Presidenti della Repubblica



INTRODUZIONE

La Costituzione della Repubblica Cecena di Ichkeria prevedeva la figura del Presidente della Repubblica sia come garante dell’unità dello Stato e del rispetto della Costituzione (caratteristiche tipiche dei sistemi parlamentari) sia come supremo organo esecutivo (caratteristica tipica dei sistemi presidenziali). Questa sovrabbondanza di ruoli era controbilanciata da altrettante garanzie a tutela delle prerogative del Parlamento il quale, oltre ad essere depositario del potere legislativo, aveva piena facoltà di intervenire nei provvedimenti del Presidente, sia per quanto riguarda i suoi decreti, sia rispetto alle nomine nel governo e negli altri organi dello Stato, e gli era riconosciuta l’autorità di vigilanza sull’operato del Capo dello Stato, in ordine ad evitare derive autoritarie.

Questo ordinamento “ibrido” era certamente il frutto della situazione contingente: al momento in cui la Cecenia proclamò l’indipendenza il paese attraversava una serie di gravi emergenze, le quali richiedevano che il governo potesse muoversi con disinvoltura per risolvere i problemi, senza naufragare in lunghe diatribe politiche. Inoltre la centralità della figura del Generale Dzhokhar Dudaev, leader del Comitato Esecutivo del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (OKChN) non poteva non riflettersi nell’ordinamento dello Stato che la Commissione Costituzionale elaborò tra la fine del 1991 ed i primi mesi del 1992.

Le contraddizioni insite nel sistema costituzionale della Repubblica produssero i loro primi perniciosi effetti già dalla primavera del 1992, quando il potere legislativo ed il potere esecutivo entrarono in conflitto sulla gestione dello Stato e dei negoziati con la Russia. Il partito Parlamentare, del quale si fece esponente principale Yusup Soslambkeov, tese a rivendicare con sempre maggior rigidità il suo diritto di controllo e rettifica sull’operato del Presidente, ed il diritto del Parlamento di gestire in autonomia la politica estera (e quindi i negoziati con Mosca). Per parte sua il Presidente Dudaev rivendicò il suo ruolo di “leader”, governando per decreto e ignorando gli avvertimenti ed i tentativi del Parlamento di ricondurre la sua azione nell’alveo del diritto costituzionale.

La situazione divenne esplosiva nella primavera del 1993 quando, per sventare la paralisi legislativa nella quale era caduta la Repubblica per effetto di questo scontro al vertice tra i poteri, Dudaev propose una serie di emendamenti che avrebbero trasformato la Cecenia in una repubblica presidenziale di tipo autoritario, sottoposta alla piena autorità del Presdiente. L’opposizione del Parlamento a questi provvedimenti avrebbe portato alla dissoluzione delle istituzioni democratiche ed all’inzio di una dittatura personale del Generale Dudaev, culminata nell’autunno del 1994 con lo scoppio della guerra civile e l’inizio della Prima Guerra Cecena (Non ci soffermeremo su questi eventi (per chi volesse approfondirli, essi sono ben descritti nel libro Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, acquistabile QUI).

L’articolo 75 della Costituzione della Repubblica Cecena di Ichkeria prevedeva che, qualora il Presidente fosse temporaneamente inabilitato all’esercizio delle sue funzioni, o che fosse stato deposto da un impeachment parlamentare, i suoi poteri sarebbero passati al Vicepresidente, una sorta di “supplente” eletto insieme al Capo dello Stato “a pacchetto” con lui (“Votare per la candidatura del Presidente significa votare contemporaneamente per la nomina del Vice Presidente“). Questi ne avrebbe fatto le veci fino all’elezione di un nuovo presidente. Al momento dell’entrata in vigore della Costituzione il primo Presidente della Repubblica, Dzhokhar Dudaev, era già stato eletto, cosicché fu lui stesso a nominare il proprio vicepresidente (pur non rispettando la procedura parlamentare di richiesta di approvazione a maggioranza, come previsto dal medesimo articolo 75).

A causa delle due disastrose guerre nelle quali si trovò coinvolta la Cecenia, il ricorso all’articolo 75 della Costituzione fu necessario per la nomina di 3 dei 5 Presidenti della Repubblica. Uno soltanto di essi, in effetti, fu eletto secondo il sistema previsto (il terzo Presidente, Generale Aslan Maskhadov). Il Generale Dudaev, infatti, fu sì eletto con voto popolare, ma prima che la Costituzione entrasse in vigore (peraltro in una consultazione considerata piuttosto torbida) ed il suo successore, Zelimkhan Yandarbiev, salì al potere in qualità di Vicepresidente di Dudaev a seguito della sua morte, il 21 Aprile 1996. Il 27 Gennaio 1997 le elezioni presidenziali videro la nomina di Aslan Maskhadov, l’unico presidente effettivamente eletto tramite corretta procedura costituzionale. Lo scoppio della Seconda Guerra Cecena fece sì che il mandato presidenziale venisse prorogato indefinitamente, fino alla morte di questi, l’8 Marzo 2005. In quel momento la Repubblica era occupata dalle forze federali, ed il Parlamento era dissolto, ed impossibilitato a prendere decisioni.

