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DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (TERZA PARTE, 1995 – 1996)

LA MAGISTRATURA DI GUERRA

Lo scoppio della guerra civile, nel Settembre 1994 e poi della Prima Guerra Cecena fecero sì che quel poco di sistema giuridico sopravvissuto alla Rivoluzione Cecena ed alla Dittatura di Dudaev si dissolvessero. Su ordine di Dudaev, allo scoppio delle ostilità con la Russia, nel Dicembre 1994, l’amministrazione della giustizia passò alla Commissione Giudiziaria Perentoria (ChSBSK), costituita in accordo con il Parlamento il 20 Dicembre 1994 (e confermata come valida dal Parlamento di seconda convocazione il 9 Giugno 1998). Da quel momento i tribunali ordinari cessarono di essere riconosciuti in tutta la Repubblica (eventualità quantomai speculativa, stante il fatto che entro il Maggio 1995 il governo Dudaev non avrebbe avuto comunque alcuna autorità sulle istituzioni operanti in Cecenia) e l’amministrazione della giustizia fu affidata a commissari nominati dal governo con ampie deleghe operative. La Commissione Giudiziaria Perentoria avrebbe dovuto operare principalmente nei riguardi di colpevoli di reati militari (dal collaborazionismo alla violazione delle leggi di guerra, al saccheggio, all’appropriazione indebita, al tradimento). Braccio armato della Commissione Giudiziaria sarebbe stato il Dipartimento per la Sicurezza dello Stato (per approfondire leggi l’articolo QUI).

Per l’amministrazione civile nei territori ancora sotto il controllo separatista (i quali, dalla Primavera del 1996, si estesero esponenzialmente) Dudaev si risolse a introdurre il 23 Marzo 1995 i tribunali della Sharia, provvedimento discusso ed approvato dal Congresso Nazionale Ceceno (OKChN) tenutosi in clandestinità il 9 Marzo precedente (per approfondire, leggi l’articolo sull’OKChN, QUI). Nella prospettiva di Dudaev, questi tribunali avrebbero dovuto operare in parallelo o in sostituzione alle corti di giustizia ordinarie, colmando i prevedibili vuoti che lo stato di guerra avrebbe determinato in questo settore. La Sharia divenne quindi il principio giuridico al quale le formazioni armate separatiste si allinearono, in assenza di istituzioni secolari funzionanti. Questo provvedimento, se pure garantì una certa disciplina alle bande e una parvenza di legalità nei territori da queste controllati, costituì un pericoloso precedente che, come vedremo, avrebbe determinato l’evoluzione in senso confessionale della magistratura cecena.

I tirbunali della Sharia operanti in tempo di guerra seguivano una procedura semplificata. Il dibattito tra le parti era praticamente assente, l’imputato non aveva alcun difensore, la decisione del tribunale era definitiva e non soggetta ad appello. Le sentenze di morte venivano eseguite, di regola, immediatamente. Un esempio di processo di questo tipo fu filmato nel 1996, quando il prefetto dell’amministrazione filo – russa di Vedeno, Amir Zagayev, fu catturato, processato sommariamente da Shamil Basayev in veste di giudice e fucilato sul posto.

Un tribunale militare della Sharia, presieduto da Shamil Basayev, condanna a morte il prefetto filo – russo Amir Zagayev alla fucilazione, 1996

Quando, a seguito dell’Operazione Jihad, i separatisti ripresero il controllo di Grozny e di gran parte della Cecenia, per il governo della ChRI si pose il problema di costituire un’amministrazione provvisoria che garantisse un minimo di ordine in attesa che le vecchie strutture dello Stato ricominciassero a funzionare. Nell’Agosto del 1996 Dudaev era già morto, e gli era succeduto il Vicepresidente in carica, Zelimkhan Yandarbiev. Egli stava già lavorando ad una radicale riforma della giustizia, ma sul momento decise di risolvere il problema in maniera pragmatica, e l’8 Agosto 1996 nominò un Tribunale Militare responsabile dell’applicazione della legge a Grozny per tutto il periodo di “interregno” tra il governo filo – russo, ormai in procinto di essere sciolto, ed il nuovo governo separatista. A presiderlo Yandarbiev chiamò il Generale di Brigata Aslambek Ismailov, nel frattempo nominato anche “Comandante Miliare della Città”. Durante il periodo di attività la corte emise un totale di 12 condanne a morte, comminate senza possibilità di ricorso in processi nei quali agli accusati non fu fornito un difensore, neanche d’ufficio, e al termine dei quali non fu permesso ai condannati presentare domanda di grazia, commutazione della pena o ricorso ad un tribunale superiore allo scopo di riesaminare il loro caso.

