9 – 11/01/2000: IL CONTRATTACCO DEI LUPI – La Battaglia DI ARGUN

Agli inizi di Gennaio del 2000 le forze federali avevano stretto Grozny sotto assedio. Per quanto i separatisti controllassero ancora la gran parte della città, la chiusura del fronte alle loro spalle aveva interrotto i rifornimenti che dalla gola dell’Argun e dalle altre regioni montuose della Cecenia raggiungevano le retrovie poste nei quartieri meridionali della capitale cecena. Nel tentativo di riaprire un corridoio utile a ripristinare i collegamenti, Maskhadov decise di lanciare una controffensiva in quello che sembrava essere il punto più debole dello schieramento federale: il cosiddetto “Triangolo” costituito dalle cittadine di Shali, Argun e Gudermes. L’azione sarebbe stata portata avanti dai raggruppamenti di Basayev, che avrebbe mosso una sortita da dentro Grozny verso Argun, e da Khattab, che avrebbe mosso dalla gola verso la cittadina. Una volta presa Argun, le forze separatiste avrebbero dovuto procedere verso Gudermes, impegnando i federali per il tempo necessario a far giungere a Grozny i rifornimenti necessari a proseguire l’assedio. Due raggruppamenti minori, guidati da Salambek Arsaev, e Ramzan Akhmadov, avrebbero fiancheggiato le due azioni principali: Arsaev avrebbe dovuto prendere Shali, mentre Akhmadov si sarebbe installato a Mesker – Yurt. In questo modo i due avrebbero presidiato i centri di collegamento tra le posizioni separatiste e la cittadina di Argun, tenendo aperto il corridoio più a lungo possibile. A confortare le speranze di Maskhadov c’era la percezione che l’anello di unità federali disposte a sud di Grozny non fosse così impermeabile: il 3 Gennaio, infatti, il raggruppamento al seguito del comandante di campo Arbi Baraev era riuscito ad eludere l’accerchiamento a Sud  – Ovest della città, raggiungendo incolume Alkan – Khala e da qui attraversando il Sunzha fino ad Alkhan – Yurt.

Per chi volesse approfondire raccomandiamo una delle principali fonti di ricerca in merito: https://lostarmour.info (CLICCA PER APRIRE)

POSIZIONAMENTO

I reparti della ChRI impiegati per l’operazione furono messi in moto nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio. Il primo a manovrare fu Akhmadov, al comando di un centinaio di uomini. Dopo essersi raggruppato all’imbocco della Gola di Argun, il suo gruppo si diresse su Mesker  -Yurt. Tuttavia, a causa del tempo avverso (nevicava copiosamente) e del fatto che gli uomini si muovessero in piena notte per evitare di essere individuati fece sì che anziché raggiungere l’obiettivo designato, Akhmadov si ritrovò nei dintorni del vicino villaggio di Germenchuk, qualche chilometro più a sud. Presa la strada per raggiungere Mesker – Yurt, lui e i suoi uomini si trovarono alle prime luci dell’alba a metà strada tra i due villaggi, e decisero così di acquartierarsi in un’area industriale semiabbandonata, dove avrebbero potuto attendere nuovamente il calare del buio per rimettersi in viaggio. Qui i militanti furono notati da alcuni civili, i quali presumibilmente allertarono le autorità federali. Pensando che si trattasse di un piccolo gruppo di sequestratori il comando russo inviò un plotone a “ripulire” l’area, ma questo venne ben presto ingaggiato e sopraffatto dagli uomini di Akhmadov. Un piccolo reparto di rinforzo giunto in soccorso fu costretto a ripiegare sotto il tiro dei lanciagranate. Oltre a 3 morti il plotone patì anche la presa di tre prigionieri, due dei quali sarebbero morti in cattività nelle settimane successive. Dopo aver respinto l’avanguardia federale Akhmadov si sbrigò a sloggiare dal suo nascondiglio, prevedendo l’arrivo di forze più consistenti appoggiate da carri armati. Queste effettivamente giunsero sul posto la mattina dopo, solo per constatare che i separatisti avevano già lasciato la posizione per iniziare il raid su Argun. Gli altri raggruppamenti al seguito di Khattab e Arsaev si posizionarono correttamente senza incontrare problemi: alcuni dei militanti giunsero in città nottetempo, altri si mischiarono alla popolazione e presero posizione ad Argun attendendo l’avvio dell’operazione.  

