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06/09/1991 – Assalto al Soviet Supremo

Nel trentaduesimo anniversario dell’indipendenza cecena, pubblichiamo un estratto del primo volume di “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria” nella quale si ripercorrono i fatti che portarono allo scioglimento del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio, ed alla proclamazione dell’indipendenza cecena.

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Ai primi di Settembre l’eco del Putsch di Agosto iniziò ad attenuarsi a Mosca e nelle principali città russe, ed Eltsin poté tornare a posare lo sguardo sulle turbolente periferie dell’impero. La Cecenia era passata in stato di agitazione, ma il presidente russo non dava troppo peso ai rapporti allarmanti provenienti dal Soviet Supremo locale. Egli era convinto che tutto quel baccano altro non fosse che un rigurgito anticasta come se ne erano visti tanti in quel periodo nell’URSS. Pensò che sarebbe bastato sostituire Zavgaev con qualcun altro per poter placare gli animi della gente e riportare la Cecenia – Inguscezia alla pace sociale. Così pensò a Salambek Hadjiev, un professore che era salito agli onori della cronaca qualche mese prima, quando era stato nominato Ministro dell’Industria Chimica e del Petrolio del governo sovietico. Nato in Kazakhistan, Hadjiev si era conquistato una posizione in ambito accademico, diplomandosi all’Istituto Petrolifero di Grozny e poi lavorandoci fino a diventarne direttore. Prolifico ricercatore, era membro dell’Accademia delle Scienze, nonché uno dei massimi esperti del settore petrolchimico di tutta la Russia. Noto per essere un moderato antimilitarista (era capo del Comitato per le armi chimiche ed il disarmo) rappresentava a tutti gli effetti l’alter ego “maturo” del capopopolo Dudaev. Eltsin lo apprezzava perché sapeva parlare sia agli intellettuali che agli imprenditori, aveva una visione moderna dello Stato ed era un gran lavoratore. Sembrava avere tutte le carte in regola per competere con il Generale, il quale dalle sua aveva la sua bella divisa, una buona retorica e poco altro. L’idea di sostituire Zavgaev con Hadjiev piacque anche al Presidente del Soviet Supremo Khasbulatov, che come abbiamo visto non aveva certo in simpatia l’attuale Primo Segretario. Hadjiev invece era uomo di alte qualità intellettuali come lui (che era professore) e come lui aveva una visione moderata e riformista. Sistemare uno dei “suoi” al potere in Cecenia gli avrebbe fatto anche comodo in chiave elettorale, quindi si adoperò affinché il cambio avvenisse il prima possibile.

Doku Zavgaev

Khasbulatov si diresse quindi in Cecenia per assicurarsi un indolore cambio della guardia. La sua notorietà, ora che era al vertice dello stato sovietico, la sua cultura e la sua capacità politica gli avrebbero permesso di spodestare l’odioso rivale e di installare una valida alternativa che scongiurasse la guerra civile e favorisse la sua posizione. Tuttavia c’era da fare i conti con i nazionalisti, cresciuti all’ombra della crisi ed insorti durante il colpo di stato.

Per sgominarli Khasbulatov elaborò un piano. Dal suo punto di vista i nazionalisti erano un amalgama di disillusi, disperati e opportunisti, tenuto insieme da un’avanguardia di giovani idealisti incapaci di governare la bestia che stavano allevando. Affrontati sul terreno del dibattito politico, molto probabilmente avrebbero finito per ridursi ad una frazione residuale. Solo il contesto, secondo lui, permetteva loro di occupare la scena. Disperazione e mancanza di alternative erano gli ingredienti della miscela che rischiava di far scoppiare la rivoluzione. Per neutralizzare la minaccia bisognava “cambiare aria”: l’opposizione si era rafforzata contro Zavgaev ed il suo regime corrotto, toglierlo di mezzo era il primo passo da fare. C’era da sostituirlo con qualcuno che avesse dei buoni numeri. E Hadjiev sembrava quello giusto. La soluzione, tuttavia, non poteva calare dall’alto. Era necessario costituire un fronte di consenso alternativo a Dudaev e per questo serviva tempo. I nazionalisti avevano conquistato le piazze cavalcando l’onda della crisi istituzionale. Impantanarli in una diatriba politica lasciando passare il tempo, mentre la situazione si normalizzava, avrebbe tolto ai dudaeviti (così iniziavano a chiamarsi i sostenitori del Generale) il terreno sotto ai piedi. Man mano che le condizioni sociopolitiche si fossero stabilizzate i disperati sarebbero stati sempre meno disperati, i disillusi sempre meno disillusi. La gente avrebbe prestato orecchio a chi invocava la calma e le riforme anziché la rivoluzione e la guerra, ed i radicali sarebbero stati marginalizzati. Infine, con una bella elezione democratica i moderati avrebbero vinto e i rivoluzionari avrebbero perso. Fine della partita.

Un piano perfetto, nella teoria, che però si basava su due variabili non da poco. La Pima: che Dudaev ed i suoi avessero troppa paura di forzare la mano, lasciando così l’iniziativa a lui. La seconda: che a Mosca la situazione non degenerasse ulteriormente. E Khasbulatov, purtroppo per lui, non poteva controllare né la prima né la seconda. Eppure da qualche parte si doveva pur cominciare e così, dal 23 Agosto, il Presidente del Soviet Supremo si recò a Grozny, accompagnato da Hadjiev, con l’intenzione di far fuori Zavgaev. In una turbolenta riunione del Presidium del Soviet Supremo, al Primo Segretario che lo supplicava di autorizzare la proclamazione dello stato di emergenza e di disperdere l’opposizione, Khasbulatov rispose che il ricorso alla forza era tassativamente da evitare, e che la soluzione della crisi avrebbe dovuto essere assolutamente politica, il che significava una cosa sola: dimissioni.