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LA MAGISTRATURA ISLAMICA

L’introduzione della Sharia era in evidente contraddizione con la Costituzione promulgata nel 1992, la quale decretava all’articolo 94: “Il potere giudiziario nella Repubblica cecena è esercitato solo dal tribunale e agisce indipendentemente dai poteri legislativo ed esecutivo, nonché da partiti, associazioni e movimenti pubblici. Nessuno, ad eccezione degli organi giudiziari stipulati dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica cecena, ha il diritto di assumere le funzioni e i poteri del potere giudiziario. La magistratura ha come scopo la protezione del sistema costituzionale della Repubblica cecena, i diritti e le libertà dei cittadini, il controllo sulla corretta applicazione e applicazione delle leggi e degli atti del ramo esecutivo, della Costituzione della Repubblica cecena.”

In particolare poi, l’introduzione della legge islamica andava direttamente contro numerosi articoli della Costituzione, in particolare:

Articolo 17: “La Repubblica Cecena riconosce i diritti naturali e inalienabili per ogni cittadino. Essa garantisce e protegge questi diritti, garantisce l’adempimento da parte dei cittadini dei loro doveri. I diritti, le libertà e i doveri dei cittadini della Repubblica Cecena non possono essere annullati o limitati, ed i loro doveri ampliati da altri atti e azioni. I regolamenti che riducono o limitano i diritti e le libertà legati dei cittadini non hanno valore legale.”

Articolo 19: “Il cittadino e lo stato sono vincolati da diritti e responsabilità reciproci. Gli enti ed i funzionari statali sono tenuti a garantire e proteggere i diritti e le libertà dei cittadini, e ad incoraggiare la azioni pubbliche sui diritti umani.”

Articolo 21: “Tutti i cittadini della Repubblica Cecena sono uguali davanti alla legge e, in tribunale, hanno uguale diritto alla difesa, indipendentemente da nazionalità, razza, origine sociale, genere, lingua, religione, luogo di residenza, status di proprietà, convinzioni politiche e di altro tipo, affiliazione a partito o altre circostanze. […].”

Articolo 22: “Uomini e donne hanno gli stessi diritti e libertà.”

Articolo 26: “I cittadini della Repubblica Cecena hanno diritto di lavorare. […]”.

Articolo 38: “La Repubblica Cecena riconosce e rispetta il diritto di ogni persona alla vita. Nessuno può essere privato della vita. La pena di morte è applicata solo a una sentenza del tribunale, come misura eccezionale di punizione per reati particolarmente gravi. […].”

Articolo 39: “L’onore e la dignità di un individuo devono essere protetti dalla legge. Qualsiasi interferenza arbitraria nella sfera della vita personale è illegale. Una persona privata della libertà ha diritto ad un trattamento umano. Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti disumani o degradanti. Le prove ottenute illegalmente sono riconosciute nulle.”

In sostanza l’introduzione dei tribunali della Sharia contraddiceva la quasi totalità della Costituzione, creando uno stato giuridico pesantemente alterato nel quale le istituzioni della Repubblica operavano in netta contraddizione con la carta fondamentale che le legittimava.

Aslambek Ismailov, Generale di Brigata, nell’Agosto del 1996 fu comandante militare della città di Grozny. In questa veste presiedette il tribunale militare responsabile dell’applicazione della giustizia nel periodo di transizione, dall’8 al 26 Agosto 1996.

LA DEMOLIZIONE DEL SISTEMA SECOLARE

Tra il 1995 ed il 1999 il sistema giuridico fu modificato con 15 provvedimenti aventi valore legale, che riportiamo di seguito:

