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Ieri Bamut, oggi Bakhmut. Indietro al 1995, un’altra fortezza che non si arrese ai russi

L’assonanza è soltanto fonetica, ma il significato storico è impressionante, se si considera che la Bamut del 1995, così come la Bakhmut del 2023, segnò l’arresto di una avanzata che sembrava inarrestabile, imbarazzò l’esercito russo di fronte al mondo e ispirò tutta la nazione (cecena allora, ucraina oggi) a resistere all’invasione. Quello che segue è un estratto dal secondo volume di “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria”.

Bamut


Mentre il Gruppo di Combattimento Sever prendeva Argun, Gudermes e Shali e respingeva i dudaeviti verso il ridotto montano, ad Ovest ilGruppo di Combattimento Jug avanzava verso gli obiettivi designati. Di fronte aveva i reparti ceceni organizzati nel Fronte di Bamut, un’unità composita ma combattiva al comando di Ruslan Khaikhoroev. Il reparto era inizialmente composto da circa 200 volontari, ma per la fine di marzo, con l’arrivo del Reggimento Galachozh al comando di Khizir Khachukayev, si era già ingrossato giungendo a toccare i quattrocento miliziani. Alla metà di marzo 1995 ancora nessuno degli obiettivi prefissati per il Gruppo Jug era stato raggiunto, malgrado l’artiglieria avesse martellato quasi tutte le cittadine al fronte. La posizione cecena era favorevole, ancorché defilata rispetto alla linea principale delle operazioni. Il villaggio di Bamut, infatti, giaceva all’imbocco di una stretta gola, sovrastata ad est e ad ovest da ripide alture boscose. Ad occidente le posizioni cecene confinavano con l’Inguscezia, paese relativamente “amico”, dove gli indipendentisti potevano trovare supporto materiale ed umano. A poca distanza dal villaggio poi, su un’altura denominata “444.4” e chiamata dagli abitanti locali “Monte Calvo”, si trovava una base missilistica sovietica, in grado di resistere efficacemente sia ai bombardamenti di artiglieria che a quelli dell’aeronautica. I ceceni l’avevano occupata, trincerandola ulteriormente. In quest’area erano affluiti tutti gli equipaggiamenti pesanti a disposizione del Fronte Occidentale, oltre ad un discreto arsenale di mine antiuomo ed anticarro che Kachukhaev aveva fatto sistemare all’imbocco dell’unica strada carrabile verso la base, proveniente da Assinovskaya e diretta a Bamut. Il

18 Aprile i russi tentarono di prendere il villaggio. Una brigata si affacciò sull’abitato all’alba, ma finì ben presto sotto il tiro delle armi pesanti cecene. Nel tentativo di manovrare, i russi finirono dapprima in un campo minato, poi tra le strade del villaggio, anch’esse minate con ordigni antiuomo. Numerosi veicoli blindati ed alcuni carri da battaglia rimasero distrutti. Una volta impantanata tra le rovine, la brigata si trovò sotto il tiro dei cecchini, che falcidiarono la fanteria. Al termine dell’azione, conclusasi con il ritiro dei federali, si contarono decine tra morti e feriti. Un tentativo di alleggerimento della pressione, operato da un distaccamento delle forze speciali, finì in un fiasco, con la morte di 10 “Spetnatz” ed il ferimento di altri 17. L’esercito federale dovette così organizzare un metodico assedio delle posizioni cecene, impiegando il grosso delle forze a disposizione.

La mappa mostra l’offensiva russa in Cecenia tra il Marzo ed il Giugno 1995. A sinistra si può notare la fortezza di Bamut, che resisté alle offensive russe e rimase sotto assedio per più di un anno, fino al 24 Maggio 1996


Dopo aver schierato le truppe in assetto di battaglia, il 24 marzo Babichev riuscì a penetrare ad Achkhoy – Martan, occupandola per breve tempo prima che un contrattacco ceceno costringesse i russi a ripiegare. Il 7 aprile l’intero fronte occidentale venne investito da una violenta offensiva. Quel giorno vennero attaccate contemporaneamente
Samashki, Davydenko, Achkhoy Martan, Novy Sharoy e Bamut. L’offensiva produsse la conquista di Samashki, Davydenko e Novy Sharoy, le roccaforti più esterne, al costo di centinaia tra morti e feriti. Scontri particolarmente violenti si registrarono nei dintorni di Samashki,
dove i reparti di Mosca vennero investiti da una violenta controffensiva cecena e lasciarono sul campo una settantina di uomini. Nonostante la fiera resistenza dei militanti la preponderanza di uomini e mezzi a vantaggio dei russi era tale che la difesa della posizione non avrebbe mai
potuto produrre una controffensiva. Kachukhaev si organizzò quindi per una resistenza ad oltranza, richiamando tutti i combattenti che non avevano fatto in tempo a raggiungere il ridotto montano, o che operavano ancora in pianura. La maggior parte delle unità che giunse a portare soccorso erano milizie volontarie non inquadrate, mal coordinate tra loro, molte delle quali tentarono di raggiungere gli assediati attraverso la strada di collegamento tra Starye Achkhoy e Achkhoy – Martan, finendo intercettate dalle avanguardie russe. Altri gruppi, provenienti dal villaggio inguscio di Arshty, furono intercettati dall’aeronautica federale e dispersi. I rinforzi che riuscirono a raggiungere Bamut furono quelli che, faticosamente, si fecero largo tra le montagne passando da Sud, raggiungendo il fiume Martanka dietro Bamut e risalendolo fino alle posizioni dei difensori.

I ritardi nel concentramento dei reparti fecero sì che le unità che effettivamente raggiunsero Bamut fossero in numero grandemente inferiore alle aspettative, nonché esauste per la lunga marcia a piedi. Molti miliziani ebbero appena un paio di giorni per recuperare le forze in attesa del grande scontro. Man mano che i reparti raggiungevano la base, Kachukhaev schierava le unità lungo il perimetro difensivo sulla base della loro grandezza e della supposta capacità operativa. In tutto furono
schierate sulla linea del fronte dalle 100 alle 300 unità, cui si aggiunsero
nei giorni successivi alcune decine di volontari provenienti dall’Inguscezia, inquadrati nel cosiddetto Battaglione Inguscio. La linea difensiva correva lungo i resti del centro abitato, addossata agli edifici e organizzata in un mosaico di piccole trincee a zig zag, in ordine a contrastare le unità russe avanzanti senza offrire bersagli estesi all’artiglieria. Dietro la prima linea di trincee ne era stata scavata una seconda, così che le unità combattenti potessero agilmente cambiare posizione ed alleggerire la pressione, per poi rioccupare le posizioni avanzate alla fine dei bombardamenti d’artiglieria. Le vie d’accesso erano bloccate dai detriti delle abitazioni distrutte, ed il materiale di risulta era stato impiegato per costruire piccoli guadi attraverso i quali le unità combattenti avrebbero potuto attraversare agevolmente il Martanka, per sottarsi a combattimenti troppo pesanti o per effettuare manovre di aggiramento sulle colonne corazzate federali.

Soldati russi avanzano verso le posizioni cecene

Le truppe russe si posizionarono a circa un chilometro e mezzo da quelle cecene, a una distanza sufficiente da evitare di essere bersagliate dagli RPG, ed iniziarono a bombardare la linea di difesa di Bamut. La linea russa correva ora lungo l’argine settentrionale di un canale che, da ovest, disegnava un semicerchio a nord di Bamut per gettarsi nel fiume, che correva sul fianco orientale del villaggio. Da lì l’artiglieria iniziò a martellare la prima linea cecena. I difensori si ritirarono, lasciando ai russi soltanto una serie di trincee vuote da bombardare, ed al termine del martellamento tornarono ad occupare le posizioni avanzate. I federali, convinti di aver piegato la resistenza cecena, iniziarono a muovere in avanti: una colonna si diresse verso il villaggio attraverso la strada principale, la quale corre parallela al Martanka. Questa azione avrebbe dovuto attirare il grosso dei nemici, mentre una seconda colonna avanzava da Nordovest, varcando il canale e dirigendo direttamente verso il centro del villaggio. I ceceni tuttavia avevano fiutato la trappola, e pur mantenendo una fiera difesa della via principale
lungo il Martanka, non sguarnirono le posizioni Nordoccidentali. Conscio della natura del suo piccolo esercito, costituito più come un arcipelago di piccole unità autonome che come una forza unitaria, Kachukhaev lasciò ai comandanti locali l’onere di organizzare autonomamente la loro strategia, mantenendo come unico imperativo quello di non spostarsi dal proprio settore senza autorizzazione. Questo fece sì che i russi non riuscissero a capire quante e quali unità avessero davanti, e non avessero un’idea chiara di quale fosse il fronte della battaglia. Decine di piccoli scontri locali si accesero lungo tutta la linea di difesa, incendiando l’intero settore per tutto il primo giorno di battaglia. Le unità indipendentiste, dotate di grande mobilità, colpivano con gli RPG i veicoli blindati, li assaltavano e cambiavano immediatamente posizione, impedendo ai russi di tracciarle e di annichilirle con l’artiglieria. In questo modo i reparti che difendevano il fianco sinistro dello schieramento ceceno furono in grado di accerchiare i russi avanzanti, provocando loro gravi perdite e costringendo la colonna federale prima ad arrestarsi, poi a fare marcia indietro.