Dopo aver messo Zavgaev con le spalle al muro, si recò a saggiare il suo avversario. Il suo primo colloquio con Dudaev sembrò essere promettente: il Generale lo accolse con affabilità ed accondiscese alla sua proposta di sciogliere il Soviet Supremo e sostituirlo con un’amministrazione provvisoria che traghettasse il Paese elle elezioni. Soddisfatto, rientrò a Mosca convinto di aver portato a casa un bel punto. Il vero obiettivo, tuttavia, lo aveva raggiunto proprio il leader dei nazionalisti. Scoprendo le carte di Khasbulatov, egli aveva ormai chiaro che nessuno avrebbe alzato un dito per difendere il legittimo governo della Cecenia – Inguscezia: sarebbe bastato un casus belli per forzare la mano e prendere il controllo delle istituzioni. Così, mentre a Mosca si brindava alla felice soluzione della crisi, a Grozny i dudaeviti prendevano il controllo della città ed assediavano il governo, ormai privo di un esercito che lo difendesse. Ciononostante Zavgaev non intendeva darsi per vinto. La sua abdicazione avrebbe potuto essere imposta soltanto da un voto del Soviet Supremo, e quasi nessuno dei deputati aveva intenzione di avallarlo, considerato che un attimo dopo lo stesso Soviet sarebbe stato sciolto. Così la situazione rimase in stallo per alcuni giorni, con il governo che non si dimetteva ed i nazionalisti che non abbandonavano le strade.

Dzhokhar Dudaev, circondato dai suoi sostenitori

Tra il 28 ed il 30 Agosto Dudaev iniziò a testare le reazioni di Mosca: la Guardia Nazionale irruppe in numerosi edifici pubblici, occupandoli e sloggiando chiunque vi si opponesse. Da Mosca non giunse un fiato. Allora il Generale ordinò la costituzione di ronde armate che presidiassero le strade, e ancora una volta non vi fu alcuna reazione. Il caos si stava impadronendo del Paese e sembrava che a nessuno importasse più di tanto[1].

Il 1 Settembre Dudaev convocò la terza sessione del Congresso. La Guardia Nazionale presidiava l’assemblea. Tutto intorno volontari armati erigevano barricate. Un gruppo di miliziani penetrò nel Sovmin, lo occupò ed ammainò la bandiera della RSSA Ceceno – Inguscia, issando al suo posto il drappo verde dell’Islam. Dei moderati non c’era più traccia: estromessi nella sessione di Giugno, erano ormai incapaci di condizionare in qualsiasi modo l’opinione pubblica. La scena era tutta per il grande capo, il quale esortò l’Ispolkom a decretare decaduto il Soviet Supremo e ad attribuirsi i pieni poteri. I delegati prontamente aderirono alla proposta, e dichiararono il Comitato Esecutivo unica autorità legittima in Cecenia. Ancora una volta, da Mosca, le reazioni furono tiepide, e per lo più di facciata. Lo stesso Khasbulatov, sottostimando la gravità della situazione, pensò che la sostituzione di Zavgaev sarebbe stata sufficiente a spaccare in due il fronte nazionalista. Adesso, secondo lui, sarebbe bastato costringere Zavgaev ad andarsene e sostituirlo con Hadjiev, o con qualcun altro, per mettere in minoranza i radicali. In realtà quello che stava succedendo a Grozny era qualcosa di molto più serio rispetto al gioco politico che Khasbulatov pensava di portare avanti. Dudaev aveva dalla sua parte quasi tutta l’opinione pubblica, aveva le sue guardie armate e stava costituendo un vero e proprio governo.

La cosa era assolutamente chiara al Primo Segretario, e lo fu ancora di più quando il 3 Settembre, ignorando le direttive di Mosca, egli tentò di introdurre lo stato di emergenza tramite una risoluzione del Presidium del Soviet Supremo: nessun reparto della polizia o dell’esercito rispose alla chiamata. Se molti uomini della Milizia del Ministero degli Interni avevano già cambiato bandiera, quelli che non avevano preso posizione semplicemente evitarono di muoversi. Nuovamente sconfitto, Zavgaev rimase rintanato nella Casa dell’Educazione Politica, dove si era asserragliato coi suoi seguaci. La sera del 6 Settembre, infine, la Guardia Nazionale irruppe anche là dentro: un manipolo di uomini guidato dal Vicepresidente dell’Ispolkom Yusup Soslambekov penetrò nell’edificio. Non si sa se fu un’azione premeditata o il salire dell’agitazione, fatto sta che la folla seguì i miliziani e si mise a devastare ogni cosa. I deputati furono pestati e ridotti al silenzio. Soslambekov mise davanti ad ognuno di loro un foglio ed una penna, ed ordinò che scrivessero le loro dimissioni di proprio pugno. Uno ad uno, tutti i deputati firmarono. Sotto la minaccia di essere giustiziato sul posto Zavgaev firmò un atto di rinuncia nel quale abbandonava “volontariamente” tutti gli incarichi pubblici. Soltanto il Presidente del Consiglio Comunale di Grozny, Vitaly Kutsenko, si rifiutò di firmare. Interrogato da Soslambekov, rispose: Non firmerò. Quello che stai facendo è illegale, è un colpo di Stato! Qualche attimo dopo Kutsenko volò dal terzo piano, schiantandosi al suolo. Più tardi sarebbe stato ricoverato in ospedale, dove sarebbe morto tra atroci sofferenze[2]. I moderati condannarono l’assalto, si dissociarono pubblicamente e fuoriuscirono dal Movimento Nazionale, costituendo una Tavola Rotonda alternativa al Congresso. Zavgaev fu cacciato da Grozny e si rifugiò nell’Alto Terek, sua terra natale. A Grozny l’Ispolkom iniziò ad operare come un vero e proprio governo, costituendo commissioni, emanando decreti ed occupando gli edifici pubblici.