  • Decreto del Presidente della ChRI 18 del 23 Marzo 1995 Sui tribunali della Sharia
  • Decreto del Presidente della ChRi 82 dell’8 Luglio 1996 Sul codice penale della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 138 del 30 Settembre 1996 Sull’istituzione dei tribunali arbitrali della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 191 del 12 Novembre 1996 Sull’abolizione del Decreto Presidenziale del 28 Maggio 1993, numero 45 riguardante lo scioglimento della Corte Costituzionale della Repubblica Cecena
  • Decreto del Presidente della ChRI 209/37 dl 24 Novembre 1996 Sul riordino dei sistemi della Magistratura nella Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 226 del 2 Dicembre 1996 Sulla creazione della Guardia della Sharia sotto il Presidente della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 246 del 16 Dicembre 1996 Sulla Suprema Corte Arbitrale della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 247 del 16 Dicembre 1996 Sul riordino della magistratura nella Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 20 del 15 Gennaio 1997 Sull’ordinamento giudiziario della CRI
  • Decreto del Presidente della CRI 375 del 16 Agosto 1997 Sull’allontanamento del personale, dei presidenti e dei giudici dei tribunali distrettuali, cittadini e regionali della Shariah, e del Tribunale Militare della ChRI
  • Decreto del Presidente della ChRI 376 del 16 Agosto 1997 Su emendamenti e integrazioni ai decreti presidenziali 18 del 23 Marzo 1995 sulle corti della Sharia e 209/37 del 24 Novembre 1996 “Sull’istituzione dei tribunali della Sharia e l’introduzione di azioni di procedura giudiziaria della Sharia in tutto il territorio della ChRI”, 247 del 16 Dicembre 1996 “Sulla riorganizzazione del sistema giudiziario nella Repubblica Cecena di Ichkeria” e 20 del 15 Gennaio 1997 “Sul sistema giudiziario della ChRI”
  • Decreto del Presidente della ChRI 377 del 16 Agosto 1997 Sulla approvazione della composizione dei presidenti della Corte Suprema della Sharia della ChRI, delle corti regionali, cittadine, dei tribunali regionali della Sharia, del Tribunale Militare della Repubblica Cecena di Ichkeria, dei loro sostituti e dei giudici della Corte Suprema della Sharia, delle corti distrettuali, cittadine e regionali
  • Decreto del Presidente della ChRi 39 del 3 Febbraio 1999  Sull’introduzione della piena regola della Sharia nel territorio della Repubblica Cecena di Ichkeria
  • Decreto del Presidente della ChRI 73 del 5 Febbraio 1997 Sul riconoscimento di diritti aggiuntivi al tribunale della Sharia
  • Decreto del Presidente della ChRI 46 dell’8 Febbraio 1999 Sulla costituzione della Sharia

IL GOVERNO YANDARBIEV

Del primo decreto abbiamo già parlato, ed è afferente al “governo di guerra” di Dudaev. Partiamo dal secondo, varato da Yandarbiev, il quale stabiliva l’istituzione di un nuovo codice penale in vigore in tutta la repubblica. Esso fu sviluppato intorno a precedenti testi provenienti da altri paesi islamici che avevano introdotto elementi confessionali nel loro corpus giuridico. Il testo che ne venne fuori era un corpus giuridico fuori dal tempo. Esso era concepito secondo una logica medievale, irrispettosa dei più basilari diritti civili e addirittura diritti umani. La pena di morte era prevista per una vasta gamma di reati, ed era da eseguirsi per fucilazione, per decapitazione e addirittura per lapidazione, o per contrappasso in analogia con il crimine compiuto dal condannato. A questa si aggiungevano la reclusione fino a 20 anni, l’esilio, la sanzione pecuniaria, la confisca o la distruzione delle proprietà. Erano previste anche punizioni corporali come quaranta colpi di bastone per il consumo di bevande alcoliche, ma soltanto qualora il colpevole fosse musulmano. Qualora non lo fosse, la pena era commutata in reclusione non oltre un mese.

Alcuni articoli, oltre ad essere di difficile applicazione pratica, violavano apertamente il diritto internazionale: ad esempio, era previsto che qualora un cittadino ceceno avesse compiuto atti illegali al di fuori dei confini dello Stato, esso sarebbe stato perseguibile anche all’estero dalla magistratura Cecena. Un principio, questo, gravemente lesivo della sovranità degli stati oggetto delle “attenzioni” della giustizia della ChRI. In generale l’impianto del codice penale era rivolto alla preservazione dell’autorità dello Stato e della società, mentre solo pochi articoli erano dedicati al trattamento dei crimini contro la persona. In questo senso nulla di strano, considerata la natura confessionale del Codice Penale, chiaramente orientato all’imposizione della norma comunitaria sulla libertà individuale. Per conseguenza tutti i “crimini” connessi all’asocialità nel senso religioso del termine, come bere alcolici, commettere apostasia, adulterio, gioco d’azzardo e via dicendo erano puniti in quanti lesivi della dignità comunitaria. 