Combattenti ceceni del Battaglione Galanchozh a difesa di Bamut


Anche il fronte orientale riuscì a fermare l’attacco russo. Allorchè la pressione dei federali si fece troppo forte, Kachukhaev ordinò alle prime linee di minare le trincee e di ritirarsi sulla seconda linea. Non appena le truppe russe ebbero preso il controllo, Kachukhaev ordinò che fossero fatte brillare, uccidendo coloro che le occupavano. Persa la maggior parte delle unità di fanteria, i corazzati russi non avrebbero potuto avanzare da soli, o sarebbero finiti sotto una pioggia di RPG. Così gli attaccanti decisero di ritirarsi, vanificando i progressi ottenuti a caro prezzo in quella prima giornata di battaglia. L’artiglieria federale ora conosceva le coordinate della seconda linea difensiva cecena, ed iniziò a bombardarla, ma ancora una volta senza successo: i reparti ceceni, infatti, utilizzarono i guadi approntati nei giorni precedenti per disperdersi tra le colline intorno a Bamut, per poi tornare ad occupare le loro posizioni una volta che il bombardamento fu terminato. Quando i russi tornarono all’attacco, il giorno successivo, si trovarono davanti un dispositivo difensivo di tutto rispetto, e nel giro di una mezz’ora il comando russo ordinò di interrompere nuovamente le operazioni. La notte successiva un reparto esplorativo fu inviato ad individuare le posizioni cecene per un attacco d’artiglieria notturno. L’operazione fu un disastro: il reparto esplorante fu intercettato e finì sotto una pioggia di proiettili. 10 degli 11 componenti la squadra furono uccisi, e l’unico sopravvissuto fu fatto prigioniero. Interrogato sulla consistenza delle forze federali di fronte a loro egli riferì che gli attaccanti disponevano ancora di troppe unità perché Kachukhaev potesse capitalizzare il successo con un contrattacco, così il comandante ceceno decise di mantenere un atteggiamento difensivo, preferendo impegnare gli uomini nella ricostruzione delle trincee e nell’approntamento di nuovi sbarramenti.

I NEWS intervista Francesco Benedetti

Alcuni giorni fa Francesco Benedetti ha incontrato a Firenze Inna Kurochkina di I NEWS. L’intervista che ne è uscita fuori riprende i discorsi affrontati in un’altra chiacchierata, svoltasi più o meno un anno fa, poco prima che la Russia invadesse l’Ucraina. Nel corso di questo anno molte cose sono cambiate, il lavoro di Francesco è andato avanti e con esso la sua consapevolezza di quanto sia importante per l’Occidente la storia della Cecenia.

Riproponiamo il video dell’intervista, allegandone la trascrizione in lingua italiana.

TRASCRIZIONE IN ITALIANO DELL’INTERVISTA

Prima di tutto vorrei congratularmi con te da parte di tutti i visitatori, gli abbonati che hanno già letto il tuo primo volume. Da oggi è possibile avere questo secondo volume. Com’è possibile averlo?

Prima di tutto grazie a te, e grazie a tutti coloro che hanno apprezzato il primo volume, e che mi hanno dato questa considerazione. Il libro in questo momento è disponibile in italiano, su Amazon, ma sarà presto disponibile in inglese, grazie alla collaborazione di Orts Akhmadov, figlio di Ilyas Akhmadov, che sta lavorando con me alla versione inglese, e presto sarà disponibile anche in lingua russa e cecena, come per il primo volume.

L’altra volta che ci siamo visti ed abbiamo parlato del tuo libro era il Dicembre del 2021 e forse ci aspettavamo la guerra, questa tragedia. Poi ci siamo incontrati a Bruxelles nel primo giorno della guerra, quando sia noi che tu incontrammo per la prima volta Akhmed Zakayev. Con il tuo aiuto partecipammo ad alcuni eventi di Radicali Italiani, queste ottime persone che organizzarono la visita di Akhmed Zakayev in Italia, quindi in qualche modo sei coinvolto nelle nostre attività ed in quelle di Ichkeria. Com’è cambiata la tua vita durante questo anno?

Sicuramente ho avuto esperienze più reali rispetto a questo tema. Ero un semplice studente della storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, ma la mia esperienza era puramente teorica, astratta, non concreta, materiale. Da quel giorno ho avuto modo di parlare con molte persone, e questo secondo libro è scritto anche grazie alle memorie di circa un centinaio di persone con le quali ho parlato. Così, la mia conoscenza di quella esperienza storica e dell’esperienza umana dei ceceni è cresciuta enormemente. Da Febbraio ad oggi ho dato volti, nomi ed vite ad un’esperienza che per me fino ad allora era stata soltanto teoretica.

Io e te stiamo lavorando alla storia della Repubblica Cecena di Ichkeria, perché anch’io sto facendo un ciclo di cronache. Capisci l’espressione “nella tua pelle”? Come hai sentito sulla tua pelle come la guerra stesse arrivando in Cecenia?

Una delle domande che mi faccio studiando la storia della Cecenia, e in particolare studiando questo periodo è stata proprio “come mi sarei sentito se mi fossi trovato in quella situazione?” E mi faccio questa domanda quasi tutti i giorni, perché il mio studio si basa sulle memorie delle persone che intervisto, e le mie interviste si focalizzano proprio si questo aspetto di ogni evento storico: naturalmente chiedo informazioni, nomi, date eccetera, ma la prima domanda che ho fatto in quasi tutte le interviste è stata “come ti sentivi in quel momento?” “Come passasti il periodo tra il 26 Novembre e l’11 Dicembre (il lasso di tempo tra l’assalto a Grozny da parte dell’opposizione filorussa e l’invasione). Personalmente provo ogni giorno ad immaginarmi quali fossero i sentimenti delle persone che aspettavano la guerra, cosa pensavano: i loro figli, le loro famiglie, come mettere in salvo le loro famiglie, come mettere in salvo le loro cose, i loro soldi, le loro auto, le loro case. Un evento come questo può distruggere completamente la vita, cambia per sempre la vita della gente. Credo di essere una persona abbastanza empatica, e ti assicuro che scrivendo questo libro ho sofferto molto. Come ogni autore rileggo molto spesso il libro che ho letto, ed ogni volta ho la stessa sensazione da una parte di tragedia, dall’altra di ammirazione per quelle persone che sono sopravvissute alla guerra, in questo caso riuscendo a vincerla, contro i loro invasori.

Vorrei comprendere come inquadri la natura del popolo ceceno. Io sono nata in Georgia, sono ucraina. Vorrei lavorare per il popolo georgiano, o per quello ceceno, ma tutto il mio cuore ora appartiene al popolo ceceno, non so perché. Come potresti descrivere il tuo sentimento verso il popolo ceceno? Perché se ti sei innamorato per questo popolo, lo hai fatto perché hai in te una passione.

Capisco quello che pensi perché, se ci penso, è veramente strano ciò che mi è capitato. Vivo in Toscana, e non ho alcun collegamento familiare, economico o di qualsiasi altro genere con la Cecenia. Eppure fin da quando ero bambino, la prima volta in cui ho ascoltato il nome “Cecenia” è successo qualcosa. Non so cosa precisamente, un’affinità elettiva che è cresciuta dentro di me, e non so precisamente perché.

Ciò che amo del popolo ceceno, riguardo a questa storia, è la sua capacità di mostrare la felicità nella tragedia. In loro ho visto persone che non vogliono essere considerate vittime, ma persone che riescono a trovare la bellezza della vita in ogni cosa. Loro hanno mostrato al mondo come si ride di fronte alla morte, e come si conserva l’umanità anche in una situazione che, se mi immagino di essere al loro posto, strapperebbe via l’umanità anche da me. Se una guerra distruggesse la mia vita forse diventerei pazzo. Ho parlato con molte persone che hanno combattuto una guerra e non sono impazzite, ma anzi hanno conservato la loro gentilezza, il loro essere persone buone. Non so se sarei in grado di conservare in me queste qualità, combattendo una guerra. Penso che questo tratto caratteriale dei ceceni sia bellissimo: il fatto che siano riusciti a conservare felicità e voglia di vivere nonostante abbiano dovuto affrontare esperienze così amare.

Conoscendo questo tratto caratteriale speciale di questo popolo, pensiamo a quanto la Russia si sia impegnata a distruggerli. E’ una storia biblica per me. Tu che ne pensi?

Quando un bullo prova a picchiare una vittima, e questa gli sorride, il bullo diventerà ancora più rabbioso, ma alla fine sarà sconfitto dalla resilienza della sua vittima. In questo senso ho amato la lotta dei ceceni, i quali hanno mostrato ai russi che il loro spirito non si sarebbe mai spezzato.

In quest’ultimo anno ci siamo resi conto che gli ucraini non avevano capito cosa fosse stata la guerra in Cecenia, perché esattamente come i russi non se ne erano preoccupati. Adesso hanno capito, ed il parlamento ucraino ha riconosciuto l’indipendenza, lo stato di occupazione ed il genocidio del popolo ceceno. Cosa deve succedere perché anche i liberali russi capiscano questa tragedia? Nella loro visione della vita non c’è nessuna guerra cecena e nessuna tragedia cecena, e ovviamente non c’è nessuna Ichkeria. Cosa ne pensi?

Penso che i liberali russi siano anche loro parte dell’impero russo. Forse vogliono un “impero liberale”? Forse è un non – senso. Non credo che in questo senso ci sia tanta differenza tra i partiti radicali e quelli moderati, o liberali. Tutti vogliono la stessa cosa: rafforzare l’impero, in una forma o nell’altra. Forse i liberali russi, non vogliono combattere la guerra in Ucraina, ma non vogliono neanche perdere l’integrità del loro impero. Non vedo niente di strano in questo. Sono più abituato a studiare ed a leggere le notizie di un altro impero, quello americano, ed i liberali dell’impero americano non sono meno arrabbiati ed aggressivi rispetto ai nazionalisti. I cittadini di un impero crescono pensando che l’unico modo per preservare il paese sia tenero unito e schiacciare ogni voce dissonante.

Sono stata molto sorpresa dal tuo “hobby”. Mostrerò dei pezzi di uno dei video della tua band, che si chiama “Inner Code”. Parlami di questa canzone che parla dell’impero. Sono così sorpresa perché sei di Firenze, noi non riusciamo a mettere in relazione il concetto di “impero” con la città di Roma,  che è così bella.