Isa Akhyadov, futuro deputato al Parlamento di seconda convocazione, sulla statua di Lenin abbattuta

A Mosca la notizia dell’insurrezione fu accolta quasi con disinteresse. Ci vollero quattro giorni prima che una delegazione governativa, formata dal Segretario di Stato, Barbulis, e dal Ministro della Stampa e dell’Informazione, Poltoranin, giungesse in Cecenia per provare a ricomporre la crisi. Con Dudaev i due tentarono un approccio “alla sovietica”: negli anni ruggenti dell’URSS, quando un personaggio rappresentava un pericolo per il Partito e non lo si poteva inviare in un gulag a schiarirsi le idee, lo si promuoveva e lo si teneva buono. Poltoranin e Barbulis pensarono che se avessero offerto un ruolo di primo piano a Dudaev questi forse avrebbe colto la possibilità di uscire da quel casino in cambio di un buon posto ed una lauta pensione. Purtroppo per loro il Generale non era solo più furbo di quanto pensassero, ma era anche più coraggioso e determinato, ed in una Cecenia indipendente ci credeva davvero. Così l’incontro si risolse in un nulla di fatto.

Khasbulatov nel frattempo era rientrato in Cecenia, dove sperava di riprendere i negoziati con Dudaev dove li aveva lasciati. L’incontro tra i due si risolse con un nuovo progetto di accordo: il Soviet Supremo “decaduto” sarebbe stato sciolto, e al suo posto si sarebbe costituito un Soviet “provvisorio” che si occupasse dell’ordinaria amministrazione in attesa di nuove elezioni. A questo esecutivo avrebbero partecipato anche esponenti del Congresso. Confortato dall’apparente concessione del leader nazionalista, il Presidente del Soviet Supremo Russo parlò alle masse assiepate in Piazza Lenin. Davanti ad una nutrita folla (che chi addirittura parlò di centomila manifestanti) invitò tutti alla calma, chiese l’interruzione delle manifestazioni ed addossò tutta la colpa a Zavgaev, intimandogli in contumacia di non rifarsi vivo a meno che non volesse essere portato a Mosca in una gabbia di ferro. Infine, convocata un’assemblea straordinaria del Soviet Supremo, indusse i deputati a dimettersi ed a costituire un Soviet Provvisorio di 32 membri, alcuni provenienti dalla vecchia assemblea e alcuni dalle file del Comitato Esecutivo. L’ultimo atto del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio fu un decreto con il quale si indicevano nuove elezioni per il 17 Novembre successivo.

Ancora una volta sembrò che la situazione fosse stata recuperata all’ultimo minuto, e Khasbulatov si accinse a tornare ai suoi doveri a Mosca non prima di aver avuto piena raccomandazione, da parte di Dudaev, del rispetto degli accordi. Non ebbe neanche il tempo di atterrare nella capitale russa che fu accolto da una delibera del Comitato Esecutivo del Congresso, appena fatta votare da Dudaev, nella quale l’Ispolkom riconosceva il Soviet Provvisorio come espressione della volontà del Congresso, e lo si diffidava ad andare contro la volontà espressa da esso[3]. La dichiarazione conteneva anche un calendario elettorale diverso da quello concordato: timorosi che la normalizzazione avrebbe indebolito la loro posizione, i nazionalisti decretarono che le elezioni si sarebbero svolte il 19 ed il 27 Ottobre, rispettivamente per le istituzioni del Presidente della Repubblica e del Parlamento. Di quale presidente e di quale parlamento si stesse parlando, a Mosca nessuno lo sapeva con certezza: la Costituzione della RSSA Ceceno – Inguscia non prevedeva nessuna di queste istituzioni. Dal tono della dichiarazione era ormai evidente che il Congresso Nazionale aveva intenzione di proclamare la piena indipendenza.

L’edificio che ospitava il Presidium del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio

[1] I disordini esplosi a seguito del Putsch di Agosto avevano portato alla paralisi dei dicasteri governativi, la quale iniziava a mostrare i suoi primi effetti nefasti sulla vita di tutti i giorni. Il 28 Agosto circa quattrocento detenuti della colonia penale di Naursk insorsero, attaccando la guarnigione di presidio, dando alle fiamme le torri di guardia devastando i locali di servizio ed occupando la struttura penitenziaria. Ancora due giorni dopo cinquanta di loro, armati di coltelli ed armi artigianali occupavano un’ala dell’edificio. Tutti gli altri erano evasi, disperdendosi tra i manifestanti.

[2] Non è chiaro se Kutsenko si lanciò dal palazzo in un attacco di panico o se fu deliberatamente defenestrato. Secondo alcuni fu lui stesso a buttarsi di sotto, battendo la testa contro un tombino di ghisa. Altre versioni parlano di una guardia di Dudaev, o dello stesso Soslambekov, il quale lo avrebbe scaraventato contro una finestra al suo rifiuto di firmare le sue dimissioni. Anche riguardo al suo ricovero le testimonianze sono discordanti. Secondo alcuni la folla inferocita si accanì su di lui riempiendolo di calci e sputi. Altri, come lo stesso Yandarbiev nelle sue memorie raccontano che Kutsenko venne prontamente raccolto e portato in ospedale, ma si rifiutò di farsi visitare da qualsiasi medico ceceno per paura di essere finito. Non essendoci medici russi a disposizione finì in coma, per poi spirare qualche giorno dopo. Le indagini riguardo la morte di Kutsenko non avrebbero comunque acclarato nessuna responsabilità. La versione ufficiale riportata dalla Procura fu che il Presidente del Consiglio Comunale di Grozny si era volontariamente buttato di sotto, impaurito dalla calca.

