Uno dei primi effetti estetici di ogni rivoluzione è sempre stata la ridenominazione di strade, città, edifici ed istituti. La rivoluzione cecena non ha eccezione.
Fin dall’Ottobre del 1991 i rivoluzionari iniziarono una accesa campagna volta ad attribuire ai principali edifici di Grozny un nuovo volto nominale, più in linea con le coordinate ideologiche del nuovo regime. Ancor prima che il governo provvisorio guidato da Dzhokhar Dudaev si insediasse nel “Reskom” (il palazzo sede del Comitato Regionale del PCUS, prontamente ribattezzato “Palazzo Presidenziale”) l’aereoporto di Grozny, originariamente chiamato “Severny” (“Settentrionale”) e Piazza Lenin erano state dedicate alla figura di Mansur Usurma, eroe nazionale ceceno e mito fondativo della resistenza anti – russa.
Nel corso del periodo prebellico furono molti gli edifici ed i viali dedicati a figure di alto valore storico e politico per i nazionalisti: per quanto la maggior parte dei decreti di ridenominazione siano andati perduti, i testimoni di allora citano una moltitudine di strade e piazze, tra le quali uno dei viali principali di Grozny, intitolato nel 1993 alla memoria di Isa Arsamikov, deputato di prima convocazione caduto durante il colpo di stato del 4 Giugno 1993.
Lo scoppio della guerra produsse un’ulteriore accelerazione del processo di ridenominazione: il primo di cui si ha notizia fu varato da Dudaev per onorare uno dei primi villaggi ad essersi opposti all’invasione delle truppe federali. Si trattava del villaggio di Lomaz – Yurt, al confine nordorientale tra la Cecenia e la Russia. In onore della fiera resistenza mostrata dalle unità volontarie che difendevano il villaggio, Dudaev rinominò l’insediamento Turpal – Yurt (“Villaggio degli Eroi”).
Con la morte di Dudaev il mito del primo Presidente della Cecenia indipendente divenne quasi un culto religioso. In particolare il suo successore, Zelimkhan Yandarbiev, decise di onorare la sua memoria rinominando addirittura la capitale del paese, il cui nome era un retaggio della dominazione russa (“Grozny”, letteralmente “Formidabile” era il nome di una fortezza russa costruita sulle macerie di alcuni villaggi preesistenti, e presso i ceceni la città era chiamata Solzha – Ghala) in “Dzhokhar – Ghala”, La Città di Dzhokhar [Dudaev].
Nel dopoguerra le iniziative volte al recupero della tradizione nazionale nella denominazione degli insediamenti divennero molto frequenti, tanto che nel Marzo del 1999 il terzo presidente della ChRI, Aslan Maskhadov decise la creazione di un’apposita commissione, la Commissione di Stato per la Ridenominazione degli Insediamenti, al vertice della quale nominò il Ministro della Cultura Akhmed Zakayev. A far parte della Commissione furono chiamati anche Dalkhan Khozaev, Capo del Dipartipento Archivistico di Stato, Aslambek Davdiev, capo del Dipartimento Gioventù e Turismo, A. Dudaev, Direttore del Centro di Studi Culturali e Politici “A. Avtorkhanov” e Magomed Khasiev, Direttore del Centro Etnoculturale Ceceno.
Recentemente ha iniziato a circolare sui social la foto di un documento, risalente al 10 Marzo 1999, nel quale la commissione decreta alcune ridenominazioni. Come vedremo si tratta di interventi messi in atto sugli insediamenti afferenti al Distretto del Sunzha, allora considerato per intero parte della ChRI, e successivamente diviso tra Inguscezia e Cecenia. La maggior parte degli interventi sono volti al recupero della denominazione indigena di quei villaggi. Le riportiamo di seguito:
Sunzha – Capoluogo dell’omonimo distretto, Dalla metà dell’800 ribattezzata Sleptovskaya in onore del Generale russo Sleptsov, ma chiamata dai locali Ordzhonikidevskaya, fu ribattezzata “Dibir – Yurt”, dal nome ancestrale del villaggio Vaynakh sul quale era stata costruita.
Krabulak, cittadina del Distretto di Sunzha, attualmente parte della Repubblica di Inguscezia, fu rinominata “Eldarkhan – Ghala” nome ancestrale del villaggio Vaynakh sul quale era stata costruita.
Troistskaya – Anch’essa cittadina del distretto di Sunzha, confinante con il capuologo, fu rinominata “Obarg – Yurt” dal nome con il quale la chiamavano gli abitanti del luogo.
Nesterovskaya – Cittadina posta a Sud rispetto al capoluogo del distretto inguscio di Sunzha, fu ribattezzata “Gazhariy Yurt” dal nome del villaggio nei pressi del quale fu costruita.
Assinovskaya – Villaggio posto a ridosso dell’attuale confine tra Repubblica di Inguscezia e Repubblica Cecenia, fu ribattezzata “Ekhaborze” dal nome dell’originale insediamento Vaynakh dal quale si sviluppò.
Sernovodsk – Villaggio posto a nord di Assinoskaya, attualmente parte del distretto ceceno del Sunzha, fu ridenominata “Enakhishka” dal nome dell’insediamento Vaynakh dal quale si sviluppò.
Krasnoktabrsky – Ridenominato in “Alhast”.
Le immagini mostrano il decreto di costituzione della Commissione per la Ridenominazione degli Insediamenti, pronto per la firma del Presidente della Repubblica, Aslan Mashadov, e del Segretario di Stato, Ziauddi Abuev.
Siamo lieti di comunicare che da oggi è disponibile la seconda edizione del libro “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria” in vendita su Amazon sia in versione cartacea che in E – Book.
Per questa seconda edizione abbiamo deciso, data la lunghezza del lavoro, di organizzarne la pubblicazione in cinque volumi: oggi esce il primo di questi, “Dalla Rivoluzione alla Guerra (1991 – 1994)”.
Il volume si compone di 340 pagine, e contiene numerose aggiunte e modifiche rispetto alla versione precedente. Dalla settimana prossima sarà possibile acquistarlo anche in lingua inglese. Buona lettura!
CONFEDERAZIONE DEL CAUCASO – Si riunisce a Sukhumi l’Assemblea dei Popoli Montanari del Caucaso, embrione della Confederazione dei Popoli Montanari del Caucaso. Vengono costituiti un Parlamento ed un Presidium di governo, e promulgata una dichiarazione nella quale si afferma: “I popoli partecipanti dichiarano che intendono agire con spirito di fratellanza, amicizia e cooperazione, con l’intento di sviluppare de rafforzare i legami politici, socioeconomici e culturali tra i Montanari del Caucaso, seguendo i principi di sovranità statale, cooperazione, mutuo sostegno e non interferenza negli affari interni delle repubbliche che rappresentano”.
2 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Prima sessione del Parlamento della Repubblica. Hussein Akhmadov viene nominato Presidente del Parlamento, Bektimar Mezhidov e Magomed Gushakayev sono nominati vice – presidenti. Il Congresso dei Deputati del Popolo ed il Soviet Supremo Russo dichiarano di non riconoscere il risultato delle elezioni di Ottobre, né le istituzioni nate da esse.
POLITICA LOCALE – Ad Urus – Martan è scontro per il vertice dell’amministrazione cittadina tra l’ex Presidente del Comitato Esecutivo cittadino, Dadaev, e l’ex Presidente del Comitato Cittadino del PCUS, Usamov. Il secondo aveva sostiuito il primo dopo che ad Aprile, il Consiglio Cittadino aveva revocato la carica al primo. Un successivo intervento del Presidium del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio lo aveva reintegrato nel ruolo, ma Usamov si oppone alla decisione e si rifiuta di abbandonare l’ufficio.
3 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento vota i primi provvedimenti legislativi: vengono approvati bandiera ed inno nazionale, russo e ceceno sono istituite lingue di Stato, viene decretato lo scioglimento di tutti i gruppi armati ad eccezione di quelli inquadrati sotto la Guardia Nazionale (ufficialmente istituita in questo giorno)
CONFLITTI SOCIALI – A seguito dell’aumentare esponenziale dei crimini comuni, la Guardia Nazionale assume compiti di polizia in affiancamento alle unità del Ministero degli Affari Interni.
Hussein Akhmadov, primo Presidente del Parlamento della Repubblica Cecena.
4 Novembre
RIVOLUZIONE CECENA – Vista la situazione di caos nel quale si trova il paese, la Commissione Elettorale per il rinnovo del Soviet Supremo sposta le elezioni previste per il 17 Novembre all’8 Dicembre. E’ una vittoria dei secessionisti, che in questo modo ottengono il rinvio delle elezioni per il Soviet Supremo e guadagnano tempo per consolidare la loro posizione. Il Presidente della Commissione Elettorale incaricata di organizzare la consultazione, Gerzeliev, conferma che il voto ci sarà, e che si tratta dell’occasione per “avviare il ripristino dell’ordine costituzionale nella nostra repubblica.”
POLITICA ESTERA – Il Presidente della neonata Repubblica di Georgia, Zviad Gamsakhurdia, invia le sue congratulazioni a Dudaev ed al Parlamento appena eletto, e si propone di riconoscere ufficialmente la Cecenia come uno Stato indipendente non appena il parlamento georgiano potrà discutere la sua mozione.
POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento costituisce il Servizio di Sicurezza Nazionale, organo di polizia destinato alla protezione degli edifici dello Stato e dell’ordine costituzionale. Eredita le funzioni del dissolto KGB.
5 Novembre
RIVOLUZIONE CECENA – Akhmed Arsanov diffida il Presidente georgiano Gamsakhurdia dal riconoscere la Cecenia e in generale dall’intervenire negli affari interni del paese, generando discordia e scontro politico. La diffida è inviata dal neocostituito Comitato per la Sicurezza e l’Unità della Repubblica Ceceno – Inguscia.
Il Maggior Generale Pyotr Sokolov, comandante della guarnigione dell’esercito federale in Cecenia, dichiara che le forze armate manterranno un atteggiamento neutrale rispetto agli eventi politici in svolgimento nel Paese, e raccomanda alla popolazione di rispettare le esigenze si sicurezza dei suoi uomini. In particolare egli lamenta continue incursioni, talvolta armate, dei depositi dell’esercito e in particolare in quelli del reggimento corazzato di addestramento di stanza a Shali.
Da Mosca giunge la condanna alle elezioni popolari del 27 Ottobre da parte del Vicepresidente del Soviet Supremo russo, Filarov, e del Primo Vicepresidente del Consiglio dei Ministri russo, Lobov. Nel telegramma i due leader dichiarano di essere disposti ad intraprendere tutte le misure previste dalla legge a tutela dell’ordine costituzionale.
POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento appena eletto proclama l’interdizione delle attività del Soviet Supremo provvisorio e di qualsiasi altro organismo della dissolta ASSR Ceceno – Inguscia su tutto il territorio nazionale. Inoltre proclama la nazionalizzazione di tutte le strutture, le proprietà ed i beni afferenti all’Unione Sovietica.
Al Ministero degli Affari Interni si tengono negoziati tra i sostenitori del Comitato Esecutivo ed i funzionari del dicastero, con l’obiettivo di garantire la lealtà delle forze dell’ordine alle nuove istituzioni.
CONFLITTI SOCIALI – I rappresentanti della comunità russa in Cecenia annunciano un congresso generale per il 12 Novembre.
6 Novembre
RIVOLUZIONE CECENA – In risposta al rifiuto da parte di Mosca di riconoscere le elezioni popolari del 27 Ottobre, il neoeletto Parlamento emette un appello ai cittadini, nel quale si chiede il loro sostegno contro le ingerenze del governo russo.
7 Novembre
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA – Il Presidente russo Eltsin proclama lo Stato di Emergenza in Cecenia. Il Parlamento ceceno ordina la mobilitazione della Guardia Nazionale. Migliaia di persone si radunano nelle piazze delle principali città della Cecenia, volontari armati bloccano le strade e gli accessi ferroviari.
8 Novembre
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA- Il Parlamento ceceno concede a Dudaev i pieni poteri, mentre la Guardia Nazionale si posiziona a difesa dei quartieri governativi e circonda la base militare di Khankala, dove presumibilmente atterreranno le forze federali inviate ad arrestare gli insorti. Dudaev proclama la legge marziale e mobilita tutte le forze armate disponibili. Tuttavia il Presidente dell’URSS, Gorbachev, si rifiuta di ordinare all’esercito di occupare la Cecenia, ed anche il Ministro degli Interni, Barannikov, si astiene dall’ordinare un attacco. Le forze russe inviate a Khankala si trovano ben presto in inferiorità numerica e prive di armamento pesante, e non possono avanzare fuori dal perimetro della base. Una folla di sostenitori dell’indipendenza assedia da giorni il palazzo del Ministero degli Interni, chiedendo al personale di mettersi a disposizione della repubblica indipendente.
CONFEDERAZIONE DEL CAUCASO – Il Parlamento si riunisce in seduta congiunta con il Parlamento della Confederazione dei Popoli Montanari del Caucaso (KGNK), organismo pancaucasico sostenitore della causa indipendentista cecena, tra i cui principali rappresentanti vi è Yusup Soslambekov, già animatore del VDP e Deputato al Parlamento.
POLITICA NAZIONALE – Nel tentativo di risolvere la crisi in atto all’interno del Ministero degli Affari Interni, il Parlamento nomina al vertice del dicastero Umalt Alsultanov, ex Ministro degli Interni della RSSA Ceceno – Inguscia. Al dicastero dell’Economia viene inoltre confermato Ministro Taymaz Abubakarov, il quale ricopriva lo stesso ruolo nell’ultimo governo della RSSA Ceceno – Inguscia.
Dudaev presta il giuramento di stato come Presidente della Repubblica. Decine di migliaia di volontari affluiscono nella capitale per assistere alla cerimonia del giuramento e mettersi a disposizione della Guardia Nazionale. Molti di loro sono armati. Il nuovo Presidente della Repubblica appunta Yusup Soslambekov alla guida del neocostituito Ministero della Difesa. Alla notizia di un possibile intervento armato della Russia molti esponenti dell’opposizione democratica si schierano dalla parte di Dudaev.
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA – A Grozny la popolazione scende in piazza in massa. Migliaia di volontari, molti dei quali armati, si mettono al servizio del Ministero della Difesa. Un corrispondente della ITAR – TASS definisce il centro di Grozny “un mare umano”.
L’aereo della Aeroflot dirottato ad Ankara dal commando di sequestratori ceceno.
10 Novembre
TERRORISMO – L’aereo della Aeroflot dirottato dal commando terrorista di cui fa parte Basayev atterra senza incidenti all’aereoporto di Grozny. I dirottatori vengono accolti festosamente dalla popolazione.
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA – L’aereoporto Sheikh Mansur viene bloccato dalla Guardia Nazionale, ed è consentito un solo decollo da Grozny verso Mosca, per trasportare una delegazione intenzionata a tenere colloqui con i rappresentanti del Soviet Supremo della RSFSR.
A Mosca il Soviet Supremo della RSFSR discute il Decreto di Eltsin sull’introduzione dello Stato di Emergenza.
POLITICA NAZIONALE – Dudaev nomina Daud Akhmadov, membro del Comitato Esecutivo, rappresentante presidenziale. Alla conferenza stampa di presentazione, il Presidente dichiara che “La Repubblica Cecena sarà uno Stato sovrano e indipendente che costruirà su base paritaria i rapporti con tutti i paesi vicini, compresa la Russia.”
CONFEDERAZIONE DEL CAUCASO – Il Parlamento della Confederazione dei Popoli Montanari del Caucaso (KGNK) indice una mobilitazione generale a sostegno della causa cecena. Il Parlamento della Repubblica vota la costituzione di un Consiglio di Difesa della Repubblica sotto la presidenza di Dudaev.
11 Novembre
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA – Il Soviet Supremo della RSFSR non autorizza il decreto di Elstin, che in questi giorni è all’Assemblea delle Nazioni Unite ed è mediaticamente esposto. L’esercito si ritira dalla base di Khankala.
NEGOZIATI RUSSO/CECENI – Dudaev si dichiara pronto ad aprire un ciclo di negoziati di massimo livello con il governo di Mosca.
CONFLITTI SOCIALI – Il Ministro degli Affari Interni, Umalt Alsultanov, dichiara che la situazione sociale nel Paese è sotto controllo, che i detenuti fuoriusciti dalle colonie penali nei giorni dell’insurrezione sono a disposizione del Comitato Esecutivo, e che una volta rientrato lo stato di emergenza saranno nuovamente ricondotti sotto la custodia delle autorità. Riguardo al loro destino, Alsultanov ventila l’ipotesi di un’amnistia per coloro che parteciperanno alla difesa della Repubblica.
12 Novembre
CONFLITTI SOCIALI – Mentre i centri detentivi nella repubblica entrano in stato di agitazione, bande armate si approfittano del caos per mettere a segno audaci colpi criminali. Nella notte il Rettore dell’Università Statale viene rapito, ed il Prorettore, accorso sulla scena del rapimento, ferito a morte.
La situazione sociale è incandescente: i lavoratori del servizio telefonico entrano in sciopero, chiedendo alle istituzioni garanzie di sicurezza personale di fronte al continuo aumento della criminalità ed alla presenza perniciosa di bande armate.
POLITICA NAZIONALE – A Grozny il governo nomina Lecha Yahyaev direttore del Servizio Stampa repubblicano. Questi tiene una conferenza stampa nella quale denuncia l’infiltrazione di numerosi agenti del KGB entro i confini della Repubblica, citando l’arresto, appena effettuato, di un ufficiale di quel corpo, Viktor Tolstenev, armato e in abiti civili, nel pieno centro della capitale.
13 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Il Presidente istituisce il COFEC, Comitato per la Gestione Operativa dell’Economia, con lo scopo di gestire la pianificazione economica in attesa della formazione di un governo di unità nazionale. Al suo vertice viene nominato il giovane imprenditore Yaragi Mamodaev.
NEGOZIATI RUSSO/CECENI – Riguardo i negoziati con la Russia, Dudaev dichiara in una conferenza stampa che questi potranno avere luogo soltanto dopo il riconoscimento da parte di Mosca delle istituzioni costituite con le elezioni del 27 Ottobre. Riguardo l’ipotesi di un blocco economico da parte della Russia, Dudaev risponde che la Repubblica Cecena si riserva di attuare le medesime misure coercitive, qualora Mosca decida di procedere sulla via del confronto.
POLITICA NAZIONALE – Viene decretato l’obbligo per gli ex agenti del KGB ceceno di registrarsi presso il Ministero della Difesa entro 24 ore, pena il loro riconoscimento come agenti sovversivi ed il loro conseguente arresto.
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA – Il Presidente russo Eltsin licenzia Akhmed Arsanov dalla carica di Rappresentante Presidenziale in Cecenia, in relazione alle “errate informazioni” che hanno portato all’introduzione dello Stato di Emergenza nel Paese. Dudaev si congratula pubblicamente con lui “per un’altra vittoria sulla via della giustizia e della democrazia.”.
Yaragi Mamodaev
14 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Dudaev ritira nelle caserme la Guardia Nazionale, ed invita tutti i cittadini a presentarsi agli uffici preposti per registrare le armi in loro possesso.
Il Parlamento della Repubblica stabilisce valide le leggi in vigore in Cecenia fino al 27 Ottobre scorso, che non violino la Dichiarazione di Indipendenza.
IRREDENTISMO INGUSCIO – In Inguscezia continuano le manifestazioni a favore dei reintegro del Distretto di Prigorodny, in applicazione della Legge sulla Riabilitazione dei Popoli Oppressi.
Il Presidente ceceno Dudaev interviene dichiarando che il problema può essere risolto soltanto con una mediazione tra i popoli del Caucaso, e che la Russia in ogni caso non si sforzerà per garantire agli ingusci il ritorno delle loro terre irredente.
15 Novembre
POLITICA ESTERA – Dudaev incontra delegazioni dalla Georgia e dall’Ossezia del Nord. Dal Kazakistan il Presidente Nursultan Nazarbayev comunica la sua disponibilità a dare supporto al popolo ceceno in nome dell’antica amicizia che lega le due nazioni, maturata durante il periodo dell’Ardakh.