Roma in questa canzone è l’archetipo dell’impero. Quando pensiamo all’impero romano pensiamo all’impero per definizione. Lo stesso impero russo si ispira all’impero romano. La parola “Zar” è la traduzione del latino “Caesar”, il Kaiser dell’impero tedesco è la traduzione germanica di “Caesar”, e così via. “Brucerà Roma” parla della caduta di Roma, ma per estensione parla della caduta di tutti gli imperi. Per quanto grande e forte, ogni impero prima o poi cadrà. Quando ascolto questa canzone trovo un collegamento con la storia di cui stiamo parlando, essendo una storia che può funzionare con qualsiasi impero, anche per quello russo. Consiglio comunque di ascoltare la canzone a volume basso!

[…]

Fondamentalmente, tutto ciò di cui stiamo parlando gira intorno alla parola “Libertà”. Tu sei una persona libera sotto tutti i punti di vista, come vedo. Vedi la libertà di Ichkeria sotto attacco? Pensi che le forze imperiali, l’Fsb, vogliano cancellare questo obiettivo di libertà? Noi percepiamo questi attacchi, per esempio quelli che stanno venendo portati contro Akhmed Zakayev, una persona che è un simbolo della libertà di Ichkeria. Percepisci questi attacchi dall’Italia?

Immagino che questo comportamento sia coerente con la situazione. Ho una percezione indiretta di questo, perché sfortunatamente i giornali italiani non raccontano molto ciò che succede in Cecenia o nella diaspora cecena. Tuttavia avendo alcuni contatti con i membri della diaspora cecena per via dei miei studi, immagino che queste persone stiano parlando di progetti  presenti e futuri per raggiungere l’indipendenza e la libertà della Cecenia e che talvolta lo facciano discutendo animatamente, o arrabbiandosi. Parlo da italiano, non penso di avere il diritto di dire ai ceceni ciò che devono fare. Solo, vedendo da fuori ciò che succede nella diaspora cecena, noto che ci sono delle “questioni irrisolte” ed è possibile che l’Fsb, o chiunque non voglia una Cecenia indipendente possa enfatizzare queste divisioni del fronte indipendentista per indebolirlo. Spero che le persone non cadano in questa trappola. Non so se l’indipendenza della Cecenia è lontana o vicina, ma è importante che ad ogni passo ci si trovi nella migliore condizione per raccogliere insieme tutte le forze per conquistare la libertà.

Negli ultimi mesi, anche grazie a te ed ai Radicali Italiani (penso all’incontro a Roma tra Zakayev e Benedetto della Vedova, al discorso al parlamento italiano, al riconoscimento di Ichkeria da parte del parlamento ucraino, all’appena terminato intervento di Zakayev al parlamento europeo ecc..) abbiamo visto un’evoluzione nella proposta del governo di Ichkeria. A Bruxelles Zakayev ha presentato un progetto di ricostituzione della Repubblica della Montagna, costituita nel 1918 e dissolta dai Bolscevichi, e che a suo tempo Zviad Gamsakhurdia e Dzhokhar Dudaev volevano ricostituire negli anni ’90.  Adesso Zakayev sta portando avanti quest’idea, questo progetto, ed il Ministro degli Affari Esteri, Inal Sharip è andato a Washington DC e lo sta presentando là. Da storico, pensi che questo progetto della Repubblica della Montagna sia più sicuro, più realizzabile rispetto alla Cecenia indipendente? Pensi che da sola la Cecenia riuscirebbe a sopravvivere ai suoi vicini così “mostruosi”?

Penso che creare una confederazione sia molto difficile, ma se questa è guidata da un centro forte, può moltiplicare la forza di ogni suo singolo membro. Se la confederazione è una semplice somma di soggetti non credo che durerà a lungo. Un esempio può essere quello dell’Unione Europea: una somma di paesi, ma la sua forza non è equivalente alla somma delle forze che la compongono. Perché ogni paese difende i suoi interessi, e questo è un problema perché uno stato costruito in questo modo non può resistere a forze di paesi come Stati Uniti, Russia, Cina. Il problema della nostra confederazione  è che non abbiamo un centro, una nazione che tiene unite tutte le altre. E ogni volta che una delle nazioni europee prende la supremazia le altre la combattono. Così la nostra confederazione europea è politicamente debole. Se i ceceni vogliono guidare una confederazione non devono farlo come lo hanno fatto gli europei. Se saranno abbastanza credibili da attrarre le altre nazioni in una confederazione della quale loro siano il centro, non come un centro imperiale, ma come il luogo di coloro che credono più di tutti gli altri a questo progetto,  e che per questo sono pronti a sacrificarsi più degli altri per tenere tutti insieme, allora credo che questo sia un progetto politico che può durare. Come, per esempio, gli Stati Uniti, i quali sono una confederazione che, dopo alcuni grossi problemi, è diventata la più potente nazione della terra. Una confederazione, quindi, può durare, ma ti serve un centro che abbia la credibilità e la forza per tenere insieme tutti gli altri, non con la forza ma dando l’esempio. Penso che i ceceni abbiano mostrato più di una volta al mondo grandi esempi.

Nel 1997 Russia e Cecenia firmarono un trattato di pace che poi fu tradito. Cosa pensi del desiderio da parte della comunità mondiale di convincere l’Ucraina a firmare un trattato simile con la Russia?

Guardando alla storia si capisce perfettamente che il reale valore dei documenti dipende dal fatto che questi riflettano o meno la situazione reale. Nel 1997 la Russia firmò un trattato di pace, ma mentre lo firmava stava preparando la seconda invasione. Secondo me se adesso accettasse un compromesso con la Russia, questo compromesso in nessun caso potrebbe sistemare alcuna situazione, perché non credo che i russi sarebbero soddisfatti, e neanche gli ucraini lo sarebbero. Credo che adesso un compromesso sarebbe soltanto un modo per spostare in avanti la guerra di tre o quattro anni. Credo che questo sia un momento nel quale è necessario risolvere un problema che è nato proprio in Cecenia. In una bellissima recensione di Adriano Sofri, un italiano che conosce bene la Cecenia, e che ha scritto un bellissimo articolo su questo libro, lui dice che quello che è successo in Ucraina è un remake di quello che è successo in Cecenia e in Georgia, e che l’Ucraina è la fine di una linea che inizia in Cecenia. E’ il momento di interrompere questa linea una volta per tutte, altrimenti dovremo aggiungere un altro punto a questa linea, tra quattro o cinque anni. Come europeo rifletto sul fatto che questa linea non si dirige lontano dall’Europa, ma dalla Cecenia verso l’Europa. Il punto successivo sarà ancora più vicino a casa nostra, non più lontano. Credo che l’Europa dovrebbe pensare a questo. Se non interrompono questo processo adesso, lo affronteranno di nuovo ancora più vicino a casa.

Akhmed Zakayev a Rimini (11/12/2022) “Da dove viene l’espressione ‘La Cecenia fa parte della Russia’?”

Quello che segue è il testo integrale dell’intervento presentato dal Presidente del Gabinetto dei Ministri del governo ceceno, Akhmed Zakayev, al Congresso Nazionale dei Radicali, svoltosi a Rimini tra il 9 e l’11 Dicembre 2022. Lo avevamo tradotto per l’occasione dall’inglese, affinchè potesse essere distribuito agli astanti. Lo riproponiamo ai lettori di questo blog.

11.12.2022 Rimini, Italia

Signor Presidente,

Signore e signori,

All’inizio del mio intervento, vorrei ringraziare gli organizzatori di questo forum. In particolare ” Radicali Italiani ”. così come tutti i membri del movimento.

Da più di 30 anni partecipo direttamente ai processi militari e politici in corso sia all’interno della stessa Cecenia, sia – ora – al di fuori della Cecenia. Le informazioni rilasciate dagli uffici stampa dei ministeri e delle agenzie russe hanno lo scopo di distogliere l’attenzione da fatti oggettivi. Gli ideologi del Cremlino praticano ancora la teoria totalitaria secondo cui se ripeti mille volte una bugia, diventerà la verità. Preferisco l’affermazione di Abraham Lincoln: che puoi ingannare alcune persone per sempre, e tutte le persone per qualche tempo, ma mai tutte le persone per sempre.

Il presente e il futuro di qualsiasi conflitto devono essere definiti innanzitutto dalla natura di quel conflitto. Probabilmente avrete sentito dozzine di versioni delle origini del conflitto tra Russia e Cecenia. Le riserve petrolifere e il terrorismo islamico internazionale hanno poco o nulla a che fare con l’origine del conflitto. Vorrei spiegare di cosa ha così paura il governo russo.

Dall’inizio della guerra russo-cecena, l’11 dicembre 1994, ogni tentativo della comunità mondiale di impegnarsi nella soluzione pacifica del conflitto è stato bloccato dalla tesi dell’integrità territoriale della Federazione Russa. Oggi che il nostro conflitto è degenerato in un circolo vizioso, è estremamente importante esaminarlo dal punto di vista della sua legalità. Epiteti come “autodichiarato”, “separatista”, “ribelle” o “non riconosciuto” sono spesso usati per descrivere la Repubblica cecena. Essi non si basano su fatti storici e legali.

Lo status sovrano della Repubblica cecena è legittimo quanto lo era l’URSS. Nell’aprile 1990, durante le riforme del sistema sovietico di Gorbaciov, il Soviet Supremo dell’URSS adottò due leggi di fondamentale importanza per le nazioni dell’Unione Sovietica.

Il 10 aprile 1990. “Sulla base dei rapporti economici tra l’URSS e l’Unione e le Repubbliche Autonome” Poi il 26 aprile 1990 “Sulla divisione dell’autorità tra l’URSS ei sudditi della Federazione”. Questa normativa conteneva, accanto a disposizioni più generali, una serie di articoli che modificarono radicalmente lo statuto delle repubbliche autonome. Da quel momento esse condivisero gli stessi diritti delle altre repubbliche sovrane. Entrambi i tipi di repubbliche godettero del diritto alla “libera autodeterminazione dei popoli”.

Il 27 novembre 1990 , a seguito di un editto ufficiale del Soviet Supremo dell’URSS, il Soviet Supremo della Repubblica ceceno-inguscia ha adottato una Dichiarazione sulla sovranità dello Stato.