Video girato dai separatisti che mostra la situazione appena terminati gli scontri con le avanguardie federali nell’area industriale a nord di Germenchuk

L’ATTACCO

La mattina del 9 Gennaio tutte le unità si attivarono, prendendo rapidamente il controllo di Argun: le unità federali furono assediate nelle loro basi, mentre i separatisti occupavano l’area prospicienti la stazione ferroviaria, il ponte sul fiume Dzalkha, via d’accesso alla città da Est, e la strada di collegamento tra i villaggi di Mesker – Yurt e Tsotsin – Yurt. Gli uomini di Arsaev presero posizione a Shali. Circa 500 uomini armati, sotto l’abile direzione di Maskhadov e guidati sul campo da comandanti esperti, presero di sorpresa la guarnigione federale, anch’essa ammontante a non meno di 500 uomini ma per lo più concentrata nelle basi di acquartieramento. Lo scopo dei separatisti non era quello di annientare il contingente russo, quanto quello di costringerlo ad asserragliarsi sulle sue posizioni in modo da poter aprire la strada ai rifornimenti per la guarnigione di Grozny. Così sia i reparti appostati intorno alla stazione, sia quelli schierati intorno alla base militare di Argun mantennero un costante fuoco intimidatorio che costrinse i difensori a rimanere fermi, mentre le altre unità di Maskhadov prendevano posizione ad aprivano il varco. Le unità che si trovavano a passare nei paraggi finirono sotto i colpi dei lanciagranate. Alcuni reparti isolati tentarono di penetrare in città per dare man forte ai difensori, ma furono anch’essi sommersi dal tiro dei militanti.

Mentre ad Argun si consumavano le prime fasi dell’attacco, negli altri quadranti dell’operazione gli uomini di Maskhadov si preparavano a difendere le posizioni. Gli uomini di Akhmadov, raggiunta Meskher – Yurt, si posizionarono all’altezza del ponte sul fiume Dzhalka, dove intercettarono una colonna federale che si stava avvicinando al villaggio. L’attacco, quasi interamente ripreso dai suoi propagandisti, fu guidato da Khattab in persona: morirono almeno 17 miliari federali, e certamente di più furono i feriti. Non sono note le perdite tra i separatisti, anche se probabilmente non furono ingenti, data la totale impreparazione della colonna russa, la quale non stava muovendo consapevole dell’attacco.  Successivamente agli eventi Khattab avrebbe dichiarato l’uccisione di “centinaia” di soldati russi. La realtà è certamente diversa, ma sicuramente l’azione fu un pieno successo dei militanti. Una delle ultime vittorie sul campo prima della caduta di Grozny.

Ricostruzione grafica della Battaglia di Argun. Il rettangolo azzurro in alto a sinistra è la stazione ferroviaria, quello nel centro è il Quartier Generale delle forze federali in città. Le frecce arancioni segnano i punti nei quali i separatisti ingaggiarono i reparti inviati di soccorso, respingendoli.

IL FIASCO DI SHALI

A Shali, nel frattempo gli uomini di Arsaev erano entrati in azione, assediando la piccola guarnigione federale nella sua base. La cittadina era considerata il centro più facile da prendere, sia perchè era il più geograficamente vicino alle posizioni separatiste, sia perchè era il centro meno presidiato tra i tre. Tra i separatisti vi era la convinzione che le poche unità a difesa della base locale si sarebbero facilmente arrese se gli attaccanti avessero mostrato sufficiente forza. Di questo sembrava fermamente convinto Arsaev.