POLITICA NAZIONALE – Uno degli agenti del KGB arrestati nei giorni precedenti, Viktor Tolstenev, viene ritrovato morto con la gola tagliata nell’edificio dei servizi segreti, ora sede del neocostituito Servizio di Sicurezza Nazionale. La situazione nel paese resta tesa, e la Legge Marziale proclamata da Dudaev rimane in vigore.
Un decreto proposto dal Parlamento, nel quale si nominano amministrazioni locali provvisorie in attesa di elezioni amministrative, viene bloccato da Dudaev, il quale sostiene che un simile provvedimento possa portare divisione tra i cittadini. Ad oggi il Parlamento conta 33 deputati su 41, in quanto ancora non si sono svolte le elezioni suppletive per gli 8 posti ancora vacanti.
Il Muftì della Cecenia Magomed Arsanukaev, invia un appello alla popolazione nel quale chiede ai fedeli di non cedere alle passioni e di contribuire a riportare nel Paese un clima di concordia e collaborazione.
Magomed Arsanukaev, Muftì di Cecenia durante la rivoluzione.
16 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Il Presidente del Comitato di Stato per la Gestione dell’Economia, Yaragi Mamodaev, comunica di aver concluso i primi accordi per la fornitura di zucchero alle regioni montane, e di star organizzando il lavoro di immagazzinamento dei raccolti in vista dell’inverno. A margine della dichiarazione, Mamodaev afferma: “Non ci allontaneremo da nessuno, né economicamente, né politicamente”. Quest’ultima frase lascia intendere la possibilità che la crisi politica con la Russia possa ricomporsi in presenza di condizioni favorevoli per la Cecenia.
Anche il Ministro dell’Economia, Taymaz Abubakarov dichiara che la situazione sotto il profilo dell’approvvigionamento invernale è sotto controllo.
CONFLITTI SOCIALI – La situazione sociale permane difficile: una banda armata penetra nella caserma delle truppe del Ministero degli Affari Interni nel sobborgo di Chernorechye, alla periferia di Grozny, saccheggiando numerose attrezzature militari. La caserma era stata da poco abbandonata, lasciando i magazzini incustoditi. Nei giorni seguenti la Guardia Nazionale prenderà il controllo della struttura.
18 Novembre
NEGOZIATI RUSSO/CECENI – Galina Starovoitova, emissario personale di Eltsin, telefona a Dudaev, cercando una sponda per l’apertura di negoziati. Dudaev subordina qualsiasi accordo al parere positivo del Parlamento. Il negoziato si arena.
19 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Nella prima riunione plenaria del Comitato per la Gestione dell’Economia Nazionale, Yaragi Mamodaev dichiara che il blocco economico russo, per quanto non dichiarato, è già in atto, e dai confini con la Federazione non passano più numerose merci. Si dice tuttavia fiducioso nel fatto che il Paese abbia sufficienti riserve per sopportare il blocco, e che le risorse petrolifere a disposizione possano essere una buona merce di scambio per mantenere l’iniziativa economica ed eludere gli effetti nefasti dell’assedio messo in atto dal governo russo.
20 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Bislan Gantemirov, figura di spicco del movimento indipendentista e leader del movimento Via Islamica, viene nominato Sindaco di Grozny.
Bislan Gantamirov, Sindaco di Grozny dal 20 Novembre 1991, passò all’opposizione antidudaevita nel 1993
21 Novembre
PRIMA CRISI RUSSO/CECENA – La legge marziale viene revocata in tutta la Cecenia. Yusup Soslambekov si dimette dalla carica di Ministro della Difesa.
22 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Si tiene a Grozny il primo Congresso Nazionale dei Teip, tramite il quale Dudaev tenta di ricompattare il fronte politico interno, diviso tra i radicali indipendentisti ed i moderati favorevoli al ripristino del vecchio sistema costituzionale.
IRREDENTISMO INGUSCIO – In Inguscezia si tiene un raduno nazionale in vista del Referendum con il quale la piccola repubblica deciderà se aderire o meno alla Federazione Russa.
25Novembre
MANIFESTAZIONI POLITICHE – L’opposizione ai secessionisti manda in onda una trasmissione televisiva nella quale denuncia le irregolarità del voto del 27 Ottobre e dichiara di non riconoscere l’autorità del nuovo presidente e del nuovo parlamento. Gli autori della trasmissione sono personaggi ben noti nei distretti settentrionali di Naursk e dell’Alto Terek.
26 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento vara la riforma della governance locale, prevedendo la costituzione di consigli locali eletti direttamente ogni tre anni, e consigli distrettuali formati dalle delegazioni dei consigli locali.
Vengono inoltre estesi i poteri di emergenza accordati al Presidente della Repubblica in ragione della difficile situazione interna che il Paese sta affrontando.
Alcuni parlamentari si dichiarano contrari alle nomine dirigenziali fatte da Dudaev, ma il Parlamento non prende alcuna iniziativa, temendo contraccolpi nell’opinione pubblica.
27 Novembre
POLITICA NAZIONALE – Con Decreto Presidenziale Dudaev nazionalizza i presidi militari delle forze armate sovietiche in tutta la Repubblica.
IRREDENTISMO INGUSCIO – Il Consiglio del Popolo di Inguscezia, autorità pro – tempore della piccola repubblica, decreta che il 30 Novembre successivo i cittadini voteranno un referendum nel quale viene chiesto il loro parere circa la costituzione di una repubblica autonoma, federata con la Russia, comprendente l’irredento Distretto di Prigorodny.
Il Parlamento ceceno definisce “Illegale” la proposta del Consiglio del Popolo dell’Inguscezia, in quanto la consultazione si terrebbe anche su territori attualmente rivendicati dalla Repubblica Cecena, non essendo ancora stati definiti i confini tra le due nuove repubbliche. Inoltre i secessionisti considerano fallace la prospettiva di una mediazione da parte della Russia nel conflitto politico per il controllo del Distretto di Prigorodny, sostenendo la posizione dei nazionalisti radicali ingusci, guidati da Isa Kodzoev.
29 Novembre
CONFLITTI SOCIALI – Centinaia di ex detenuti usciti dalle carceri durante la Rivoluzione Cecena manifestano sotto il Palazzo Presidenziale chiedendo l’amnistia e dichiarandosi “vittime del regime comunista”.
Il previsto congresso della popolazione di lingua russa in Cecenia viene annullato, ufficialmente a causa del fatto che i negoziati tra il governo separatista e quello di Mosca non sono ancora ad un livello soddisfacente. Dudaev rassicura tutti i cittadini russofoni che il nuovo governo non attuerà alcuna politica discriminatoria nei loro confronti.
POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento, che ad oggi ha prodotto quasi cinquanta provvedimenti legislativi, vota la costituzione del Comitato Investigativo di Stato, riunendo una serie di piccoli uffici una volta autonomi al tempo della RSSA Ceceno – Inguscia.
30 Novembre
IRREDENTISMO INGUSCIO – In Inguscezia si tiene il referendum per la secessione dalla Cecenia e per il suo reintegro nella Federazione Russa insieme al Distretto di Prigorodny. Il 97,4% vota a favore di tale decisione.
4 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – In attuazione della legge parlamentare sull’autogoverno locale, le vecchie istituzioni distrettuali sovietiche vengono smantellate, ed i direttori della autorità locali esautorati.
5 Dicembre
MANIFESTAZIONI POLITICHE – I rappresentanti di venticinque villaggi nel nord della Cecenia dichiarano di non riconoscere come regolari le elezioni del 27 Ottobre, alle quali dichiarano di non aver, di fatto, partecipato. A guidarli c’è il neoeletto Governatore del distretto dell’Alto Terek, Umar Avturkhanov. Gli anti – dudaeviti chiedono lo svolgimento di un referendum sulla falsariga di quanto avvenuto in Inguscezia, e non intendono ubbidire alle decisioni del governo separatista. Squadre armate si organizzano nel Nord del paese, pronte a respingere eventuali interventi della Guardia Nazionale.
NEGOZIATI RUSSO/CECENI – A Grozny, una delegazione di parlamentari russi tenta di aprire un negoziato con Dudaev, ma questi caldeggia loro di rientrare in Russia quanto prima, accusandoli di “provocazione”.
6 Dicembre
CULTURA – Si tiene a Grozny l’esposizione “Arte del Caucaso”, mostra – mercato di opere tradizionali e di lavori dei più stimati pittori, scultori e disegnatori del paese.
7 Dicembre
POLITICA ESTERA – Dudaev garantisce asilo politico all’ex Presidente della DDR Erich Honecker. In una dichiarazione alla stampa il presidente ceceno dichiara il paese disponibile ad accoglierlo, qualora questi decida di espatriare dalla Germania.
8 Dicembre
UNIONE SOVIETICA – A Belavezha i leader di Russia, Bielorussia ed Ucraina dichiarano che l’Unione Sovietica “sta cessando di esistere” e predispongono le prime misure per l’abolizione dell’URSS.
Accordi di Belavezha
9 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Con Decreto Presidenziale gli uffici della Procura Generale e del Ministero degli Affari Interni vengono diffidati dal trasmettere informazioni all’estero senza autorizzazione. Tale misura è volta ad evitare fughe di informazioni o deliberate mistificazioni della realtà in ordine a favorire la “guerra dell’informazione” che si profila all’orizzonte tra Mosca e Grozny.
10 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Per evitare una fuga di prodotti calmierati e di generi di prima necessità fuoriescano dalla repubblica tramite speculatori il COFEC impone il blocco delle esportazioni per una grande quantità di articoli, imponendo la licenza governativa per la vendita all’estero delle merci. La Benzina ed altri prodotti di consumo quotidiano subiscono la calmierazione dei prezzi, in forza della quale tali beni sono venduti ad un prezzo fisso stabilito dal governo.
11 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Per evitare che la benzina venduta a prezzi calmierati in Cecenia venga contrabbandata a prezzi maggiorati in Russia il COFEC impone un deciso aumento dei prezzi al consumo: da oggi il costo della benzina passa da 1 a 3 (e in alcuni casi da 1 a 4) rubli al litro.
Il Presidente Dudaev emette un decreto nel quale riordina le forze armate e stabilisce un salario per i suoi membri. Viene istituito il Quartier Generale delle Forze Armate, e la Guardia Nazionale ottiene lo status di persona giuridica. Viene ordinata la preparazione di divise ufficiali da presentarsi entro il 15 Gennaio successivo.
Inoltre viene stabilito che le istituzioni culturali e artistiche, siano considerate bene pubblico, e poste “sotto la protezione dello Stato.”
12 Dicembre
UNIONE SOVIETICA – Il Soviet Supremo Russo accoglie gli Accordi di Belavezha firmati da Russia, Bielorussia e Ucraina e ritira i suoi rappresentanti dal Congresso dei Deputati del Popolo.
POLITICA ESTERA – Lo svedese Jak Ewald Konan ottiene dal Presidente della Repubblica la cittadinanza cecena.
13 Dicembre
CONFEDERAZIONE DEL CAUCASO – Dudaev dichiara la sua disponibilità alla costituzione di una realtà politica pancaucasica nella quale confluiscano in qualità di stati sovrani tutte le repubbliche non russe. Questa dichiarazione suscita la reazione del governo russo, il quale teme che l’indipendenza della Cecenia possa rappresentare il primo passo di un “effetto domino” insurrezionale in tutta la regione.
POLITIZA NAZIONALE – Il Primo Vicepresidente del COFEC, Hussein Marayev, legge una relazione nella quale si parla delle appropriazioni indebite di capitali proventi dalla lavorazione dei prodotti petroliferi, delle quali si sarebbero macchiati i più alti quadri della RSSA Ceceno – Inguscia prima della Rivoluzione Cecena. Il danno erariale calcolato è di 400 milioni di dollari. Dudaev assicura in una conferenza stampa che i colpevoli saranno presto giudicati in tribunale.
Bandiera della Confederazione dei Popoli Montanari del Caucaso
14 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Dudaev nomina Shamil Beno, imprenditore di origini ceceno – giordane, Ministro degli Esteri, ed Aslanbek Akbulatov, giornalista, Segretario di Stato.
15 Dicembre
CONFLITTI SOCIALI – In tutto il paese si registra un’ondata di crimini violenti. Le unità dipendenti dal Ministero dell’Interno, ridotte alla paralisi dal confronto tra la fazione lealista nei confronti del Ministro Umalt Alsultanov (tornato in carica al posto di Vakha Ibragimov) e la fazione che non riconosce la sua autorità, sembrano impotenti.
Anche il Servizio di Sicurezza Nazionale lamenta l’impossibilità di operare a causa del fatto che elementi della Guardia Nazionale stazionano nell’edificio dell’ex KGB, impedendone l’utilizzo ai funzionari.
16 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Con il Decreto Presidenziale numero 05 il Presidente Dudaev stabilisce il diritto di tutti i cittadini di possedere armi da fuoco “Nel rispetto delle tradizioni storiche dei Vaynakh, dello stile di vita sociale e dello stile di vita dei popoli della Repubblica Cecena, riconoscendo il diritto inalienabile e naturale dei cittadini all’autodifesa ed alla protezione dalle aggressioni criminali.”
Con Decreto Presidenziale “Sulla razionalizzazione delle attività di impresa commerciale, specializzate nel settore minerario, della produzione e della lavorazione di beni, materie prime e prodotti strategici per la repubblica” Dudaev impone uno stringente iter autorizzativo sull’esportazione di determinati beni e prodotti, in particolare quelli petroliferi, rispetto ai quali si riserva il diritto di autorizzare personalmente il dispacciamento.
Secondo quanto riferito dal corrispondente ITAR – TASS Sherip Asuev, Parlamento e Presidente si scambiano reciproche critiche riguardo la velocità nello sviluppare il sistema giuridico del nuovo Stato (Costituzione in primis) e nella formazione di un governo politico che goda della fiducia del corpo legislativo.
POLITICA ESTERA – Con un accordo tra il governo ceceno e la compagnia di bandiera Armena l’aeroporto di Grozny diventa Hub passeggeri della compagnia. Il governo ceceno rifornirà di carburante i velivoli e in cambio la flotta aerea civile armena aprirà una linea di trasporto passeggeri.
19 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – In attuazione del blocco delle esportazioni previsto dal Comitato per la Gestione Operativa dell’Economia Nazionale, il pompaggio di prodotti petroliferi dalla Repubblica verso la Russia viene bloccato. La misura è volta principalmente a costringere Mosca ad aprire canali diplomatici ufficiali per il riconoscimento della Repubblica Cecena.
20 Dicembre
ESTERI – In Georgia una frangia dell’esercito mette in atto un colpo di Stato militare ed occupa la capitale, Tbilisi. Il Presidente della Repubblica, Zviad Gamsakhurdia, acceso nazionalista e amico di Dzhokhar Dudaev, fugge dal paese e ripara dapprima in Azerbaijan, poi in Armenia.
POLITICA NAZIONALE – Il Parlamento della Repubblica vara un pacchetto di leggi a tutela della cultura nazionale. In ossequio alla tradizione islamica vengono vietate le autopsie e le sperimentazioni sui corpi dei deceduti (eccezion fatta per quelle disposte dal tribunale) e lo svolgimento dell’attività di ginecologo da parte di professionisti di sesso maschile. Il giorno di riposo settimanale viene spostato da domenica a venerdì, secondo la tradizione religiosa.
Il Presidente Dudaev vara un Decreto nel quale i passaporti sovietici perdono di validità, con la loro progressiva sostituzione ad opera del Ministero degli Affari Interni con documenti ufficiali della Repubblica Cecena, la cui stampa viene prevista entro il 1° Febbraio 1992.
POLITICA ESTERA – In serata Parlamento e Presidente emettono una dichiarazione comune nella quale dichiarano che la Repubblica Cecena è disposta ad entrare in qualsiasi organizzazione interstatale a condizioni di parità con qualsiasi altra nazione. Il riferimento è alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), in procinto di nascere sulle ceneri dell’Unione Sovietica. Nessuna delle nazioni partecipanti al nuovo soggetto giuridico risponderà alla dichiarazione.
Combattimenti per le strade di Tbilisi
21 Dicembre
UNIONE SOVIETICA – Con gli accordi di Alma – Ata l’URSS cessa di fatto di esistere. Al suo posto viene istituita la Comunità degli Stati Indipendenti, della quale faranno parte quasi tutte le repubbliche ex sovietiche ad eccezione di quelle baltiche.
POLITICA NAZIONALE – Nel tentativo di aumentare il controllo sulle unità armate, il Presidente assume il comando della Guardia Nazionale e dei reparti armati delle forze dell’ordine operativi nella Repubblica.
In applicazione del suo stesso decreto, Dudaev si reca a registrare la propria arma personale.
23 Dicembre
NEGOZIATI RUSSO/CECENI -Un tentativo di apertura dei negoziati annunciato pubblicamente dal Presidente del Soviet Supremo russo Yuri Yarov viene sconfessato dalla dirigenza cecena, la quale dichiara di non essere disposta ad aprire trattative fintanto che la Russia non riconoscerà l’indipendenza della Repubblica Cecena inviando ambasciatori ufficiali. In serata il governo invia un gesto di distensione autorizzando nuovamente il pompaggio dei prodotti petroliferi dalle raffinerie cecene in direzione degli snodi russi di Budennovsk, Armavir e Trudovaya.
POLITICA ESTERA – Parlando ad una conferenza stampa sugli eventi occorsi in Georgia e sull’imminente scioglimento dell’URSS, Dudaev dichiara illegittima la pretesa della Russia di ereditare strutture e impianti sovietici sui territori delle altre repubbliche ex – sovietiche, e conferma la disponibilità della Repubblica Cecena a far parte di un nuovo commonwealth a condizioni di parità tra tutti i suoi membri. Rispetto alle imminenti dimissioni di Gorbachev, Dudaev si dice contrario ad una sua destituzione, considerandolo “un vero democratico” ed auspicando ad una sua conferma alla leadership della nuova Comunità degli Stati Indipendenti. In riferimento al colpo di stato appena occorso in Georgia, il Presidente ceceno ha parlato di “forze oscure” che tenterebbero di condizionare la vita politica del paese, dicendosi comunque sicuro che i ceceni sapranno difendere la loro indipendenza da qualsiasi ingerenza esterna.
POLITICA NAZIONALE – Con il Decreto Presidenziale numero 7 il Presidente della Repubblica introduce una stretta sui viaggi all’estero dei funzionari statali, i quali sembrano fare un utilizzo piuttosto “disinvolto” dei fondi di cassa dedicati. Il decreto cita: “Vieto categoricamente a tutti i Ministri, ai Direttori delle grandi imprese ed ai rappresentanti delle istituzioni di compiere viaggi di lavoro all’estero senza la mia preventiva autorizzazione. All’arrivo da un viaggio di lavoro essi dovranno inviarmi una segnalazione. Essi dovranno segnalare giornalmente al mio assistente dalle 9 alle 11 via telefono sui risultati ottenuti e sui piani di lavoro per il giorno seguente.”
POLITICA NAZIONALE – Viene promulgata dal Parlamento la Legge sulla Difesa. Vengono istituiti i dipartimenti ufficiali dell’esercito (Guardia Nazionale, Servizio di Frontiera, Truppe Interne, Forze Speciali, Servizio di Lavoro, Riserva) ed introdotta la leva obbligatoria di un anno (per i cittadini con istruzione superiore) e di un anno e mezzo (per coloro che ne sono sprovvisti) per tutti i cittadini tra i 18 ed i 26 anni di età.
Il Parlamento vara anche la “Legge sull’Attività del Parlamento della Repubblica Cecena” con la quale regolamenta il funzionamento dell’assemblea legislativa. La legge contiene anche la legittimazione del “Consiglio degli Anziani” (Il “Mekhk Khel”) deputato al “controllo morale ed alla supervisione delle attività istituzionali”.
25 Dicembre
UNIONE SOVIETICA – A seguito degli accordi di Alma – Ata, Mikhail Gorbachev si dimette da Presidente dell’URSS.