Per tutta la vita dell’URSS, tutto ciò che aveva a che fare con lo status giuridico, la “statalità” ei confini delle varie entità etniche all’interno del paese era prerogativa esclusiva del Soviet Supremo dell’URSS.

Il motivo per cui sto entrando così nei dettagli è perché possiate capire che non c’è stata alcuna rivolta, nessuna presa del potere da parte di separatisti armati. La sovranità della Repubblica cecena è stata stabilita dall’adozione nell’URSS di diverse nuove leggi nell’aprile 1990, e quindi era assolutamente legale e legittima ai sensi del diritto sovietico, del diritto russo e del diritto internazionale.

Quindi, quando l’Unione Sovietica fu sciolta nel dicembre 1991, la Repubblica cecena esisteva da più di un anno come stato sovrano, riconosciuto nell’ordinamento giuridico dell’URSS, uguale a tutte le “Repubbliche dell’Unione” (Russia, Georgia , Ucraina, Stati baltici e altri) e si stava preparando a firmare il Trattato dell’Unione aggiornato.

Lo status paritario della Repubblica cecena è stato infatti riconosciuto dal governo della Russia nel 1992, in occasione della spartizione ufficiale delle armi e dei beni dell’ex esercito sovietico che si trovavano nella Repubblica di Cecenia. Una simile divisione delle armi e dei beni dell’esercito sovietico ebbe luogo tra la Russia e tutte le ex repubbliche dell’URSS.

Il 1992 è stato un anno chiave per la Repubblica cecena a causa di altri due eventi che hanno avuto luogo: il primo è stato l’adozione della nostra Costituzione, che ha confermato lo status della Repubblica cecena come Stato sovrano democratico. La seconda è stata la firma del Trattato federale in Russia, cui la Repubblica cecena non ha partecipato.

Akhmed Zakayev

Da dove viene l’espressione “la Cecenia fa parte della Russia”?

Nell’ottobre 1993 il presidente Eltsin ordinò alle truppe di sparare sul parlamento russo e disperse l’assemblea. Quando il presidente Eltsin ordinò un referendum per una costituzione russa, non esisteva né il parlamento russo né la costituzione russa. Poiché la Repubblica cecena aveva un parlamento dal 1991, il quale aveva adottato una costituzione nel 1992, la Repubblica cecena non ha partecipato al referendum russo. La Costituzione russa contiene un articolo in cui si afferma che lo Stato russo è uno Stato federale, composto da soggetti che hanno firmato volontariamente il Trattato federale. Un altro articolo afferma che la Repubblica cecena è un soggetto della Federazione Russa. La presidenza russa ha violato tutte le possibili norme legali quando ha incluso la Repubblica cecena come “soggetto” della Federazione Russa nella Costituzione russa.

Nel 1994, dopo tre anni e mezzo di terrorismo di stato, di ricatti, di tentativi di indebolire la leadership cecena, che non sono riusciti a far capitolare la Repubblica cecena, la Russia ha scatenato un’invasione militare su vasta scala. Questa guerra fu cinicamente dichiarata per “l’instaurazione dell’ordine costituzionale”, mentre in realtà fu una guerra che violava tutti i principi del diritto internazionale, comprese le Convenzioni di Ginevra che regolano le norme di guerra.

Nel 1996 la guerra finì e tutte le truppe russe furono ritirate dalla Repubblica cecena. Nel gennaio 1997, con l’attivo supporto metodologico e logistico dell’OSCE e in conformità con la Costituzione cecena del 1992, la Cecenia ha tenuto le elezioni presidenziali e parlamentari, ufficialmente riconosciute dal Consiglio d’Europa che ha inviato un gran numero di osservatori, e dalla stessa Federazione Russa.

Il 12 maggio 1997è stato firmato il documento più importante di tutta la storia dei rapporti tra Russia e Cecenia. Il trattato di pace che ha stabilito i principi fondamentali per le relazioni tra la Federazione Russa e la Repubblica cecena di Ichkeria .

Il difficile ma chiaramente promettente processo di creazione di relazioni interstatali reciprocamente accettabili tra la Russia e la Repubblica cecena fu interrotto nel 1998, quando il Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, presieduto da Putin, il quale era anche direttore dell’FSB, pose un clamoroso freno al processo negoziale.

Al nostro governo viene spesso rimproverata l’accusa di aver avuto il tempo e l’opportunità dopo la fine della prima guerra russo-cecena di rafforzare e affermare la nostra sovranità. Posso affermare con piena autorità che in realtà non abbiamo avuto né il tempo, né l’opportunità, e questo perché i servizi segreti russi hanno immediatamente avviato seri preparativi per una seconda guerra. Hanno scatenato una dura ondata di operazioni terroristiche contro la Cecenia, che includevano esplosioni, omicidi e rapimenti, in particolare di stranieri e giornalisti. Molti noti politici hanno dichiarato pubblicamente che la Cecenia doveva essere portata a uno stato tale da implorare in ginocchio di poter rientrare nella Federazione Russa.

Dopo lo scioglimento dell’URSS, i sostenitori di un forte governo centrale in Russia si lamentavano che non esisteva più un’idea unificatrice e quindi che ciò che restava del grande impero russo, la Federazione Russa, avrebbe potuto sgretolarsi. Il Cremlino ha trovato l’idea che era necessaria. Hanno sostituito l’idea di Marx di combattere il capitalismo con l’idea di combattere il terrorismo. Il vantaggio della nuova idea era che quando si trattava di teoria e pratica degli atti di terrore, la Russia era stata il leader mondiale per tutto il XX secolo, e in tutti i continenti.

Vi interesserà sapere che durante la prima guerra del 1994-1996 siamo stati etichettati come banditi, separatisti, fascisti, ogni sorta di cose, ma nessun politico russo si è sognato di chiamarci fondamentalisti o terroristi islamici, figuriamoci terroristi internazionali.

Il Cremlino aveva già esperienza nel collegare la questione cecena con i problemi internazionali. Stalin, ad esempio, quando affrontò la questione cecena nel 1944 (deportando l’intera nazione nelle steppe del Kazakistan e della Siberia), accusò il popolo ceceno di collaborare con i tedeschi fascisti, anche se i nazisti non riuscirono mai ad occupare la Cecenia. Gli alleati democratici di Stalin potevano allora trovare comprensibili le sue affermazioni. Nel nostro tempo, presentare la Cecenia come uno dei principali focolai del terrorismo islamico internazionale sembra adattarsi convenientemente all’opinione pubblica russa, ma anche a quella dell’Occidente.

Akhmed Zakayev parla alla Camera dei Deputati in Italia

Negli ultimi anni i liberal-democratici russi ci hanno parlato dei processi negativi che hanno avuto luogo e sono tuttora in corso in Russia. Sono profondamente convinto che ciò che il regime di Putin ha fatto in Russia sia la conseguenza e il riflesso di quanto è accaduto, e continua ad accadere, in Cecenia.

L’isteria anti-cecena fomentata dal Cremlino che gode dell’appoggio della maggioranza assoluta della società russa, democratici compresi.

Menzogne spudorate, illegalità e crimini crudeli sono gli strumenti della politica russa nei confronti della Cecenia. Infiammata dalla propaganda della Grande Potenza, la società russa acconsentì prontamente ai mezzi ovvi e malvagi usati contro i ceceni, e quando questi iniziarono ad essere usati contro gli stessi russi era già troppo tardi per cambiare qualcosa.

Una campagna di terrore contro una piccola nazione non può portare a risultati positivi. Le prevedibili conseguenze di una guerra criminale scatenata contro la Cecenia sono state una restrizione delle libertà democratiche, inclusa l’abolizione della libertà di parola, della libertà per l’attività imprenditoriale privata e della libertà per le minoranze religiose. Procedimenti penali politicamente motivati, persecuzione delle organizzazioni per i diritti civili, violazione dei diritti elettorali dei cittadini, fascismo sempre più forte e grave interferenza negli affari interni degli stati vicini: questi sono tutti risultati naturali della criminale guerra anti-cecena, che continua nel suo 28 anno.

Il rifiuto della Russia di riconoscere l’indipendenza della Repubblica cecena, e il conseguente scatenarsi di una guerra, ha creato false aspettative in molte persone riguardo alla possibile risoluzione dei conflitti post-sovietici. La Georgia, la Moldavia ei loro amici volevano vedere la Russia soggiogare la Cecenia il prima possibile, immaginando che dopo questo sarebbe stata ripristinata la loro “integrità territoriale”.

I bombardamenti a tappeto di villaggi e città, la violazione di ogni norma militare, le pulizie etniche e il genocidio commessi durante le due guerre anti-cecene erano tutti considerati affari interni della Russia.

Putin era fiducioso che gli attuali leader occidentali non avrebbero mai cambiato il loro atteggiamento pubblicamente dichiarato nei confronti della Russia , qualunque cosa faccia.

Il regime russo è emerso nella sua forma attuale in gran parte grazie all’incoraggiamento che la Russia ha ricevuto dagli stati occidentali nella sua barbara guerra contro la Cecenia, uno dei conflitti più sanguinosi e violenti in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. 300 mila civili , di cui oltre 40mila bambini , sono stati uccisi in Cecenia.

 Sono profondamente convinto che gli interessi economici di alcuni paesi e gli interessi politici di alcuni politici non debbano essere superiori al destino di un intero popolo. Sono anche assolutamente sicuro che la mancanza di un’adeguata reazione del mondo occidentale alla tragedia cecena sia la ragione principale per cui la Russia ha commesso un’aggressione militare contro la Georgia e l’Ucraina.

Sono lieto che il mondo si sia reso conto che la politica di pacificazione non può essere continuata e abbia condannato fermamente l’aggressione russa contro l’Ucraina.