Zelimkhan Yandarbiev . Divenuto Presidente ad interim a seguito della morte di Dzhokhar Dudaev, mantenne l’incarico fino alle elezioni del Gennaio 1997. Sotto la sua presidenza la ChRI subì un forte impulso verso l’islamizzazione dello stato, con l’introduzione del nuovo Codice Penale e l’istituzionalizzazione dei tribunali della Sharia.

Come abbiamo visto il decreto è datato 8 Luglio. In effetti il Codice Penale entrò in vigore soltanto il 7 Agosto, a seguito degli Accordi di Khasavyurt: con questo gesto Yandarbiev volle testimoniare la pienezza della sovranità Cecena conquistata con la vittoria militare sulla Russia. Interrogato su quale fosse la direzione che lo Stato indipendente avrebbe dovuto prendere egli rispose: “la creazione di uno stato ceceno indipendente è possibile soltanto su base islamica”. La posizione di Yandarbiev era sostenuta da tutta l’ala radicale del nazionalismo ceceno, in particolare dall’allora Ministro dell’Informazione e della Stampa (poi Ministro degli Esteri) Movladi Ugudov, il quale ebbe ad affermare: “il cosiddetto diritto romano, ampiamente praticato nel mondo, è innaturale per la natura cecena. Non è percepito da molti, e quindi è violato. Nella costruzione della legislazione dobbiamo trovare una base che le persone possano adottare. L’islam è la base giusta per il popolo ceceno. Altrimenti avremo una massa armata incontrollabile, che creerà problemi per tutti, anche per la Russia.”

Yandarbiev volle dotare il sistema giudiziario anche di un autonomo corpo di polizia. Il 2 Dicembre 1996, con Decreto numero 226, egli fondò quindi la “Guardia della Sharia”, la quale divenne il braccio armato della giustizia religiosa. A questa si aggiunse il cosiddetto “Reggimento Islamico di Scopo Speciale (IPON)” formazione paramilitare seguace della Corte Suprema della Sharia, la cui costituzione era stata voluta e sponsorizzata dallo stesso Yandarbiev. Le due formazioni avrebbero continuato ad operare come corpi dello Stato fino al Giugno del 1998 quando, dopo la Battaglia di Gudermes (scatenata proprio da elementi della Guardia della Sharia), Maskhadov li avrebbe sciolti per attività antistatale. Durante questo periodo i reparti della polizia religiosa si sovrapposero a quelli ordinari, generando spesso caos sociale e determinando la reazione, talvolta violenta, della popolazione civile. La Guardia della Sharia, infatti, lungi dall’eseguire i compiti di ordinaria amministrazione cui era destinata (presidio delle strutture detentive, difesa degli edifici pubblici, scorta dei funzionari e degli imputati) si occupava principalmente di funzionare come una sorta di polizia religiosa, compiendo raid nelle città e nei villaggi al fine di punire in via esemplare i consumatori di alcolici, i fumatori, le donne che non si adeguavano ai dettami islamici nel vestire e nel comportamento.

Il video mostra l’esecuzione di una pena corporale inflitta dalla polizia religiosa nella Cecenia postbellica. A causa della durezza delle immagini esso è visualizzabile soltanto ad un pubblico maggiorenne .

DAI TRIBUNALI ALLE CORTI ISLAMICHE: IL SISTEMA GIUDIZIARIO IN ICHKERIA (PRIMA PARTE, 1991 – 1992)

INTRODUZIONE

Uno dei caratteri fondamentali di uno Stato di diritto funzionante è la sua capacità di esercitare la sovranità tramite l’imposizione della legge, l’efficacia nella sua applicazione e il potere di farla rispettare, punendo coloro che la infrangono. Non è un caso, quindi, che il potere giudiziario sia considerato ugualmente importante rispetto a quello legislativo ed a quello esecutivo. In uno stato di diritto romano, questo potere è più efficace quanto più è indipendente dagli altri due: solo in questo modo, infatti, uno Stato può garantire ai suoi cittadini il rispetto delle loro libertà senza ledere gli interessi comuni, e viceversa.

Fin dalla Rivoluzione Cecena l’autorità politica che si insediò al posto della vecchia nomenklatura sovietica si pose il problema di garantire al nascente stato indipendente una magistratura equa e funzionante, precondizione essenziale al mantenimento dell’ordine sociale in un momento particolarmente critico per il Paese, generato in parte dai sommovimenti politici e sociali conseguenti alla caduta del comunismo, in parte dallo stato di prostrazione economica nel quale si trovò tutto lo spazio ex – sovietico, Cecenia compresa.