IRREDENTISMO INGUSCIO – Conseguentemente alla volontà manifestata dagli Ingusci di costituire una repubblica autonoma federata con la Russia, il Parlamento ceceno istituisce una Commissione per delimitare i nuovi confini tra Cecenia e Inguscezia. Il tema centrale di questa risistemazione dei confini saranno i distretti di Malgobek e di Sunzha, storicamente appartenenti alla Cecenia ma popolati principalmente da ingusci.
26 Dicembre
POLITICA ESTERA – Il Parlamento promulga una “Dichiarazione di Neutralità” con la quale la Repubblica Cecena ripudia qualsiasi accordo militare di natura aggressiva nei confronti di terzi, riconoscendo lo strumento bellico soltanto come mezzo legittimo di difesa della propria integrità territoriale. La dichiarazione comprende il riconoscimento ufficiale da parte della Repubblica di tutti gli stati costituiti dalle precedenti repubbliche sovietiche, e chiede contestualmente ad ognuna di loro il riconoscimento della Repubblica Cecena.
Relativamente allo stato di guerra civile che regna nella vicina Georgia, il governo ceceno invia una delegazione di parlamentari a proporre una mediazione tra le parti in conflitto. Anche il Presidente Dudaev invia una sua rappresentanza, dichiarando alla stampa che la Cecenia osserverà una rigorosa neutralità. Interrogato sull’argomento, il Ministro della Stampa e dell’Informazione, Movladi Ugudov, dichiara che nessun militante armato è stato inviato dalla Cecenia a supporto di alcuna delle parti. In serata il Ministro degli Esteri Shamil Beno conferma la posizione neutrale della delegazione cecena, dichiarando che sono in corso negoziati per interrompere i combattimenti tra le parti.
POLITICA NAZIONALE – Con il Decreto numero 9 del Presidente della Repubblica Cecena “Sul finanziamento dell’Ufficio del Presidente della Repubblica” l’Ufficio Presidenziale viene finanziato attingendo alle risorse disponibili nel conto corrente bancario a suo tempo dedicato al Consiglio dei Ministri della dissolta ASSR Ceceno – Inguscia.
28 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Con decreto presidenziale Dudaev cede la proprietà di numerosi appartamenti di edilizia popolare alle famiglie che li occupano, premiando alcune categorie socialmente svantaggiate, come le famiglie numerose, le madri sole, i malati cronici ed i disabili, i lavoratori nel campo dell’arte, della cultura, della medicina e dell’istruzione.
Dzhokhar Dudaev
30 Dicembre
POLITICA NAZIONALE – Nell’ultimo giorno utile dell’anno il Presidente Dudaev vara un pacchetto di decreti volto a garantire la formazione di un governo politico entro il mese di Gennaio, il quale rilevi i compiti dell’attuale governo provvisorio e quelli del Comitato per la Gestione dell’Economia Nazionale. Il primo decreto nomina una Commissione di Stato di Attestazione allo Scopo che si occupi di stilare entro il 15 Gennaio 1992 una lista di persone qualificate da inserire nel Consiglio dei Ministri.
Con un secondo decreto Dudaev interviene sulla pletora di nomine effettuate, spesso frettolosamente, durante il periodo insurrezionale, andando a regolamentare il sistema delle investiture pubbliche. Per effetto del decreto, qualsiasi nomina dirigenziale nel ramo esecutivo dello Stato deve essere preventivamente approvata dal Presidente della Repubblica in persona.
31 Dicembre
POLITICA ESTERA – Di fronte alle accuse di un coinvolgimento indiretto del governo separatista nella guerra civile scoppiata in Georgia, il Presidente della Commissione Esteri del Parlamento, nonché uno dei leader della Confederazione dei Popoli Montanari del Caucaso, Yusup Soslambekov, dichiara pubblicamente che nessun miliziano armato e nessuna arma da guerra sono stati inviati in Georgia a sostegno di alcuna fazione. Soslambekov conferma l’impegno del Parlamento ceceno alla soluzione pacifica del conflitto.
RIVOLUZIONE CECENA – Il Presidente del Soviet Supremo Russo, Khasbulatov, si reca in Cecenia per concordare la nascita di un governo provvisorio che amministri lo Stato fino alle elezioni, da svolgersi il 17 Novembre seguente. Viene istituito un direttorio nel quale vengono inseriti sia membri del disperso Soviet Supremo, sia elementi di spicco del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. L’OKChN diffida il Soviet Provvisorio dall’agire in contrasto con la volontà del Congresso, minacciandone in tal caso la dissoluzione.
IRREDENTISMO INGUSCIO – A Nazran, i rappresentanti Ingusci dichiarano l’indipendenza della Repubblica di Inguscezia e si riconoscono all’interno della Russia.
25 Settembre
RIVOLUZIONE CECENA – A causa delle intimidazioni messe in atto dalla Guardia Nazionale nei loro confronti, molti deputati del Soviet Provvisorio sono impossibilitati a raggiungere l’assemblea, alla quale possono partecipare soltanto i deputati allineati con il Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. Il Presidente del Soviet Provvisorio, l’uomo di fiducia di Dudaev e del Comitato Esecutivo Hussein Akhmadov, fa votare una mozione nella quale consegna i pieni poteri all’OKChN. I deputati assenti dichiarano nullo il voto, ma vengono aggrediti dalla Guardia Nazionale e dispersi.
Il Presidente del Soviet Supremo russo, Ruslan Khasbulatov attorniato dai giornalisti, Settembre 1991
1 Ottobre
IRREDENTISMO INGUSCIO – Il Comitato Esecutivo del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno ed i leaders del Congresso Nazionale Inguscio firmano una dichiarazione congiunta nella quale concordano sulla separazione dell’Inguscezia dalla Cecenia.
3 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – La Guardia Nazionale occupa l’edificio del Ministero degli Interni Ceceno – Inguscio.
5 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – A seguito degli aspri contrasti sorti in seno al direttorio nominato il 15 settembre precedente, gli indipendentisti sciolgono il Soviet Provvisorio “per attività sovversive e provocatorie” e formano un “comitato rivoluzionario” cui conferiscono piena autorità. Nella notte miliziani armati occupano il Ministero degli Interni e la sede regionale del KGB, rinvenendo una grande quantità di armi e munizioni. Nelle settimane successive i ribelli riusciranno ad aprire il magazzino militare dei servizi segreti, mettendo le mani su un arsenale composto da centinaia di armi da fuoco e tonnellate di equipaggiamento militare.
7 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo Provvisorio, dopo aver sconfessato l’autorità di Hussein Akhmadov, promulga una risoluzione di condanna all’Ispolkom (il Comitato Esecutivo dell’OKChN). Nella stessa giornata i militanti del Congresso disperdono l’assemblea con l’uso della forza.
MOVIMENTI POLITICI –Zelimkhan Yandarbiev viene confermato alla guida del Partito Democratico Vaynakh al termine del terzo congresso del partito.
8 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo Russo dichiara il Soviet Provvisorio ceceno unica autorità riconosciuta nel paese.
10 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo russo condanna col decreto “Sulla situazione politica in Cecenia – Inguscezia” la presa del potere da parte del Comitato Esecutivo ed emette un ultimatum di 48 per il disarmo delle milizie “illegali”.
L’opposizione moderata, ostile a Dudaev, costituisce una “milizia popolare” a sostegno del governo provvisorio.
Il Congresso Nazionale del Popolo Ceceno organizza elezioni popolari per il 27 Ottobre ed ordina la mobilitazione generale di tutti i cittadini maschi tra i 15 ed i 55 anni.
16 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Il Ministro degli Interni ceceno, Umalt Alsultanov, viene rimosso dalla sua carica a seguito del mancato intervento delle forze dell’ordine nel reprimere l’insurrezione del Comitato Esecutivo. Gli succede Vakha Ibragimov, ma Alsultanov si rifiuta di abbandonare l’ufficio, ed i reparti di polizia si dividono tra chi sostiene le posizioni del primo e chi intende ubbidire all’avvicendamento. Questa situazione provoca ulteriore caos.
Da Mosca, il Presidente russo Boris Eltsin definisce gli indipendentisti “una banda di criminali che terrorizzano la popolazione” e ordina il dispiegamento dell’esercito ai confini della Cecenia.
CONFLITTI SOCIALI – A Grozny ignoti tentano di occupare l’ufficio del Direttore del giornale “Daimokhk”. Nella notte risuonano spari in tutta la città. Il Comitato Esecutivo del Congresso nega che siano in atto azioni della Guardia Nazionale ed accusa ignoti provocatori di voler destabilizzare la situazione nel Paese per scongiurare le elezioni popolari previste per il 27 Ottobre. Dalle vicine repubbliche del Caucaso settentrionale giungono dichiarazioni di supporto alle attività del Comitato Esecutivo.
17 Ottobre
CRIMINALITA’ – Banditi armati, fintisi uomini della Guardia Nazionale, penetrano in un posto di guardia e rubano 4 carabine, un fucile di piccolo calibro e un revolver.
In risposta alla diffusa circolazione delle armi il Comitato Esecutivo dell’OKChN decreta il ritiro della Guardia Nazionale dagli edifici pubblici “non essenziali” ed il suo acquartieramento nelle caserme, la sospensione della mobilitazione proclamata il 10 Ottobre ed il divieto di circolazione alle armi non registrate.
Isa Akyadov, volontario della Guardia Nazionale, posa sul busto abbattuto di Lenin
18 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Il Comitato Esecutivo del Congresso diffida il Soviet Supremo Russo ad emettere delibere riguardanti la Cecenia, e dichiara che considererà qualsiasi intromissione “una continuazione del genocidio contro il popolo ceceno“.
Continuano i preparativi per le elezioni popolari del 27 Ottobre: ad oggi vi sono 5 candidati alla Presidenza della Repubblica e un centinaio di candidati per il ruolo di deputato del nuovo Parlamento, il quale conterà quarantuno membri.
CONFLITTI SOCIALI – Nel centro detentivo di Naursk, ancora in stato di agitazione, una cinquantina di detenuti si appella a Dudaev affinché consenta loro di mettersi a disposizione della Guardia Nazionale, promettendo di non abbandonare il paese e di rimettersi successivamente alla volontà dei magistrati. Il professor Ramzan Goytemirov, leader del Movimento Verde, porta avanti le trattative con i detenuti.
19 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Eltsin intima alle milizie di Dudaev di smobilitare, e minaccia di prendere “tutte le misure necessarie a normalizzare la situazione, a garantire la sicurezza della popolazione ed a proteggere l’ordine costituzionale”. Il Vicepresidente del Comitato Esecutivo, Hussein Akhmadov, bolla l’ultimatum come “l’ultimo fiato dell’impero russo“.
CONFLITTI SOCIALI – Nel distretto di Naursk l’assemblea dei rappresentanti dei Cosacchi di Cecenia chiede un referendum per secedere dalla Cecenia ed annettere i territori del Distretto di Naursk al Territorio di Stavropol.
20 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – L’esercito federale viene messo in stato di allerta.
21 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Autobus carichi di militanti provenienti da varie regioni del Caucaso giungono a Grozny. Molti attivisti della Confederazione dei Popoli del Caucaso, organizzazione appena costituita con l’obiettivo di raggiungere l’unità politica delle repubbliche del Caucaso Settentrionale, si mettono a disposizione dei rivoluzionari ceceni.
I rappresentanti dei movimenti moderati (Daymokhk, Partito Socialdemocratico, Unione degli Intellettuali ed altre sigle minori) tengono un presidio in Piazza del Teatro, a Grozny contro il Comitato Esecutivo chiedendo il disarmo delle milizie armate e lo sgombero degli edifici occupati.
Una rappresentativa degli anziani e del clero islamico si riunisce nella capitale cecena per dare il suo contributo alla soluzione della crisi politica in atto. Viene deciso di convocare un “Mekhk . Khel”, il tradizionale consiglio degli anziani che nel passato veniva chiamato a pronunciarsi su questioni particolarmente delicate.
21 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Scade l’ultimatum di Eltsin sul disarmo della Guardia Nazionale. Nessuna iniziativa pratica viene presa da Mosca, mentre la Commissione Difesa del Congresso Nazionale continua a registrare i volontari disposti a mobilitarsi in caso di confronto armato con le forze del Cremlino. A dirigere l’arruolamento c’è il Capo di Stato Maggiore della Guardia Nazionale, Iles Arsanukaev.
22 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Su ordine del Comitato Esecutivo hanno inizio le operazioni per il riconoscimento della cittadinanza. A Grozny e nelle principali città, ufficiali autorizzati dall’OKChN distribuiscono l’attestazione di nazionalità timbrando i vecchi passaporti sovietici con il simbolo della Repubblica Cecena e registrano i proprietari su elenchi ufficiali.
In Piazza del Teatro l’opposizione moderata manifesta contro le iniziative del Congresso, bollando come illegali le azioni da questo intraprese e riconoscendo il Soviet Provvisorio come unica autorità legittima nel paese.
23 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Doku Zavgaev invia un appello al popolo ceceno nel quale mette in guardia i cittadini dal proseguire sulla strada del caos e della rivoluzione, definendo la Cecenia “sull’orlo di una guerra civile”. Ricorda che l’inverno è alle porte, e che il caos ha impedito l’organizzazione logistica necessaria ad assicurare a tutti i villaggi di montagna sufficienti risorse per affrontarlo. Invita i cittadini a diffidare dei rivoluzionari, paventando il rischio che il Paese finisca nell’anarchia.
Le redazioni dei principali quotidiani ceceni chiedono al Comitato Esecutivo di liberare la sede della TV e della Radio di Stato e di permettere il libero svolgimento del lavoro dei giornalisti, lamentando forti pressioni da parte dei militanti dell’OKChN e della Guardia Nazionale.
24 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo dell’URSS dichiara illegittime le elezioni popolari in programma per il 27 Ottobre ed invita i cittadini a boicottarle. I deputati del disperso Soviet Provvisorio si appellano al popolo perché boicotti le elezioni e sostenga il disarmo delle milizie.
In risposta all’appello di Zavgaev, il quale aveva definito la situazione in Cecenia “sull’orlo di una guerra civile” il Presidente della Commissione Difesa dell’OKChN, Bislan Gantamirov, risponde che “non ci sarà alcuna guerra civile” perché le armi che il Comitato sta ammassando sono destinate ad “invasioni dall’esterno”. La Guardia Nazionale, spiega, rimarrà in armi per garantire lo svolgimento delle elezioni popolari del 27 Ottobre.
Ad oggi sono candidati alla carica di deputato 187 cittadini. Altri 19, che avevano presentato la loro candidatura, sono stati rifiutati dalla Commissione Elettorale.
MANIFESTAZIONI POLITICHE – A Grozny si costituisce il comitato organizzativo per il congresso dei cittadini di lingua russa, in programma per il 19 Novembre.
Un cittadino legge un quotidiano appena acquistato da un ambulante, Grozny, 1991
25 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Eltsin invia il Viceministro delle Foreste, Akhmed Arsanov, come suo rappresentante in Cecenia. Arsanov è appartenente ad una illustre famiglia cecena, ed è molto rispettato tra la popolazione.
26 Ottobre
CONFLITTI SOCIALI – Nuove rivolte nelle carceri. 130 detenuti insorgono, ed altri 600, già fatti fuoriuscire nelle settimane precedenti, manifestano per le strade.
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Provvisorio, ricostituito sotto la presidenza di Baudi Bakhmadov, indice per il 17 Novembre un referendum sulla istituzione della carica di Presidente della Repubblica e sulla secessione dell’Inguscezia dalla repubblica Ceceno – Inguscia.
Il Rappresentante del Presidente della Federazione Russa, Akhmed Arsanov, interviene alla manifestazione dell’opposizione al Comitato Esecutivo dichiarando che “i popoli ceceno e inguscio sono stati, sono e rimarranno uniti” ed esortando i cittadini a boicottare le elezioni popolari previste per il giorno successivo. Infine si rivolge alla popolazione russa residente nella Repubblica, esortandola a non abbandonare il Paese.
In serata Dzhokhar Dudaev tiene una conferenza stampa, durante la quale dichiara che l’introduzione di Arsanov in Cecenia rappresenta “Un tentativo di introdurre un governatorato nella Repubblica”. Inoltre afferma che la decisione presa dal popolo ceceno di autodeterminarsi non deve necessariamente portare ad una rottura dei rapporti con la Russia, e che la popolazione russofona non ha nulla da temere. Infine, nei riguardi della ormai certa separazione tra Cecenia e Inguscezia, dichiara di essere intenzionato a rispettare le volontà degli ingusci, anche se sostiene la prospettiva di un percorso comune sulla strada dell’indipendenza.
27 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Si tengono le elezioni popolari organizzate dal Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. La popolazione partecipa in massa (470.000 voti su 640.000 elettori, secondo la Commissione Elettorale) ed elegge il Generale Dudaev alla carica di Presidente della Repubblica con quasi il 90% dei voti, ed un Parlamento della Repubblica di 41 membri (al voto diretto vengono eletti 32 deputati, gli altri 9 verranno eletti nelle settimane seguenti con voto suppletivo). Almeno 14 deputati sono eletti tra le file del Partito Democratico Vaynakh, e la maggior parte degli altri tra gli attivisti dell’OKChN. L’opposizione moderata, la quale non ha partecipato al voto, è quasi assente dall’assemblea legislativa. Le elezioni sono caratterizzate da diffuse irregolarità, e sono sconfessate dalle forze moderate. In alcuni distretti l’organizzazione del voto è frammentaria e mancano commissioni neutrali in grado di verificare la validità del voto. Tuttavia la stragrande maggioranza della popolazione saluta l’evento con grande soddisfazione.
28 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – Mentre il Soviet Supremo dell’URSS dichiara illegali le elezioni appena svoltesi, i movimenti moderati si riuniscono nel Movimento per la Conservazione della Cecenia – Inguscezia ed armano squadre di volontari che proteggano i seggi nelle elezioni previste per il 17 Novembre.
Dzhokhar Dudaev viene proclamato primo Presidente della Repubblica Cecena. Durante la conferenza stampa che segue, egli dichiara “Dobbiamo dimostrare alla civiltà mondiale che, essendo diventati più liberi, non saremo più necessari solo ai loro vicini, ma anche ad altri popoli “. Successivamente invia un appello al governo federale, nel quale si dice “fiducioso che le relazioni tra la Repubblica Cecena e la Federazione Russa saranno costruite sulla base delle norme civili, del diritto internazionale e nel rispetto reciproco dei diritti e delle libertà” e “sicuro che tutti i nostri ulteriori contatti porteranno a comprensione e rafforzamento di reciproci legami di amicizia tra i nostri popoli, i quali contribuiranno alla prosperità delle nostre repubbliche.”
L’opposizione moderata, la quale ha contestato e boicottato le elezioni, continua a manifestare in Piazza Sheikh Mansur (ex Piazza Lenin).
Elettori si registrano a Grozny per partecipare alle elezioni popolari. 27 ottobre 1991 (foto Gennady Khamelyanin TASS)
30 Ottobre
RIVOLUZIONE CECENA – L’opposizione continua ad occupare Piazza Sheikh Mansur. Tra i manifestanti si costituiscono bande armate. Gli esponenti dell’opposizione moderata dichiarano aperta la campagna elettorale per la costituzione del nuovo Soviet Supremo Ceceno – Inguscio, da decretarsi tramite voto popolare il 17 Novembre.
POLITICA NAZIONALE – Con il Decreto Presidenziale n° 2 “Sulla creazione del Servizio Stampa sotto il Presidente della Repubblica”, Dudaev costituisce il Servizio Stampa Presidenziale.
CULTURA – Viene costituito a Grozny l’Interclub, una sorta di ambiente comune a disposizione di tutti i cittadini. All’interno di esso viene istituito il centro per lo sviluppo delle culture nazionali, uno spazio a disposizione di tutti i popolo abitanti la Cecenia – Inguscezia dove tenere congressi, manifestazioni e assemblee.