In ogni caso Maskhadov aveva nominato un proprio successore (il Vicepresidente eletto con lui, Vakha Arsanov, era stato privato dei suoi poteri da Maskhadov durante la guerra), Abdul – Halim Sadulayev. Anche questi, pertanto, entrò in carica in qualità di Presidente della Repubblica ad interim, con i poteri speciali accordatigli dallo stato di guerra. L’ultimo Presidente della Repubblica, Dokku Umarov, era a sua volta il Vicepresidente designato da Sadulayev (in quegli anni, per effetto dell’islamizzazione dello stato, la carica era passata da Vicepresidente a Naib (successore). Dal momento in cui Umarov rinunciò ufficialmente alla presidenza e fondò l’Emirato Islamico del Caucaso Settentrionale, le cariche di Presidente e Vicepresidente rimasero vacanti. Nessuno degli eredi politici della Repubblica Cecena di Ichkeria, al momento, rivendica il ruolo di Presidente o di Vicepresidente facente funzioni, né è in programma una nuova elezione presidenziale.

Di seguito le biografie dei presidenti della Repubblica Cecena di Ichkeria. Un resoconto approfondito di tutti questi personaggi è presente nel libro Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, acquistabile QUI

PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA CECENA DI ICHKERIA

9 Novembre 1991 – 21 Aprile 1996 – Dzhokhar Dudaev

21 Aprile 1996 – 12 Febbraio 1997 – Zelimkhan Yandarbiev

12 Febbraio 1997 – 8 Marzo 2005 – Aslan Maskhadov

8 Marzo 2005 – 17 Giugno 2006 – Abdul – Halim Sadulayev

17 Giugno 2006 – 31 Ottobre 2007 – Dokku Umarov

Stemma della Repubblica Cecena di Ichkeria

DZHOKHAR DUDAEV

Nato il 15 Febbraio 1994 – Morto il 21 Aprile 1996

Durata del mandato: 9 Novembre 1991 – 21 Aprile 1996

Dzhokhar Dudaev presta giuramento alla cerimonia della sua nomina a Presidente della Repubblica

Dzkokhar Dudaev, all’anagrafe Dzhokhar Musaevich Dudaev (“Figlio di Musa”, dal nome di suo padre Musa Dudaev) nacque in un remoto villaggio del sud montagnoso della Cecenia chiamato Yalkhoroy, non lontano da un luogo leggendario per il popolo ceceno, il Lago di Galanchozh. Suo padre, veterinario, ebbe Dudaev da Raibat, sua moglie di seconde nozze, dopo aver messo al mondo altri 12 figli. La data di nascita di Dudaev non è certa. La maggior parte delle fonti parla del 15 Febbraio 1944, una settimana prima che l’intero popolo ceceno venisse deportato in Asia Centrale. Questa vicinanza così simbolica all'”Ardakh” (il termine con il quale i ceceni si riferiscono al loro esilio dalla madrepatria, durato dal 1944 al 1957) potrebbe far pensare ad un riferimento più agiografico che reale. In particolare sua moglia, Alla Dudaeva, nel suo libro (anch’esso agiografico) “One Million First” sostiene che questi potrebbe essere nato anche nel 1943.

Che fosse il 1943 o il 1944, Dudaev era appena nato quando Stalin ordinò che tutti i ceceni e gli ingusci venissero deportati in Khazakhistan, come punizione per non essersi battuti con sufficiente coraggio durante la “Grande Guerra Patriottica” (il nome con il quale in Russia si chiama la Seconda Guerra Mondiale). Le ragioni della deportazione non sono oggetto di questa pagina, chi volesse approfondirle può leggere Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, acquistabile QUI.

Dudaev fu deportato in Asia Centrale insieme a tutta la sua famiglia e ad altre centinaia di migliaia di suoi connazionali, molti dei quali morirono durante il tragitto a causa delle terribili condizioni nelle quali dovettero affrontare il trasferimento. Giunti in Kazakhistan, Dzhokhar e la sua famiglia furono sistemati in una baraccopoli dove, al pari di tutti gli altri, sopravvissero lavorando nelle fattorie collettive sovietiche. Moltissimi ceceni morirono di fame o di malattia. Anche il padre di Dzholhar, Musa, morì quando il piccolo aveva appena sei anni, lasciando la famiglia in gravi difficoltà economiche. Nonostante tutto il ragazzo riuscì a terminare gli studi di base.