Gli articoli che seguono ripercorrono la storia della Magistratura nella Repubblica Cecena di Ichkeria, secondo un percorso che attraversa essenzialmente tre fasi:

  • Il periodo tra il 1991 ed il 1995, caratterizzato a sua volta da una fase di “transizione” durante la quale vennero mantenute le precedenti strutture sovietica, ed una fase “di regime” durante la quale si tentò una prudente riforma del sistema in un difficile contesto di crisi politica ed istituzionale;
  • Il periodo tra il 1995 ed il 1996, definito di “magistratura di guerra” durante il quale il governo in clandestinità organizzò il comparto giudiziario come un’appendice delle forze armate, introducendo i primi elementi di diritto islamico e le prime corti della Sharia;
  • Il periodo tra il 1996 ed il 1999, durante il quale il governo centrale tentò di introdurre il diritto islamico dapprima in parallelo, poi in sostituzione di quello secolare, avviando un processo di confessionalizzazione dello stato interrotto dallo scoppio della Seconda Guerra Cecena.

Un quarto periodo che ci riserviamo di analizzare qualora emergessero sufficienti prove documentarie sarebbe quello della seconda “magistratura di guerra” operante tra il 2000 ed il 2007. Purtroppo per questo periodo possiamo soltanto abbozzare alcune supposizioni, non essendo reperibili fonti sufficientemente attendibili né documenti originali che sia possibile consultare.

LA RIVOLUZIONE CECENA

Lo scoppio della Rivoluzione Cecena e la dichiarazione di indipendenza che ne seguì sancirono l’avvento dello Stato ceceno indipendente. Fin dai primi giorni di insediamento, il Presidente Dudaev ed il Parlamento si trovarono davanti a molteplici criticità, una delle più gravi delle quali era determinata dall’improvviso afflosciarsi di tutte le strutture giudiziarie e di ordine pubblico necessarie a mantenere la pace sociale. Durante i mesi confusi di Settembre ed Ottobre 1991, infatti, i tribunali avevano sostanzialmente smesso di funzionare, il KGB, organismo repressivo al servizio del potere sovietico, era stato smantellato dai rivoltosi e gli edifici dov’erano acquartierati i suoi funzionari occupati, la polizia era rimasta acquartierata nelle caserme o si era unita alla rivolta, e le stesse carceri erano state abbandonate, provocando la fuoriuscita di centinaia di detenuti (alcuni dei quali erano addirittura finiti a rinfoltire i ranghi della nascente Guardia Nazionale). Gli assalti alle caserme ed ai depositi militari, inizialmente episodi isolati, erano divenuti una piaga endemica, attraverso la quale migliaia di armi da guerra affluivano sul mercato nero, o finivano distribuiti tra la popolazione. La crisi dello Stato di Emergenza del Novembre seguente e la distribuzione delle armi ai civili operata dal governo rivoluzionario avevano aggravato ulteriormente il problema, facendo si che, alla dichiarazione di indipendenza, centinaia di giovani ceceni girassero per Grozny armati fino ai denti, festeggiando con una sarabanda di colpi in aria l’elezione di Dudaev alla Presidenza della Repubblica.

Il Palazzo del KGB di Grozny nel 1988

Le nuove autorità politiche, ancorchè nate da una rivoluzione e quindi piuttosto a loro agio tra i miliziani armati, erano coscienti che una situazione di diffusa impunità, la libera circolazione di armi da guerra e l’assenza del potere coercitivo dello Stato avrebbero potuto ben presto produrre uno stato di anarchia militare ingovernabile. Per questo motivo sia il Parlamento che la Presidenza della Repubblica si dettero da fare per dare un ordine al Paese e disarmare nel limite del possibile la popolazione civile, per poi procedere alla riattivazione della magistratura e riportare la situazione del comparto giudiziario alla normalità.