Dopo aver circondato il distaccamento nemico i separatisti inviarono un ultimatum, tramite il Capo di Stato Maggiore del reparto, Abdul Malik Mezhidov, invitando i russi ad arrendersi. Ricevuto un secco rifiuto dai difensori, i militanti rimasero ai margini della base avendo cura che il nemico non tentasse sortite. A poca distanza dalla base Arsaev organizzò una dimostrazione con i suoi uomini, schierandoli in piazza ed accogliendo anche numerosi simpatizzanti civili, volendo così dimostrare sia la fedeltà della popolazione ai separatisti, sia il numero dei suoi uomini, in grado di superare i federali di quattro o cinque volte. Il comandante della guarnigione russa decise allora di tentare una carta poco ortodossa, al limite (anzi, oltre il limite) del concesso. Consapevole di rischiare una strage di civili, chiese il supporto dell’artiglieria missilistica, la quale lanciò con estrema precisione un potente missile Tochka – U , in grado di polverizzare un intero edificio. Il missile centrò in pieno il raduno di Arsaev, provocando la morte di decine di militanti e di altrettanti civili. Non è dato sapere in quanti morirono, ma certamente non è assurda l’ipotesi che a perdere la vita fu almeno un centinaio di persone, in buona parte militanti separatisti. Diverse centinaia furono i feriti, tra i quali sicuramente moltissimi civili.

Arsaev tentò di vendicare l’azione lanciando rabbiosi attacchi contro la base federale, ma l’intervento dell’artiglieria, guidata sul campo dai difensori, impedì che i separatisti facessero progressi e scoraggiò molti di loro, i quali presero a ritirarsi fuori dalla città. I limitati successi ottenuti da Khattab ad Argun furono quindi rapidamente vanificati, ed i separatisti dovettero presto evacuare i loro obiettivi.

Video amatoriale che mostra i resti dei caduti federali durante gli scontri ad Argun

LA RISPOSTA RUSSA E LA FINE DELL’OFFENSIVA

L’avanzata di Basayev, in concomitanza con lo spostamento di unità federali intenti ad avanzare nei quartieri sud – orientali della città, aprì un corridoio che per due giorni permise l’arrivo di rifornimenti alla capitale assediata. Il sopraggiungere delle unità inviate da Mosca a chiudere il passaggio costrinse i reparti della ChRI ad indietreggiare, per poi disperdersi tra le colline e ricongiungersi nella Gola di Argun. Basayev, con i suoi uomini, rientrò in città, dove avrebbe sostenuto l’assedio fino alla fine di Gennaio. Le perdite russe ammontarono a più di ottanta morti e almeno un centinaio di feriti, ma i ceceni lasciarono sul campo almeno il doppio degli uomini, in buona parte combattenti di valore. Sul piano tattico, quindi, l’operazione fu un completo fallimento, e se servì a ritardare di quattro o cinque giorni l’assalto finale russo a Grozny, costò la vita a molti buoni combattenti ed un indurimento delle condizioni dei civili: per ordine del Comandante in Capo Kazantsev da ora in avanti soltanto i maschi al di sotto dei dieci anni o al di sopra dei sessanta sarebbero stati considerati rifugiati, e tutti gli altri avrebbero dovuto essere considerati “sospetti terroristi. D’altra parte l’offensiva ebbe un importante effetto propagandistico: per la prima volta dall’inizio della Seconda Guerra Cecena i separatisti erano tornati a prendere l’iniziativa, occupando due delle principali città del Paese e dimostrando all’opinione pubblica di essere ancora in grado di mettere in crisi la macchina bellica federale.

LE ELEZIONI DEL 1997 SULLE PAGINE DEL NEW YORK TIMES

Il 27 Gennaio 1997 in Ichkeria si tennero le prime elezioni dalla fine della guerra: la popolazione si recò in massa alle urne, vivendo quell’esperienza con grande passione e spirito partecipativo. La contesa vide confrontarsi i principali leader politici e militari della repubblica: Basayev, Yandarbiev, Ugudov, Zakayev, Arsanov, e ovviamente il grande favorito: l’ex Capo di Stato Maggiore dell’esercito separatista Aslan Maskhadov. Allineato su posizioni moderate, cui aderiva la maggioranza della popolazione civile (oltre che parte dell’establishment militare) egli fu in testa fin dall’inizio della campagna elettorale, conquistando infine quasi il 60% dei voti e lasciando in minoranza sia i dudaeviti radicali (rappresentati dall’ex Presidente ad Interim Zelimkha  Yandarbiev) sia l’ala militare oltranzista (rappresentata da Shamil Basayev). Un ciclo di articoli editi dal New York Times, dei quali pubblichiamo una traduzione, racconta le impressioni che il mondo occidentale ebbe di quei momenti così fatali per la storia postbellica della Repubblica Cecena di Ichkeria. Il link agli articoli in lingua originale sono reperibili quì:

Principali preoccupazioni degli elettori ceceni: ordine e stabilità

di Alessandra Stanley

24 GENNAIO 1997 – La guerra è finita ed ora la battaglia per il controllo della repubblica secessionista della Cecenia si sta conducendo sulle onde radio. In un piccolo canale di proprietà privata, Aslan Maskhadov, primo ministro e capo di stato maggiore delle forze cecene durante la guerra, fissa la telecamera indossando un maglione ed una giacca civile, e racconta lentamente la storia della sua vita, a partire dalla sua nascita e dalla giovinezza ai tentativi di entrare in un’accademia militare sovietica contro la volontà di sua madre. In un altro, il suo principale avversario, Shamil Basayev, il comandante ceceno che ha guidato la tragica presa di ostaggi nell’ospedale di Budennovsk nel giugno 1995, vie mostrato in una sorta di video musicale sulla jihad.  Immagini audaci di lui che affronta il governo russo a Budennovsk e che guida le truppe in battaglia a Grozny in stile montaggio – flash sullo sfondo di una musica popolare e marziale cecena.

Dopo 21 mesi di incessanti bombardamenti aerei e d’artiglieria, la Cecenia è un mosaico di edifici bruciati e macerie. Non c’è ancora acqua corrente e la gente fa la fila per ore per riempire i secchi dalle colonnine in strada. Ma l’elettricità è tornata nella maggior parte delle zone e le persone la usano principalmente per alimentare i loro televisori. Le elezioni cecene, [previste per] lunedì sono una campagna elettorale in stile anni ’90,  sullo sfondo di alcune delle peggiori distruzioni urbane dalla Seconda Guerra Mondiale.

Manifesto elettorale di Aslan Maskhadov

Ci sono 16 candidati alla presidenza, e tutti sostengono l’indipendenza dalla Russia. Sui volantini e i manifesti incollati sulle finestre sbarrate e gli edifici bombardati in tutta Grozny, i cinque principali candidati della campagna promettono tutti di ristabilire l’ordine. E tutti dicono di voler favorire l’instaurazione di una società islamica. Ma il background ed il temperamento dei due candidati più noti e favoriti, il signor Maskhadov ed il signor Basayev forniscono un netto contrasto.

Il signor Basayev, 32 anni, che è ancora il nemico pubblico numero 1 in Russia, simboleggia la sfida e il rischio. Il signor Maskhadov, 46 anni, che ha negoziato e firmato l’accordo che ha portato al ritiro della truppe russe, è a favore della moderazione e del compromesso. Stanche della guerra, per persone stanno affrontando una sconcertante, e a volte sgradevole competizione tra ex alleati che hanno combattuto insieme i russi e che ora combattono tra di loro. L’indipendenza, che la Russia rifiuta di accettare ma che la maggior parte dei ceceni da già per scontata, non è il tema principale della campagna. Lo sono l’ordine e la stabilità. I ceceni che sono sopravvissuti a malapena alla guerra ora sono terrorizzati dalla pace. “Ogni notte viviamo nella paura che i banditi battano alla nostra porta” dice Tarabek Dejetayeva, 40 anni, una donna cecena il cui quartiere, dove metà degli edifici rimangono rovine bombardate e dove non c’è più acqua corrente, è stato ripetutamente colpito da colpi dai colpi di arma da fuoco dei ladri. “Dobbiamo scegliere un uomo forte che possa fermarlo”. Dice che voterà per Mr. Basayev.

I pochi occidentali che ancora lavorano a Grozny sperano che un presidente democraticamente eletto possa ristabilire l’ordine. “Queste elezioni non cambieranno nulla riguardo lo status della Cecenia: lo stallo con la Russia rimarrà, non importa chi sarà il vincitore” dice Tim Guildimann, capo della missione a Grozny dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa [OSCE] che sta aiutando ad organizzare ed a monitorare le elezioni. “Al vincitore daranno la legittimità per garantire la stabilità all’interno della Repubblica”. Quando 60 osservatori dell’organizzazione europea arriveranno in Cecenia questo fine settimana per monitorare le elezioni, questi saranno scortati da guardie armate del governo ceceno.