[3] Il testo della dichiarazione, organizzato in sedici punti programmatici, iniziava condannando il Soviet Supremo, colpevole di aver perduto il diritto di esercitare il potere legislativo, di aver compiuto un tradimento degli interessi del popolo e di aver voluto favorire il colpo di Stato. Al Soviet Provvisorio venivano nominati alcuni dei principali esponenti politici del Congresso (Hussein Akhmadov come Presidente, oltre ad altri nazionalisti scelti tra le file del VDP). Il Soviet avrebbe operato nel rispetto del mandato affidatogli dal Congresso: se si fosse verificata una crisi di fiducia questo sarebbe stato ricusato dal Comitato Esecutivo e prontamente sciolto. Si invocava inoltre la solidarietà dei Parlamenti di tutto il mondo e dei paesi appena usciti dall’URSS, in opposizione al tentativo delle forze imperiali di interferire e continuare il genocidio contro il popolo ceceno.

I CINQUEMILA GIORNI DI ICHKERIA – PARTE 6 (SETTEMBRE – OTTOBRE 1991)

14 Settembre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Presidente del Soviet Supremo Russo, Khasbulatov, si reca in Cecenia per concordare la nascita di un governo provvisorio che amministri lo Stato fino alle elezioni, da svolgersi il 17 Novembre seguente. Viene istituito un direttorio nel quale vengono inseriti sia membri del disperso Soviet Supremo, sia elementi di spicco del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. L’OKChN diffida il Soviet Provvisorio dall’agire in contrasto con la volontà del Congresso, minacciandone in tal caso la dissoluzione.

IRREDENTISMO INGUSCIO – A Nazran, i rappresentanti Ingusci dichiarano l’indipendenza della Repubblica di Inguscezia e si riconoscono all’interno della Russia.

25 Settembre

RIVOLUZIONE CECENA – A causa delle intimidazioni messe in atto dalla Guardia Nazionale nei loro confronti, molti deputati del Soviet Provvisorio sono impossibilitati a raggiungere l’assemblea, alla quale possono partecipare soltanto i deputati allineati con il Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. Il Presidente del Soviet Provvisorio, l’uomo di fiducia di Dudaev e del Comitato Esecutivo Hussein Akhmadov, fa votare una mozione nella quale consegna i pieni poteri all’OKChN. I deputati assenti dichiarano nullo il voto, ma vengono aggrediti dalla Guardia Nazionale e dispersi.

Il Presidente del Soviet Supremo russo, Ruslan Khasbulatov attorniato dai giornalisti, Settembre 1991

1 Ottobre

IRREDENTISMO INGUSCIO – Il Comitato Esecutivo del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno ed i leaders del Congresso Nazionale Inguscio firmano una dichiarazione congiunta nella quale concordano sulla separazione dell’Inguscezia dalla Cecenia.

3 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – La Guardia Nazionale occupa l’edificio del Ministero degli Interni Ceceno – Inguscio.

5 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – A seguito degli aspri contrasti sorti in seno al direttorio nominato il 15 settembre precedente, gli indipendentisti sciolgono il Soviet Provvisorio “per attività sovversive e provocatorie” e formano un “comitato rivoluzionario” cui conferiscono piena autorità. Nella notte miliziani armati occupano il Ministero degli Interni e la sede regionale del KGB, rinvenendo una grande quantità di armi e munizioni. Nelle settimane successive i ribelli riusciranno ad aprire il magazzino militare dei servizi segreti, mettendo le mani su un arsenale composto da centinaia di armi da fuoco e tonnellate di equipaggiamento militare.

7 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo Provvisorio, dopo aver sconfessato l’autorità di Hussein Akhmadov, promulga una risoluzione di condanna all’Ispolkom (il Comitato Esecutivo dell’OKChN). Nella stessa giornata i militanti del Congresso disperdono l’assemblea con l’uso della forza.

MOVIMENTI POLITICI – Zelimkhan Yandarbiev viene confermato alla guida del Partito Democratico Vaynakh al termine del terzo congresso del partito.

8 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo Russo dichiara il Soviet Provvisorio ceceno unica autorità riconosciuta nel paese.

10 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo russo condanna col decreto “Sulla situazione politica in Cecenia – Inguscezia” la presa del potere da parte del Comitato Esecutivo ed emette un ultimatum di 48 per il disarmo delle milizie “illegali”.

L’opposizione moderata, ostile a Dudaev, costituisce una “milizia popolare” a sostegno del governo provvisorio.

Il Congresso Nazionale del Popolo Ceceno organizza elezioni popolari per il 27 Ottobre ed ordina la mobilitazione generale di tutti i cittadini maschi tra i 15 ed i 55 anni.

16 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Ministro degli Interni ceceno, Umalt Alsultanov, viene rimosso dalla sua carica a seguito del mancato intervento delle forze dell’ordine nel reprimere l’insurrezione del Comitato Esecutivo. Gli succede Vakha Ibragimov, ma Alsultanov si rifiuta di abbandonare l’ufficio, ed i reparti di polizia si dividono tra chi sostiene le posizioni del primo e chi intende ubbidire all’avvicendamento. Questa situazione provoca ulteriore caos.

Da Mosca, il Presidente russo Boris Eltsin definisce gli indipendentisti “una banda di criminali che terrorizzano la popolazione” e ordina il dispiegamento dell’esercito ai confini della Cecenia.

CONFLITTI SOCIALI – A Grozny ignoti tentano di occupare l’ufficio del Direttore del giornale “Daimokhk”. Nella notte risuonano spari in tutta la città. Il Comitato Esecutivo del Congresso nega che siano in atto azioni della Guardia Nazionale ed accusa ignoti provocatori di voler destabilizzare la situazione nel Paese per scongiurare le elezioni popolari previste per il 27 Ottobre. Dalle vicine repubbliche del Caucaso settentrionale giungono dichiarazioni di supporto alle attività del Comitato Esecutivo.

17 Ottobre

CRIMINALITA’ – Banditi armati, fintisi uomini della Guardia Nazionale, penetrano in un posto di guardia e rubano 4 carabine, un fucile di piccolo calibro e un revolver.