Ala morte di Stalin il regime di esilio obbligatorio imposto dal governo di Mosca iniziò ad allentarsi, e dal 1957 i ceceni poterono tornare in patria. Dudaev rientrò in Cecenia in quello stesso anno, riuscendo a farsi ammettere alla scuola superiore numero 45 di Grozny. Le condizioni economiche dei ceceni, appena rientrati nel loro paese, erano precarie a causa del fatto che dopo che erano stati deportati le loro case e le loro occupazioni erano state assegnate a nuovi coloni russi, i quali costituivano ormai la classe dirigente della Repubblica Autonoma Ceceno – Inguscia. Per poter sostenere la famiglia Dudaev lavorò come elettricista, mentre completava gli studi in un corso serale. Nel 1960 la madre lo iscrisse al Dipartimento di Fisica e Matematica della vicina Ossezia del Nord, ma ben presto Dudaev abbandonò gli studi, volendo intraprendere la carriera militare.

Dzhokhar Dudaev, allievo della Scuola Aereonautica di Tambov

Così, di nascosto alla madre, si iscrisse alla Scuola Aereonautica di Tambov, dove si diplomò con il massimo dei voti. Dopo aver prestato servizio su di un velivolo da bombardamento presso la base aereonautica di Kaluga, nel 1968 si iscrisse al Partito Comunista, prerogativa essenziale per poter proseguire nella carriera militare, e si iscrisse all’Accemia Aereonautica “Yuri Gagarin” alla periferia di Mosca. Il titolo, ottenuto nel 1974 gli valse la nomina a Vicecomandante del 1225° Reggimento Aereo Bombardieri Pesanti, di stanza ad Irkutsk, poi a Capo di Stato Maggiore (1979) e infine Comandante del Reggimento (1980). Nel 1987 venne inviato a Tartu, in Estonia, dove prese il comando di una divisione di bombardieri nucleari a lungo raggio, nonchè della stessa guarnigione cittadina. Nel 1989 fu promosso Maggior Generale dell’aviazione, diventando il ceceno di rango militare più alto in assoluto.

Fu in quella veste che lo colse il crollo dell’URSS. Su invito del Presidente del Partito Democratico Vaybakh, Zelimkhan Yandarbiev, si presentò al Congresso Nazionale Ceceno del 23/25 Novembre 1990. Il suo discorso alla nazione cecena fu appassionato, e conquistò il favore di molti delegati al congresso. Nel Dicembre successivo ottenne la presidenza del Comitato Esecutivo del Congresso, ma non poté impegnarsi nella battaglia politica per l’indipendenza della Cecenia prima dell’Aprile del 1991 quando, ottenuto il pensionamento dall’esercito, poté assumere la guida effettiva del Comitato Esecutivo. Rientrato in Cecenia sostenne le tesi radicali di Yandarbiev e del Partito Democratico Vaynakh, favorevole alla piena indipendenza della Cecenia, contribuendo all’allontanamento dei moderati (i quali sostenevano una rinegoziazione dei rapporti tra Russia e Cecenia) e prendendo definitivamente il controllo del Congresso Nazionale Ceceno (ribattezzato nel frattempo Congresso Nazionale del Popolo Ceceno, OKChN) nella seconda sessione, tenutasi tra l’8 e il 9 Giugno 1991. Dopo aver assunto il controllo delle strutture politiche secessioniste, Dudaev le guidò nella cosiddetta Rivoluzione Cecena, durante la quale i nazionalisti radicali riuscirono ad estromettere le legittime autorità sovietiche ed a proclamare una repubblica indipendente. Dopo essere stato eletto Presidente della Repubblica il 27 Ottobre 1991 con il 90,1% dei voti, Dudaev prestò giuramento il 9 Novembre, entrando ufficialmente in carica e proclamando l’indipendenza della Cecenia.

Dudaev presenzia ad una parata militare davanti al Palazzo Presidenziale di Grozny

Durante i primi mesi di indipendenza Dudaev ed il Parlamento uscito dalle elezioni del 27 Ottobre lavorarono in sintonia. Progressivamente, tuttavia, si formarono un partito presidenziale favorevole all’estensione dei poteri del presidente, ed uno parlamentare, che invece intendeva moderarlo. Il confronto si protrasse per tutto il 1992 e divenne un vero e proprio conflitto alla fine dell’anno, quando la Cecenia si trovò ad un passo dalla guerra con la Russia (vedi: crisi russo – cecena del 1992) e divenne insanabile nella primavera del 1993, quando Dudaev tentò di imporre una serie di emendamenti costituzionali di natura fortemente autoritaria. Nel Giugno del 1993 il paese era ormai ingovernabile, ed il Parlamento era in procinto di rovesciare Dudaev. Egli così mise in atto un colpo di stato con il quale dissolse le strutture democratiche dello stato ed instaurò una dittatura personale. Gli anti – dudaeviti si radunarono con l’opposizione moderata che egli aveva estromesso durante la rivoluzione cecena, e con i resti della nomenclatura sovietica da questa lasciati ai margini del potere. La situazione rimase fluida fino all’estate del 1994, quando l’opposizione al regime iniziò a compiere attacchi sempre più audaci verso Grozny, con l’obiettivo di rovesciare Dudaev con la forza. Nell’autunno successivo l’esercito regolare ed i ribelli combatterono accanitamente, e nel Novembre del 1994 questi ultimi, armati e fiancheggiati dall’esercito federale, tentarono di conquistare Grozny, ma vennero respinti con gravi perdite.

