov come Presidente eletto della Repubblica Cecena scadono il 27 Gennaio 2002. Ma abbiamo la legge marziale e i poteri possono essere estesi per mille anni. Questo non è in discussione. Il Parlamento estenderà i suoi poteri.

Quale parlamento? Dove si incontrerà?

Perché incontrarsi? Questo può essere fatto tramite consultazioni. Legge marziale!

Voteresti per Maskhadov?

Certo! Personalmente sono molto critico nei suoi confronti. Ma questo non cambia il mio atteggiamento nei confronti della situazione.

Quindi Maskhadov non controlla la situazione in Cecenia?

E chi di voi ha incontrato i nostri comandanti per confermarlo? Khattab è un combattente disciplinato. Un mujahideen di livello mondiale e fondamentalmente un bravo ragazzo. Sta facendo la Jihad, e non è un terrorista. Ho creato il campo di addestramento di Khattab alla fine della prima guerra attraverso lo Stato Maggiore guidato da Maskhadov. Khattab non farà inutile opposizione. Come Basayev, è il comandante di un nutrito gruppo di unità. Ogni guida ha obiettivi diversi. Ma la visione mia e degli altri non va oltre la linea generale. La nostra unità non dipende dalla debolezza o dalla forza del leader. L’unificazione è dettata dalla situazione.

Yandarbiev alla vigilia delle elezioni del 1997 presso il suo villaggio natale di Starye Atagi

A proposito, di quale nazionalità è Khattab?

E’ saudita, anche se per qualche motivo lo chiamano ora ceceno giordano, ora qualcos’altro…

E se Maskhadov fosse d’accordo con Mosca sulla resa? Ha provato a negoziare tramite Zakayev?

Ciò significherà che è un traditore. Maskhadov non può accettare di mantenere la Cecenia come una parte della Russia, perché secondo la nostra Costituzione la questione dell’indipendenza non è oggetto di trattativa. Maskhadov può negoziare solo il ritiro della truppe russe e, successivamente, riguardo gli interessi comuni con la Russia. Il fatto che attivi contatti, che cerchi una via d’uscita è normale, questo è il suo dovere secondo la sua posizione. Ma non c’è da aspettarsi il tradimento.

Il Muftì Akhmad Kadyrov ha combattuto con te. Ora è il capo dell’amministrazione cecena, un alleato di Mosca.

Ci sono traditori in un milione di ceceni. Qualcuno si sta arrendendo adesso. Kadyrov collabora con il KGB dal 1981, quando in Cecenia era proibito pregare! Lo abbiamo saputo nel 1996, quando la brigata di Shamil conquistò Gronzy e gli archivi del KGB, ma non lo capimmo immediatamente. Anche se anche allora pensavo: dev’esserci un motivo se solleva questioni sul pericolo dei wahabiti. Poi l’ho maledetto e minacciato.

Quindi aveva ragione! Perché hai accettato mercenari stranieri, estremisti?

Il fondamentalismo islamico è al sicuro. Questa è una partenrship. Relazioni internazionali. Non pensi che sia un errore che gli investitori occidentali girino per la Russia, giusto? Gli aiuti non sono suddivisi in aiuti dai wahabiti ed aiuti da altre fonti.

Raccogli soldi anche qui?

Sono in politica. Solo che adesso lo faccio non per conto di Maskhadov, ma come ex Presidente e rappresentante dei mujahidee. Abbiamo altre persone per raccogliere donazioni. Alcuni ci forniscono aiuto tramite me, anche finanziario, ma non raccolgo denaro. Facciamo tutto il possibile. E stiamo conducendo una guerra quasi solo a nostre spese. Gli arabi non sprecano denaro invano, lo tengono nelle banche occidentali.

Dopo tutto, in Cecenia ci sono distaccamenti di mercenari stranieri, diverse centinaia di persone. Dicono che Osama bin Laden abbia mandato loro dei soldi.

Non ci sono più di 50 persone dall’estero in Cecenia. I confini sono chiusi. E non abbiamo problemi con le reclute. E Bin Laden non ci ha dato i soldi. Ci sono state donazioni da musulmani che hanno raccolto briciole per noi in nome di Allah. I vostri giornali hanno scritto che vivevo in Afghanistan – una bugia! Ci sono stato solo due volte! Un totale di 10 giorni. La prima volta è stata nel novembre 1999. E nel secondo, dopo i negoziati in Pakistan, sono arrivato in Afghanistan nel gennaio 2000. Poi i talebani e io abbiamo firmato un accordo sul riconoscimento reciproco, aperto un’ambasciata a Kabul e un consolato a Kandahar. L’ambasciatore non fece in tempo ad arrivare e il console rimase lì fino all’autunno, quando andò a Baku da sua moglie, ma non poté tornare. Tutti i documenti hanno la mia firma e la firma del ministro degli esteri afghano Ahmad Mutawakkil. Non ho incontrato bin Laden, non poteva accettarmi, perché andavo di fretta in Iran e Pakistan. Ho incontrato il resto della leadership dell’Afghanistan, due volte con il Mullah Omar. Adesso in Afghanistan vengono catturati alcuni ceceni. Non ci sono! Bin Laden non aveva legami con i ceceni! Non abbiamo tempo per l’Afghanistan. Abbiamo il nostro fronte.