I ceceni sono stati coinvolti in questa guerra dalla parte degli ucraini dal 2014. Putin, durante l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, ha attirato i cosiddetti Kadyroviti nelle file degli occupanti russi. Questa decisione è stata presa con l’obiettivo di portare odio tra ceceni e ucraini. Ma grazie alla saggezza del popolo ucraino e alle azioni corrette del governo della CRI in esilio, Putin non è riuscito a raggiungere questo obiettivo. Il 26 febbraio Bruxelles ha ospitato una riunione del Comitato di Stato per la Disoccupazione della CRI, di cui sono a capo, in qualità di capo del governo della CRI in esilio. In questo incontro si decise di formare distaccamenti di volontari tra i ceceni in Europa per partecipare alla guerra a fianco degli ucraini. Lo stesso giorno, abbiamo annunciato questa decisione attraverso i media. Mi sono anche rivolto al presidente Zelensky sulla necessità di concludere un accordo sulla cooperazione militare tra le parti. In modo che la partecipazione dei ceceni a un conflitto armato non contraddica la Convenzione di Ginevra del 1949 e il protocollo aggiuntivo del 7 dicembre 1978 “Protezione delle persone che partecipano alle ostilità”, in modo che questa persona non rientri nell’articolo “mercenari” della suddetta Convenzione.

Il 28 maggio, nella città di Kiev, è stato firmato un accordo di mutua assistenza e sostegno tra i dipartimenti militari dell’Ucraina e la CRI. Da quel momento è in corso la formazione di una brigata separata per scopi speciali come parte della legione straniera dell’Ucraina. Due battaglioni sono lì dal 2014. Due battaglioni sono stati formati dopo la firma di un accordo interdipartimentale. E al momento, il terzo battaglione sta venendo reclutato.

Ora vorrei divagare leggermente dall’argomento principale e citare il primo presidente della Repubblica cecena di Ichkeria , Dzhokhar Dudayev, il quale ha detto nel 1995: “quando il sole della libertà sorgerà in Ucraina, verrà la fine dell’Impero russo”.

Infatti, oggi, in connessione con la guerra in Ucraina, il mondo si sta riorganizzando e l’Ucraina è diventata il leader del mondo libero.

La mia fiducia è rafforzata dal fatto che il 18 ottobre la Verkhovna Rada dell’Ucraina ha riconosciuto il genocidio del popolo ceceno e che il territorio della Repubblica cecena di Ichkeria è stato temporaneamente occupato dalla Russia. Questo è un evento epocale nella storia della formazione dello stato ceceno. Questo apre grandi opportunità per il governo della CRI in esilio.

Sono sicuro che oggi il mio popolo, come mai prima nella sua storia, è vicino al ripristino della propria statualità. E garantisco che con l’aiuto dell’Onnipotente, il nostro governo all’estero non perderà questa occasione storica.

Grazie a tutti.

Akhmed Zakayev

Presidente del Gabinetto dei Ministri della Repubblica Cecena di Ichkeria

Capo del Comitato per la De – Occupazione della Repubblica Cecena di Ichkeria

Approfondimento sulla Cecenia con Francesco Benedetti

Francesco Benedetti è ospite del canale Youtube Economia Italia per un approfondimento sulla storia della Cecenia ed alcune riflessioni sulla situazioni attuale in Ucraina.

Il contenuto è disponibile quì

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Libertà o morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria – Esce oggi il secondo volume in italiano

La guerra in Ucraina è iniziata in Cecenia. Può sembrare una provocazione. Eppure, questa è la realtà che rivelano le pagine di questo secondo volume, interamente dedicato alla Prima Guerra Russo – Cecena. Genesi, sviluppo e svolgimento di questo sanguinoso conflitto sembrano la bozza del copione cui il mondo sta assistendo in questi mesi tra il Donbass e la Crimea.

Anche allora, come oggi, la Russia invase uno stato libero, mascherando la guerra che stava scatenando dietro alla definizione di “operazione speciale”.

Anche allora, come oggi, il nemico dello stato russo era stato etichettato e demonizzato: se Zelensky ed il suo governo sono chiamati oggi “nazisti”, Dudaev ed i suoi ministri furono chiamati allora “banditi”.

Anche allora, come oggi, convinti della loro superiorità, i comandi militari marciarono sulla capitale, pretendendo di piegare un popolo alla loro volontà, come avevano fatto più volte in epoca sovietica. Ma anche allora, come oggi, furono costretti a ritirarsi, per poi scatenare una sanguinosa guerra totale, la più devastante guerra europea dal 1945.

La Prima Guerra Russo – Cecena fu il primo tragico prodotto del revanscismo russo: il “punto zero” di una parabola che da Grozny porta a Kiev, passando dalla Georgia, dalla Crimea, dalla Bielorussia e dal Donbass. Con una differenza sostanziale: che quella prima guerra contro la Cecenia, i russi, la persero. Le loro ambizioni imperiali, poggiate sulle fondamenta logore di un impero fatiscente, finirono frustrate dalla caparbietà di una nazione immensamente inferiore per numero e per mezzi, a quella che ucraina, che oggi difende la sua terra dalla guerra scatenata da Putin.

Questa storia può impartire a chi avrà la pazienza di leggerla due importanti lezioni: cosa succede quando si assecondano le ambizioni di un impero, e come si fa a sconfiggerlo. Se è già tardi per mettere in pratica la prima, per la seconda siamo ancora in tempo.

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“Il mio principale nemico è Putin”. Intervista al comandante del battaglione ceceno in Ucraina, Muslim Cheberloevsky

Riportiamo di seguito un’intervista rilasciata il 7 Marzo 2022 da Umkhan Avtaev, nome di battaglia Muslim Cheberloevsky, comandante del Battaglione Sheikh Mansur, schierato in Ucraina dalla parte del governo di Kiev fin dal 2014. L’intervista è stata rilasciata a Kavkaz Realii, testata on line specializzata sull’attualità del Caucaso.

PREMESSA

In Ucraina si sta formando un nuovo distaccamento di ceceni, che resisterà all’aggressione militare russa. Le già esistenti formazioni di volontari armati intitolate allo sceicco Mansur e intitolate a Dzhokhar Dudayev hanno rilasciato dichiarazioni sulla loro partecipazione alla guerra a fianco dell’esercito ucraino. Ciò non poteva che suscitare l’indignazione del funzionario Grozny: il capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha chiesto ai volontari di deporre le armi, e ha anche promesso mezzo milione di dollari per i capi dei capi delle formazioni.

Il musulmano Cheberloevsky, comandante del battaglione Sheikh Mansur, in un’intervista a Kavkaz.Realii, ha detto chi è il suo nemico, perché non prende sul serio Kadyrov e perché non ci si dovrebbe fidare dei dati di Mosca sui funzionari della sicurezza ceceni uccisi durante la guerra.

– Ramzan Kadyrov promette 500mila dollari per la tua testa. Come hai reagito a questo?

– Lo sento dire per la prima volta, non ho tempo per ascoltare storie del genere. Manda qui questi ragazzi per essere massacrati, mentre lui stesso si siede e assegna qualche soldo per le loro teste. Diceva sempre di essere il fante di Putin, lo schiavo di Putin, il soldato di Putin e pronto ad andare in qualsiasi parte del mondo a combattere per Putin. Perciò non mandi qui questi ragazzi per essere trucidati, ma porti con sé i suoi cari, i signori (intende il presidente del parlamento ceceno Magomed Daudov, ndr ). E poi decideremo con lui cosa e perché.

Quante persone ci sono nella tua squadra? Chi sono questi combattenti?

“Quanti di noi, non posso dirlo. Ma il battaglione è stato creato nel 2014, quando c’era ancora quella guerra [nel Donbass]. Durante l’addestramento, la maggioranza era costituita da ceceni, ecco perché l’abbiamo chiamato così: “Battaglione ceceno intitolato allo sceicco Mansur“. Poi si aggiunsero persone provenienti da tutto il Caucaso: Ingusci, Daghestani, Cabardini, Balcari, Circassi, Azeri, Osseti. Ma non ce ne sono così tanti: da ogni nazione ci sono alcune persone o diverse dozzine, sono venute e sono andate. Ora molti hanno risposto da tutto il mondo, dall’Europa, molte persone si stanno arruolando. Pertanto, stiamo preparando nuovi gruppi. Sono pronti per incontrare Putin, Kadyrov, Hitler, Lukashenko… Chi altro c’è?

– A te, ceceno, musulmano: perché questa guerra?

– Se ce lo chiedi, non abbiamo bisogno di questa guerra per un solo minuto in nessuna parte del mondo. Questa guerra ci è stata imposta. La Repubblica Cecena di Ichkeria, come altre repubbliche che si sono separate dall’Unione Sovietica durante il crollo, ha dichiarato la propria indipendenza e sovranità. Da quel momento, abbiamo problemi con la Russia. Nel 1991-92 iniziarono sabotaggi, gli attentati, le esplosioni. E da allora sono stato coinvolto in tutto questo. Nel 1994, ufficialmente, la Russia, avendo perso la speranza in questi oppositori filo-russi in Cecenia, che erano stati riforniti e opposti alla nostra leadership, ci ha attaccata l’11 dicembre 1994. È passato molto tempo, ma la guerra continua.

Abbiamo vinto la prima guerra, il mondo intero lo sa. Con la seconda guerra, nel 1999, hanno tenuto conto dei loro errori, delle loro carenze, della coesione del popolo ceceno … Sebbene siano stati firmati accordi diversi, hanno firmato l’indipendenza l’uno dell’altro. Siamo stati costretti a lasciare la Cecenia per vari motivi. Abbiamo perso quattro presidenti! L’intero stato maggiore, i sopravvissuti, hanno lasciato la Cecenia. Alcuni sono tornati.

E quando è scoppiata la guerra in Ucraina nel 2014, abbiamo deciso di partecipare al fianco dell’Ucraina e battere il nostro nemico comune.

– Dopo il conflitto del 2014, qualche anno dopo, le persone che erano nella tua rosa hanno iniziato ad avere problemi. Sono stati inseriti negli elenchi delle sanzioni . Ci sono garanzie per loro dall’Ucraina ora?

– No. Stiamo ora cercando di elaborare una sorta di accordo in modo che tutto ciò sia legale. In modo che non ci siano domande. Sappiamo perché quelle situazioni si sono genere.