8 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – Il Comitato Esecutivo dell’OKChN emette un appello indirizzato al Segretario Generale dell’ONU, al Segretario dell’Organizzazione dei Popoli Non Rappresentati ed in generale ai governi di tutto il mondo. In esso si legge: ” […] In considerazione del fatto che il Soviet Supremo della Repubblica non solo ha preso la decisione di ignorare la volontà popolare, ma ha anche utilizzato tutti i mezzi per affermare il suo potere ed ha adottato strumenti legislativi e delibere non riconosciutegli dal suo potere in rappresentanza di una repubblica sovrana, il Comitato Esecutivo ha deciso di convocare per l’8 Giugno di quest’anno i suoi deputati per proseguire il lavoro del Congresso come costituente. […] L’intera autorità nel territorio della Repubblica è stata trasferita al Comitato Esecutivo, eletto dal Congresso, fino alla formazione di un nuovo organo legislativo in conformità con le norme giuridiche universalmente riconosciute. […].”
9 Agosto
ASSOCIAZIONI – Viene istituita l’Unione degli Imprenditori della Ceceno – Inguscezia, prima camera associativa della nascente impresa privata nel paese.
Bandiera del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (OKChN)
14 Agosto
POLITICA LOCALE – Nel villaggio di Gekhi la popolazione protesta contro il capo dell’amministrazione locale, K. Gakaev, presidiando il palazzo del governo locale e sventolando drappi verdi. Il Consiglio Comunale stabilisce una sospensione di Gakaev ed il passaggio dell’autorità ad interim ad un altro membro del Consiglio.
15 Agosto
UNIONE SOVIETICA – In vista del 20 Agosto, data prevista per la firma del nuovo Trattato dell’Unione, il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio autorizza la delegazione repubblicana a recarsi a Mosca per presenziare alle cerimonia, ma non la autorizza a firmare alcun documento senza che prima non siano stati garantiti i diritti degli ingusci sul Distretto di Prigorodny. La delegazione, guidata da Doku Zavgaev, si reca nella capitale russa.
19 – 22 Agosto
PUTSCH DI AGOSTO – Un gruppo di politici ed ufficiali della vecchia guardia del PCUS, organizzati in un Comitato di Emergenza tenta di ripristinare il regime sovietico, arrestando Gorbachev con lo scopo di impedire la firma del nuovo Trattato dell’Unione. Durante il suo svolgimento Zavgaev si astiene dal prendere una chiara posizione contro i golpisti. I nazionalisti, invece, manifestano contro il Comitato di Emergenza e chiedono la soppressione del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio, colpevole di non aver prontamente condannato il putsch.
RIVOLUZIONE CECENA – Il 20 Agosto il Partito Democratico Vaynakh tiene una manifestazione contro il colpo di stato. il KGB detiene per alcune ore il leader del partito, Zelimkhan Yandarbiev, poi lo rilascia su pressione dei manifestanti e del Generale Dudaev. Il 22 Agosto il colpo di stato fallisce, i cospiratori vengono arrestati e Gorbachev torna al potere, ma il destino dell’URSS è segnato.
PUTSCH DI AGOSTO – Boris Eltsin legge il proclama di condanna al Comitato di Emergenza davanti alla Casa Bianca, in piedi su un carro armato.
22 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – Nell’ultimo giorno del colpo di stato migliaia di ceceni scendono in piazza mobilitati dal Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. Si registrano tafferugli con le forze dell’ordine ed il tentativo di alcuni militanti di impadronirsi degli studi televisivi per trasmettere un messaggio del Generale Dudaev.
23 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – La manifestazione del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno continua, ed i manifestanti ottengono il diritto di parlare alla TV di Stato. Dudaev dichiara che lo scopo del Comitato Esecutivo del Congresso è la soppressione del Soviet Supremo e l’indipendenza della repubblica. Ruslan Khasbulatov, Presidente del Soviet Supremo dell’URSS, si reca a parlamentare con Zavgaev e gli intima di dimettersi per sventare il rischio di una rivolta popolare. Poi si intrattiene con Dudaev, con il quale concorda una road map basata sullo scioglimento del Soviet Supremo e la costituzione di un Soviet Supremo Provvisorio, il cui compito sarà quello di portare il paese ad elezioni democratiche.
24 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – Il presidio permanente dell’OKChN si ingrossa fino a raggiungere molte migliaia di persone. Folle di manifestanti bloccano il Ministero degli Affari Interni e la sede del KGB. In serata la statua bronzea di Lenin nella omonima piazza centrale di Grozny viene decapitata. Poi la folla penetra nell’edificio che ospita il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio e lo occupa, mentre altri manifestanti fanno irruzione nel SOVMIN (l’edificio del Consiglio dei Ministri). I lavori del Soviet Supremo si spostano alla Casa dell’Educazione politica. Zavgaev propone a Dudaev una commissione di conciliazione che negozi una soluzione della crisi politica senza il ricorso alla forza. Dudaev risponde chiedendo lo scioglimento del Soviet Supremo e nuove elezioni democratiche.
25 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – La manifestazione del Comitato Esecutivo del Congresso raccoglie ormai decine di migliaia di persone. Miliziani armati si aggirano per Grozny, mentre folle di manifestanti assediano gli edifici del Soviet Supremo, del Consiglio dei Ministri e del KGB, chiedendo le dimissioni di Zavgaev e lo scioglimento del Soviet. Le forze dell’ordine mobilitate dalle autorità non disperdono i manifestanti. Il Presidente del Soviet Supremo Russo, Ruslan Khasbulatov, chiede al Soviet Supremo di sciogliersi ed a Zavgaev di dimettersi, e di Costituire un Soviet Supremo Provvisorio che porti la Cecenia ed elezioni democratiche e multipartitiche.
26 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – Alla riunione del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio intervengono numerosi rappresentanti del potere centrale, come il Presidente della Commissione Parlamentare Aslanbek Aslakhanov ed il Ministro Salambek Hadjiev, entrambi di nazionalità cecena. Hadjiev accusa senza mezzi termini Zavgaev di aver tradito il popolo durante il colpo di Stato. Nel corso della riunione, da Mosca giunge un telegramma del Presidente del Soviet Supremo russo, Ruslan Khasbulatov, nel quale si intima al Soviet Supremo Ceceno – Inguscio di sciogliersi quanto prima e di indire nuove elezioni. Il Soviet respinge le accuse e gli ordini da Mosca, dichiarando che in quanto Stato sovrano la Repubblica Ceceno – Inguscia ha piena facoltà di operare autonomamente.
Nel frattempo in tutta Grozny i militanti del Comitato Esecutivo dell’OKChN occupano edifici pubblici e sezioni del Partito. A mezzogiorno Zavgaev legge alla radio un appello alla popolazione nel quale chiede ai cittadini di non lasciarsi coinvolgere “dagli estremisti”. Nello stesso momento Dudaev interviene alla riunione del Soviet Supremo dichiarano che la sua azione non è volta alla conquista del potere, ma a favore di un cambiamento democratico che tuteli tutte le componenti etniche e sociali della Repubblica. Al Presidium del Soviet Supremo inizia a circolare la proposta di dimissioni generali e nuove consultazioni.
Un manifestante tiene in mano la prima pagina di un quotidiano con la foto del leader della Rivoluzione Cecena, il Maggior Generale dell’aviazione Dzhokhar Dudaev
27 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – La manifestazione di Grozny si estende a tutto il Paese. Miliziani del Comitato Esecutivo del Congresso bloccano le stazioni ferroviarie, l’aereoporto e le vie di uscita dalla città di Grozny, oltre alle stazioni radio ed ai centralini telefonici. Militanti del Congresso ammainano la bandiera della RSSA Ceceno – Inguscia dall’edificio del Soviet Supremo ed innalzano la bandiera verde–bianco-rossa della Cecenia indipendente. Manifestanti fedeli al Soviet Supremo si radunano davanti alla Casa dell’Educazione Politica e tengono una piccola manifestazione a sostegno delle istituzioni. Anche da alcuni collettivi del lavoro giungono messaggi di solidarietà a Zavgaev.
28 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo emette una risoluzione di condanna al Comitato Esecutivo del Congresso ed al Partito Democratico Vaynakh, esortando la popolazione a non aderire ai tentativi insurrezionali.
29 Agosto
TENSIONI SOCIALI – La colonia penale di Naursk entra in agitazione. Circa 400 detenuti si ribellano, dando alle fiamme le torri di guardia e costringendo il personale ad evacuare la struttura. A fine serata una cinquantina di criminali controlla ancora parte della prigione.
29 Agosto
PARTITO COMUNISTA – A seguito del Putsch di Agostoil Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) viene “sospeso” a tempo indeterminato in tutta l’URSS. Le sue strutture iniziano a dissolversi.
30Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo conferma piena fiducia a Doku Zavgaev ma accetta di dimettersi quasi integralmente. Restano ai loro posti soltanto Zavgaev ed i due vicepresidenti del Presidium.
31 Agosto
RIVOLUZIONE CECENA – La Guardia Nazionale, formazione volontaria armata dal Comitato Esecutivo, eregge barricate in tutta Grozny. Le forze dell’ordine del Ministero degli Interni rimangono acquartierate nelle caserme.
1 – 2 Settembre
RIVOLUZIONE CECENA – Durante la terza sessione del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno il Comitato Esecutivo assume pieni poteri e da il suo sostegno alla creazione di un Soviet Provvisorio di tredici membri composto da esponenti del vecchio regime e da uomini di fiducia del Congresso.
3 Settembre
RIVOLUZIONE CECENA – Zavgaev dichiara lo Stato di Emergenza in Ceceno – Inguscezia. Le forze dell’ordine, tuttavia, non danno seguito alle direttive del governo e non intervengono a disperdere i manifestanti. Zavgaev è politicamente isolato e incapace di difendere la sua posizione.
Il palazzo del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio in una foto degli anni ’70. L’edificio fu occupato dai manifestanti separatisti, i quali costrinsero Zavgaev ed i suoi seguaci a rassegnare le dimissioni.
6 – 7 Settembre
RIVOLUZIONE CECENA – Militanti del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno, guidati da Yusup Soslambekov, irrompono in una sessione del Soviet Supremo Ceceno Inguscio, sciogliendolo con la forza. Il segretario locale del Partito, Vitali Kutsenko, cade dal terzo piano dell’edificio. Spirerà poche ore dopo in ospedale senza che si sappia se è morto a causa di una fatalità o se è stato deliberatamente defenestrato. Molti altri esponenti del partito rimangono contusi. Dopo aver firmato un “atto di rinuncia” Zavgaev fugge da Grozny e riesce a mettersi in salvo nell’Alto Terek.
Il Comitato Esecutivo istituisce un Comitato per la Gestione Operativa dell’Economia (COFEC) che si occupi di mantenere in funzione il sistema produttivo della Repubblica durante la transizione tra il Soviet Supremo ed un governo democraticamente eletto. A guidarlo viene chiamato il giovane imprenditore Yaragi Mamodaev, finanziatore del Comitato Esecutivo e molto vicino al Generale Dudaev.
NEGOZIATI RUSSO/CECENI – Il Segretario di Stato russo Barbulis, ed il Ministro della Stampa e dell’Informazione, Poltoranin tengono un primo negoziato con Dudaev, non riuscendo tuttavia a raggiungere alcuna intesa con il Generale.
POLITICA NAZIONALE – Il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio delibera l’assegnazione delle case popolari costruite su terreni espropriati ai ceceni deportati nel 1944 a coloro che vantavano diritti su di essi o sulle abitazioni stesse prima dell’Ardakhar. Il provvedimento è il primo atto concreto di risarcimento delle vittime del totalitarismo staliniano, e viene salutato con grande apprezzamento dalla stampa locale.
11 Gennaio
CULTURA – Il direttore di una fabbrica di zucchero di Argun istituisce il venerdì come giorno di riposo al posto della domenica “In conformità con la raccomandazione del Congresso del Popolo Ceceno”.
23 Febbraio
MANIFESTAZIONI POLITICHE – Si celebra a Grozny la prima giornata commemorativa delle vittime della deportazione del 1944, il cosiddetto Ardakhar. Per la prima volta ceceni e ingusci possono piangere apertamente i loro parenti scomparsi e ricordare il loro esilio, durato per tredici anni. L’evento è organizzato dalla neonata Associazione degli Intellettuali Ceceno – Ingusci, e vede la partecipazione di storici, professori e giornalisti. All’evento partecipa Doku Zavgaev. Nel suo discorso mette in guardia i ceceni dai pericoli di una degenerazione nazionalista delle contestazioni: “[…] Oggi capiamo chiaramente che il successo della Perestrojka dipenderà dal fatto che riusciremo o meno a fronteggiare le forze destabilizzanti che seminano l’ostilità tra i popoli. Noi diciamo “no!” all’odio interetnico, diciamo “no!” al separatismo, diciamo “no!” a tutte le forze che cercano di suscitare la rabbia ed il sospetto reciproco tra le persone di diversa nazionalità, noi diciamo “no!” al nazionalismo![…]”.
17 Marzo
UNIONE SOVIETICA – In tutta l’URSS si tiene il Referendum sul mantenimento dell’Unione Sovietica come associazione di repubbliche sovrane. La consultazione vede la vittoria del “SI” con il 77,85%. In Cecenia – Inguscezia i voti favorevoli sono il 75% del totale.
Il testo del quesito referendario sottoposto ai cittadini sovietici il 17 Marzo 1991: “Ritiene necessario preservare l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche come una rinnovata federazione di repubbliche sovrane uguali, in di cui sarà pienamente garantita la cittadinanza ai diritti e alle libertà di ogni persona ?”
24 Marzo
IRREDENTISMO INGUSCIO – Boris Eltsin, Presidente del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR) si reca a Nazran, dove interviene ad una manifestazione di irredentisti ingusci che chiedono il ritorno del Distretto di Prigorodny all’Inguscezia. Si tratta di una porzione di territorio a suo tempo parte della RSSA Ceceno – Inguscia, la quale fu annessa alla vicina Ossezia del Nord nel 1944 e non fu mai restituita agli antichi abitanti. Eltsin promette il suo appoggio agli ingusci e si offre di organizzare negoziati ufficiali per garantire le loro rivendicazioni.
RIABILITAZIONE DEI POPOLI OPPRESSI – Dopo l’incontro di Nazran, Eltsin si reca a Grozny, dove tiene un colloquio con i rappresentanti dei cosacchi e della minoranza Vaynakh degli Akkin, residente in Daghestan, la quale lamenta il mancato ripristino dei loro diritti sulle terre da questi storicamente abitate, e mai più restituite dalla deportazione del 1944. Doku Zavgaev partecipa agli incontri ed elogia la “saggezza e la panzienza” dei cittadini della repubblica, garantendo la partecipazione della Cecenia – Inguscezia al processo negoziale che porterà alla costituzione di una nuova Unione Sovietica.
Aprile
MOVIMENTI POLITICI – Nasce l’Associazione dell’Intellighenzia della Repubblica Ceceno – Inguscia, organizzazione professionale, sociale e politica che rappresenta il mondo intellettuale. Di orientamento liberaldemocratico, sostiene la creazione di un sistema parlamentare fondato sul multipartitismo.
7 Aprile
TENSIONI SOCIALI – l’Ataman (“anziano” considerato una sorta di rappresentante) dei Cosacchi del distretto di Sunzha, Podkolzin, viene ucciso a coltellate da un giovane inguscio.
9Aprile
MOVIMENTI POLITICI – in risposta all’omicidio dell’Ataman dei Cosacchi, cittadini di origine russa si organizzano in un Comitato Etnico. I Cosacchi ceceni manifestano chiedendo al Soviet Supremo Ceceno – Inguscio di garantire la pace sociale di fronte all’avanzare delle frizioni interetniche.
13 Aprile
POLITICA NAZIONALE – In un incontro con i cittadini il Vicepresidente del Soviet Supremo della RSFSR, il professore ceceno Ruslan Khasbulatov, mette in guardia la popolazione dai rischi derivanti da una scissione tra Inguscezia e Cecenia, e raccomanda collaborazione ed unità.
21 Aprile
CONFLITTO OSSETO/INGUSCIO – Scontri tra osseti e ingusci avvengono nel Distretto di Prigorodny. Si contano alcuni feriti.
22 Aprile
CONFLITTO OSSETO/INGUSCIO – Il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio condanna gli scontri avvenuti il giorno precedente, ringrazia gli anziani che si stanno occupando di ricomporre il conflitto tra le due parti e raccomanda alla popolazione il rispetto della legge.
25 Aprile
RIABILITAZIONE DEI POPOLI OPPRESSI – Il Soviet Supremo Russo approva la Legge sulla Riabilitazione dei Popoli Oppressi con la quale riconosce ceceni e ingusci come vittime del sistema totalitario sovietico. La legge garantisce il reintegro dei territori sottratti ai popoli oppressi, tra i quali il distretto inguscio di Prigorodny, passato all’Ossezia.
Raduno di irredentisti ingusci a Nazran, 1991
28 Aprile
TENSIONI SOCIALI – Sparatoria a Troitskaia tra ingusci e cosacchi. Muoiono 3 dei primi e 2 dei secondi. I cosacchi organizzano gruppi di autodifesa. Il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio decreta l’invio di unità del Ministero degli Interni per sedare i disordini, nei quali si sono contati, oltre alle vittime, anche 12 feriti.
30 Aprile
TENSIONI SOCIALI – L’intervento delle unità del Ministero degli Interni interrompe gli scontri tra ingusci e cosacchi nel villaggio di Troitskaya. Si contano 8 morti e circa 25 feriti. Il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio cancella le celebrazioni previste per il 1 Maggio, mentre Zavgaev condanna i “gli elementi di teppismo insinuati nella politica” invitando i cittadini ad ascoltare la “saggezza dei padri e dei nonni i quali da sempre abitano queste terre in pace ed amicizia”.
4 Maggio
CULTURA – Nel villaggio di Serzhen – Yurt viene ripristinata l’istituzione tradizionale dello Yurt – Khel, il consiglio del villaggio, con il quale le comunità cecene si autogovernavano prima dell’avvento della dominazione russa. Tale istituzione affiancherà quella “formale” di epoca sovietica.
7 Maggio
PARTITO COMUNISTA – L’assemblea del PCUS ceceno – inguscio approva una mozione nella quale si chiara che la repubblica firmerà un nuovo Trattato dell’Unione soltanto a condizioni di parità giuridica con la Russia. In questo modo i comunisti locali interpretano la Dichiarazione di Sovranità come uno strumento per garantire al paese la dignità di Stato sovrano anche se aderente ad un’unione sovranazionale come l’URSS “riformata” che si intende costituire.
14 Maggio
RIABILITAZIONE DEI POPOLI OPPRESSI – Il Soviet Supremo Ceceno -Inguscio decreta il 26 Aprile, giorno nel quale è entrata in vigore la Legge sulla Riabilitazione dei Popoli Oppressi, festa nazionale.
15 Maggio
POLITICA NAZIONALE – Recependo le istanze del PCUS locale, il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio vota una serie di emendamenti costituzionali volti a identificare la Repubblica come uno Stato sovrano. In particolare viene eliminata la definizione “autonoma, socialista e sovietica” dall’identificazione dello Stato, il quale d’ora in avanti si chiamerà Repubblica Ceceno – Inguscia”. Sulla scorta di queste modifiche, il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio rivendica il diritto di negoziare la firma del Trattato dell’Unione con una propria delegazione, indipendente da quella russa.
25 Maggio
RIVOLUZIONE CECENA – Generale Dzhokhar Dudaev, Presidente del Comitato Esecutivo (Ispolkom) del Congresso Nazionale Ceceno, rinominato di recente Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (OCKhN), dichiara pubblicamente che a seguito della Dichiarazione di Sovranità promulgata il 27 Novembre precedente il Soviet Supremo ha perduto ogni legittimità, e propone che i poteri esecutivi siano assunti dal Congresso, in quanto assemblea rappresentativa della volontà popolare.