In risposta alla diffusa circolazione delle armi il Comitato Esecutivo dell’OKChN decreta il ritiro della Guardia Nazionale dagli edifici pubblici “non essenziali” ed il suo acquartieramento nelle caserme, la sospensione della mobilitazione proclamata il 10 Ottobre ed il divieto di circolazione alle armi non registrate.

Isa Akyadov, volontario della Guardia Nazionale, posa sul busto abbattuto di Lenin

18 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Comitato Esecutivo del Congresso diffida il Soviet Supremo Russo ad emettere delibere riguardanti la Cecenia, e dichiara che considererà qualsiasi intromissione “una continuazione del genocidio contro il popolo ceceno“.

Continuano i preparativi per le elezioni popolari del 27 Ottobre: ad oggi vi sono 5 candidati alla Presidenza della Repubblica e un centinaio di candidati per il ruolo di deputato del nuovo Parlamento, il quale conterà quarantuno membri.

CONFLITTI SOCIALI – Nel centro detentivo di Naursk, ancora in stato di agitazione, una cinquantina di detenuti si appella a Dudaev affinché consenta loro di mettersi a disposizione della Guardia Nazionale, promettendo di non abbandonare il paese e di rimettersi successivamente alla volontà dei magistrati. Il professor Ramzan Goytemirov, leader del Movimento Verde, porta avanti le trattative con i detenuti.

19 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Eltsin intima alle milizie di Dudaev di smobilitare, e minaccia di prendere “tutte le misure necessarie a normalizzare la situazione, a garantire la sicurezza della popolazione ed a proteggere l’ordine costituzionale”. Il Vicepresidente del Comitato Esecutivo, Hussein Akhmadov, bolla l’ultimatum come “l’ultimo fiato dell’impero russo“.

CONFLITTI SOCIALI – Nel distretto di Naursk l’assemblea dei rappresentanti dei Cosacchi di Cecenia chiede un referendum per secedere dalla Cecenia ed annettere i territori del Distretto di Naursk al Territorio di Stavropol.

20 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – L’esercito federale viene messo in stato di allerta.

21 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Autobus carichi di militanti provenienti da varie regioni del Caucaso giungono a Grozny. Molti attivisti della Confederazione dei Popoli del Caucaso, organizzazione appena costituita con l’obiettivo di raggiungere l’unità politica delle repubbliche del Caucaso Settentrionale, si mettono a disposizione dei rivoluzionari ceceni.

I rappresentanti dei movimenti moderati (Daymokhk, Partito Socialdemocratico, Unione degli Intellettuali ed altre sigle minori) tengono un presidio in Piazza del Teatro, a Grozny contro il Comitato Esecutivo chiedendo il disarmo delle milizie armate e lo sgombero degli edifici occupati.

Una rappresentativa degli anziani e del clero islamico si riunisce nella capitale cecena per dare il suo contributo alla soluzione della crisi politica in atto. Viene deciso di convocare un “Mekhk . Khel”, il tradizionale consiglio degli anziani che nel passato veniva chiamato a pronunciarsi su questioni particolarmente delicate.

21 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Scade l’ultimatum di Eltsin sul disarmo della Guardia Nazionale. Nessuna iniziativa pratica viene presa da Mosca, mentre la Commissione Difesa del Congresso Nazionale continua a registrare i volontari disposti a mobilitarsi in caso di confronto armato con le forze del Cremlino. A dirigere l’arruolamento c’è il Capo di Stato Maggiore della Guardia Nazionale, Iles Arsanukaev.

22 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Su ordine del Comitato Esecutivo hanno inizio le operazioni per il riconoscimento della cittadinanza. A Grozny e nelle principali città, ufficiali autorizzati dall’OKChN distribuiscono l’attestazione di nazionalità timbrando i vecchi passaporti sovietici con il simbolo della Repubblica Cecena e registrano i proprietari su elenchi ufficiali.

In Piazza del Teatro l’opposizione moderata manifesta contro le iniziative del Congresso, bollando come illegali le azioni da questo intraprese e riconoscendo il Soviet Provvisorio come unica autorità legittima nel paese.

23 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Doku Zavgaev invia un appello al popolo ceceno nel quale mette in guardia i cittadini dal proseguire sulla strada del caos e della rivoluzione, definendo la Cecenia “sull’orlo di una guerra civile”. Ricorda che l’inverno è alle porte, e che il caos ha impedito l’organizzazione logistica necessaria ad assicurare a tutti i villaggi di montagna sufficienti risorse per affrontarlo. Invita i cittadini a diffidare dei rivoluzionari, paventando il rischio che il Paese finisca nell’anarchia.

Le redazioni dei principali quotidiani ceceni chiedono al Comitato Esecutivo di liberare la sede della TV e della Radio di Stato e di permettere il libero svolgimento del lavoro dei giornalisti, lamentando forti pressioni da parte dei militanti dell’OKChN e della Guardia Nazionale.

24 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo dell’URSS dichiara illegittime le elezioni popolari in programma per il 27 Ottobre ed invita i cittadini a boicottarle. I deputati del disperso Soviet Provvisorio si appellano al popolo perché boicotti le elezioni e sostenga il disarmo delle milizie.

In risposta all’appello di Zavgaev, il quale aveva definito la situazione in Cecenia “sull’orlo di una guerra civile” il Presidente della Commissione Difesa dell’OKChN, Bislan Gantamirov, risponde che “non ci sarà alcuna guerra civile” perché le armi che il Comitato sta ammassando sono destinate ad “invasioni dall’esterno”. La Guardia Nazionale, spiega, rimarrà in armi per garantire lo svolgimento delle elezioni popolari del 27 Ottobre.

Ad oggi sono candidati alla carica di deputato 187 cittadini. Altri 19, che avevano presentato la loro candidatura, sono stati rifiutati dalla Commissione Elettorale.