Nel Dicembre del 1994 il Presidente russo Boris Eltsin, che aveva sostenuto in ogni modo l’opposizione antidudaevita per riprendere il controllo della repubblica secessionista, decise di autorizzare l’invasione della Cecenia. Dudaev guidò personalmente la difesa del paese, organizzando un’accanita resistenza nella capitale e poi una logorante guerriglia sulle montagne meridionali. Nonostante l’impressionante superiorità di uomini e mezzi dell’esercito russo, Dudaev seppe tenere viva la resistenza all’occupazione e, dall’autunno del 1995, passò alla controffensiva. Nel Marzo del 1996 le forze separatiste portarono a termine con successo un Raid su Grozny, occupando la città per molte ore e tenendo in scacco la guarnigione federale.

Dudaev al funerale del Presidente Georgiano Zviad Gamsakhurdia. Alla sua sinistra Aslan Maskhadov, allora Capo di Stato Maggiore dell’esercito. Alla sua destra Selimkhan Yandarbiev, Vicepresidente.

Il 21 Aprile 1996, dopo molti tentativi andati a vuoto, i servizi di intelligence federali riuscirono a localizzare il telefono satellitare che Dudaev usava per parlare con i suoi comandanti e con i servizi stampa. Un missile teleguidato raggiunse la sua automobile, uccidendolo. Zelimkhan Yandarbiev, suo mentore politico, nominato vicepresidente fin dal 1993, assunse la guida dei secessionisti col titolo di Presidente della Repubblica ad Interim.

ZELIMKHAN YANDARBIEV

Nato il 12 Settembre 1952 – Morto il 13 Febbraio 2004

Durata del mandato: 21 Aprile 1996 – 12 Febbraio 1997

Zelimkhan Yandarbiev nell’ufficio presidenziale, 1996

Zelimkhan Abdulmuslimovich Yandarbiev nacque il 12 Settembre 1952 in esilio, nel villaggio Kazako di Vydriha, all’estremo nordest della Repubblica Sovietica Kazaka. Rientrato in Cecenia a seguito del “perdono” del governo sovietico, si trasferì con la sua famiglia a Starye Atagi, il villaggio dal quale i suoi genitori erano stati prelevati con la forza il 23 Febbraio 1944. Avendo bisogno di un lavoro per sostenere la famiglia, trovò un’oppcupazione prima come muratore, poi come operaio. Il suo obiettivo, tuttavia, era lavorare nel campo dell’editoria, così si iscrisse alla facoltà di filologia presso l’Università di Grozny, riuscendo a conseguire la laurea nel 1981. Visse lavorando come correttore di bozze, poi divenne capo dipartimento della società editrice di stato della RSSA Ceceno – Inguscia. Da quella posizione potè farsi strada nella gerarchia intellettuale sovietica, giungendo a diventare presidente di comitato presso l’Unione degli Scrittori dell’Urss, venendo assunto dalla prestigiosa organizzazione come consulente letterario.

Nel corso degli anni ’80 pubblicò numerosi lavori in poesia e prosa, alimentando una prolifica attività letteraria che lo contraddistinse anche durante il la Repubblica Cecena di Ichkeria, fino agli ultimi anni della sua vita. La qualità dei suoi lavori e le conoscenze maturate in ambito intellettuale gli valsero un certo credito tra i ceceni letterati, e tra loro Yandarbiev potè raccogliere alcuni idealisti del nazionalismo ceceno intorno ad una rivista, “Bart” (“Unità”). Bart fu il nucleo dal quale, nel 1990, nacque l’esperimento politico più ideologicamente schierato della Rivoluzione Cecena: il Partito Democratico Vaynakh (VDP). Yandarbiev ne assunse la guida, e nel giro di un anno riuscì a trasformarlo nel principale partito nazionalista della Cecenia. Su sua invito il Generale Dzhokhar Dudaev rientrò in patria dall’Estonia, dando un contributo determinante alla Rivoluzione Cecena.