Shamil Basayev tiene un comizio elettorale

I candidati parlano di legge ed orine. Mercoledì, durante una manifestazione a Starye Atagi, Shamil Basayev è salito sui gradini di una moschea e si è lamentato del fatto che il governo, guidato dal Presidente Zelimkhan Yandarbiev, non ha fatto nulla per fermare il crimine dilagante e la corruzione. Il signor Yandarbiev, che è anch’egli candidato di primo piano, sta correndo principalmente sulle orme di Dzhokhar M. Dudaev, il presidente ribelle ceceno che è stato ucciso lo scorso Aprile ed ha nominato Yandarbiev suo successore. In un enorme raduno commemorativo per il signor Dudaev oggi (dove è stato insignito del titolo postumo di Generalissimo) il signor Yandarbiev ha fatto pressione sulla sua forza ribattezzando Grozny, la capitale, in Dzhokhar – Ghala, “Città di Dzhokhar”.

Ma gli elettori parlano di criminalità dilagante e mancanza di controllo da parte del governo. Dal ritiro russo le fazioni rivali sono entrate in guerra per il controllo dei loro territori. Le rapine, i rapimenti e gli omicidi si sono moltiplicati. A Dicembre sei operatori della Croce Rossa sono stati uccisi da uomini armati spingendo tutti gli altri operatori stranieri a lasciare la Cecenia. Un sacerdote ortodosso russo è stato rapito due settimane fa. Due giornalisti russi sono scomparsi la scorsa settimana.

L’esuberante e popolare Mr. Basayev è forse il candidato più visibile, tiene raduni e discorsi in tutta la Cecenia. Il signor Maskhadov è forse il meno in evidenza. Ha interrotto tutte le campagne la scorsa settimana e ora trascorre le sue giornate in una casa pesantemente sorvegliata fuori Grozny, ricevendo gli anziani del villaggio. Oggi, in una breve intervista, era circondato da guardie del corpo armate mentre parlava delle sue preoccupazioni per la sicurezza, promettendo di raggruppare i combattenti ceceni in un esercito organizzato e di sciogliere i reparti che sarebbero rifiutati di arruolarsi. Uno dei suoi migliori aiutanti militari ha detto che Maskhadov aveva smesso di fare  campagna elettorale per motivi di sicurezza. “Secondo me la minaccia viene dalla parte russa”, ha detto l’assistente, Hussein Iskhanov. “Non è nell’interesse della Russia che Maskhadov vinca”.  In realtà i suoi rivali affermano che è una figura fin troppo conveniente per la Russia. Dipingono in signor Maskhadov come qualcuno che piegherà la schiena per compiacere Mosca. Il signor Basayev al contrario dice che solo lui può costringere la Russia a concedere l’indipedenza alla Cecenia. “Con me la Russia ha solo una scelta: lasciarci in pace”, ha detto ai suoi sostenitori. “Con Yandarbiev ne hanno sette, con Maskhadov nove o dieci.”

Movladi Ugudov (a sinistra) e Shamil Basayev (a destra) durante un dibattito per le elezioni del Gennaio 1997

Ma molti in Cecenia favoriscono il signor Maskhadov proprio perché è meno intransigente del signor Basayevv – ed ha meno probabilità di provocare Mosca. “Sono per Maskhadov, è istruito, è civile ed è per la pace: è lui che ha firmato la pace coi russi” dice Leila Khuchiyeva, una donna cecena che vende pane in un mercato di strada. “Basayev è un eroe nazionale, ma non è un presidente”. Tutti i favoriti sono eroi di guerra, ma hanno dimostrato capacità mediatica in tempo di pace. Istruita dagli europei, la commissione elettorale cecena ha stabilito un regolamento che assegna a ciascun candidato circa 3.000 dollari per coprire i costi della campagna elettorale e 20 minuti di trasmissione gratuita alla televisione ed alla radio del governo. C’è un limite di spesa di centomila dollari, ma la commissione ha poca capacità di monitorare le spese effettive. E alcuni candidati hanno più “tempo uguale” di altri. Il signor Basayev ha il suo canale televisivo, una minuscola stazione a basso costo di proprietà di un uomo d’affari. Il signor Maskhadov ha anch’egli una stazione privata a sua disposizione, anch’essa di proprietà di un uomo d’affari che sostiene la sua candidatura. Il signor Yandarbiev si avvale liberamente del canale governativo. Non ci sono sondaggi affidabili, ma alcuni analisti politici affermano che il signor Basayev stia guadagnando rapidamente su Maskhadov.