MANIFESTAZIONI POLITICHE – A Grozny si costituisce il comitato organizzativo per il congresso dei cittadini di lingua russa, in programma per il 19 Novembre.

Un cittadino legge un quotidiano appena acquistato da un ambulante, Grozny, 1991

25 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Eltsin invia il Viceministro delle Foreste, Akhmed Arsanov, come suo rappresentante in Cecenia. Arsanov è appartenente ad una illustre famiglia cecena, ed è molto rispettato tra la popolazione.

26 Ottobre

CONFLITTI SOCIALI – Nuove rivolte nelle carceri. 130 detenuti insorgono, ed altri 600, già fatti fuoriuscire nelle settimane precedenti, manifestano per le strade.

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Provvisorio, ricostituito sotto la presidenza di Baudi Bakhmadov, indice per il 17 Novembre un referendum sulla istituzione della carica di Presidente della Repubblica e sulla secessione dell’Inguscezia dalla repubblica Ceceno – Inguscia.

Il Rappresentante del Presidente della Federazione Russa, Akhmed Arsanov, interviene alla manifestazione dell’opposizione al Comitato Esecutivo dichiarando che “i popoli ceceno e inguscio sono stati, sono e rimarranno uniti” ed esortando i cittadini a boicottare le elezioni popolari previste per il giorno successivo. Infine si rivolge alla popolazione russa residente nella Repubblica, esortandola a non abbandonare il Paese.

In serata Dzhokhar Dudaev tiene una conferenza stampa, durante la quale dichiara che l’introduzione di Arsanov in Cecenia rappresenta “Un tentativo di introdurre un governatorato nella Repubblica”. Inoltre afferma che la decisione presa dal popolo ceceno di autodeterminarsi non deve necessariamente portare ad una rottura dei rapporti con la Russia, e che la popolazione russofona non ha nulla da temere. Infine, nei riguardi della ormai certa separazione tra Cecenia e Inguscezia, dichiara di essere intenzionato a rispettare le volontà degli ingusci, anche se sostiene la prospettiva di un percorso comune sulla strada dell’indipendenza.

27 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Si tengono le elezioni popolari organizzate dal Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. La popolazione partecipa in massa (470.000 voti su 640.000 elettori, secondo la Commissione Elettorale) ed elegge il Generale Dudaev alla carica di Presidente della Repubblica con quasi il 90% dei voti, ed un Parlamento della Repubblica di 41 membri (al voto diretto vengono eletti 32 deputati, gli altri 9 verranno eletti nelle settimane seguenti con voto suppletivo). Almeno 14 deputati sono eletti tra le file del Partito Democratico Vaynakh, e la maggior parte degli altri tra gli attivisti dell’OKChN. L’opposizione moderata, la quale non ha partecipato al voto, è quasi assente dall’assemblea legislativa. Le elezioni sono caratterizzate da diffuse irregolarità, e sono sconfessate dalle forze moderate. In alcuni distretti l’organizzazione del voto è frammentaria e mancano commissioni neutrali in grado di verificare la validità del voto. Tuttavia la stragrande maggioranza della popolazione saluta l’evento con grande soddisfazione.

28 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – Mentre il Soviet Supremo dell’URSS dichiara illegali le elezioni appena svoltesi, i movimenti moderati si riuniscono nel Movimento per la Conservazione della Cecenia – Inguscezia ed armano squadre di volontari che proteggano i seggi nelle elezioni previste per il 17 Novembre.

Dzhokhar Dudaev viene proclamato primo Presidente della Repubblica Cecena. Durante la conferenza stampa che segue, egli dichiara “Dobbiamo dimostrare alla civiltà mondiale che, essendo diventati più liberi, non saremo più necessari solo ai loro vicini, ma anche ad altri popoli “. Successivamente invia un appello al governo federale, nel quale si dice “fiducioso che le relazioni tra la Repubblica Cecena e la Federazione Russa saranno costruite sulla base delle norme civili, del diritto internazionale e nel rispetto reciproco dei diritti e delle libertà” e “sicuro che tutti i nostri ulteriori contatti porteranno a comprensione e rafforzamento di reciproci legami di amicizia tra i nostri popoli, i quali contribuiranno alla prosperità delle nostre repubbliche.”

L’opposizione moderata, la quale ha contestato e boicottato le elezioni, continua a manifestare in Piazza Sheikh Mansur (ex Piazza Lenin).

Elettori si registrano a Grozny per partecipare alle elezioni popolari. 27 ottobre 1991 (foto Gennady Khamelyanin TASS)

30 Ottobre

RIVOLUZIONE CECENA – L’opposizione continua ad occupare Piazza Sheikh Mansur. Tra i manifestanti si costituiscono bande armate. Gli esponenti dell’opposizione moderata dichiarano aperta la campagna elettorale per la costituzione del nuovo Soviet Supremo Ceceno – Inguscio, da decretarsi tramite voto popolare il 17 Novembre.

POLITICA NAZIONALE – Con il Decreto  Presidenziale n° 2 “Sulla creazione del Servizio Stampa sotto il Presidente della Repubblica”, Dudaev costituisce il Servizio Stampa Presidenziale.

I CINQUEMILA GIORNI DI ICHKERIA – PARTE 5 (AGOSTO – SETTEMBRE 1991)

2 Agosto

CULTURA – Viene costituito a Grozny l’Interclub, una sorta di ambiente comune a disposizione di tutti i cittadini. All’interno di esso viene istituito il centro per lo sviluppo delle culture nazionali, uno spazio a disposizione di tutti i popolo abitanti la Cecenia – Inguscezia dove tenere congressi, manifestazioni e assemblee.