Miliziano del Battaglione Sheikh Mansur con un’arma anticarro sul fronte orientale (2022)

– Per cosa?

Putin stava pianificando un attacco a Kiev e al resto dell’Ucraina. Pertanto, quando è stata annunciata una tregua a Minsk nel 2016-17, gli accordi, per tutto questo tempo si stavano preparando per un grande attacco. Anche se abbiamo detto ai nostri militari e al Servizio di sicurezza dell’Ucraina: non finirà così, si sono presi una pausa per i preparativi, l’abbiamo vissuto sul nostro territorio, nelle nostre guerre, non potete crederci per un secondo, dovete prepararvi.

Tutto questo è stato ignorato dal servizio di sicurezza dell’Ucraina: dissero: “lo sappiamo, stiamo verificando” ma non c’era una preparazione specifica. E loro, oltre ai preparativi, volevano ripulire l’Ucraina dall’interno da noi, in modo che non aiutassimo, in modo che i volontari non si unissero a noi. Hanno corrotto qualcuno in alcuni livelli della SBU o della polizia. Volevano sbarazzarsi di noi con le loro mani. Sappiamo che ci sono molti soldi in mezzo. A loro è stato affidato il compito: accusare queste persone di quello che vogliono ed espellerle. Nel 2018-20, i servizi speciali ucraini hanno consegnato due dei nostri combattenti alla Russia. Si aspettavano che se avessero cominciato a tradirci, il resto sarebbe scappato, se ne sarebbe andato, si sarebbe offeso. C’era una scommessa su questo.

Ma non siamo scappati, rendendoci conto che si trattava di un’operazione speciale dell’FSB, abbiamo cercato di spiegarlo agli ufficiali della SBU e siamo rimasti qui. Abbiamo detto: “Se siamo colpevoli, dimostrateci la nostra colpa”. Non hanno dimostrato, non c’erano prove. Quando hanno iniziato a cercare chi ci metteva in queste liste, non riuscivano a trovarne le generalità. Gli ufficiali della SBU dicevano: “Non vi abbiamo messo noi in queste liste”. La polizia, la guardia di frontiera, il servizio di immigrazione dicevano la stessa cosa. Questo processo è andato avanti negli ultimi sei mesi e non è stata trovata l’ultima risorsa, ma sappiamo che questo è il lavoro dell’FSB e di Kadyrov. Rendendoci conto di questo, non siamo andati da nessuna parte. Ci è stato detto: “Andate in Turchia, in Europa, non vi impediamo di farlo”. Non siamo andati da nessuna parte, siamo rimasti, sapendo che stavano arrivando i guai. Ora siamo pronti a difenderci insieme agli ucraini. A difendere l’Ucraina, Kiev.

– Chi sono i tuoi nemici? Russia, russi, Kadyrov, Putin?

– A questo punto per me il principale nemico è Putin, il suo regime e il suo entourage. Chi è Kadyrov? Voi giornalisti avete gonfiato l’importanza di Kadyrov, come se fosse una persona indipendente! Kadyrov è lo schiavo di Putin. Certo, ci offendiamo quando dicono: i ceceni hanno attaccato l’Ucraina, i ceceni ci hanno invasi. I ceceni non hanno invaso e non hanno attaccato. Mai nella storia i ceceni hanno avuto inimicizia con l’Ucraina. E non l’avranno neanche adesso. Questi sono bastardi che si definiscono ceceni… E noi, ceceni purosangue, siamo un po’ offesi. La Cecenia, che ha combattuto con la Russia in due guerre, ha perso 300mila abitanti su un milione! Altre 300.000 persone sono sfollate e vivono fuori dalla Cecenia. Questi sono i ceceni che possono definirsi veri ceceni. E questi bastardi sono gli scagnozzi di Putin.

Se Kadyrov può definirsi ceceno, perché si trova nel territorio della Cecenia, che è più piccolo della regione di Lugansk, sorvegliato da 100.000 soldati russi? Senza di loro, non è nessuno. La sua gente comune che è tenuta in ostaggio sul territorio della Cecenia lo sputerebbe semplicemente e lo ucciderebbe se ci fosse un’opportunità e il libero arbitrio. Ma davanti a Kadyrov c’è un esercito russo di centomila uomini. Sta dietro di loro, si nasconde e dice che è ceceno e sta restaurando la repubblica.

– Perché gli uomini di Kadyrov ora appaiono ovunque?

– Perché nel 2008, quando la Russia ha attaccato la Georgia, la 56a armata è poi entrata a Tskhinvali, i georgiani hanno reagito, non li hanno lasciati entrare, hanno combattuto. Quindi i Kadyroviti furono ammessi lì, il battaglione Vostok, prese Tskhinvali. Da quel momento furono addestrati come cani da combattimento.

– Ma “Vostok” allora era degli Yamadaev .

– Sì. Che importa? Era a capo del battaglione, ma era anche un kadyrovita, l’uomo di Putin. Con l’aiuto degli Yamadayev e di altri, i Kadyroviti salirono al potere, si rafforzarono e in seguito li uccisero loro stessi . È importante. Gli Yamadayev furono usati. La famiglia Kadyrov non ha avuto tali opportunità e gli Yamadayev hanno combattuto la prima guerra dalla nostra parte. C’erano cinque o sei fratelli, erano molto coraggiosi.

[…] Erano pochi, 200-300 persone. Sono stati colpiti, hanno perso l’appetito e sono stati ritirati. Ma non per ritirarsi completamente dall’Ucraina, ma per prepararsi meglio. Sono stati inviati in Siria, dove si svolgevano i combattimenti. Sono stati addestrati, preparati per essere gettati qui. La scommessa principale di Putin era su di loro: sarebbero arrivati ​​i Kadyroviti, tutti si sarebbero dati alla fuga e avrebbero portato tutto in movimento. Quello che sta succedendo oggi, lo vediamo. Sono portati come polli in questi campi. Non si arrendono e ne lanciano sempre di nuovi. E non ci sono solo ceceni. Hanno reclutato da tutto il Caucaso, hanno portato tutti qui sotto il marchio dei Kadyroviti.

Perché Putin ha permesso l’illegalità della gente di Kadyrov in tutta la Russia? Vengono in qualsiasi città: qualsiasi sindaco, deputato si scusa con loro. [….

– Come hai reagito all’informazione che un altro, già il terzo battaglione di volontari, che includerà euro-Ichkeriani , si sta formando vicino a Leopoli?

– Prendiamo con noi persone che conosciamo personalmente o persone di cui ci fidiamo al 100%. Non prendiamo nessun’altro. Pertanto, abbiamo semplicemente rifiutato e rifiutiamo molti. Questo è probabilmente il motivo per cui coloro che volevano unirsi a noi si sono rivolti da qualche altra parte. In ogni caso non interferisce. Che ci sia un’altra squadra. Più è meglio è, sarà solo più facile per noi.

– Akhmed Zakaev, il primo ministro di Ichkeria in esilio , ha chiesto di unirsi a tali distaccamenti. Sei in contatto con loro?

– Comunichiamo su alcuni problemi per telefono. Sì, ha invitato i volontari a unirsi ai distaccamenti, lo abbiamo sostenuto, siamo pienamente d’accordo con questo. L’unico punto: correre da qualche parte è una cosa, ma devi concludere una sorta di accordo in modo che dopo non ci siano problemi.

Nel 2014 siamo arrivati ​​frettolosamente, tutto era verbale, non c’erano documenti. Quelli che ci hanno chiamato qui per chiedere aiuto – i servizi segreti, si potrebbe dire, quelli ucraini – che si sono licenziati, che sono stati trasferiti. Senza documenti ufficiali, abbiamo una situazione del genere. Per evitare che ciò accada di nuovo, stiamo cercando di elaborare questo momento – in modo che tutto sia conforme alla legge, in modo che ci sia ordine. In modo che alcune persone incomprensibili sotto questo marchio non arrivino qui. Per potersi fidare l’uno dell’altro.

Al raduno "Ichkeria è viva!"  a Kiev, Piazza Indipendenza, 13 agosto 2017.  Nella foto - un membro di uno dei battaglioni ceceni con le strisce delle bandiere di Ichkeria e Ucraina
Al raduno “Ichkeria è viva!” a Kiev, Piazza Indipendenza, 13 agosto 2017. Nella foto – un membro di uno dei battaglioni ceceni con le strisce delle bandiere di Ichkeria e Ucraina

– Hai informazioni sul numero di ceceni morti nell’esercito russo?

– Non abbiamo informazioni specifiche, ma quello che dicono ufficialmente in Cecenia sul numero delle persone uccise non ha senso. Centinaia di loro sono stati mandati qui. Sono nascosti in Bielorussia, negli obitori , non vengono mandati a casa. Ecco perché diciamo a Kadyrov: se vuoi farla finita con noi o qualcun altro, vieni qui tu stesso. Costi a nascondi lì, codardo? Stai mandando questi ragazzi al macello.

– Ha detto che aveva 70mila persone pronte a partire in qualsiasi momento, in qualsiasi parte del mondo, se necessario.

– Bene! Che raccolga questi 70mila, ma che vada lui stesso in testa. Mandarli tutti qui e restare tu stesso a casa: questo può essere solo opera dell’ultimo dei codardi. Non mando i miei combattenti da qualche parte. Sono in trincea con loro! Mangio quello che mangiano loro, dormo dove dormono loro. Esco con loro in ricognizione, non li mando da soli, anche se sono molto più giovani e veloci, è difficile per me stare al passo con loro, ma comunque lo faccio. Non posso sedermi a casa, mandare le persone da qualche parte, poi aspettare chi di loro tornerà e chi no. E questo ateo sta seduto a casa, manda queste persone. Glielo dico personalmente: è un codardo, perché sta a casa e non viene qui, ma manda questi ragazzi. Se è un devoto fanti di Putin, allora lascia che tutti i 70mila suoi e 100mila soldati russi prendano e vadano qui. Siamo qui! Lo stiamo aspettando, siamo a posto, non siamo scappati, non ci siamo ritirati.