Eletto deputato al Parlamento di prima convocazione (quello uscito dalle elezioni popolari del 27 Ottobre 1991) assunse la presidenza della commissione per i media e l’editoria, e fece parte della delegazione cecena nei negoziati con la Russia, partecipando agli incontri di Sochi e di Dagomys. Schierato su posizioni di pieno appoggio alla politica presidenziale, fu tra i più accaniti difensori di Dudaev nella lotta tra partito presidenziale e partito parlamentare, sostenne la proposta di emendare la costituzione in senso autoritario ed appoggiò il colpo di stato del 5 Giugno 1993, venendo in quell’occasione nominato Vicepresidente della Repubblica “ad interim”.

Zelimkhan Yandarbiev insieme ad Aslan Maskhadov (destra) e Akhmad Kadyrov (sinistra) ai colloqui di pace di Khasavyurt (1996)

Allo scoppio della Prima Guerra Cecena combattè dalla parte dei separatisti, pur non avendo alcuna qualifica di tipo militare. Coordinò l’azione politica della resistenza all’occupazione russa, e tenne i contatti con tutti i movimenti filo – dudaeviti che dal Marzo del 1995 ricominciarono ad operare nei territori occupati. Il 21 Aprile, alla morte di Dudaev, venne riconosciuto Presidente della Repubblica “ad interim”, con l’incarico di guidare il movimento separatista e, una volta finita la guerra, organizzare elezioni democratiche. Alla fine dell’estate del 1996, quando ormai i separatisti avevano riconquistato Grozny ed i russi avevano accettato di ritirarsi dal Paese, Yandarbiev costituì un governo provvisorio, affidandone il comando al Generale Aslan Maskhadov, Capo di Stato Maggiore dell’esercito e uno dei principali artefici della vittoria cecena.

Yandarbiev affrontò il mandato presidenziale con un paese in ginocchio, quasi privo di un’economia organizzata e senza le risorse per reintegrare le migliaia di miliziani che avevano combattuto per la causa secessionista. Con l’obiettivo di riportare quanto prima l’ordine in Cecenia introdusse una serie di provvedimenti che portarono la repubblica a sterzare fortemente verso un sistema confessionale: i tribunali ordinari vennero progressivamente sostituiti dalle corti religiose, ed in generale il peso delle autorità religiose si accrebbe fortemente, in particolare quelle di matrice radicale , tramite le quali affluivano in Cecenia risorse economiche essenziali per il sostentamento della popolazione.

Zelimkhan Yandarbiev a colloquio con il Presidente della Federazione Russa Boris Eltsin durante gli incontri per la firma del Trattato di Pace.

La virata confessionale di Yandarbiev si deve anche alla sua convinzione che l’unico modo per dare un governo stabile al paese fosse quello di mettere l’Islam al servizio dello Stato (o, da un altro punto di vista, lo Stato al servizio dell’Islam). La sua opera principale fu quindi quella di rafforzare l’islamismo ed affiancarlo ad una religione civile fondata sul culto del defunto Dudaev, in onore del quale Yandarbiev decretò che Grozny venisse ribattezzata “Dzhokhar – Gala“.

Candidatosi alla Presidenza della Repubblica nelle elezioni di Gennaio 1997, ottenne circa il 10% dei voti, piazzandosi al terzo posto dopo Maskhadov, che ottenne più del 60%, e Shamil Basayev. Passato all’opposizione, si unì alla corrente radicale del nazionalismo ceceno, e contestò duramente Maskhadov a causa della sua politica “morbida” nei confronti della Russia. Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena Yandarbiev ottenne l’incarico di Rappresentante della ChRI nei paesi arabi, e fuoriuscì dal paese. Nei tre anni successivi si mosse tra Pakistan, Asghanistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, tessendo una rete di alleanze politiche e sponsorizzando la causa cecena presso gli istituti islamici, con lo scopo di arruolare volontari e finanziare la resistenza.

Il 23 Ottobre 2002 un commando di terroristi ceceni prese in ostaggio il teatro Dubrovka di Mosca, provocando la reazione federale e la morte ed il ferimento di centinaia di persone. Maskhadov condannò l’attacco, mentre Yandarbiev sostenne la necessità di simili operazioni per porre fine all’occupazione militare russa. In contrasto con la posizione ufficiale della ChRI, Yandarbiev si dimise da tutti gli incarichi, iniziando a definirsi “Ex Presidente e rappresentante dei Mujahideen”.

Zelimkhan Yandarbiev in preghiera

Dopo essersi stabilito nel Qatar il qualità di “ospite personale dell’Emiro, rifugiato senza diritto di attività politica” prese dimora a Doha, continuando ad esortare gli islamici di tutto il mondo alla Ghazavat e pubblicando opere di memoria ed analisi politica. Il 13 Febbraio 2004 una bomba piazzata sotto il suo SUV esplose mentre rientrava dalla preghiera del venerdì. Yandarbiev e due delle sue guardie del corpo morirono, mentre suo figlio tredicenne, Daud, rimase gravemente ferito. Due funzionari dei servizi segreti federali furono riconosciuti colpevoli dell’assassinio e condannati all’ergastolo.