La soluzione di questi problemi rappresentò il primo terreno di uno scontro istituzionale che avrebbe accompagnato la Repubblica Cecena (non ancora “Di Ichkeria”) per tutto il 1992, creando i presupposti per la crisi istituzionale che avrebbe portato al Colpo di Stato del 4 Giugno 1993 ed alla dittatura del Generale Dudaev. Fin da subito, infatti, le due istituzioni tentarono di prendere il controllo della Magistratura, e delle unità armate ad essa collegate: il Parlamento costituì un Servizio di Sicurezza Nazionale alle dipendenze del Deputato Ibragim Suleimenov, mentre parallelamente Dudaev ne costituì un doppione a lui fedele, mettendo al comando il potente Sultan Albakov. Il Parlamento premeva per la requisizione delle armi da fuoco e per una legge che disciplinasse rigidamente il suo possesso, mentre Dudaev, con il Decreto 05 del 16/12/1991 ne consentì la detenzione a tutti i cittadini ceceni, “Nel rispetto delle tradizioni storiche dei Vaynakh, dello stile di vita sociale e dello stile di vita dei popoli della Repubblica Cecena, riconoscendo il diritto inalienabile e naturale dei cittadini all’autodifesa ed alla protezione dalle aggressioni criminali.”

Dzhokhar Dudaev, primo Presidente della Repubblica cecena indipendente. Nel Dicembre del 1991 riconobbe a tutti i ceceni il diritto di possedere armi da fuoco, in ossequio alla tradizione Vaynakh

Il terreno dell’ordinamento giudiziario rimase, per il momento, neutrale: entrambe le parti concordarono sulla necessità di guadagnare il tempo necessario a riformare il sistema, senza lasciare il paese nell’anarchia: fu così stabili che, una volta promulgata la Costituzione, il corpus delle leggi relative sarebbe stato aggiornato progressivamente. Nel frattempo sarebbero rimaste in vigore tutte le normative non in contrasto con la Costituzione, o con la Dichiarazione di Indipendenza. La magistratura passò, così, sotto il controllo del governo separatista senza subire apparenti modifiche strutturali.

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IL PERIODO REPUBBLICANO

Con la promulgazione della Costituzione (12 Marzo 1992) lo Stato indipendente ceceno si dotò della sua carta fondamentale. Gli articoli riguardanti il potere giudiziario erano contenuti nell’ultima sezione (articoli 94 – 116) e configuravano la magistratura secondo un modello secolarizzato, mutuato in parte dalla vecchia istituzione sovietica e in parte da quello proposto dalle democrazie occidentali. Fulcro del sistema era l’Articolo 94, il quale citava:

 “Il potere giudiziario nella Repubblica cecena è esercitato solo dal tribunale e agisce indipendentemente dai poteri legislativo ed esecutivo, nonché da partiti, associazioni e movimenti pubblici. Nessuno, ad eccezione degli organi giudiziari stipulati dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica cecena, ha il diritto di assumere le funzioni e i poteri del potere giudiziario. La magistratura ha come scopo la protezione del sistema costituzionale della Repubblica cecena, i diritti e le libertà dei cittadini, il controllo sulla corretta applicazione e applicazione delle leggi e degli atti del ramo esecutivo, della Costituzione della Repubblica cecena.”.

Negli altri articoli erano approfonditi il ruolo che la magistratura avrebbe dovuto avere ed i poteri gli erano attribuiti. Senza citarli uno per uno (per approfondire è possibile leggere la costituzione integrale, tradotta e commentata, QUI) il potere giudiziario aveva tra i suoi compiti, oltre all’amministrazione della giustizia: il controllo sul rispetto dell’ordine costituzionale, la verifica della legalità e della validità delle delibere e delle azioni di agenzie e funzionari governativi, l’indagine e il giudizio su illeciti operati nell’esercizio delle funzioni da parte dei tribunali, nonché la partecipazione alla formazione degli organici della magistratura stessa. Al vertice del potere giudiziario della Repubblica Cecena erano previste tre istituzioni: la Corte Costituzionale, la Corte Arbitrale e la Corte Suprema. La prima avrebbe dovuto fungere da controllore dell’ordine costituzionale, ed esercitare diritto irrevocabile di giudizio sulla costituzionalità degli atti normativi e dei decreti legge varati dal Presidente della Repubblica. La seconda avrebbe dovuto fungere da Corte d’Appello per questioni di natura civile e patrimoniale. La terza, supremo organo giudiziario, avrebbe rappresentato il vertice della Magistratura, esercitando funzione nomofilattica (cioè garantendo identità di interpretazione delle norme giuridiche) e di giudice di ultima istanza.