– In alcuni articoli scrivono di te che ripaghi l’Ucraina per il fatto che gli ucraini hanno difeso l’indipendenza di Ichkeria. C’erano molti di questi ucraini?

Non ho alcun debito con nessuno. Non l’ho detto da nessuna parte, e non lo farò. Gli ucraini sono venuti di loro spontanea volontà in Cecenia nel 1994 e hanno aiutato in ogni modo possibile. Quando il compianto Sashko Bely ( Alexander Muzychko – guidò il distaccamento ucraino filo-Ichkeriano durante la guerra in Cecenia), da qualche parte su Internet dovrebbe esserci questo video era in Cecenia con il suo distacco, quindi gli è stata posta la domanda: “I ceceni sono musulmani, voi siete cristiani. Cosa vi lega? Perché siete venuti ad aiutare i ceceni?” Ha risposto: “Siamo venuti qui perché se la guerra in Cecenia non fosse iniziata, i russi avrebbero attaccato l’Ucraina. Con questa guerra, la Cecenia ha salvato l’Ucraina, ha ritardato la guerra su se stessa, siamo obbligati ad aiutare”. Questo è quello che hanno detto nel 1994-95.

Quando tutto questo è iniziato qui, non siamo venuti qui sotto le bandiere di Zelensky o Poroshenko, non per sostenere qualche presidente o partito. Siamo venuti qui per aiutare il popolo ucraino, in modo che l’Ucraina non cadesse sotto l’influenza della Russia e fosse indipendente. Oggi qui si decide una svolta molto importante. Se l’Ucraina cade, cadranno tutte le repubbliche dell’ex URSS. I paesi indipendenti intorno alla Russia perderanno la loro possibilità di libertà. Oggi, se l’Ucraina sopravvive, questa è un’opportunità per tutti. Comprendendo tutto questo, guardiamo oltre e vediamo oltre. Non siamo mai stati nemici e non credo che lo saremo in futuro. Speriamo di spezzare la schiena a questo regime del Cremlino. E questo inizierà la liberazione del nostro Caucaso e di tutto il popolo oppresso dalla Russia!

Quando Maskhadov chiedeva all’Europa di fermare Putin – La lettera al G7

Tra il 20 ed il 22 Luglio del 2001 si tenne a Genova un vertice del G – 8 , il gruppo delle principali potenze economiche della Terra (G – 7) implementato (dal 1997 al 2013) dalla presenza della Russia. In vista di questo incontro, il Presidente della Repubblica Cecena di Ichkeria, Aslan Maskhadov, inviò una lettera ai rappresentanti di quei governi, che riportiamo integralmente, in italiano e in inglese.

Come nei riguardi delle parole di Dudaev sulla futura guerra in Ucraina, quelle di Maskhadov sull’ondivago rapporto delle democrazie occidentali con il regime di Vladimir Putin suonano tristemente concrete in questi giorni.

VERSIONE ITALIANA

Gentili Eccellenze,

Io, Aslan Maskhadov, presidente democraticamente eletto della Repubblica cecena di Ichkeria, scrivo questo appello disperato in nome del mio popolo, vittima di una guerra genocida il cui omicidio quotidiano deve ancora risvegliare la coscienza del mondo che guidate. Siamo miserabili, sanguinanti e schiavi come voi siete ricchi, potenti e liberi. Presto vi riunirete a Genova tra lo splendore e la cerimonia che si addice al vostro posto, in prima fila tra le nazioni. Guardie d’onore vi saluteranno, vi incontrerete nei palazzi e il mondo ascolterà ogni vostra parola. Io vi scrivo da un luogo di sterminio putrido, di carneficina, e come i miei fratelli rimango un braccato nel mio paese. Anch’io ho avuto dalle urne il privilegio e la responsabilità di guidare la mia nazione, ma Mosca mi definisce un bandito, un terrorista e un criminale. Al di là dei confini del mio piccolo paese, le mie parole sembrano contare poco, così come il grido angosciato del mio popolo vi lascia ancora sorprendentemente muti e sordi. Quindi continuerò a scrivere finché il silenzio non sarà squarciato.

Converrete al vostro vertice per considerare la riduzione del debito per i paesi poveri del mondo in via di sviluppo. Questo è un obiettivo lodevole, ed è senza dubbio la speranza di milioni di persone che la preoccupazione umanitaria motivi i forti a cercare di porre fine alla miseria a contratto per i deboli. Ma se riconoscete la silenziosa violenza della povertà sugli indigenti e sugli affamati, perché vi allontanate da noi? Noi che moriamo tra le fiamme della sporca guerra del Cremlino, siamo meno degni di compassione? Cosa ci ha reso invisibili a voi? Temo di conoscere la risposta. Temo che le fredde esigenze della realpolitik assicurino le vostre inazioni e condannino il nostro destino. Per non danneggiare una relazione incerta con una nuova Russia fragile e instabile, siete disposti a trascurare l’annientamento del mio popolo. Ai vostri occhi, per il bene di interessi più grandi, siamo una nazione sacrificabile. Quindi concedete un posto a tavola a un ospite d’onore, il presidente russo Vladimir Putin, e gli stringete la mano come leader di una grande democrazia, applaudendolo come un riformatore che condivide i vostri valori.

Aslan Mahadov (a sinistra) e Alexander Lebed (a destra) firmano gli Accordi di Khasavyurt

Se poteste sopportare di vedere il vero volto della Cecenia sotto l’agonia dell’occupazione russa, potreste sinceramente continuare a offrire tali lodi? Su una popolazione che un tempo contava un milione di persone, un ceceno su sette è ora morto. 250.000 dei nostri civili sono rifugiati. Privi dei beni di prima necessità, molti sono devastati da malattie e denutrizione, soprattutto anziani e giovani. Più di 20.000 civili e membri della resistenza subiscono la prigionia nei nuovi Gulag, i cosiddetti campi di filtrazione. Costretti in condizioni disumanizzanti e primitive con poche o nessuna assistenza medica, il che supera di gran lunga i peggiori standard del sistema penale russo, la vita nei campi improvvisati vede l’uso sadico e sistematico della tortura. Bruciature con le sigarette, percosse paralizzanti, soffocamento, annegamento negli escrementi umani, mutilazioni con coltelli, scosse elettriche ad alto voltaggio e abusi sessuali sono solo alcune delle pratiche comuni. Alla fine molti prigionieri vengono uccisi. Sicuramente per alcuni questa deve essere una gradita liberazione dall’inferno.

Le nostre donne vengono spesso radunate a caso e violentate in gruppo. In una politica comune sulla terra bruciata, i villaggi vengono saccheggiati, poi rasi al suolo e i maschi normodotati, compresi i ragazzi di età pari o inferiore a 15 anni, vengono portati via e scompaiono. Qualsiasi ceceno può essere arrestato senza accusa o ricevere la pena capitale senza processo. Le esecuzioni sommarie sono all’ordine del giorno per uomini, donne e bambini di tutte le età. I corpi dei morti vengono spesso mutilati deliberatamente e lasciati in mostra, la loro sepoltura vietata. I nostri morti servono anche come nuova forma di moneta, con i soldati russi che costringono i parenti a pagare ingenti riscatti prima che possano ottenere i resti dei loro cari. Innumerevoli fosse comuni giacciono nascoste in un paesaggio costellato da villaggi rasi al suolo e rovine in fiamme. Le nostre infrastrutture non esistono più. Solo nelle ultime due settimane una dozzina di villaggi nel sud-est e nell’ovest della Cecenia sono stati nuovamente terrorizzati, oltre 300 civili uccisi in una perquisizione sistematica e altre migliaia imprigionati, torturati e violentati. Abbiamo informato il Consiglio d’Europa, ma inutilmente. Questa è la verità più oscura della realpolitik. Terrore, macellazione e follia sono il prezzo che paghiamo per garantire il pragmatismo della diplomazia internazionale.

Grozny distrutta dai bombardamenti

Nel 1945 avete sconfitto i mali del militarismo, del fascismo e del nazismo. Quelle nazioni tra voi che avevano dato vita al mostruoso colosso e all’olocausto della guerra mondiale, hanno giurato di non ripetere mai gli stessi errori fatali e si sono forgiati con uno spirito nuovo per stare con orgoglio tra le democrazie più antiche. In oltre mezzo secolo di progressi insieme avete costruito nuove istituzioni per la comunità delle nazioni, l’ONU, la NATO, l’UE e l’OSCE, tra gli altri organismi regionali e globali, volte a un futuro più equo e più sicuro. Avete impedito il giorno del giudizio di un conflitto nucleare e il vostro esempio ha abbattuto il muro di Berlino, sollevando il giogo del comunismo e ponendo fine a una lunga guerra fredda. Avete smantellato i vostri imperi coloniali e avete permesso che i popoli ex sudditi fossero liberi. Avete combattuto il razzismo in patria e all’estero e le vostre voci hanno contribuito a sconfiggere la macchia dell’apartheid. Più e più volte avete incoraggiato le virtù della democrazia a trionfare sulla dittatura. Forse soprattutto, a Norimberga hai risposto ai tuoi più nobili istinti stabilendo lo stato di diritto ei diritti umani come principi inviolabili e universali che riterrebbero per sempre la barbarie responsabile di un codice di condotta civile.

Allora, com’è possibile celebrare Slobodan Milosevic che finalmente affronta il giudizio all’Aia ma abbracciare Putin come un partner credibile? Com’è possibile che vi siete mobilitati per affrontare la nuda aggressione durante la Guerra del Golfo, che siete intervenuti quando avete assistito alla pulizia etnica e alla ferocia in Bosnia, Kosovo, Timor e Sierra Leone e ora pronunciate raramente la parola Cecenia? Condannate e isolate il regime dello SLORC in Myanmar e i talebani in Afghanistan. Fate pressione sulla Cina per i suoi abusi in Tibet e la sua persecuzione di intellettuali dissidenti e seguaci religiosi, ma non dite nulla sull’omicidio di massa di civili ceceni. Praticate un’instancabile diplomazia cercando di assicurare la pace in Medio Oriente, Irlanda del Nord, Macedonia, Kashmir, Congo, persino in Sudan, dov’è la vostra iniziativa di pace cecena?