ASLAN MASKHADOV

Nato il 21 Settembre 1951 – Morto L’8 Marzo 2005

Durata del mandato: 12 Febbraio 1997 – 08 Marzo 2005

Aslan Maskhadov in alta uniforme

Aslan Alievic Maskhadov (Khalid, dopo l’Haji alla Mecca) nacque in esilio, nel villaggio kazako di Shokai. Trasferitosi in Cecenia con la sua famiglia in seguito al “perdono” del 1957, si stabilì nel villaggio natale di Zebhir – Yurt, nell’Alto Terek, dove frequentò con successo le scuole medie e superiori. Entrato nella Scuola di Artiglieria di Tbilisi, ne uscì al comando di un plotone di artiglieria, dispiegato nell’estremo oriente, sul lago Khanka. Entrato all’Accademia di Artiglieria di Leningrado, ottenne i titoli col massimo dei voti nel 1981, dopodichè venne inviato in Ungheria, nel dispositivo difensivo del Patto di Varsavia. Quì ricoprì gli incarichi di Capo di Stato Maggiore, assegnato alla XIX Divisione Corazzata presso il Gruppo di Forze Meridionale. Nel 1986 fu trasferito a Vilnius, al comando del 379° Reggimento di Artiglieria Semovente.

Nel 1992 fu richiamato dal Generale Dudaev al comando delle nascenti forze armate repubblicane, in sostituzione del dimissionato Viskhan Shakhabov. In questa veste guidò le forze lealiste nella guerra civile che esplose a seguito del colpo di stato del 4 Giugno 1993, combattendo tutte le principali battaglie contro l’opposizione armata. Allo scoppio della Prima Guerra Cecena assunse il comando operativo dell’esercito, predisponendo e guidando dalla linea del fronte la difesa di Grozny. Uno dei principali artefici della vittoria cecena, Maskhadov ideò e portò a termine il raid su Grozny del Marzo 1996 e l’Operazione Jihad dell’Agosto successivo, le quali portarono al crollo morale e logistico dell’esercito federale ed alla fine delle ostilità.

Aslan Maskhadov presta giuramento alla cerimonia di insediamento come Presidente della Repubblica Cecena

Il 17 Ottobre 1996 fu incaricato dal Presidente della Repubblica Zelimkhan Yandarbiev di organizzare un governo di unità nazionale che traghettasse la Repubblica alle elezioni. Candidatosi alla Presidenza con Vakha Arsanov come vice, vinse le elezioni di Gennaio con un grande margine, attestandosi primo tra gli eletti con il 59,3% dei voti. Entrato in carica il 12 Febbraio, ottenne il suo più grande successo politico con la firma del Trattato di Mosca tra Russia e Cecenia, il 12 Maggio 1997, con il quale i due paesi ponevano ufficialmente fine al confronto armato e dichiaravano una moratoria quinquennale delle azioni politiche.

Il governo di Maskhadov fu caratterizzato dal tentativo di riportare ordine e benessere in una repubblica al collasso, con un’economia completamente distrutta, priva di qualsiasi supporto economico se non quello proveniente dalla carità internazionale e sottoposta al dominio degli ex comandanti di campo secessionisti, ora divenuti signori della guerra, ognuno dei quali possedeva una propria milizia armata con la quale governava intere regioni del paese. Maskhadov tentò in ogni modo di giungere ad un accordo con i comandanti di campo per evitare una guerra civile che avrebbe certamente portato ad una nuova invasione russa. Così facendo, tuttavia, non riuscì a riportare ordine in Cecenia, così che agli inizi del 1999 il paese risultava una anarchia armata ingovernabile preda di criminali, fondamentalisti e milizie armate illegali. Ogni tentativo di sciogliere tali milizie fu frustrato dalla mancanza di alternative che il paese poteva offrire agli ex combattenti, e neanche interventi di tipo militare riuscirono a portare al disarmo delle milizie ed alla regolarizzazione della situazione.

Nel tentativo di rinforzare l’autorità dello Stato facendo ricorso all’Islam Maskhadov impose la Sharia nella repubblica, trasformandola in uno stato pienamente confessionale. Il provvedimento tuttavia non portò i risultati sperati, la posizione di Maskhadov si indebolì ulteriormente ed il fondamentalismo religioso trovò terreno fertile per organizzare un proprio esercito, la Brigata Islamica per il Mantenimento della Pace, agli ordini di Shamil Basayev e Ibd – Al – Khattab. Questa sconfinò ben presto in Daghestan, tentando di estendere l’insurrezione antirussa fuori dai confini della Cecenia e scatenando la controffensiva dell’esercito federale il quale, dopo aver messo in fuga i Mujahideen proseguì l’offensiva con l’obiettivo di abbattere il governo indipendentista ceceno.