I vertici del Parlamento di Prima Convocazione. Da sinistra a destra Bektimar Mezhidov (Vicepresidente), Hussein Akmadov (Presidente), Magomed Gushakayev (Vicepresidente)

Come abbiamo già detto, la Costituzione appena varata mancava delle necessarie connessioni con il precedente sistema di epoca sovietica, cosicché per tutto il 1992 il Parlamento lavorò affinché entrassero in vigore i regolamenti e le leggi attuative necessarie a mettere in connessione la carta fondamentale con il sistema giudiziario ereditato dalla vecchia RSSA Ceceno – Inguscia. In questo seno le 3 leggi fondamentali varate nel corso di quell’anno furono le seguenti:

  • “Sulla Corte Costituzionale della Repubblica Cecena” (7 Luglio 1992)
  • “Sullo status dei giudici nella Repubblica Cecena” (12 Novembre 1992)
  • “Sul sistema giudiziario nella Repubblica Cecena” (19 Novembre 1992)

La prima, composta da 89 articoli, regolamentava l’attività della Corte Costituzionale, organo costituito per proteggere l’integrità dello Stato e garantire una corretta interpretazione della Costituzione, prevenendo la Repubblica da iniziative incostituzionali o in contrasto con il principio della separazione dei poteri.

La seconda, composta da 20 articoli, regolava le prerogative, i diritti e i doveri dei magistrati.

La terza, infine, era una ampia legiferazione composta da 5 sezioni e 68 articoli, ed intendeva riorganizzare l’intero potere giudiziario, riordinando le norme di base, i compiti di giudici e procuratori, il sistema di lavoro dei tribunali e delle cancellerie.

IL CONFLITTO TRA PRESIDENTE E PARLAMENTO

Mentre il Parlamento lavorava alla costruzione del sistema legale alla base della magistratura, i primi attriti iniziarono a consumarsi tra questo e il Presidente della Repubblica, Dzhokhar Dudaev, il quale intendeva anch’egli avere un ruolo centrale nella formazione del potere giudiziario, e ancora di più nell’attribuzione in capo ad esso di uomini di sua fiducia. Il primo scontro si ebbe allorchè il Presidente nominò, senza il preventivo consenso del Parlamento, l’ex funzionario del Ministero della Protezione Sociale della RSSA Ceceno – Inguscia, il trentacinquenne Usman Imaev, alla carica di Ministro della Giustizia, incaricandolo di redigere una bozza di riforma della giustizia da pensarsi in ragione non soltanto del diritto romano, ma anche del diritto consuetudinario ceceno, il cosiddetto Adat. Il Parlamento si oppose a questa nomina, non convalidandola. Intenzionato a far valere le sue ragioni, Dudaev pochi giorni dopo istituì il “Comitato per la Riforma Giuridica sotto il Presidente della Repubblica”, aggirando di fatto la legge che imponeva l’approvazione parlamentare per i ministri proposti dal Presidente. Egli, infatti, pur non potendo nominare ministri a suo piacimento, aveva pieni poteri nella costituzione di comitati di Stato e nella formulazione dei loro regolamenti. Così Dudaev lasciò vacante il Ministero della Giustizia e costituì un comitato dotato di poteri equivalenti, alla cui presidenza pose lo stesso Imaev, lasciando impotente l’assemblea legislativa.

Usman Imaev

Con l’Ordine Presidenziale n° 4 (“Sulle misure per garantire il corretto funzionamento del Comitato Nazionale per la Riforma Giuridica” del 27 Gennaio 1992) Dudaev dotò la nuova struttura di una voce di spesa autonoma dal bilancio pubblico con la quale poté aggirare il pericolo che il Parlamento bloccasse i fondi del Ministero della Giustizia. Uno dei primi provvedimenti suggeriti dal Comitato e prontamente recepiti da Dudaev fu l’adeguamento della tassazione pubblica sugli atti giudiziari e notarili alla situazione economica contingente, all’epoca estremamente precaria, della maggioranza della popolazione. Con un Decreto del 24 Marzo 1992 “Sulle aliquote di dazio statale da addebitarsi sulle domande e sui reclami presentati in tribunale, nonché sulle imposte degli atti notarili e dello stato civile” Dudaev ordinò la calmierazione delle relative tasse. Questo facilitò certamente il ricorso al sistema giudiziario da parte dei cittadini, ma creò conseguentemente un buco nel bilancio a disposizione dei tribunali, i quali si trovarono ben presto in condizione di grave indigenza e carenza di risorse anche per le più elementari necessità ordinarie.

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