8 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – Il Comitato Esecutivo dell’OKChN emette un appello indirizzato al Segretario Generale dell’ONU, al Segretario dell’Organizzazione dei Popoli Non Rappresentati ed in generale ai governi di tutto il mondo. In esso si legge: ” […] In considerazione del fatto che il Soviet Supremo della Repubblica non solo ha preso la decisione di ignorare la volontà popolare, ma ha anche utilizzato tutti i mezzi per affermare il suo potere ed ha adottato strumenti legislativi e delibere non riconosciutegli dal suo potere in rappresentanza di una repubblica sovrana, il Comitato Esecutivo ha deciso di convocare per l’8 Giugno di quest’anno i suoi deputati per proseguire il lavoro del Congresso come costituente. […] L’intera autorità nel territorio della Repubblica è stata trasferita al Comitato Esecutivo, eletto dal Congresso, fino alla formazione di un nuovo organo legislativo in conformità con le norme giuridiche universalmente riconosciute. […].”

9 Agosto

ASSOCIAZIONI – Viene istituita l’Unione degli Imprenditori della Ceceno – Inguscezia, prima camera associativa della nascente impresa privata nel paese.

Bandiera del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno (OKChN)

14 Agosto

POLITICA LOCALE – Nel villaggio di Gekhi la popolazione protesta contro il capo dell’amministrazione locale, K. Gakaev, presidiando il palazzo del governo locale e sventolando drappi verdi. Il Consiglio Comunale stabilisce una sospensione di Gakaev ed il passaggio dell’autorità ad interim ad un altro membro del Consiglio.

15 Agosto

UNIONE SOVIETICA – In vista del 20 Agosto, data prevista per la firma del nuovo Trattato dell’Unione, il Soviet Supremo Ceceno  – Inguscio autorizza la delegazione repubblicana a recarsi a Mosca per presenziare alle cerimonia, ma non la autorizza a firmare alcun documento senza che prima non siano stati garantiti i diritti degli ingusci sul Distretto di Prigorodny. La delegazione, guidata da Doku Zavgaev, si reca nella capitale russa.

19 – 22 Agosto

PUTSCH DI AGOSTO – Un gruppo di politici ed ufficiali della vecchia guardia del PCUS, organizzati in un Comitato di Emergenza tenta di ripristinare il regime sovietico, arrestando Gorbachev con lo scopo di impedire la firma del nuovo Trattato dell’Unione. Durante il suo svolgimento Zavgaev si astiene dal prendere una chiara posizione contro i golpisti. I nazionalisti, invece, manifestano contro il Comitato di Emergenza e chiedono la soppressione del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio, colpevole di non aver prontamente condannato il putsch.

RIVOLUZIONE CECENA – Il 20 Agosto il Partito Democratico Vaynakh tiene una manifestazione contro il colpo di stato. il KGB detiene per alcune ore il leader del partito, Zelimkhan Yandarbiev, poi lo rilascia su pressione dei manifestanti e del Generale Dudaev. Il 22 Agosto il colpo di stato fallisce, i cospiratori vengono arrestati e Gorbachev torna al potere, ma il destino dell’URSS è segnato.

PUTSCH DI AGOSTO – Boris Eltsin legge il proclama di condanna al Comitato di Emergenza davanti alla Casa Bianca, in piedi su un carro armato.

22 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – Nell’ultimo giorno del colpo di stato migliaia di ceceni scendono in piazza mobilitati dal Congresso Nazionale del Popolo Ceceno. Si registrano tafferugli con le forze dell’ordine ed il tentativo di alcuni militanti di impadronirsi degli studi televisivi per trasmettere un messaggio del Generale Dudaev.

23 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – La manifestazione del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno continua, ed i manifestanti ottengono il diritto di parlare alla TV di Stato. Dudaev dichiara che lo scopo del Comitato Esecutivo del Congresso è la soppressione del Soviet Supremo e l’indipendenza della repubblica. Ruslan Khasbulatov, Presidente del Soviet Supremo dell’URSS, si reca a parlamentare con Zavgaev e gli intima di dimettersi per sventare il rischio di una rivolta popolare. Poi si intrattiene con Dudaev, con il quale concorda una road map basata sullo scioglimento del Soviet Supremo e la costituzione di un Soviet Supremo Provvisorio, il cui compito sarà quello di portare il paese ad elezioni democratiche.

24 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – Il presidio permanente dell’OKChN si ingrossa fino a raggiungere molte migliaia di persone. Folle di manifestanti bloccano il Ministero degli Affari Interni e la sede del KGB. In serata la statua bronzea di Lenin nella omonima piazza centrale di Grozny viene decapitata. Poi la folla penetra nell’edificio che ospita il Soviet Supremo Ceceno  – Inguscio e lo occupa, mentre altri manifestanti fanno irruzione nel SOVMIN (l’edificio del Consiglio dei Ministri). I lavori del Soviet Supremo si spostano alla Casa dell’Educazione politica. Zavgaev propone a Dudaev una commissione di conciliazione che negozi una soluzione della crisi politica senza il ricorso alla forza. Dudaev risponde chiedendo lo scioglimento del Soviet Supremo e nuove elezioni democratiche.

25 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – La manifestazione del Comitato Esecutivo del Congresso raccoglie ormai decine di migliaia di persone. Miliziani armati si aggirano per Grozny, mentre folle di manifestanti assediano gli edifici del Soviet Supremo, del Consiglio dei Ministri e del KGB, chiedendo le dimissioni di Zavgaev e lo scioglimento del Soviet. Le forze dell’ordine mobilitate dalle autorità non disperdono i manifestanti. Il Presidente del Soviet Supremo Russo, Ruslan Khasbulatov, chiede al Soviet Supremo di sciogliersi ed a Zavgaev di dimettersi, e di Costituire un Soviet Supremo Provvisorio che porti la Cecenia ed elezioni democratiche e multipartitiche.