Aslan Maskhadov nei boschi della Cecenia istruisce un reparto di combattenti della resistenza

Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena Maskhadov coordinò la difesa di Grozny fino alla sua caduta nelle mani dei federali, dopodichè continuò a combattere portando avanti una logorante guerra partigiana. Nel 2002, alla scadenza naturale dei suoi poteri costituzionali, le autorità combattenti della ChRI lo riconfermarono alla guida della Repubblica fino alla fine delle ostilità. In quell’occasione Maskhadov diffidò il suo Vicepresidente, Vakha Arsanov, e lo sostituì con Abdul – Halim Sadulayev.

Gli attentati terroristici organizzati da Shamil Basayev e dalla corrente radicale dei combattenti ceceni alienarono qualsiasi simpatia dell’Occidente nei confronti della causa cecena, allontanando la pur remota possibilità che potesse verificarsi nuovamente quanto accaduto nel 1996. Maskhadov tenne insieme il movimento di resistenza partigiano, mentre questo si orientava sempre più apertamente verso posizioni islamiste, abbandonando progressivamente l’ideale nazionalista all’origine della Rivoluzione Cecena.

Maskhadov parla in un videomessaggio di propaganda. Alla sua destra siede Abdul – Halim Sadulayev, che gli succedera l’8 Marzo 2005, alla sua morte.

Il 14 Gennaio 2005 Maskhadov ordinò un cessate – il – fuoco unilaterale, con il doppio intento di mostrare al mondo la volontà di porre fine alla guerra e di riprendere il controllo delle bande armate, ormai sparpagliate in una galassia di piccoli reparti, per lo più fedeli ai loro comandanti diretti. L’ordine di tregua fu efficacemente rispettato da tutti i gruppi armati, ma l’8 Marzo successivo Maskhadov rimase ucciso in uno scontro a fuoco con le forze federali nel villaggio di Tolstoy Yurt (o, secondo altri, cadde in un’imboscata in un’altra area della Cecenia per poi essere trasferito, già morto, nel villaggio a nord di Grozny). In osservanza col diritto di guerra della ChRI l’autorità suprema passò al successore di Maskhadov, Abdul – Halim Sadulayev.

ABDUL – HALIM SADULAYEV

Nato il 2 Giugno 1966 – Morto il 17 Giugno 2006

Durata del mandato: 8 Marzo 2005 – 17 Giugno 2006

Abdul – Halim Sadulayev in posa davanti alla bandiera della ChRI

Abdul – Halim Abusalamvic Sadulayev nacque ad Argun, in Cecenia, dopo che la sua famiglia era già tornata dall’esilio in Kazakistan. Fin da ragazzo si dedicò allo studio dell’Islam, imparando l’arabo e frequentando le massime autorità religiose della Cecenia. Allo scoppio della Rivoluzione Cecena si mise a disposizione del Comitato Esecutivo, e dal 1992 fu nominato parte della Commissione di Controllo del Municipio di Argun.

Allo scoppio della Prima Guerra Cecena si arruolò volontario nella milizia di Argun, Dal 1995 guidò la Squadra Investigativa Speciale sotto lo Stato Maggiore dell’esercito, diventando uomo fidato di Maskhadov. Dopo la guerra tornò a dedicarsi alla teologia, venendo nominato Vicedirettore della TV di Stato con delega agli affari religiosi. In questa veste tenne spesso sermoni serali molto apprezzati dalla popolazione. La sua fama di uomo equilibrato, anche allineato su posizioni rigorose, lo rese uno dei pochi leader della Repubblica apprezzati sia dai radicali che dai moderati. Nel 1999 Maskhadov lo nominò membro della Commissione responsabile della redazione di una nuova Costituzione islamica.

Sadulayev tiene uno dei suoi sermoni alla TV di stato cecena

Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena fu nominato Vice – Muftì, si arruolò nuovamente nella milizia di Argun e combattè in difesa della città. Quando questa cadde si trasferì con i resti del suo reparto sulle montagne, mettendosi a disposizione di Maskhadov. Agli inizi del 2002 questi lo nominò suo successore in caso di morte. Quando ciò avvenne, l’8 Marzo 2005, Sadulayev fu immediatamente riconsciuto da tutti i gruppi armati della resistenza come nuovo Presidente.