Che impressione ti ha fatto il Mullah Omar?

Grande. L’uomo più puro. Timorato di Dio. E riguardo a ciò di cui è accusato, non ci sono prove. A Mosca, anche i ceceni sono accusati di case fatte saltare in aria. Dov’è la prova? Coloro che hanno fatto tutte queste sciocchezze a New York – pensa dalla bella vita? Sono stati costretti a farlo dalla politica dell’Occidente, della Russia e di altri mostri che impediscono alle persone di vivere rettamente. Sebbene gli Stati Uniti sostengano l’indipendenza della Cecenia, portano il male solo con i guanti. E qual è la differenza come far marcire il mondo, con o senza guanti? I talebani sono persone meravigliose.

Zelimkhan Yandarbiev con il plenipotenziario russo Alexander Lebed conducono i negoziati per la tregua militare a Starye Atagi, 1996



Ma hanno vietato la televisione, la radio?

Ci sono periodi nella storia in cui è necessario limitare qualcosa. Anche qui Bush limita la libertà con il pretesto di combattere il terrorismo. Come la vedete, signori democratici? I talebani hanno stabilito un ordine brillante in Afghanistan. Sai cosa è successo sotto Rabbani? Illegalità! Masud, Dostum: tutti hanno combattuto per il potere, tutti hanno marciato con le armi. Quando sono arrivati ​​i talebani, l’uomo comune ha smesso di avere paura. Ora non ci sarà ordine, vedrai. I nuovi leader non hanno un’idea comune. Si sono mobilitati solo durante la guerra contro le truppe sovietiche. La guerra continuerà. Sia in Cecenia che in Afghanistan.

Ti sei fatto crescere questa barba dopo aver visitato l’Afghanistan? Cinque anni fa non ne avevi uno, ma ora sembra proprio quella dei talebani!

Non tutti i talebani hanno la barba lunga. Il nostro Ruslan Gelayev, ad esempio, generalmente appartiene a un movimento speciale in Pakistan che promuove l’Islam, e la sua barba è più lunga della mia. La coltivo dal 1992, dal primo pellegrinaggio alla Mecca. Là avevo un’intenzione: in nome di Allah, non radermi la barba. All’inizio l’ho tagliata un po’, ma dopo la guerra mi sono fermato. Il mondo è in una situazione tragica che sto cercando di risolvere. Sono sempre stato un credente. Se non fossi stato così, non avrei introdotto la Sharia in Cecenia durante i nove mesi in cui sono stato presidente. Sebbene quasi tutta la dirigenza non volesse che introducessi la Sharia così frettolosamente.

E perché l’hai fatto? Perché non lasciare che la Cecenia rimanesse laica?

La Cecenia non è mai stata laica. I ceceni hanno sempre combattuto sotto la bandiera verde del gazavat. Gli sceicchi Mansur e Shamil hanno governato nel secolo scorso come imam, il che significa potere sia secolare che spirituale secondo le leggi di Allah.

Perché sei accettato dal Qatar e dagli Emirati Arabi? Non hai paura che la situazione cambi e che si discuta della tua estradizione a Mosca?

La terra di Allah è vasta. Sono in Qatar da circa un anno. Prima di allora ero negli Emirati, e in altri posti. L’emiro del Qatar è un musulmano onesto e coraggioso. In generale, in questi paesi, tutti credono che la Cecenia abbia diritto all’indipendenza. Ho incontrato qualcuno in Arabia Saudita, non dirò chi. Ma quando fai un lavoro che a uno Stato così grande come la Russia non piace, non puoi fermarti in un posto. Il vostro ministero degli Esteri ha fatto così tante proteste in Qatar quando ho incontrato l’emiro un anno fa, in Pakistan, dove ho incontrato il presidente Musharraf, e in Turchia! In alcuni luoghi avevano inziaito a sorgere problemi con i visti. L’emiro del Qatar ha paura solo di Dio, mentre i leader di altri stati a volte hanno paura della Russia. Questo non va bene. Dove il leader non si sente come il capo, possono sorgere problemi.

Non posso fare a meno di chiederti una cosa. Dzhokhar Dudayev è morto il 21 aprile 1996? Raduev afferma che sia ancora vivo…

– Ma come potrebbe un uomo come Dudayev nascondersi da qualche parte? Dudayev è morto sul colpo. Anche se fosse stato incosciente, ma avesse ancora respirato, non avrei osato nasconderlo alla gente per cinque minuti.

Yandarbiev, Presidente ad interim della Repubblica Cecena di Ichkeria, costringe Eltsin ad alzarsi dal capotavola dei negoziati ed a prendere posizione come parte in causa sul versante dei rappresentanti russi. 1996


C’è un’opinione secondo cui Dudayev ad un certo punto ha iniziato a interferire con il te?

Questa è una terribile bugia.

Ma chi lo ha segnalato? Perché le guardie sono state così negligenti?