26 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – Alla riunione del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio intervengono numerosi rappresentanti del potere centrale, come il Presidente della Commissione Parlamentare Aslanbek Aslakhanov ed il Ministro Salambek Hadjiev, entrambi di nazionalità cecena. Hadjiev accusa senza mezzi termini Zavgaev di aver tradito il popolo durante il colpo di Stato. Nel corso della riunione, da Mosca giunge un telegramma del Presidente del Soviet Supremo russo, Ruslan Khasbulatov, nel quale si intima al Soviet Supremo Ceceno – Inguscio di sciogliersi quanto prima e di indire nuove elezioni. Il Soviet respinge le accuse e gli ordini da Mosca, dichiarando che in quanto Stato sovrano la Repubblica Ceceno – Inguscia ha piena facoltà di operare autonomamente.

Nel frattempo in tutta Grozny i militanti del Comitato Esecutivo dell’OKChN occupano edifici pubblici e sezioni del Partito. A mezzogiorno Zavgaev legge alla radio un appello alla popolazione nel quale chiede ai cittadini di non lasciarsi coinvolgere “dagli estremisti”. Nello stesso momento Dudaev interviene alla riunione del Soviet Supremo dichiarano che la sua azione non è volta alla conquista del potere, ma a favore di un cambiamento democratico che tuteli tutte le componenti etniche e sociali della Repubblica. Al Presidium del Soviet Supremo inizia a circolare la proposta di dimissioni generali e nuove consultazioni.

Un manifestante tiene in mano la prima pagina di un quotidiano con la foto del leader della Rivoluzione Cecena, il Maggior Generale dell’aviazione Dzhokhar Dudaev

27 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – La manifestazione di Grozny si estende a tutto il Paese. Miliziani del Comitato Esecutivo del Congresso bloccano le stazioni ferroviarie, l’aereoporto e le vie di uscita dalla città di Grozny, oltre alle stazioni radio ed ai centralini telefonici. Militanti del Congresso ammainano la bandiera della RSSA Ceceno – Inguscia dall’edificio del Soviet Supremo ed innalzano la bandiera verde–bianco-rossa della Cecenia indipendente. Manifestanti fedeli al Soviet Supremo si radunano davanti alla Casa dell’Educazione Politica e tengono una piccola manifestazione a sostegno delle istituzioni. Anche da alcuni collettivi del lavoro giungono messaggi di solidarietà a Zavgaev.

28 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo emette una risoluzione di condanna al Comitato Esecutivo del Congresso ed al Partito Democratico Vaynakh, esortando la popolazione a non aderire ai tentativi insurrezionali.

29 Agosto

TENSIONI SOCIALI – La colonia penale di Naursk entra in agitazione. Circa 400 detenuti si ribellano, dando alle fiamme le torri di guardia e costringendo il personale ad evacuare la struttura. A fine serata una cinquantina di criminali controlla ancora parte della prigione.

29 Agosto

PARTITO COMUNISTA – A seguito del Putsch di Agosto il Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) viene “sospeso” a tempo indeterminato in tutta l’URSS. Le sue strutture iniziano a dissolversi.

30 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – Il Soviet Supremo conferma piena fiducia a Doku Zavgaev ma accetta di dimettersi quasi integralmente. Restano ai loro posti soltanto Zavgaev ed i due vicepresidenti del Presidium.

31 Agosto

RIVOLUZIONE CECENA – La Guardia Nazionale, formazione volontaria armata dal Comitato Esecutivo, eregge barricate in tutta Grozny. Le forze dell’ordine del Ministero degli Interni rimangono acquartierate nelle caserme.

1 – 2 Settembre

RIVOLUZIONE CECENA – Durante la terza sessione del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno il Comitato Esecutivo assume pieni poteri e da il suo sostegno alla creazione di un Soviet Provvisorio di tredici membri composto da esponenti del vecchio regime e da uomini di fiducia del Congresso.

3 Settembre

RIVOLUZIONE CECENA – Zavgaev dichiara lo Stato di Emergenza in Ceceno – Inguscezia. Le forze dell’ordine, tuttavia, non danno seguito alle direttive del governo e non intervengono a disperdere i manifestanti. Zavgaev è politicamente isolato e incapace di difendere la sua posizione.

Il palazzo del Soviet Supremo Ceceno – Inguscio in una foto degli anni ’70. L’edificio fu occupato dai manifestanti separatisti, i quali costrinsero Zavgaev ed i suoi seguaci a rassegnare le dimissioni.

6 – 7 Settembre

RIVOLUZIONE CECENA – Militanti del Congresso Nazionale del Popolo Ceceno, guidati da Yusup Soslambekov, irrompono in una sessione del Soviet Supremo Ceceno Inguscio, sciogliendolo con la forza. Il segretario locale del Partito, Vitali Kutsenko, cade dal terzo piano dell’edificio. Spirerà poche ore dopo in ospedale senza che si sappia se è morto a causa di una fatalità o se è stato deliberatamente defenestrato. Molti altri esponenti del partito rimangono contusi. Dopo aver firmato un “atto di rinuncia” Zavgaev fugge da Grozny e riesce a mettersi in salvo nell’Alto Terek.

Il Comitato Esecutivo istituisce un Comitato per la Gestione Operativa dell’Economia (COFEC) che si occupi di mantenere in funzione il sistema produttivo della Repubblica durante la transizione tra il Soviet Supremo ed un governo democraticamente eletto. A guidarlo viene chiamato il giovane imprenditore Yaragi Mamodaev, finanziatore del Comitato Esecutivo e molto vicino al Generale Dudaev.

NEGOZIATI RUSSO/CECENI – Il Segretario di Stato russo Barbulis, ed il Ministro della Stampa e dell’Informazione, Poltoranin tengono un primo negoziato con Dudaev, non riuscendo tuttavia a raggiungere alcuna intesa con il Generale.

per approfondire leggi “Libertà o Morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria”, acquistabile QUI)