Artiglieria russa spara nei dintorni di Tolstoy – Yurt, Novembre 1999

In nome di una nazione morente vi prego di non abbandonarci più. Chiedo che adottiate collettivamente misure per favorire la ripresa dei negoziati di pace e l’emanazione di un cessate il fuoco immediato garantito e monitorato da parti neutrali. Vi prego inoltre di chiedere, in conformità con il diritto internazionale, il dispiegamento di aiuti umanitari, personale sanitario e medico disperatamente necessari. Vi imploro inoltre di chiedere il ritorno senza ostacoli degli investigatori dei diritti umani delle ONG, degli osservatori delle istituzioni internazionali e di tutti i membri della stampa mondiale attualmente esclusi dall’entrare in Cecenia. Mi rivolgo a voi, come leader del mondo libero, a raccogliere il coraggio morale in armonia con le tradizioni democratiche che rappresentate e che avete giurato di sostenere per fare pressione sulla Russia affinché cessi lo sterminio del mio paese, per ritenerlo responsabile del genocidio e per imporre sanzioni se Mosca non desisterà.

La ferocia che dobbiamo sopportare non è nuova. Ricordiamo le miniere di sale di Stalin, le sue torri di guardia, il filo spinato e le tombe anonime. Il dolore dell’esodo e del genocidio lo abbiamo già conosciuto. Così riconosciamo gli altri con i quali condividiamo una terribile fratellanza di orrore. Gli scheletrici ebrei e rom nei forni di Dachau e Auschwitz. La carne da baionetta di Nanchino. Gli antichi figli del Biafra dagli occhi sbarrati. La madre implorante e il bambino di fronte ai fucili a My Lai. Gli arabi di palude dell’Iraq soffocati dalle nuvole di gas mostarda. I tutsi del Ruanda massacrati sulla strada di Kigali dai coltelli dell’Interhamwe. Sono tutti i nostri fratelli e sorelle martiri nell’eredità di un omicidio senza senso. Solo il nostro massacro, la nostra morte non è di ieri, appartiene all’incubo vivente del presente. Quanti ceceni saranno morti nel tempo che impiegherete a leggere questa lettera? Quanti altri dovremo seppellire prima della fine del vostro vertice? Non mancate di parlare, per amore dell’umanità e della giustizia agite ora sulla vostra coscienza o nel tempo anche la storia vi segnerà con una pagina di vergogna. Se continuate a restare inerti mentre il mio popolo svanisce in un bagno di sangue, se non agite con convinzione e determinazione come avete fatto in Ruanda, i fantasmi ceceni macchieranno il vostro onore come fanno con quello russo.

Possa Dio concedervi la saggezza e la visione per servire la causa della pace e della giustizia

Rispettosamente

Aslan Maskhadov

Presidente della Repubblica Cecena di Ichkeria

ENGLISH VERSION

Dear Excellencies,

I, Aslan Maskhadov, the democratically elected President of the Chechen Republic of Ichkeria, write this desperate appeal in the name of my people, the victims of a genocidal war whose daily murder has yet to awaken the conscience of the world you lead. We are as wretched, bloody and enslaved as you are rich, mighty and free. You will soon gather in Genoa amidst the splendor and ceremony that befits your place in the front rank of nations. Guards of honour will salute you, you will meet in palaces and the world will listen to your every word. But I write you from a killing ground putrid with slaughter and like my brethren I remain a hunted man in my own country. I too won the privilege and responsibility of leading my nation from the ballot box, but Moscow calls me a bandit, a terrorist and a criminal. Beyond the confines of my tiny country, my words seem to count for little, just as the anguished cry of my people still astonishingly leaves you mute and deaf. So I will continue to write until the silence is pierced.

You will join in your summit to consider debt relief for the impoverished developing world. This is a laudable aim, and it is the hope no doubt of countless millions that humanitarian concern motivates the strong to seek an end to indentured misery for the weak. But if you acknowledge the quiet violence of poverty upon the destitute and the hungry why do you turn away from us? We who die in the flames of the Kremlin’s dirty war, are we less worthy of compassion? What has made us invisible to you? I fear I know the answer. I fear the cold exigencies of realpolitik ensure your inaction and seal our fate. Lest you damage an uncertain relationship with a fragile and volatile new Russia, you are willing to overlook the annihilation of my people. In your eyes, for the sake of larger interests we are an expendable nation. So you grant a seat at the table to an honoured guest, Russian President Vladimir Putin, and shake his hand as the leader of a great democracy, applauding him as a reformer who shares your values.

Fossa comune in Cecenia

If you could stand to see the true face of Chechnya under the agony of Russian occupation, could you sincerely continue to offer such praise? Out of a population that once numbered a million, one in seven Chechens is now dead. 250,000 of our civilians are refugees. Bereft of the most basic necessities, many are ravaged by disease and malnutrition, especially the elderly and the young. More than 20,000 civilians and resistance members endure imprisonment in the new Gulags, the so-called filtration camps. Held in dehumanizingly foul and primitive conditions with little or no medical care that far exceed the worst standards of the Russian penal system, life in the improvised camps sees the sadistic and systematic use of torture. Burning with cigarettes, crippling beatings, suffocation, drowning in human excrement, mutilation with knives, high voltage electric shock and sexual abuses are only some of the common practices. Many prisoners are ultimately killed. Surely for some this must be a welcome deliverance from hell.

Our women are often rounded up at random and gang raped. In a common scorched earth policy villages are looted then razed and the able bodied males including boys 15 and under are swept up and disappeared. Any Chechen can be arrested without charge or receive capital punishment without trial. Summary executions are an everyday occurrence for men, women and children of all ages. The bodies of the dead are often deliberately mutilated and left on display, their burial forbidden. Our dead also serve as a new form of currency, with Russian soldiers forcing relatives to pay large ransoms before they can obtain the remains of their loved ones. Countless mass graves lie hidden in a landscape dotted by flattened villages and burning ruins. Our infrastructure no longer exists. Only in the last two weeks a dozen villages in south eastern and western Chechnya were again terrorised, over 300 civilians murdered in a systematic sweep and thousands more imprisoned, tortured and raped. We informed the Council of Europe but to no avail. This is the darker truth of realpolitik. Terror, butchery and madness is the price we pay to ensure the pragmatism of international diplomacy.

In 1945 you defeated the evils of militarism, fascism and Nazism. Those nations among you that had given birth to the monstrous juggernaut and holocaust of world war, vowed never to repeat the same fatal errors and forged yourselves in a new spirit to stand proudly among the elder democracies. Over half a century of progress together you built new institutions for the community of nations, the UN, NATO, the EU, and the OSCE, among other regional and global bodies, aimed towards a more equitable and safer future. You prevented the doomsday of a nuclear conflict and your example brought down the Berlin Wall, lifting the yoke of communism and ending a long cold war. You dismantled your colonial empires and allowed former subject peoples to be themselves. You fought racism at home and abroad and your voices helped to vanquish the stain of apartheid. Time and again you fostered the virtues of democracy to triumph over dictatorship. Perhaps above all, at Nuremberg you responded to your most noble instincts establishing the rule of law and human rights as inviolable, universal principles that would forever hold barbarism accountable to a civilised code of conduct.

So how is it that you celebrate Slobodan Milosevic at last facing judgement at the Hague but embrace Putin as a credible partner? How is it possible that you mobilised to confront naked aggression during the Gulf War, intervened when you witnessed ethnic cleansing and savagery in Bosnia, Kosovo, Timor and Sierra Leone and now seldom even utter the word Chechnya? You condemn and isolate the SLORC regime in Myanmar and the Taliban in Afghanistan. You pressure China over its abuses in Tibet and its persecution of dissident intellectuals and religious followers, but you say nothing about the mass murder of Chechen civilians. You practice tireless diplomacy trying to secure peace in the Middle East, Northern Ireland, Macedonia, Kashmir, the Congo, even the Sudan, where is your Chechen peace initiative?

In the name of a dying nation I beg you not to forsake us any longer. I ask that you collectively take steps to foster the resumption of peace negotiations and the enactment of an immediate cease-fire guaranteed and monitored by neutral parties. I beseech you further to demand in accordance with international law the deployment of desperately needed humanitarian aid, health and medical personnel. I further implore you to seek the return without hindrance of NGO human rights investigators, observers from international institutions and all members of the global press currently being barred from entering Chechnya. I appeal to you as leaders of the free world to muster the moral courage in keeping with the democratic traditions you represent and have sworn to uphold to pressure Russia to cease its extermination of my country, to hold it accountable for genocide, and to impose sanctions if Moscow will not desist.

The savagery we must bear is not new. We remember Stalin’s salt mines, his guard towers, barbed wire and unmarked graves. The pain of exodus and genocide we have known before. So we recognise the others with whom we share a terrible kinship of horror. The skeletal Jews and Romany in the ovens of Dachau and Auschwitz. The bayonet fodder of Nanjing. The ancient, wide-eyed children of Biafra. The pleading mother and baby facing the rifles at My Lai. The marsh Arabs of Iraq choked by the clouds of mustard gas. The Tutsi of Rwanda butchered on the Kigali road by the knives of the Interhamwe. They are all our martyred brothers and sisters in the legacy of senseless murder. Only our slaughter, our death is not yesterday’s, it belongs in the living nightmare of the present. How many Chechens will have died in the time you take to read this letter? How many more must we bury by the time your summit is over? Do not fail to speak, for the sake of humanity and justice act now upon your conscience or in time history will also mark you with a page of shame. If you continue to stand idly by while my people vanish in a bloodbath, if you fail to act with conviction and resolve as you did in Rwanda, Chechen ghosts will stain your honour as surely as they do Russia’s.

May God grant you the wisdom and vision to serve the cause of peace and justice.

Respectfully,

Aslan Maskhadov
President of the Chechen Republic of Ichkeria