È stato un attacco di missili superficie-superficie e aria-terra. Avevano puntato il telefono satellitare. In precedenza, Dudayev è stato bombardato tre volte quando si è messo in contatto nell’area di Salazhi. La prima volta hanno bombardato una parte del villaggio. Si udì un altro rumore che diceva che un pacifico villaggio veniva bombardato. Nessuno sapeva perché. Ed è stato Dudayev che si è messo in contatto. La terza volta ha parlato al telefono alla periferia del villaggio, e di nuovo i russi lo hanno bombardato, fu ferito con una scheggia al braccio. Da allora, ha smesso di comunicare vicino al villaggio in modo che i residenti non ne soffrissero. E nel villaggio c’erano molte fonti di energia, i televisori funzionavano, questo creava interferenze e il segnale andava spesso perso. Ciò mi ha salvato quando volevano uccidermi, ed ha salvato anche Dudaev. A causa delle interferenze il missile ha colpito un’altra casa a circa 30 metri di distanza.

Con Dudaev i russi si erano premuniti. Le luci erano spente, a chiunque era vietato usare la connessione. Avevamo solo due o tre telefoni, a casa di Dudaev ed a casa mia. Ha avuto il telefono da me. Ha parlato con Kostantin Borov e con Radio Liberty. Poi Alla Dudaeva, sua moglie, ha letto alcune poesie. Sia Alla che i loro figli si erano sistemati ad una decina di metri di distanza. Solo quattro uomini erano vicini al telefono. Dudaev chiese ad Alla di aspettare finché non avesse finito, poi si avvicinò. Poi questa cosa è apparsa nell’aria. Immediatamente si è sentito un ronzio come “oo-oo-oo”. Le guardie, che si erano allontanate dall’auto, hanno detto che Dudaev aveva già spento il telefono. Poi lo ha di nuovo acceso, e quella cosa è apparsa di nuovo. Lui, per qualche motivo, si è rifiutato di chiudere la conversazione. Ha scherzato, guardando gli altri: “Siete spaventati?” Poi ci furono le esplosioni. E ancora, altri aerei volando alti provocarono un forte bombardamento. Ero a 2 – 3 chilometri di distanza. Pensavamo che avessero individuato i nostri ragazzi, ma non sapevamo ancora che fosse Dudayev. Lo abbiamo scoperto la mattina dopo.

Un mese dopo la morte di Dudayev, sei andato a Mosca per i negoziati …

Sono stato chiamato al Cremlino. Avevano firmato un documento sulla cessazione delle ostilità, prima delle elezioni di Eltsin. Eltsin suggerì di proseguire i negoziati sul ritiro delle truppe. Andammo alla sua dacia. Eltsin promise che il giorno dopo l’intero governo sarebbe venuto con Chernomyrdin. Aspettammo. Apparvero Mikhailov (allora Ministro delle Nazionalità. – Ed. ), Kvashnin (allora comandante del distretto militare del Caucaso settentrionale. – Ed.). E all’improvviso: “E Eltsin è a Grozny!” — “Non può essere!” – “Accendi la radio!” Maria Bazilyuk mi chiama dall’Ucraina: “Siete ostaggi?” Probabilmente no! Eltsin è andato a Grozny per un viaggio pre-elettorale. Se mi avesse detto: “Sig. Yandarbiev, abbiamo sbagliato, voliamo insieme e vediamo “. Lo avrei accompagnato! Non ci sarebbe stato nulla di cui aver paura! E così, nei negoziati tutto sarebbe andato al top. Ma nessuno di loro aveva lo spirito o il cervello per parlare di un simile viaggio. Rendi Zelimkhan un ostaggio! Peccato per la Russia!

Quale politico russo ti ha fatto la migliore impressione?

Stepashin (allora capo del dipartimento amministrativo dell’apparato governativo. – Ed.). Come Capo dello Stato ceceno, sono venuto dal capo della Russia su richiesta di Mosca. Ma qualcuno ha consigliato ad Eltsin di parlare con me come fosse il mio capo. Dovette alzarsi dalla sedia sulla quale si era seduto. Dovette sedersi dove gli indicavo io. E tutto questo nel suo ufficio, al Cremlino! Stepashin, quando siamo ripartiti, mi ha detto: “Mi scuso con te per quello che è successo qui”.  Questo è un uomo con un granello di coscienza e onore.

Yandarbiev (Sinistra) e Lebed (Destra) posano a seguito dei colloqui di pace. Dietro Lebed si vedono Movladi Ugudov (a destra, con il copricapo) ed Akhmed Zakayev (a sinistra, vestito di rosso)



Come ti senti riguardo al processo a Raduev?

E una commedia. Raduev è un combattente dell’esercito ceceno, che adempie al suo dovere.

Anche la tragedia di Budennovsk, nell’ospedale di maternità, è un dovere?

Budennovsk è stata una brillante operazione militare. Non era un ospedale per la maternità, ma un ospedale. I nostri hanno portato lì i feriti, e poi i russi hanno cominciato a circondarli. Pertanto, ci siamo chiusi lì, non era previsto. Non credo che Budennovsk sia un errore.