8 – 9 Giugno
RIVOLUZIONE CECENA – Si tiene a Grozny la seconda sessione del Congresso Nazionale Ceceno, ora Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (OKChN). Dzhokhar Dudaev viene confermato presidente, e l’assemblea emette una delibera di 23 punti nella quale proclama solennemente la nascita di uno Stato ceceno indipendente, la Repubblica di Nockhchi – cho. Viene inoltre decretata la decadenza del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio e l’assunzione dei poteri legislativi ed esecutivi da parte del Congresso. La corrente nazionalista moderata, guidata d Lecha Umkhaev, abbandona l’assemblea in polemica con la linea radicale adottata dai delegati.
Dzhokhar Dudaev parla alla seconda sessione del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno, 9 Giugno 1991
12 Giugno
FEDERAZIONE RUSSA – In Russia si tengono le elezioni presidenziali. L’OKChN si dichiara contrario allo svolgimento delle elezioni in Cecenia – Inguscezia, in quanto la Russia, adesso, è uno Stato straniero, ma il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio tiene comunque le consultazioni, le quali si svolgono in un clima piuttosto sereno. Boris Eltsin, esponente del movimento Russia Democratica, ha impostato la sua campagna elettorale sull’invito alle repubbliche autonoma a “prendere quanta sovranità riescono ad ingoiare”. Il suo messaggio fa breccia nell’elettorato ceceno e inguscio, il quale lo premia rispettivamente con il 76,7% e oltre l’80%. Eltsin diviene quindi il primo Presidente della Repubblica russo, con il 57% dei voti complessivi.
21 – 22 Giugno
POLITICA NAZIONALE – Avendo perduto il controllo dell’OKChN, Zavgaev tenta di costituire una nuova piattaforma elettorale convocando un Congresso dei Popoli della Montagna a Grozny. Più di 800 delegati, appartenenti a tutte le etnie del paese, convengono su una serie di delibere nelle quali si promette rispetto reciproco tra tutte le componenti sociali del paese e si condannato gli eccessi dei radicali, orientati alla divisione ed allo scontro su base etnica.
5 Luglio
POLITICA NAZIONALE – Zavgaev incontra i rappresentanti di cooperative, imprese e fattorie di Stato, e garantisce pieno appoggio alla nascita della piccola impresa locale.
6 Luglio
CULTURA – Facendo seguito alle richieste di numerosi cittadini di Achkhoy – Martan, le autorità deliberano la ricostruzione dell’antica moschea del villaggio. Demolita nel 1944, la struttura è diventata un magazzino, e sul suo terreno sacro è stato costruito un ristorante. Il Soviet Supremo trasferisce a titolo gratuito il terreno, mentre la popolazione inizia una raccolta fondi per ricostruire l’edificio di preghiera.
10 Luglio
RIVOLUZIONE CECENA – Il Congresso Nazionale del Popolo Ceceno emette una delibera nella quale non riconosce l’autorità né dell’URSS, né della Repubblica Socialista Sovietica Federativa Russa (RSFSR).
MOVIMENTI POLITICI – Da una costola del Fronte Popolare nasce l’associazione nazionalista Bart (“unità”). I suoi aderenti si radunano intorno alla rivista omonima, la cui redazione è guidata dallo scrittore Zelimkhan Yandarbiev. Inizialmente partecipata per lo più da giornalisti e intellettuali quali Said Khasan Abumuslimov, Lema Usmanov e Musa Temishev, ben presto raccoglierà una vasta platea di giovani nazionalisti, e passerà dalle battaglie culturali alla lotta politica.
1 Luglio
PARTITO COMUNISTA – L’ex Ministro dell’Agricoltura Doku Zavgaev viene eletto Primo Segretario del Comitato Regionale del PCUS. E’ il primo ceceno a ricoprire il ruolo di massima guida politica dai tempi della deportazione. I ceceni vivono questo evento come l’inizio di un processo di emancipazione politica e culturale, da realizzarsi tramite il riconoscimento delle ingiustizie patite sotto il regime stalinista e la riscoperta della lingua e delle tradizioni nazionali. Anche gli ingusci, che condividono con i ceceni lo stesso spazio politico della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma (RSSA) Ceceno – Inguscia, salutano l’elezione di Zavgaev come un’opportunità per riottenere il Distretto di Prigorodny, un’area storicamente appartenente all’Inguscezia annessa nel 1944 alla vicina Ossezia del Nord e mai restituita.
10 – 15 Agosto
MANIFESTAZIONI POLITICHE – Manifestazioni spontanee non autorizzate si tengono a Magobek e ad Achkhoy – Martan. I contestatori chiedono la sostituzione di alcuni alti dirigenti distrettuali e direttori d’azienda, colpevoli di “rallentare la Perestrojka”
15 Agosto
MANIFESTAZIONI POLITICHE – Dopo molti mesi di mobilitazioni di carattere ambientalista e culturale l’Unione per il Sostegno alla Prestroika, ribattezzata Fronte Popolare della Cecenia – Inguscezia, inizia a spostare la contestazione su temi politici. Centinaia di manifestanti si radunano per protestare contro funzionari di partito e direttori di giornale accusati di sabotare la Perestrojka. A Grozny militanti del Fronte Popolare si radunano davanti alla Casa della Stampa, chiedendo le dimissioni del direttore del “Lavoratore di Grozny”, Bezugly, accusato di promuovere idee conservatrici.
4 Novembre
Il Congresso dei Deputati del Popolo dell’URSS, nuovo organismo legislativo dell’URSS varato da Mikhail Gorbachev per incentivare l’evoluzione democratica del sistema sovietico, promulga una dichiarazione Sul riconoscimento dell’illegalità di tutti gli atti delittuosi contro i popoli che hanno subito una deportazione forzata. Per la prima volta la deportazione dei Ceceni e degli Ingusci viene ufficialmente considerata un atto criminale. Il testo della legge, tra le altre cose, riporta: “Il Soviet Supremo dell’URSS condanna inequivocabilmente la pratica del reinsediamento forzato di intere nazioni come il più grave crimine contrario ai fondamenti del diritto internazionale, ed alla natura umanistica del sistema socialista. Il Soviet Supremo dell’Unione delle Repubblica Socialiste Sovietiche assicura che la violazione dei diritti umani e delle norme dell’umanità da parte dello Stato non accadranno mai più nel nostro paese.” La dichiarazione termina con il proposito di “[…] adottare le misure legislative necessarie all’incondizionato ripristino dei diritti di tutti i popoli vittima della repressione sovietica.”. Quest’ultimo paragrafo incoraggia gli ingusci a chiedere con maggior insistenza il ritorno del Distretto di Prigorodny, rivendicando il supporto del governo centrale nella loro rivendicazione e chiedendo a Zavgaev di farsi portatore di questa istanza presso il Congresso dei Deputati del Popolo dell’URSS.
la “Fiamma Eterna” ai caduti della Grande Guerra Patriottica, nel pieno centro di Grozny. Sullo sfondo l’Hotel Kavkaz.
Tra le tante mancanze che la storiografia occidentale ha in relazione alla storia recente della Cecenia, c’è sicuramente quella di non aver mai approfondito le ragioni del conflitto sociale che fu all’origine della Rivoluzione Cecena, della secessione dalla Russia e delle due sanguinose guerre che dilaniarono il paese. Anche i più attenti tra i giornalisti che si sono occupati di questo tema si sono fermati alla definizione del conflitto russo – ceceno come di una “guerra per il petrolio” intrecciata con un confronto politico tra il regime ultranazionalista di Dudaev ed i revanscisti russi del cosiddetto “partito della guerra”. Tutto questo è vero: certamente nazionalismo radicale ed interessi petroliferi furono due elementi essenziali a spingere la Cecenia sulla via dell’indipendenza, e da lì nella spirale autodistruttiva dell’anarchia e del fondamentalismo. Tuttavia entrambi i fenomeni sono “concause”, derivanti da un problema socioeconomico precedente, mai risolto, detonato al crollo dell’URSS. Questo problema non stava nelle raffinerie, né nelle assemblee legislative, ma tra i campi e i pascoli dove la maggior parte dei ceceni risiedeva.
Questo ciclo di articoli è un focus sulla storia agricola della Cecenia. Che poi è la storia della maggior parte dei ceceni fino al 1991.
Guardando la carta fisica della Cecenia salta subito all’occhio come questa sia divisa in due aree geografiche ben distinte: c’è una “regione delle pianure” a Nord, ed una “regione delle montagne” a sud. Fin dal loro insediamento in queste terre, gli antenati dei ceceni si organizzarono in clan (i cosiddetti “Teip”) che si identificavano con la loro collocazione geografica: quelli del sud si definirono “teip della montagna” e si dedicarono all’allevamento, mentre quelli del nord divennero i “teip della pianura” e svilupparono l’agricoltura. Tra i due gruppi di clan si svilupparono fitti rapporti economici, con i pastori del sud che ogni anno scendevano a valle per commerciare i prodotti dell’allevamento in cambio di frumento per i loro animali e di farina per sfamarsi, ma parallelamente si produssero anche delle differenze culturali: gli abitanti del sud rimasero culturalmente più rigidi, meno inclini alla contaminazione con la nascente cultura slava, animati dalla convinzione di essere i depositari di una genuina “cecenità” in contrasto con la “meticcia” popolazione delle pianure. Anche il progressivo acuirsi delle differenze economiche tra i due gruppi, dovuto al sempre maggior sviluppo agricolo del nord e il conseguente “emanciparsi” dei benestanti che abitavano quelle terre, rafforzò negli abitanti del sud montagnoso la convinzione di essere lo “zoccolo duro” della nazione, il suo cuore incorruttibile, disposto a combattere e a morire pur di non piegarsi alla dominazione straniera o alla pervasività di culture più evolute come quella russa la quale, tra una guerra e l’altra, penetrava nella Cecenia settentrionale con le sue strade, le sue scuole, i suoi telegrafi e infine la sua industrializzazione.
Geografia fisica della Cecenia. E’ evidente la divisione tra una “Cecenia delle Pianure” situata a Nord, ed una “Cecenia delle Montagne” a Sud.
Agli inizi del ‘900, mentre le pianure del nord conoscevano la loro prima industrializzazione (intorno agli allora ricchi giacimenti di petrolio) e nel bel mezzo di quel territorio prosperava una cittadina moderna di trentamila abitanti (Grozny, originariamente costruita dagli stessi Russi come fortezza militare) il sud rimaneva una terra aspra e povera, formalmente parte dell’Impero Russo ma di fatto indipendente, nella quale la figura dell’Abrek (il “Brigante d’Onore” che ruba ai ricchi e distribuisce i frutti delle sue razzie ai poveri contadini affamati) era considerata quasi un’istituzione politica, ed ogni forma di governo combattuta come un esercito invasore. Le Montagne rimasero fino al 1944 il rifugio di chiunque intendesse opporsi al governo imperiale russo, e tra le loro gole si armarono e partirono all’assalto numerosi eserciti di volontari determinati a “Liberare” la Cecenia dal giogo di Mosca.
Come tutti i popoli pre – industriali, anche i ceceni presentavano alti tassi di natalità e una piramide sociale fortemente sbilanciata verso le giovani generazioni. Gli anziani erano pochi (l’età media era inferiore ai cinquant’anni, mentre i bambini e gli adolescenti erano tantissimi. Questo continuo afflusso di forze giovani, per lo più disoccupate, veniva assorbito principalmente dalle coltivazioni del Nord, cosicché le popolazioni montane “scaricavano” le loro eccedenze sulle fattorie localizzate nelle pianure, o le inurbavano a Grozny, Gudermes, Urus – Martan e nelle altre cittadine stabilite lungo il corso dei due principali fiumi del Paese, il Terek ed il Sunzha.
Questo fenomeno si ingrossò ulteriormente con la nascita dell’URSS, allorché il governo di Mosca lanciò il programma di collettivizzazione delle terre, dirigendo gli investimenti pubblici sulle aziende collettive (i famosi Kolchoz e Sovchoz) con l’intento di costringere i piccoli agricoltori ad associarvisi. Il piano di collettivizzazione fu iniziato proprio dalle regioni del Caucaso, ed in particolare la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Ceceno – Inguscia (lo stato – fantoccio costituito dai sovietici per governare la regione) fu tra le prime a sperimentarne gli effetti. Laddove le misure di incentivo non funzionavano, il potere sovietico non si riguardò ad usare la violenza, come nel caso della persecuzione dei Kulaki (i contadini “ricchi” che si opponevano alla collettivizzazione delle loro proprietà) attuata tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ‘30.
I ceceni di montagna, da sempre abituati a vivere in modo indipendente, non accettarono le imposizioni di Mosca. Questo atteggiamento, se da un lato mantenne vivo e fiero il sentimento nazionale dei ceceni, acuì per contro il divario da la popolazione del nord, la quale cominciava a sperimentare il benessere derivante dall’industrializzazione del lavoro, e quella del sud, che rimaneva ancorata ad un modello economico di sussistenza. Gli effetti di questo stato di cose sono facilmente rilevabili nell’arretratezza cronica nella quale rimase il settore dell’allevamento, motore trainante l’economia del Sud, rispetto alla sempre maggior produttività del comparto agricolo, caratteristica dell’economia del Nord: Per dare qualche numero, nel 1944 nelle fattorie collettive risiedevano soltanto tra il 6 ed il 19% dei capi di bestiame, mentre il resto rimaneva sparpagliato in piccole e piccolissime realtà economiche di sussistenza e non produceva praticamente alcun tipo di surplus.
contadine al lavoro in un Kolchoz
La deportazione operata da Stalin nel 1944 sconvolse bruscamente l’equilibrio secolare tra il Nord e il Sud del paese. Nell’ottica di pacificare una volta per tutte quella regione di confine il dittatore russo decise di sbarazzarsi del problema alla “sua” maniera: fedele al motto “niente uomini, niente problemi” Stalin ordinò la fulminea deportazione di tutta la popolazione cecena dalla regione ed il suo trasferimento in Asia Centrale, con l’intenzione di non permettere più ad un solo ceceno di nascondersi tra quelle montagne così impervie e inespugnabili. Per tredici anni i Ceceni (ma anche gli Ingusci) vissero in uno stato di esilio permanente che fu interrotto soltanto dalla morte dello spietato leader sovietico. Il suo successore, Khrushchev, permise un graduale rientro dei Vaynakh nelle loro terre, ma ebbe cura di impedire loro di reinsediarsi in massa nei distretti montani, volendo evitare che il problema così brutalmente risolto da Stalin si riproponesse alla prima difficoltà politica dell’URSS. Gran parte dei ricchi pascoli della Cecenia meridionale rimasero quindi spopolati e improduttivi, ed i profughi russi inviati a sostituire i ceceni non si arrischiarono ad avviare attività in montagna, preferendo la vita di città e le occupazioni industriali. D’altro canto le autorità sovietiche tentarono di limitare l’afflusso dei ceceni anche nella capitale, Grozny, la quale, nel frattempo, era passata dai 170.000 ai 250.000 abitanti, per lo più immigrati russi inviati là da Stalin per sostituire i ceceni deportati. La misura era volta ed evitare che il tumultuoso ritorno dei ceceni alle loro terre generasse conflitti sociali con la minoranza russa, ma il primo effetto che produsse fu quello di allontanare geograficamente gli indigeni dal principale centro industriale e culturale del paese, generando il germe della discriminazione tra i ceceni, destinati a rimanere poveri agricoltori analfabeti, ed i russi, avvantaggiati dalle opportunità offerte dallo sviluppo di Grozny e preferiti dalle autorità sovietiche nelle attività pubbliche e politiche.
Tra gli anni ’60 e 70 le autorità stimolarono l’inurbamento degli abitanti delle regioni montane tramite campagne pubbliche, attraendo un sempre maggior numero di giovani provenienti dai remoti distretti montani di Itum – Khale e Sharoy nei villaggi alla periferia di Grozny, il cui distretto passò dai 250.000 ai 400.000 abitanti tra il 1960 e il 1990. La città divenne un corpo esageratamente pesante rispetto alla capacità del territorio rurale di provvedere al suo mantenimento. Questo cronico deficit alimentare si acuiva man mano che le montagne si spopolavano, e l’allevamento perdeva sempre maggiori quote di produttività a vantaggio dell’agricoltura: basti pensare che nel 1990 il seminativo produceva il 61% dell’ammontare loro di produzione agricola, pur estendendosi su appena il 30% del territorio, mentre l’allevamento ed i prodotti di filiera, pur avendo a disposizione il 60% del territorio, raggiungevano appena il 39% del prodotto lordo. Altro indicatore dell’arretratezza del settore era la sua scarsa redditività: l’allevamento presentava una redditività media del 7% (intorno al livello di sussistenza) mentre l’agricoltura raggiungeva il 22,7%, un dato non molto confortante, considerato che era uno dei più bassi dell’URSS, ma comunque ancora sufficiente a garantire un decoroso livello di benessere agli occupati. Per effetto di questo disinteresse (come abbiamo visto, in parte “voluto”) verso l’allevamento la Cecenia, che pure aveva tutte le carte in regola per diventare un grosso produttore di carne e latticini, si ritrovò ad importare quasi la metà dei prodotti da allevamento da altre regioni dell’URSS.
L’ECONOMIA DEL PETROLIO
Come abbiamo accennato in questo articolo (e spiegato approfonditamente QUI) lo sviluppo dell’industria di prospezione petrolifera aveva trasformato la Cecenia in uno dei principali fornitori di petrolio dell’Unione Sovietica. Negli anni ’70 la produzione di greggio iniziò a calare, per effetto del progressivo esaurirsi dei pozzi superficiali. Il governo di Mosca decise di convertire il settore estrattivo in quello della lavorazione dei prodotti petroliferi, favorendo la costruzione di uno dei più grossi complessi di raffinazione di tutta l’Unione. Alla periferia di Grozny sorserò così tre grandi raffinerie, ed una estesa rete di impianti per la produzione di lubrificanti, oli combustibili e refrigeranti per motori. Questo piano avrebbe permesso di sfruttare la manodopera specializzata già presente nel paese, oltre alle infrastrutture per il trasporto della materia prima già presenti, ma non solo: non potendo sopperire da sola, con le sue sempre più scarse risorse naturali, all’alimentazione delle sue raffinerie, la Cecenia sarebbe stata sempre più dipendente dalle forniture di petrolio provenienti da altre regioni dell’URSS, integrandosi maggiormente nel sistema politico. Nell’ottica di mantenere uniti tutti i soggetti sottoposti al regime socialista, Mosca aveva ideato un sistema di interdipendenze economiche per le quali ogni repubblica aveva bisogno delle altre per poter sostenere il proprio benessere. Nel caso della Cecenia si era scelto di sviluppare il settore della lavorazione dei derivati del petrolio, impiantando fabbriche, magazzini, oleodotti e scuole atte alla formazione dei lavoratori del settore. La Cecenia non doveva emergere come piccola potenza agricola, ma dedicarsi alla sua “missione” socialista: la produzione di idrocarburi industriali per l’armata rossa e per le industrie pesanti. In cambio, l’agricoltura locale, povera e arretrata, sarebbe stata tenuta in piedi con laute sovvenzioni pubbliche. Così, se nel 1975 il debito delle fattorie collettive e delle altre imprese agricole ammontava a circa 6,2 milioni di rubli (circa 137 milioni di euro attuali) nel 1980 questo era lievitato a 40,2 milioni, corrispondenti a circa 900 milioni di euro odierni. Giusto per dare un ordine di paragone, questa cifra era circa dieci volte il PIL della Cecenia di allora.