Egli tuttavia già da tempo maturava l’idea di estendere la ribellione cecena a tutto il Caucaso, trasformando la resistenza in un’insurrezione islamica generale. Questa sua politica lo portò a costituire il Fronte Caucasico, una sorta di sovrastruttura militare nella quale inserire anche i numerosi gruppi armati islamici che operavano fuori dal paese, non in favore del nazionalismo ceceno ma certamente contro l’imperialismo russo. Per effetto di questo l’asse politica della ChRI, già da tempo fortemente orientata verso il radicalismo islamico, si spostò talmente tanto verso l’insurrezionalismo fondamentalista da perdere sostanzialmente di consistenza. Sadulalyev si oppose per tutta la durata del suo mandato allo svolgimento di azioni terroristiche, ed effettivamente sotto la sua presidenza nessuna azione contro civili fu intrapresa dalle forze armate della ChRI.

Abdul – Halim Sadulayev legge un proclama in un videomessaggio

Il 17 Giugno 2006 Sadulayev fu intercettato alla periferia di Argun dai servizi federali, su delazione di uno dei suoi conoscenti. Coinvolto in uno scontro a fuoco, rimase ucciso nella sparatoria. Suo successore fu Dokku Umarov, già comandante sul campo delle principali formazioni combattenti della ChRI, nominato Naib nel 2005.

DOKKA UMAROV

Nato il 13 Aprile 1964 – Morto 7 Settembre 2013

Durata del mandato: 17 Giugno 2006 – 7 Ottobre 2007

Dokka Umarov in posa davanti alla bandiera del Fronte Caucasico

Dokka Khamarovic Umarov (soprannominato “Abu Usman” tra i mujahideen) nacque a Kharsenoy, nel distretto di Shatoi. Laureatosi in ingegneria all’Istituto Petrolifero di Grozny, visse in Russia, dove svolse attività imprenditoriali al limite (e talvolta oltre il limite) del legale. Rientrò in Cecenia nel 1992, a seguito di un’accusa di omicidio plurimo. Ruslan Gelayev, suo lontano parente, gli fornì una formazione ideologica e lo arruolò nel suo reggimento volontario, il Borz (“Lupo”).

Durante la Prima Guerra Cecena si distinse per la sua tenacia in combattimento, ma anche per la sua crudeltà nei confronti dei collaborazionisti. Dopo essere stato nominato da Maskhadov Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale si allineò sempre più sulla posizione dei radicali entrando in conflitto con il Presidente, il quale lo dimissionò da tutte le cariche nel 1998.

Dokka Umarov (con il cappello mimetico) siede insieme a Ruslan Gelayev (a sinistra) Abu Al Walid (al centro) e Shamil Basayev (a destra).

Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena rientrò nei ranghi della ChRI, distinguendosi nei combattimenti per la difesa di Grozny. Durante una sortita dalla città assediata rimase gravemente ferito al volto dall’esplosione di una mina, e dovette fuoriuscire dal paese per affrontare urgenti cure mediche. Rientrato in Cecenia divenne il comandante del Fronte Orientale della ChrRI, distinguendosi per l’attivismo del suo gruppo armato e per la sua partecipazione all’organizzazione di numerosi attentati terroristici sul suolo russo. Alla morte del suo “padrino” Ruslan Gelayev, nel 2004, prese il controllo dei resti della sua banda, costituendo il più importante distaccamento armato della ChRI. Nel 2005 il Presidente della Repubblica Abdul – Halim Sadulayev lo nominò suo Naib, cosicchè quando questi morì, il 14 Giugno 2006, Umarov gli successe alla guida della repubblica.

Fin dall’avvento di Sadulayev la ChRI era stata progressivamente svuotata di concretezza reale: le forze armate superstiti si erano unite alle bande insurrezionaliste islamiche sparse per tutto il Caucaso, costituendo il Fronte Caucasico. Umarov proseguì nella linea tracciata da Sadulayev, ed il 7 Ottobre 2007 proclamò l’annessione della ChRI al neonato Emirato Islamico del Caucaso Settentrionale, del quale si proclamò Emiro. I residui della vecchia repubblica, per lo più ex alti ufficiali residenti in Europa e negli Stati Uniti, ripudiarono la liquidazione della ChRI e costituirono un governo in esilio, ma si astennero dalla nomina di un nuovo Presidente della Repubblica, rimandandola alla fine delle ostilità con la Russia. Dal 2007 in poi le formazioni militanti operanti in Cecenia divennero dipendenti dall’Emirato del Caucaso Settentrionale, e ne condivisero la fine: l’insurrezione islamica paventata da Umarov non avvenne, e le bande armate si ridussero progressivamente di numero.

Dokka umarov, gravemente ferito, viene trasportato su una barella artigianale.

Lo stesso Umarov fu intercettato e avvelenato alla fine del 2009, ma riuscì a salvarsi. Individuato una seconda volta nel 2013 venne inseguito dall’aereonautica federale. Un missile teleguidato sul suo telefono satellitare cadde vicino a lui, ferendolo ad una gamba. Le forze federali impedirono in ogni modo che questi ricevesse supporto medico, così egli morì di cancrena sulle montagne sopra il villaggio ceceno di Salazhi.