Dietro alla politica dei sovvenzionamenti statali c’era anche l’altra faccia della medaglia dei rapporti tra Russia e Cecenia. Se gli investimenti nel settore industriale servivano a rendere la piccola repubblica dipendente dal sistema socialista, le sovvenzioni agricole servivano principalmente a mantenere i ceceni fuori da Grozny. La città si era infatti accresciuta principalmente grazie all’insediamento di russi e discendenti di russi trasferiti qui da Stalin nel 1944 – 46, mentre i ceceni che progressivamente rientravano dall’esilio in Asia Centrale veniva ostacolato il reinsediamento nelle grandi città. Per loro il progetto socialista prevedeva un futuro da “eccedenza rurale”, cioè massa lavoratrice scarsamente qualificata dedita all’agricoltura o al lavoro stagionale. Come specificato nel pezzo dal titolo “Battaglia per la Cecenia: guerra della storiografia” di D.B. Aburakhmanov e di Ya. Z. Akhmadov:
“Quindi, misure appositamente adottate dal 1957 hanno fortemente limitato il permesso di soggiorno dei ceceni e degli ingusci a Grozny e parti del distretto di Grozny, e senza un permesso di soggiorno non hanno potuto accedere a lavori in un certo numero di industrie (ad eccezione del commercio, dei lavori stradali e dell’edilizia ). Inoltre, le principali imprese di produzione di petrolio e costruzione di macchine, che avevano salari alti, fondi per appartamenti , ecc., non permettevano ai ceceni e agli ingusci di “sparare colpi di cannone”. C’era una garanzia reciproca che permetteva al partito e alla marmaglia economica di ignorare anche le decisioni del Comitato centrale del PCUS di correggere gli squilibri nella questione nazionale nella Repubblica socialista sovietica autonoma ceceno-inguscia ”
Il sovvenzionamento dell’agricoltura da parte del governo sovietico era funzionale a mantenere quieta questa massa sempre più grande di cittadini semianalfabeti e privi di qualifiche professionali, la quale negli anni ’90 avrebbe costituito la massa d’urto della Rivoluzione Cecena. Così, nel 1990, il 70% della popolazione rurale della RSSA Ceceno – Inguscia era costituito da Vaynakh mentre soltanto il 15 – 20% dei ceceni era impiegato nel settore secondario.
I timidi passi messi in atto dal 1985 dal governo di per correre ai ripari e limitare il divario tra i residenti russi, per lo più istruiti e impiegati nei settori secondario e terziario, ed i Ceceni, per lo più non istruiti e dediti all’agricoltura (e per entrambi i motivi sempre più insofferenti verso la minoranza russofona) non ebbero il tempo di produrre risultati tangibili. L’esercito dei lavoratori stagionali cresceva di pari passo con la crisi economica che attanagliava l’URSS in quegli anni. Il calo delle sovvenzioni pubbliche all’agricoltura generava sempre maggior surplus di manodopera, la quale per sopravvivere si dedicava al cosiddetto “shabaskha”, o “lavoro festivo”. Gli storici dibattono sulla consistenza numerica di questo fenomeno, ma le cifre più frequenti si aggirano tra gli Ottantamila e i Duecentomila individui, per lo più capifamiglia.
Raffineria a Grozny, foto scattata negli anni ’60
L’ERA GORBACHEV
I.G. Kosilov, in una monografia del 2012 scrive:
“Fino al 1991, ⅘ della popolazione normodotata, per lo più uomini ceceni, erano impegnati nel cosiddetto ‘shabashka’, o lavoro festivo, come era consuetudine designare questo tipo di attività lavorativa. Praticamente dall’inizio della primavera all’autunno, hanno lavorato in varie regioni del paese alla costruzione di manufatti – case, locali per il bestiame , ecc. – avendo concordato la consegna rapida di questo oggetto su base “chiavi in mano”, utilizzando la cosiddetta “brigata” [cioè una squadra di lavoratori organizzati in una sorta di “cooperativa” informale NDR]. Va notato che l’alto salario non ha compensato i lavoratori per le perdite in un’altra area: isolamento prolungato dalle famiglie, soggiorno spesso in luoghi lontani dal Caucaso, mancanza di cure mediche e comfort di base. I “Sabbat” erano i principali capifamiglia della popolazione cecena. Questo era il principale tipo di etnoeconomia nella repubblica. Gli uomini ceceni per la maggior parte non avevano specialità industriali moderne, la professione principale tra loro era quella del muratore o del pastore. Erano questi costruttori e pastori (delle zone rurali) che lavoravano in tutti i cantieri dell’URSS ”.
Allo scoppio della Prima Guerra Cecena la “Brigata” sarebbe diventata l’unità di base dell’esercito separatista, ed i suoi comandanti avrebbero attinto a piene mani da questa formula di inquadramento già sperimentata in campo civile. A ben guardare, quindi, gli elementi sociologici che avrebbero assicurato da una parte la vittoria della prima guerra, dall’altra l’anarchia degli anni successivi erano già presenti in un popolo gravemente traumatizzato dall’esilio, poi dalla discriminazione economica e infine dalla discriminazione sociale.
E’ evidente, dagli studi storici effettuati, che la base sociale del nazionalismo separatista ceceno era proprio questa “eccedenza rurale” che alla fine degli anni ’80 era ormai ridotta alla fame, o aveva ingrossato per necessità le file del crimine organizzato, destinato a diventare tristemente noto col termine di “mafia cecena”. Questa massa di disperati, facilmente mobilitabili e disposti a lottare per cacciare la nomenklatura sovietica (considerata la causa della miseria degli strati popolari) e la minoranza russa (considerata una sorta di grande parassita sulle spalle dei lavoratori indigeni) covava un sentimento rivoluzionario che trovò terreno fertile anche tra le altre anime della società cecena: prima fra tutti la nascente borghesia privata, nata dalle riforme di mercato di Gorbachev, la quale vedeva nella caduta del sistema socialista l’opportunità di mettere le mani sulle risorse statali, privatizzandole, e andando a costituire la punta di lancia di un modo capitalista di intendere l’economia.
Militanti separatisti radunati intorno a Dzhokhar Dudaev. Sullo sfondo il motto dei rivoluzionari: “Morte o Libertà!”
A dare una veste “politica” alle rivendicazioni socioeconomiche c’erano gli intellettuali e gli idealisti, appartenenti per lo più ai settori accademici ed ai comparti più scolarizzati della popolazione, i quali sostenevano le tesi dei primi e dei secondi nell’ottica di democratizzare la vita politica e scrollarsi di dosso l’ormai incagliato sistema a partito unico. Per motivi fondamentalmente diversi, quindi, la gran parte della popolazione convergeva sulla necessità di rivoluzionare il sistema: cosa si sarebbe dovuto fare dopo era oggetto di aspri dibattiti i quali, come vedremo, avrebbero scatenato una vera e propria guerra civile.
Aslan Maskhadov ereditò dal suo predecessore Yandarbiev un paese al collasso, eppure ancora ubriacato dalla vittoria militare conseguita l’anno precedente. Il nuovo Presidente dovette così destreggiarsi tra la necessità di ricostruire rapporti decenti con la Russia, unico possibile partner nella ricostruzione del Paese, e il revanscismo dei comandanti di campo, i quali premevano perché i rapporti tra Grozny e Mosca non si ricucissero troppo. I margini di manovra erano così stretti da essere quasi impraticabili: Mosca infatti non era interessata a riconoscere ufficialmente l’indipendenza della Cecenia, ed al Cremlino vi era una corrente interventista che premeva affinché la Cecenia fosse isolata e sprofondasse nell’anarchia, giustificando così un secondo intervento militare che lavasse il prestigio della Russia. I governi occidentali, per parte loro, non sembravano interessati a rivalutare la loro opinione riguardo la cosiddetta “questione cecena”, preferendo continuare a considerarla un “affare interno” alla Federazione Russa. In patria, infine, l’ala nazionalista radicale, rappresentata da Shamil Basayev, Salman Raduev, Ruslan Gelayev e perfino dall’ex Presidente Yandarbiev osservava con disappunto gli ammiccamenti di Maskhadov verso la Russia, temendo che il nuovo leader “tradisse” la Rivoluzione Cecena.
I primi mesi del governo Maskhadov furono quindi impiegati per lo più nella costituzione di una piattaforma negoziale con la Russia che permettesse al Presidente ceceno di guadagnare tempo, mentre il Paese iniziava la ricostruzione, nella speranza di ammorbidire le posizioni dei nazionalisti radicali e di allacciare rapporti diplomatici con il Cremlino. Atto fondamentale di questo processo fu il Trattato di Mosca del 12 Maggio 1997.
RUSSIA. May 12, 1997. Meeting of Boris Yeltsin and Aslan Maskhadov. Russian President Boris Yeltsin (R) and the President of the Chechen Republic of Ichkeria Aslan Maskhadov after signing of the Russia-Chechen Peace Treaty. Alexander Sentsov, Alexander Chumichev/TASS
–осси€. 12 ма€ 1997 г. ¬стреча Ѕ. ≈льцина и ј. ћасхадова. ѕрезидент –оссии Ѕорис ≈льцин (справа) и глава „ечни јслан ћасхадов после подписани€ в ремле договора о мире и принципах взаимоотношений между –оссийской ‘едерацией и „еченской –еспубликой »чкерией. —енцов јлександр, „умичев јлександр/‘отохроника “ј——
IL TRATTATO DI MOSCA
Il 12 maggio la delegazione cecena, composta da Maskhadov, Ugudov e Zakayev raggiunse Mosca, dove procedette alla firma solenne del Trattato di Pace tra la Federazione Russa e la Repubblica Cecena di Ichkeria. Fu un evento epocale: per la prima volta in quattrocento anni di guerre e tensioni il governo di Mosca e quello di Grozny si promettevano ufficialmente la pace. Vennero firmati due documenti: il primo si intitolava “Trattato di Pace e Principi di Relazione tra la Federazione Russa e la Repubblica Cecena di Ichkeria”, il secondo si chiamava “Accordo tra il governo della Federazione Russa e il governo della Repubblica Cecena di Ichkeria sulla cooperazione economica reciprocamente vantaggiosa e la preparazione delle condizioni per la conclusione di un trattato su vasta scala tra la Federazione Russa e la Repubblica Cecena di Ichkeria”. I due documenti, dagli altisonanti titoli, avrebbero dovuto essere la base giuridica sulla quale si sarebbero costruiti i rapporti tra Russia e Cecenia. Il trattato iniziava con un epico preambolo riguardo la reciproca volontà di “[…] Porre fine al confronto secolare, cercando di stabilire relazioni forti, uguali e reciprocamente vantaggiose […]”. Un iniziò di tutto rispetto, dal quale ci si aspetterebbe un lungo ed articolato documento. E invece niente di questo. Il testo si costituiva di cinque articoli, e soltanto tre contenevano qualcosa di politicamente rilevante. In essi Russia e Cecenia si impegnavano:
A rinunciare in modo permanente all’uso ed alla minaccia dell’uso della forza come forma di risoluzione di eventuali controversie;
A Costruire le loro relazioni conformemente ai principi ed alle norme generalmente riconosciuti dal diritto internazionale, e ad interagire in aree definite da accordi specifici;
A considerare il Trattato come base per la conclusione di qualsiasi altra negoziazione.
Di per sé le tre affermazioni possono essere considerate solide basi, ma a ben guardare si prestano a molteplici interpretazioni, come tutti gli altri “documenti”, “dichiarazioni” e “protocolli” firmati fino ad allora. In particolare Maskhadov considerò il Trattato come il riconoscimento di fatto dell’indipendenza cecena, dichiarando che la sua sottoscrizione apriva “Una nuova era politica per la Russia, il Caucaso e l’intero mondo musulmano”. Uno dei funzionari della politica estera cecena, delegato in Danimarca per conto della Repubblica Cecena di Ichkeria, Usman Ferzauli, quando venne inviato da Maskhadov a firmare le Convenzioni di Ginevra, dichiarò: “[…] La Russia, firmando nel maggio 1997 il Trattato di Pace con la Repubblica Cecena di Ichkeria di fatto ha riconosciuto la Repubblica. Abbiamo il diritto di considerarci un soggetto di diritto internazionale. […].”.
Anche alcuni ricercatori internazionali, come Francis A. Boyle, professore presso il College Law dell’Università dell’Illinois, produssero ricerche giuridiche sul Trattato. Nella discussione di Boyle si legge: “L’elemento più importante del trattato è il suo titolo: “Trattato sulla pace e i principi delle interrelazioni tra la Federazione russa e l’Ichkeria della Repubblica cecena”. Secondo i principi di base del diritto internazionale, un “trattato” è concluso tra due stati nazionali indipendenti. In altre parole, il CRI viene trattato dalla Federazione Russa come se fosse uno stato nazionale indipendente ai sensi del diritto e delle prassi internazionali. […] Allo stesso modo, l’uso del linguaggio “Trattato sui … principi di interrelazione” indica che la Russia sta trattando la CRI come uno stato nazionale indipendente anziché come un’unità componente della Federazione Russa. Normalmente, “i principi delle interrelazioni” tra uno stato federale come la Federazione Russa e un’unità componente sono determinati dalla Costituzione dello stato federale. Questo documento non dice nulla della Costituzione della Federazione Russa. […]Certamente l’elemento più importante del titolo del Trattato è l’uso del termine “Repubblica Cecena di Ichkeria”. Questo è il nome preciso che il popolo ceceno e il governo ceceno hanno deciso di dare al loro stato nazionale indipendente. In altre parole, ancora una volta, la Federazione Russa ha fornito ai Ceceni il riconoscimento di fatto (anche se non ancora di diritto) come stato nazionale indipendente alle loro condizioni. […] L’articolo 1 del trattato è sostanzialmente in linea con il requisito dell’articolo 2, paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite secondo cui gli Stati membri “si astengono dalle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza …” Allo stesso modo, la Carta delle Nazioni Unite Articolo 2, paragrafo 3, impone agli Stati membri di “risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici ….” Quindi, con questo Trattato, la Federazione Russa ha formalmente riconosciuto il suo obbligo di trattare la CRI in conformità con questi due requisiti fondamentali della Carta delle Nazioni Unite. […] Il secondo articolo dell’accordo è estremamente importante: “Costruire le nostre relazioni corrispondenti ai principi e alle norme generalmente accettati del diritto internazionale …” Secondo la mia opinione professionale, l’unico modo in cui l’articolo 2 del presente trattato può essere correttamente letto alla luce di tutto ciò che è stato detto in precedenza nel suo testo è che la Federazione russa sta trattando l’IRC come se fosse di fatto (anche se non ancora de jure) stato nazionale indipendente ai sensi del diritto e delle prassi internazionali, con una propria personalità giuridica internazionale. Solo gli stati nazionali indipendenti sono soggetti ai “principi e norme generalmente accettati del diritto internazionale”. […].” Il governo Russo negò questa interpretazione, considerando l’assenza di qualsiasi affermazione chiara in merito.
Salman Raduev (al centro) uno dei principali esponenti dell’ala nazionalista radicale, fu sempre contrario alla firma di un trattato di pace con la Federazione Russa, dichiarando la sua volontà di proseguire la guerra fino alla completa “liberazione” del Caucaso dal controllo russo.
Rispetto a questo, negli anni successivi sarebbe sorto un lungo dibattito. In una sua trattazione del tema, il ricercatore russo Andrei Babitski scrisse: “L’essenza di questo documento è semplice. È solo un documento sulla cessazione delle operazioni militari. […] Non menziona la capitolazione da parte di nessuna delle parti, non proclama nessuno vincitore e non formula principi chiari per governare le relazioni tra Russia e Cecenia. La risposta a queste domande è stata rinviata. La cosa più importante era terminare la guerra.”. Silvia Serravo, ricercatrice esperta in questioni caucasiche, specificò in un’intervista: “Il documento contiene la possibilità di interpretazioni diverse. […] L’indipendenza della Cecenia non è stata riconosciuta. Tuttavia, il documento ha reso possibile, almeno per la parte cecena, interpretarlo come il riconoscimento da parte della Russia dell’indipendenza cecena. […] Il trattato può certamente essere considerato un risultato. […] Tuttavia si può sempre speculare sulla misura in cui le parti erano sincere quando fu firmato questo documento e se la conclusione del Trattato si basava su alcuni motivi fraudolenti.”
L’ALLEGATO AL TRATTATO
Il secondo documento, collaterale al primo, conteneva un’altra generica serie di intese difficilmente realizzabili. In esso si definiva l’attuazione dei contenuti degli Accordi di Khasavyurt in fatto di ripristino dei servizi vitali per la popolazione civile, il regolare pagamento delle pensioni e degli stupendi pubblici da parte della Federazione Russa, il pagamento di un risarcimento alle vittime dei combattimenti, la “piena attuazione del programma di ripristino del complesso socioeconomico” del paese, il rilascio di ostaggi e prigionieri, e lo scioglimento della Commissione Governativa congiunta riguardo alla gestione del periodo interbellico, contemporaneamente all’entrata in vigore del Governo uscito dalle Elezioni del Gennaio precedente. Se il primo documento, come abbiamo visto, poteva lasciar pensare che la Russia volesse trattare la Cecenia come uno Stato indipendente de facto, anche se ancora non de jure, il secondo assomigliava molto ad un accordo interfederale tra una repubblica autonoma bisognosa di aiuto ed un governo centrale che intendeva corrisponderglielo. Particolarmente evidente era l’impegno, da parte di Mosca, di erogare gli stipendi pubblici dell’amministrazione cecena. Questo passo è fondamentale, Perchè accettandolo Maskhadov riconobbe implicitamente l’autorità di Mosca di mantenere la struttura amministrativa della Cecenia esattamente come faceva ai tempi dell’Unione Sovietica.
Aslan Maskhadov (allora Capo di Stato Maggiore dell’Esercito) e Alexander Lebed (rappresentante della parte russa ai negoziati per la tregua) firmano gli Accordi di Khasavyurt, con i quali la ChRI e la Federazione Russa concordarono un cessate -il -fuoco a tempo indeterminato. Secondo alcuni storici sarebbe proprio questo il documento con il quale la Federazione Russa riconobbe (implicitamente) l’indipendenza della Cecenia.
Non un solo accenno era previsto riguardo al riconoscimento, anche formale, all’indipendenza del paese, ed il trattato aveva in calce non già la firma di Eltsin e di Maskhadov (in qualità di presidenti) ma quelle di Chernomyrdin e Maskhadov in qualità di Primi Ministri. Ed i primi ministri, né nella Costituzione russa, né in quella cecena, avevano autorità di negoziare trattati internazionali. Il Trattato di Pace firmato da Maskhadov fu un documento utile ad accreditare lui presso l’opinione pubblica ma fallì nel rappresentare uno strumento diplomatico utile a risolvere alcunché. Certamente pose ufficialmente fine alla guerra e ad ogni ingerenza del governo federale sulla politica interna del paese, ma niente oltre a questo. Il Trattato si limitò a stabilire gli strumenti tramite i quali i due stati avrebbero comunicato tra loro. Dette ampia libertà di interpretazione sia al governo ceceno, che vide in quelle poche righe un implicito riconoscimento da parte di Mosca, che al governo russo, che ci riconobbe esclusivamente l’impegno assunto a riportare su binari politici il conflitto. Sul momento comunque sia Maskhadov che Eltsin poterono dirsi soddisfatti: il primo tornava in patria con un trattato di pace tra le mani, qualcosa che i Ceceni non avevano mai visto in tutta la loro storia. Il secondo tirava un sospiro di sollievo e metteva un temporaneo tampone a quella emorragia di consensi che era stata la Prima Guerra Cecena. Rientrato a Grozny, Maskhadov incassò l’entusiastico consenso delle forze moderate, che al termina della sua relazione al Parlamento lo salutarono con uno scrociante applauso.
Quando si parla di legittimità di uno Stato si apre un tema molto complesso. “Legittimità” significa essenzialmente “diritto di esistere”. La natura di questo diritto ed il suo comportamento riguardo i sistemi istituzionali possono variare a seconda del punto di vista dal quale si considera e a seconda del fatto che lo si determini come un diritto dall’alto (che promana dalla decisione operata da un’istituzione che ha facoltà di costituirne altre) come un diritto dal basso (cioè che realizza le ambizioni politiche di un certo gruppo di persone) o infine come un diritto restaurato (cioè che è reintrodotto dopo essere stato illegittimamente soppresso). Prima di addentrarci nel caso specifico della Cecenia è importante partire da un assunto di base.
Il “Principato di Sealand”, una delle prime “micronazioni” costituita da Paddy Roy Bates nel 1969
Il mondo è un’entità spaziale finita. Nel corso dei millenni tutta la sua superficie è stata esplorata e rivendicata, ed ogni metro quadrato di terra emersa è amministrata (o rivendicata) da uno Stato sovrano. Ad oggi è quasi impossibile che un nuovo Stato possa trovare un lembo di terra emersa che non sia parte integrante di un altro. Nel corso degli ultimi decenni si sono costituiti piccolissimi stati indipendenti, le cosiddette micronazioni come la Repubblica delle Rose (costituita su una piattaforma artificiale nel Mar Adriatico) o il Principato di Sealand (nato su una struttura simile al largo delle coste inglesi). Si tratta in questo caso di “stati” tra il serio e il faceto, sviluppatisi con l’intento di realizzare utopie umanistiche o di costituire porti franchi commerciali e finanziari. Niente a che vedere, in sostanza, con Stati veri e propri, come appunto la Repubblica Cecena di Ichkeria. Un nuovo stato nasce quasi sempre sul territorio occupato da un altro stato. Questo genera una serie di problemi la cui soluzione difficilmente rende soddisfatte tutte le parti in causa. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sono nati più di cento nuovi stati, e la formazione di nuove entità statuali è costantemente in atto. Basti pensare al processo disgregativo che ha trasformato la Jugoslavia in un mosaico di ben 7 repubbliche indipendenti nel giro di quindici anni, per rendersi conto dell’entità del fenomeno.
LEGITTIMITA’ GIURIDICA E LEGITTIMITA’ POLITICA
La premessa appena fatta già di per sé basterebbe a capire come mai la nascita di uno stato determina quasi sempre aspri conflitti. La realtà è ulteriormente complicata dal fatto che la legittimità giuridica si compenetra con almeno altri due tipi di legittimità: quella politica e quella storica. Un nuovo stato può costituirsi in assenza di legittimità giuridica qualora consistano premesse politiche determinanti, come il crollo di un regime ideologico, la caduta di una monarchia o la condotta di un governo giudicata illecita, persecutoria o semplicemente inefficace. Il primo caso può essere quello delle Tredici Colonie americane, le quali proclamarono la loro indipendenza dalla madrepatria inglese adducendo al comportamento tirannico della corona britannica, la quale imponeva tasse ai sudditi americani ma non riconosceva loro il diritto di essere rappresentati in Parlamento. Riguardo al secondo caso possiamo citare come esempio la nascita della Repubblica del Sudan Meridionale, costituita da una maggioranza cattolica oppressa dal governo centrale, espressione di una classe dirigente islamica. Riguardo al terzo caso possiamo citare infine l’autoproclamata Repubblica del Somaliland, costituita nel nord della Somalia come reazione all’anarchia dilagante nel resto del paese.
In verde scuro il territorio rivendicato dalla Repubblica del Somaliland, stato non riconosciuto indipendente de facto dal 1991. Colonia britannica fino al 1960, divenne parte della Repubblica di Somalia, ma alla caduta del dittatore Siad Barre proclamò l’indipendenza.
Parlando della legittimità storica, possiamo citare come esempio ideale lo Stato di Israele, costituito a seguito della Seconda Guerra Mondiale per volontà del movimento sionista in un momento nel quale in Palestina la quantità di ebrei residenti nella regione era grandemente inferiore rispetto alla componente palestinese. In quel caso non erano presenti né una legittimità giuridica né una legittimità politica, ma era ben chiara la volontà dei sionisti di restaurare uno Stato che era esistito molti secoli prima.
Quindi, ricapitolando, la legittimità di uno stato è affermata sulla base di tre principi: quello giuridico, quello politico e quello storico. La situazione contingente non permette quasi mai a questi tre piani di legittimità di coesistere contemporaneamente. E in ogni caso questa generica definizione di legittimità non è sufficiente a delineare una “roadmap” sicura nella gestione del problema, perché tutti e tre i piani di questo discorso sono soggetti al contesto nel quale andiamo ad analizzarli. Infatti, quando un nuovo stato va a costituirsi, esso non soltanto occuperà l’area geografica precedentemente amministrata da un altro stato, ma andrà ad imporre la sua autorità su una popolazione composita, della quale faranno parte non soltanto i sostenitori del “nuovo” stato, ma anche quelli dello stato “vecchio”. Come riconoscere quindi il diritto dei “nostalgici” a rimanere parte del “vecchio” stato senza ledere il diritto dei sostenitori del “nuovo” stato? E viceversa, come permettere la nascita di un “nuovo” stato senza ledere il diritto dei “nostalgici”? La questione aggiunge ulteriore complicazione ad un argomento già di per sé caotico, ed è bene chiarire fin da subito che ad oggi non è stata identificata nessuna procedura condivisa tra gli stati che permetta la risoluzione di simili problemi senza generare il rischio di una guerra. Pertanto, anche nel caso della Repubblica Cecena di Ichkeria, sarà bene tenere a mente che in assenza di reciproco riconoscimento tra stato vecchio e stato nuovo non può esserci alcuna legittimità oggettiva alla quale aggrapparsi.
LEGITTIMITA’ STORICA DI UNO STATO CECENO
La Repubblica Cecena di Ichkeria (ChRI) fu soltanto “uno” stato ceceno, cioè una formazione statale indipendente de facto (e secondo alcuni anche de jure) tra il 1991 ed il 1994 (come Repubblica Cecena di Nokhchi – cho) e poi tra il 1994 ed il 2000 (secondo gli esponenti del governo in esilio la ChRI esiste ancora, ed è l’unico vero stato ceceno). Il contesto nel quale questo stato nacque e si sviluppò rende peculiare la discussione intorno alla sua legittimità, per cui partiremo da un discorso più ampio, indagando prima sulla legittimità di uno stato ceceno in senso generale.
Iniziamo valutando la legittimità storica di uno Stato ceceno. Come abbiamo detto, uno stato è storicamente legittimato se restaura uno stato precedentemente abbattuto, o se va ad inentificarsi con il luogo ancestrale nel quale si è formato il popolo che questo intende rappresentare e governare. Partiamo dal principio della restaurazione: prima del 1991 non è mai esistito uno stato unitario ceceno, o uno stato che abbia preteso di essere ceceno. Nella loro storia i “Nokhchi” (come si chiamano tra di loro i ceceni) ed in generale i Vaynakh (la famiglia etno – linguistica che accomuna ceceni, ingusci e alcune popolazioni del Daghestan e della Georgia) non ebbero mai un regno, una repubblica o una confederazione politicamente compatta. Le uniche organizzazioni che possono avvicinarsi al concetto di Stato furono il Regno di Durdzukhezia ed il Principato di Simsir, due entità certamente popolate da ceceni, ma che non pretesero mai di essere “lo stato dei ceceni”. Successivamente alla loro scomparsa la popolazione sviluppò un peculiare sistema basato su clan (Teip) i quali talvolta costituivano confederazioni (Tukkhum). Questa organizzazione non può in alcun modo essere considerata un “pro – tostato” ma anzi, per certi versi ne è una negazione. I Tukkhum erano 9, i Teip più di centocinquanta. La frammentazione politica non portò mai alla costituzione di uno Stato nell’accezione moderna del termine. Anche quando i ceceni si riunirono in organizzazioni politiche unitarie, come l’Imamato del Caucaso (1829 – 1859) o la Repubblica dei Popoli della Montagna (1917 – 1921) le suddette formazioni statali ebbero un respiro più ampio rispetto alla nazione cecena, e rivendicarono la loro sovranità su tutto il Caucaso o, al minimo, su tutti i popoli islamici del Caucaso (Ingusci, Balcari, Cabardini, Karachay, Circassi ecc..). Ne consegue che, prima della Repubblica Cecena di Ichkeria, nessuna rivendicazione “restauratrice” può considerarsi legittima.
Bandiera della Repubblica dei Popoli della Montagna
Diverso è il caso di una rivendicazione di tipo “ancestrale”: è indubbio che la Cecenia è il luogo dove il popolo dei “Nokhchi” si è formato, dove ha costituito la propria unità etnoculturale, dove ha vissuto la propria evoluzione linguistica, economica e sociale. E’ il luogo dove si sono formati i Teip e i Tukkhum. Su questa base è legittimo che i Ceceni considerino quella regione come il luogo dove la loro nazione è nata, in centro di irraggiamento della loro storia, ed è legittimo anche che lo considerino come loro e soltanto loro. Nessun altro popolo infatti ha mai fatto della Cecenia la propria casa spirituale: i popoli che nei secoli hanno invaso, e talvolta sottomesso, le tribù cecene hanno il loro centro di gravità in altre zone. Nella vicina Ossezia, ad esempio, si trova il nucleo ancestrale della nazione Alana (dai quali gli osseti affermano di discendere), mentre i popoli di stirpe turco – mongola che conquistarono le pianure della Cecenia in epoca medievale hanno il loro centro di gravità nella Mongolia e in Turchia. Se accettiamo il principio per il quale un popolo può rivendicare l’indipendenza come realizzazione della sua storia, possiamo affermare che i ceceni hanno il diritto di considerarsi i legittimi “padroni” della terra che abitano da più di quattromila anni.
LEGITTIMITA’ POLITICA DI UNO STATO CECENO
Passando al tema della legittimità politica, dobbiamo cominciare ad inserire nel discorso la variabile dello “stato vecchio” dal quale i Ceceni potrebbero aver voluto prendere le distanze, costituendone uno tutto loro. Gli “stati vecchi” in questione sono l’Impero Russo e l’Unione Sovietica. Il primo, caduto nel 1922, governò sulla Cecenia fin dal diciassettesimo secolo, e lo fece prevalentemente sotto forma di dominio. Malgrado in epoca sovietica si sia introdotto il principio della “volontaria adesione” di alcuni popoli alla Russia, è ormai evidente che il Caucaso fu sottomesso militarmente, e più volte “riconquistato” dagli eserciti zaristi. I Ceceni, al pari di numerosi altri popoli caucasici si ribellarono a più riprese, provocando la reazione militare di Mosca e portando avanti logoranti campagne di guerriglia. I russi dal canto loro procedettero spesso alla distruzione dei villaggi indigeni, alla deportazione delle popolazioni ribelli ed allo sterminio delle classi dirigenti locali, secondo uno schema che non consente di definire come “volontario” l’ingresso di questi popoli nell’Impero russo.
La permanenza della Cecenia nell’Unione Sovietica non fu meno “involontaria” né meno incruenta. Dopo la fondazione dell’URSS, il 30 Dicembre 1922, la Cecenia fu annessa come provincia autonoma nella Repubblica Socialista Federata Sovietica Russa (RSFSR) per poi ottenere lo status di Repubblica Autonoma nel 1936. Nel 1944 Stalin impose la deportazione di massa di ceceni e ingusci in Asia Centrale: quasi tutta la popolazione indigena fu trasferita su vagoni piombati in Kazakhistan ed in Siberia, dove visse in esilio forzato fino al 1957. Si trattò di un vero e proprio tentativo di genocidio, volto a far sparire per sempre il popolo ceceno – inguscio, secondo l’approccio staliniano alla risoluzione dei problemi etnici. Alla morte di Stalin l’esilio forzato fu revocato, ed i ceceni poterono rientrare nelle loro terre, nel frattempo ripopolate da famiglie russe. La tragedia collettiva vissuta dai ceceni può facilmente essere addotta a motivo politico legittimo per una separazione dall’URSS. La mancanza di una “volontaria adesione” al “vecchio stato” ed il comportamento persecutorio di questo nei confronti dei ceceni può quindi a buona ragione legittimare il desiderio di questi ultimi di costituire uno stato proprio, nel quale vivere da uomini liberi senza il timore di essere fisicamente eliminati.
Veicoli militari dell’NKVD fanno la spola tra i villaggi d montagna della Cecenia e le stazioni di carico dei deportati durante l’Operazione Lentil (1944)
LEGITTIMITA’ GIURIDICA DI UNO STATO CECENO
Abbiamo visto come la Cecenia può vantare ragioni storiche e politiche per rivendicare la propria indipendenza. Quali ragioni poteva addurre dal punto di vista giuridico al crollo dell’URSS? L’Unione Sovietica si definiva come un’unione di stati governata secondo il principio del federalismo socialista. Nel corso della sua storia promulgò svariate costituzioni, ed in ognuna di esse confermò il rispetto del principio di volontarietà dei soggetti che la componevano. Ciò non significa che queste avevano il potere effettivo di secedere: i paesi del cosiddetto Blocco Sovietico furono costantemente sotto occupazione militare da parte dell’esercito del Patto di Varsavia, e qualsiasi tentativo di guadagnare l’indipendenza fu stroncato nel sangue, come nel caso dell’Ungheria e della Cecoslovacchia. Ma qui stiamo parlando di legittimità giuridica, e dal punto di vista della legittimità giuridica ogni soggetto dell’URSS, dalle “RSS” (Repubbliche Socialiste Sovietiche) alle “RSSA” (Repubbliche Socialiste Sovietiche Autonome, tra le quali vi era la RSSA Ceceno – Inguscia) tutte potevano dichiarare la secessione e costituirsi in stati indipendenti.
Il 3 Aprile 1990 Gorbachev varò una legge ancora più permissiva rispetto al tema della secessione, normando in maniera molto precisa il meccanismo da mettere in atto qualora un soggetto dell’Unione o della RSFSR avesse voluto uscire dall’URSS. Si tratta di una legge molto lunga e cavillosa, ma nella sostanza essa stabiliva che il Soviet Supremo locale avrebbe potuto organizzare un Referendum, e se questo avesse dato esito positivo si sarebbe potuto avviare il meccanismo di uscita. In particolare, con riferimento alle repubbliche autonome, la legge diceva: “una decisione di cambiare lo status e la secessione di una repubblica autonoma o di una regione autonoma dall’URSS è possibile solo mediante referendum“. Esisteva, quindi, un legittimo sistema previsto dallo “stato vecchio” per la formazione di uno “stato nuovo”, e questo sistema era disponibile anche per la Cecenia.
LA REPUBBLICA CECENA DI NOKHCHI – CHO
Nell’estate del 1990 cominciò a farsi largo sia tra i movimenti extraparlamentari, sia tra le correnti di opposizione del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio la necessità di mettere sul piatto il tema dell’indipendenza. La maggior parte degli esponenti di questa nuova ondata nazionalista intendeva utilizzare il diritto alla secessione come elemento negoziale di un nuovo trattato dell’Unione, tirando la corda il più possibile per ottenere migliori concessioni dal governo centrale. Una frazione del movimento nazionalista, tuttavia, sosteneva la necessità di secedere per davvero, costituire una repubblica indipendente e separare la strada della Cecenia da quella della Russia. In questa sede non ci soffermeremo sulle dinamiche politiche che portarono alla Dichiarazione di Indipendenza ed alla nascita della Repubblica Cecena di Nokhchi – cho (come si definì la repubblica separatista fino al Gennaio 1994), ma ci concentreremo sulla legittimità di tale processo.
Come abbiamo visto, la Cecenia aveva in quel momento tutte le giustificazioni storiche, politiche e giuridiche per portare avanti la secessione. Conseguentemente a ciò, il 25 Novembre 1990 un organismo informale chiamato Congresso Nazionale Ceceno, convocato da tutte le anime della politica e della cultura nazionali, votò una Dichiarazione di Sovranità, nella quale si proclamava “la sovranità statale della Repubblica cecena, con la supremazia, indipendenza, pienezza ed indivisibilità della sua autorità statale all’interno dei confini esistenti della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Ceceno – Inguscia, ad eccezione del territorio dell’ex autonomia di Inguscezia[…].” Inoltre si dichiarava: “L’unica fonte del potere statale nella Repubblica Cecena è il popolo di questa repubblica, composto da tutti i cittadini della Repubblica Cecena.” Il Soviet Supremo Ceceno – Inguscio, allora comandato dal leader fresco di nomina Doku Zavgaev, recepì le indicazioni del Congresso e due giorni dopo varò una Dichiarazione di Sovranità con valore di legge, dai toni molto simili a quella del Congresso: “Il Soviet Supremo della Repubblica Ceceno – Inguscia, che esprime la volontà del popolo, consapevole della responsabilità storica per il destino della Cecenia e dell’Inguscezia e della loro sovranità nazionale, nel rispetto dei diritti e degli interessi di tutti i gruppi etnici che vivono nella Repubblica […] proclama solennemente la sovranità statale della Repubblica […] e dichiara la decisione di creare uno Stato di diritto democratico.” La Dichiarazione di Sovranità votata dal Soviet Supremo Ceceno – Inguscio garantì alla Cecenia le premesse per una corretta separazione dalla RSFSR e dall’URSS. Tuttavia Zavgaev, al pari di molti altri esponenti del Congresso Nazionale non aveva alcuna intenzione di secedere: anch’egli voleva negoziare migliori condizioni con l’Unione Sovietica sventolando lo spauracchio della secessione. Di diverso avviso erano i cosiddetti “radicali nazionali” i quali trovarono un eccezionale campione nel Generale Dzhokhar Dudaev, eletto Presidente del Comitato Esecutivo del Congresso nel Dicembre 1990.
il Generale Dzhokhar Dudaev tiene un discorso attorniato dai suoi seguaci
Il tentato colpo di stato dell’Agosto 1991 accelerò enormemente gli eventi, e dette ai radicali nazionali l’opportunità per forzare il meccanismo istituzionale di secessione. La leadership della Repubblica Autonoma, infatti, non prese chiaramente posizione contro i golpisti, facendo intendere alla maggioranza dei ceceni che Zavgaev ed i suoi uomini non fossero disposti a procedere oltre sulla strada dell’indipendenza. I nazionalisti ebbero gioco facile nel mobilitare le masse, e tra la fine di Agosto e la fine di Ottobre del 1991 rovesciarono il governo, occuparono gli edifici pubblici ed indissero elezioni politiche per la costituzione di un Parlamento e per la nomina di un Presidente della Repubblica nella persona del Generale Dudaev. Una volta svolte le elezioni Dudaev proclamò l’indipendenza della Cecenia. La Rivoluzione Cecena non rispettò neanche in parte il processo di separazione “legale” previsto dalla legge del 3 Aprile 1990: nessuno indisse un referendum, il Soviet Supremo non lo ratificò né lo discusse, il popolo non poté partecipare alle consultazioni nelle forme e nei modi previsti. Pertanto, da un punto di vista giuridico, la secessione della Cecenia fu illegittima. Questo stato di cose fu immediatamente rilevato dal governo centrale, ma la situazione politica stava precipitando velocemente, e dopo un flebile tentativo di introdurre lo Stato d’Emergenza il Presidente della RSFSR, Boris Eltsin, decise di desistere e riprendere le negoziazioni con i ceceni una volta che la situazione si fosse calmata.
LA FINE DELL’URSS E LA NASCITA DELLA FEDERAZIONE RUSSA
Abbiamo visto come, a termine di diritto, la secessione della Cecenia fu messa in atto contrariamente alle procedure previste dalla Costituzione dell’URSS. A complicare non poco la situazione giunse, il 25 Dicembre del 1991, lo scioglimento dell’Unione Sovietica. Dalla mezzanotte di quel giorno l’URSS cessò di esistere come soggetto del diritto. Di conseguenza le sue leggi ed i suoi ordinamenti persero di qualsiasi validità. La Repubblica Cecena di Nokhchi – cho si ritrovò in uno stato giuridicamente sospeso: essa si era proclamata sovrana nel rispetto della legge, si era proclamata indipendente in violazione della stessa legge, e l’Unione dalla quale si era separata aveva cessato di esistere. Chi invece continuava ad esistere era la Repubblica Socialista Federale Sovietica Russa, della quale la Cecenia faceva ancora formalmente parte. Il suo Presidente, Boris Eltsin, ed il suo Parlamento consideravano il paese ancora parte dello stato, e non intendevano riconoscere come legittima la Dichiarazione di Indipendenza. Ecco che nella disamina sulla legittimità della Repubblica Cecena di Nokhchi – cho si inserisce un nuovo interrogativo: è da considerarsi illegittima la secessione di una repubblica autonoma dal più vasto consesso di un’unione tra stati anche quando questa unione ha cessato di esistere? Il tema è estremamente complicato, ed è difficile dare una risposta precisa. Certo è che non esistendo più come soggetto giuridico, l’URSS non poté più avanzare pretese sulla Cecenia. Il discorso è diverso se si considera la questione dal punto di vista della RSFSR Russa: essa esistette ancora fino alla fine del 1993, e non riconobbe mai l’indipendenza della Repubblica Cecena di Nokhchi – cho. Da un punto di vista giuridico, di fatto, la Cecenia continuò a far parte della repubblica sovietica russa nonostante che l’Unione Sovietica avesse cessato di esistere, e che la definizione di “socialista” fosse ormai puramente formale, un “cadavere giuridico” in piena putrefazione, ma pur sempre consistente dal punto di vista legale.
Dal Gennaio del 1992 Eltsin iniziò a riformare la Federazione Russia in modo da spogliarla del suo passato sovietico senza perdere i pezzi che la componevano. Per questo motivo iniziò una fitta serie di negoziati “testa – testa” con i 92 soggetti che componevano la RSFSR, con l’obiettivo di farli aderire tutti ad un nuovo Trattato Federativo che ridisegnasse i rapporti politici tra centro e periferia. Un “nuovo trattato” significa una nuova negoziazione tra soggetti di pari diritto, i quali hanno facoltà di sottoscriverlo, ma anche di non farlo. Intorno a questo principio si articolò la posizione dei secessionisti: se la Cecenia era un soggetto dotato di piena capacità giuridica al punto da poter scegliere se sottoscrivere o meno un trattato federativo, era evidente che questa era uno stato indipendente, e che come tale poteva essere riconosciuto dalla Russia, ma anche da qualsiasi altro governo. Da questo punto di vista era evidente come la nascente Federazione Russa, pur non riconoscendo la Repubblica Cecena di Nokhchi – cho direttamente, lo faceva “indirettamente” riconoscendole i poteri tipici di uno Stato sovrano. Dudaev decise quindi di subordinare qualsiasi negoziazione con la Federazione Russa al riconoscimento ufficiale della repubblica cecena.
Forze armate della Repubblica Cecena di Ichkeria sfilano in parata
Questo atteggiamento provocò uno stallo nelle negoziazioni, perché i russi non erano affatto intenzionati a riconoscere “prima” l’indipendenza e “poi” l’adesione, ma a riconoscere l’indipendenza “contemporaneamente” all’adesione. In sostanza Mosca intendeva riconoscere la Cecenia indipendente soltanto quando questa avesse accettato di rinunciare all’indipendenza. Una differenza sottile ma molto sostanziale per i nazionalisti ceceni, i quali volevano sentirsi liberi di percorrere un binario parallelo con la Russia senza necessariamente divenire un vagone del suo treno. Su questo tema i negoziati tra Mosca e Grozny si impantanarono per 3 anni senza produrre alcun risultato tangibile. Tra la fine del 1992 e la primavera del 1993, tuttavia, il Parlamento secessionista iniziò ad oscillare verso una maggior accondiscendenza nei confronti della Russia, complici la devastante crisi economica che stava colpendo il paese ed il blocco economico e finanziario operato da Mosca come rappresaglia per la mancata adesione della Cecenia al Trattato Federativo. Il fronte nazionalista iniziò a frammentarsi, ed il 4 Giugno 1993 Dudaev forzò la situazione sciogliendo il Parlamento ed instaurando una dittatura personale. Questo evento portò la Cecenia alla guerra civile, e funse da casus belli per l’intervento armato della Russia. Alla fine del 1993 la “nuova” Federazione Russa varò la sua costituzione, nella quale la Cecenia era riconosciuta come parte integrante del nuovo stato. In reazione a questo gesto dal pesante valore politico, Dudaev decise di ribattezzare la Repubblica Cecena di Nokhchi – cho in “Repubblica Cecena di Ichkeria” (ChRI), in modo da rimarcare anche sul piano ufficiale la non – appartenenza dello Stato ceceno alla Federazione Russa.
LEGITTIMITA’ E RICONOSCIMENTO: RELAZIONI RUSSO – CECENE TRA IL 1995 E IL 2000
Prima di proseguire sulla questione dei rapporti Russia – Cecenia, fermiamoci a valutare uno degli effetti tipici della legittimità, ovvero il riconoscimento. Esso non può essere considerato come una prerogativa alla legittimità (un diritto esiste o non esiste a prescindere del fatto che questo sia riconosciuto da qualcuno) ma certamente né è uno degli effetti principali. Uno stato non riconosciuto da nessuno difficilmente potrà operare in maniera normale, perché le sue leggi, le due autorità ed i suoi titoli non saranno riconosciuti da nessuno. Il caso della Repubblica Cecena di Ichkeria è esattamente questo. Allo scoppio della Prima Guerra Cecena la ChRI era stata riconosciuta soltanto dal Presidente (decaduto) della Georgia, Zviad Gamsakhurdia. Si trattava di un riconoscimento simbolico e privo di effetti reali (In quel periodo Gamsakhurdia era stato deposto da un colpo di stato militare e si era rifugiato in esilio proprio in Cecenia). Nessun altro governo accettò di considerare la questione cecena come qualcosa di diverso da “un affare interno della Russia”. Emblematica in questo senso è la differenza nel comportamento dei governi occidentali nei confronti della Cecenia (la quale fu sostanzialmente ignorata) ed il Kosovo, altra piccola repubblica autoproclamata nel 1992, la quale a partire dai primi anni 2000 iniziò ad essere ufficialmente riconosciuta da molti paesi, compresi gli Stati Uniti (che lo riconobbero nel 2008).
Abbiamo detto che il riconoscimento non è una prerogativa de iure alla legittimità di uno stato, ma certamente uno dei suoi principali effetti de facto. Sulla base di questo ragionamento possiamo andare ad indagare sui rapporti intrattenuti tra la Federazione Russa e la Cecenia, cercando di capire se, in assenza di accordi formali, il comportamento tenuto da Mosca nei confronti di Grozny può lasciar intendere un riconoscimento pratico a fronte di un non – riconoscimento teorico. Il primo evento da tenere in considerazione è l’ingresso delle truppe russe in Cecenia nel Dicembre del 1994. Conformemente con la sua politica del “non riconoscimento” Eltsin autorizzò non già un’invasione, ma un’operazione volta a “ristabilire l’ordine costituzionale”, cioè un’azione avente come obiettivo il disarmo di “milizie armate illegali” resesi responsabili di usurpazione delle istituzioni legittime dello Stato. Non una guerra, quindi, ma un’operazione di disarmo. Niente guerra, niente Ichkeria. La situazione cambiò quando fu chiaro che la “piccola guerra vittoriosa” progettata da Eltsin iniziò a rivelarsi per niente “piccola” e nemmeno “vittoriosa”: i russi si trovarono impantanati in una logorante guerra partigiana che sarebbe terminata nell’Agosto del 1996 la vittoria dei separatisti.
Boris Eltsin eZelimkhan Yandarbiev a Mosca per i negoziati sul cessate – il – fuoco durante la Prima Guerra Cecena, 1996
Già dal Giugno 1995 il governo russo iniziò a firmare accordi e protocolli di pace nei quali si riconoscevano di fatto le forze armate della ChRI, il suo governo e le sue strutture politiche. In un accordo militare firmato a Grozny il 30 Luglio 1995 il Governo della Federazione Russa riconosceva i suoi interlocutori come “Il Governo della Repubblica Cecena di Ichkeria”, manifestando gli effetti di un riconoscimento politico. In particolare si autorizzava l’apertura di un “ufficio di rappresentanza” della ChRI a Mosca, qualcosa di molto simile ad un consolato, o ad un’ambasciata. Da quella data il governo federale firmò almeno una decina di documenti nei quali erano presenti i riferimenti alla Repubblica Cecena di Ichkeria. Il più importante di questi fu certamente quello definito come “Accordi di Khasavyurt”, il cui punto 1 recita: “Il trattato che regola i fondamenti di base delle relazioni tra la Federazione Russa e la Repubblica Cecena, governata dai principi e dalle norme universalmente accettati dal diritto internazionale, dovrà essere raggiunto entro il 31 Dicembre 2001.” La frase non lascia alcun dubbio: il diritto internazionale regola i rapporti tra stati, e non i rapporti tra uno stato e una sua provincia. E se Russia e Cecenia hanno deciso di comune accordo di regolare i loro rapporti sulla base del diritto internazionale, ne consegue che si riconoscono a vicenda come soggetti di diritto internazionale, quindi stati sovrani.
Accordi di questo tenore si susseguirono per tutto il 1996 e la prima parte del 1997: il 23 Novembre 1996 il Primo Ministro della Federazione Russa, Viktor Chernomyrdin ed il Primo Ministro del governo ceceno, Aslan Maskhadov firmarono un accordo nel quale la Russia si impegnava a ripristinare i normali rapporti commerciali e politici con la Cecenia dal 1 Dicembre successivo, consegnando ai ceceni il controllo delle frontiere, degli aereoporti e delle vie d’accesso e di uscita dal paese, oltre alla piena disponibilità della infrastrutture. Il 3 Febbraio 1997, pochi giorni dopo lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo del parlamento separatista e per la carica di Presidente della Repubblica, le autorità russe inviarono missive nelle quali si congratulavano con il neoeletto Capo dello Stato, Aslan Maskhadov: un atteggiamento non molto coerente con la politica di “Non riconoscimento” pubblicamente presentata dalle autorità federali. Il documento che tuttavia fa la differenza in tutta questa storia fu firmato il 12 Maggio 1997 a Mosca, e malgrado contenga termini molto generici a livello pratico, ha una chiarezza formale assoluta e inequivocabile. Si tratta del “Trattato di Pace e Principi di Interrelazione tra la Federazione Russa e la Repubblica Cecena di Ichkeria.”.
IL TRATTATO DI PACE
Prima di addentrarci nel documento analizziamo il titolo. Un “Trattato di Pace” è un accordo basato sul diritto internazionale in base al quale due stati assumono una serie di obbligazioni, prima tra tutte il rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie. I trattati di pace sono firmati da due stati che si riconoscono vicendevolmente come legittimi interlocutori. La locuzione “Tra la Federazione Russa e la Repubblica Cecena di Ichkeria” toglie ogni dubbio: uno stato chiamato “Ichkeria” non ha mai fatto parte della Federazione Russa, la sua denominazione non è inclusa tra quelle dei soggetti federati nella Costituzione del 1993. Si tratta evidentemente di un soggetto di diritto esterno alla Federazione, e pertanto il trattato di pace può essere interpretato come un gesto di “tacito riconoscimento”.
Mosca. Eltsin e Maskhadov firmano il Trattato di Pace del 12 Maggio 1997. Alexander Sentsov, Alexander Chumichev/TASS –осси€. 12 ма€ 1997 г. ¬
Procediamo con l’analisi del testo:
“Le stimate parti dell’accordo, desiderose di porre fine al loro secolare antagonismo e sforzandosi di stabilire relazioni solide, uguali e reciprocamente vantaggiose, concordano:”
Anche in questo caso, malgrado la genericità della frase, si fa riferimento ad un accordo tra due soggetti che non soltanto sono separati, ma che si sono in qualche maniera “sentiti come altro da sé” per secoli. In questo senso la Federazione Russa sembra intenzionata a riconoscere anche la legittimità politica della secessione cecena.
Andiamo avanti con i primi 3 dei 5 articoli del trattato (il IV ed il V sono di natura circostanziale e di scarso interesse ai fini di questa trattazione):
“Art. 1 – Rifiutare per sempre l’uso della forza o la minaccia della forza per risolvere tutte le questioni di disputa”.
Il primo articolo del Trattato di Pace ricalca una formula espressa in centinaia di documenti simili, tutti sottoscritti da stati sovrani.
“Art. 2 – Sviluppare le loro relazioni su principi e norme di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Nel fare ciò le parti devono interagire sulla base di specifici accordi concreti”.
Di nuovo il richiamo al diritto internazionale come linguaggio di base nelle relazioni tra i due Stati presuppone la loro parità istituzionale.
“Art. 3 – Il presente trattato fungerà da base per la conclusione di ulteriori accordi e intese sull’intera gamma di relazioni”
Non soltanto, in questo caso, si presuppone un rapporto paritetico tra Federazione Russa e Repubblica Cecena di Ichkeria, ma addirittura si condizionano tutti i futuri accordi tra i due paesi ai principi stabiliti in questo trattato.
Qualunque fossero i rapporti tra Russia e Cecenia prima del Trattato di Mosca del 12 Maggio 1997, dopo di esso non si può più affermare che la Federazione Russa non riconobbe la Repubblica Cecena di Ichkeria. In questo senso il testo del trattato è più che chiaro. Secondo lo scrivente, quindi, da questo momento in poi la Cecenia esiste a tutti gli effetti come Repubblica indipendente, ed è legittimata sia su base storica e politica, sia su base giuridica, perché dal 12 Maggio 1997 la Federazione Russa iniziò a rapportarsi con la Cecenia come ci si rapporta con uno stato estero. L’11 Luglio successivo i governi ceceno e russo firmarono una serie di accordi volti ad integrare i rispettivi sistemi bancari e doganali. Nell’Agosto dello stesso anno i plenipotenziari Khozh Akhmed Yarikhanov ed Akhmed Zakayev firmarono un accordo tripartito con il Vice Primo Ministro russo, Boris Nemtsov ed il Vice Primo Ministro Azero, Abbas Abbasov riguardo la gestione congiunta del gasdotto che attraversava la Cecenia. In questo caso è interessante notare un aspetto procedurale: normalmente negli accordi tra la Federazione Russa e paesi esteri riguardanti questioni inerenti una delle repubbliche federate, il testo del documento finale reca la firma della repubblica federata, ma la procedura non prevede che i suoi rappresentanti possano partecipare autonomamente alle negoziazioni. In questo caso invece gli incontri preparatori bilaterali videro negoziati russo – ceceni e negoziati ceceno – azeri, come da prassi per accordi trilaterali tra stati sovrani. Su questa base potremmo spingerci a teorizzare che lo stesso Azerbaijian, firmando l’accordo sul gasdotto, abbia implicitamente riconosciuto la ChRI. La percezione che la Cecenia fosse uno stato indipendente a tutti gli effetti d’altro canto è rintracciabile nella dichiarazione di chiusura di Abbasov alla stampa: “Oggi, firmando un accordo trilaterale tra la Federazione Russa, la Repubblica Cecena di Ichkeria e L’Azerbaijian abbiamo rimosso anche l’ultimo ostacolo della repubblica nel fornire oro nero ai partner europei.”
LA SECONDA GUERRA CECENA
Riepilogando brevemente possiamo dire che la Repubblica Cecena di Ichkeria, pur avendo forti motivazioni storiche e politiche per rivendicare l’indipendenza, ottenne la secessione tramite metodi illegittimi. Tuttavia il comportamento del governo della Federazione Russa tra il 1995 ed il 1996, ed ancor più l’atteggiamento avuto nei confronti del governo di Grozny dopo la fine della Prima Guerra Cecena fecero sì che tale secessione fosse, se non ratificata ufficialmente, quantomeno riconosciuta di fatto da Mosca, stabilendo uno stato di cose per le quali la ChRI potè operare come uno stato indipendente almeno fino al Dicembre 1999. A tale scopo sono esemplari le parole di Vladimir Putin, successore di Eltsin alla presidenza federale, il quale il 13 Dicembre 2001 dichiarò: “Voglio solo ricordare che nel 1996 la Russia ha ritirato tutte le sue forze armate dalla Cecenia, avendo creato lì uno stato di fatto completamente indipendente. Non di diritto, ma di fatto. Per questo motivo nessuno può dirci che usiamo tutta la nostra forza per distruggere il desiderio del popolo ceceno di essere indipendente. Lo abbiamo fatto una volta, abbiamo dato loro tale indipendenza”.
Dalla fine del 1999 le truppe federali penetrarono nuovamente in Cecenia, e da allora fino al 2003 sottoposero il paese ad una occupazione militare. Nel 2003, infine, si tenne un referendum costituzionale volto a ricostituire l’unità federale tra la Cecenia e la Federazione Russa. La vittoria plebiscitaria del “SI” (95,97% dei voti espressi) per quanto viziata da diffuse irregolarità (non molto diverse, in effetti, da quelle registratesi alle elezioni dell’Ottobre 1991, quando furono eletti il Parlamento ed il Presidente secessionisti) sancì il reintegro della Cecenia nel sistema federale russo, delegittimando il governo della Repubblica Cecena di Ichkeria e rendendola un’organizzazione a tutti gli effetti illegale. I secessionisti bollarono il referendum come una farsa, e a tutt’oggi continuano a considerare la ChRI come l’unico governo legittimo di un paese sotto occupazione militare. Secondo quanto riportato in una disamina pubblicata su numerosi siti separatisti, la ChRI sarebbe equiparata ai governi occupati dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale:
“Ad esempio, durante la Seconda Guerra Mondiale, il re belga Leopoldo III costrinse l’esercito belga ad arrendersi e sebbene cercasse di formare un governo fantoccio guidato dal filo – nazista Henri De Mans, il governo in esilio, chiamato “Governo dei Quattro” continuò le sue attività a Londra dal 1940 al 1945. Allo stesso modo il governo polacco in esilio rimase in vigore dal 1939 al 1990, prima in Francia e poi in Inghilterra, e fu riconosciuto come il vero rappresentante del popolo polacco.”
Il governo polacco in esilio. Costituitosi a Londra dopo l’occupazione nazista della Polonia, non fu riconosciuto al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando il paese entrò nel Blocco Sovietico, ma rimase formalmente in carica fino al 1990, passando i poteri al primo governo democraticamente eletto nel paese.
Il tema della legittimità dell’attuale governo della ChRI in esilio è ancora oggi oggetto di dibattito, prima di tutto tra gli stessi esponenti della diaspora separatista (ad oggi esistono almeno tre gruppi di ex funzionari della ChRI che si contendono la leadership della repubblica). Il governo stabilmente al potere in Cecenia, guidato da Ramzan Kadyrov non riconosce alcuna legittimità a nessuno degli esponenti della vecchia leadership, e si ritiene legittimo sulla base del referendum costituzionale del 2003. Anche la Federazione Russa ritiene legittimo il governo di Kadyrov, e nelle sue rappresentanze ufficiali la Repubblica Cecena federata con la Russia viene riconosciuta come istituzione ufficiale dalla maggior parte dei governi del mondo.
LEGITTIMITA’ POSTUMA DELLA ChRI
Ad oggi l’eventualità che la ChRI venga ricostituita o ottenga un qualche tipo di riconoscimento estero è piuttosto remota. Anche evitando diatribe politiche di attualità, e presupponendo che il separatismo abbia un seguito di qualche rilievo tra la popolazione cecena, il percorso per la ricostituzione della Repubblica Cecena di Ichkeria sarebbe comunque assai tortuoso. L’ultima manifestazione di volontà popolare in merito risale al 1997, e da allora le elezioni hanno sempre riconfermato alla guida del paese il fronte unionista. D’altra parte, lo stesso fronte unionista ha sistematicamente impedito che forze politiche contrarie al federalismo potessero liberamente esprimersi, ed i sostenitori di tale approccio vivono uno stato di semiclandestinità, essendo la ChRI considerata come un’organizzazione criminale, ed i suoi esponenti soggetti ad arresto.
Volendo fare un esercizio di teoria politica, la ChRI non ha mai cessato di esistere. Molti dei suoi funzionari ed esponenti politici nel corso degli anni sono passati al governo unionista di Kadyrov, assottigliando le file dei separatisti, e la costituzione dell’Emirato Islamico del Caucaso Settentrionale, avvenuta nell’Ottobre del 2007 ha privato la ChRI delle sue “forze armate” su suolo ceceno. Questo non ha comunque eroso, almeno in linea teorica, il legame delle strutture “ad interim” della repubblica in esilio con le istituzioni uscite dalle elezioni del 1997. L’eventualità di rivendicare nuovamente il diritto alla secessione della Cecenia dalla Federazione Russa sarebbe comunque ostacolata dall’esplicito divieto presente nella Costituzione della Federazione a qualsiasi azione volta a minare l’integrità territoriale dello Stato.
Sostenitori della Repubblica Cecena di Ichkeria manifestano a Ginevra, 2019