La Battaglia di Khankala fu l’unica manovra di contrattacco in campo aperto dell’esercito della ChRI durante la Prima Guerra Cecena. Le unità cecene, al comando di Umalt Dashaev tentarono di ricacciare indietro i reparti del 129° Reggimento Motorizzato Guardie e del 45° Reggimento di Fanteria, penetrati in profondità sul fianco orientale della difesa di Grozny e giunte nei pressi della base militare di Khankala. Respinti, i separatisti si trincerarono all’interno della base, contrastando un violento contrattacco federale ed arrestando temporaneamente l’avanza delle truppe di Mosca
La mappa mostra le direttrici dell’attacco lanciato l’11 Dicembre delle forze federali. Il piano prevedeva che il Gruppo Est prendesse la Base di Khankala e da lì si spingesse fino a Piazza Minutka, centro nevralgico del settore meridionale della città.
ANTEFATTI
L’11 Dicembre 1994 i reparti del Raggruppamento delle Forze Unificate entrarono in Cecenia da tre direzioni: da nord – ovest (Mozdok) da nord – est (Klizyar) e da sud – ovest (Vladikavkaz). Per contrastare l’avanzata russa Maskhadov aveva predisposto una linea difensiva lungo il cosiddetto “Terek Ridge”, una catena di colline che protegge Grozny da Nord. La linea difensiva si incardinava sui villaggi di Dolinsky ad ovest (lungo la strada per la capitale cecena) e di Petropavlovskaya ad Est (poco a Nord della città). Le forze di Mosca tentarono di forzare la difesa cecena in questi due punti. I primi accaniti combattimenti si ebbero a Dolinsky, dove le unità di Vakha Arsanov riuscirono a reggere l’urto dei federali ed a tenerli inchiodati sulle loro posizioni fino al 21 Dicembre (VEDI: Battaglia di Dolinsky). Mentre Arsanov teneva la posizione ed i suoi reparti impegnavano le forze russe lungo tutta la dorsale del Terek Ridge, un consistente raggruppamento federale riuscì a forzare Petropavlovskaya il 17 Dicembre, prendendo il villaggio, ma soprattutto il ponte che avrebbe permesso loro di attraversare in sicurezza il Sunzha e piombare alle spalle della difesa cecena all’altezza del villaggio di Khankala, dove aveva sede la principale base militare del paese.
La presa di Petropavlovskaya permise ai federali di raggiungere in breve tempo i villaggi di Berkat – Yurt, Tsentora – Yurt e Primykaniye, alle porte della città di Argun, e ad un tiro di schioppo dalla base. Da quella posizione i russi avrebbero potuto facilmente bloccare l’autostrada Rostov – Baku, unico asse viario di una certa importanza che collegasse l’Est e l’Ovest del Paese: in questo modo Grozny sarebbe stata isolata dalle altre due grandi città della Cecenia (Argun e Gudermes) e l’esercito di Eltsin avrebbe consolidato il braccio sinistro di una gigantesca tenaglia che, con l’arrivo delle forze provenienti da Vladikavkaz a formarne quello sinistro, si sarebbe chiusa all’altezza di Gikalovsky, dando il via all’assedio di Grozny. Per evitare che ciò avvenisse Maskhadov inviò uno dei suoi più valenti uomini, Umalt Dashayev, ed uno dei suoi più efficienti reggimenti, il Battaglione Speciale Separato “Borz” (per approfondimenti vedi la pagina sulle Forze Armate della ChRI), a fermare l’avanzata russa verso Khankala.
L’ATTACCO CECENO
Nel Dicembre del 1994 Umalt Dashaev poteva essere considerato, insieme a Shamil Basayev ed a Ruslan Gelayev, uno dei migliori combattenti di tutto il Caucaso. Veterano della Guardia Nazionale (in effetti uno dei suoi comandanti fin dalla fine del 1991) e della Guerra in Abkhazia (aveva guidato una delle brigate internazionali della Confederazione dei Popoli del Caucaso, perdendo un occhio nei combattimenti) aveva fama di essere un coraggioso soldato ed un ottimo comandante. La sua unità, costituita come sottogruppo del Reggimento “Borz” (“Lupo”) di Ruslan Gelayev, era composta per lo più di veterani dell’Abkhazia, ed era schierata a difesa di Grozny. Maskhadov fornì a Dashayev alcuni mezzi blindati ed un paio di carri armati, e lo inviò presso la base di Khankala, dove avrebbe dovuto costituire un raggruppamento d’attacco e lanciarsi contro le posizioni occupate dai russi prima che questi riuscissero a trincerarsi ed a porsi sotto la copertura dell’aereonautica. Dashayev tentò di camuffare al meglio i suoi movimenti in campo aperto, ma già il 19 dicembre, quando ancora le truppe di Mosca stavano raggiungendo i loro obiettivi, i suoi mezzi furono intercettati dai caccia federali e bersagliati severamente. Ciononostante il 21 Dicembre il comandante ceceno guidò il reggimento all’assalto delle posizioni tenute dal 129° Reggimento Motorizzato Guardie e dal 45° Reggimento di Fanteria, sostenuti da mezzi corazzati del 133° Battaglione Carri. L’assalto si risolse in un nulla di fatto, con i federali ancora padroni dei villaggi di Berkat – Yurt, Tsentora – Yurt e Primykaniye ed i ceceni costretti a tornare sulle posizioni di partenza.
Umalt Dashaev, terzo da destra nella foto. Alla sua destra Shamil Basayev. Alla sua sinistra Khunkarpasha Israpilov.
LA CONTROFFENSIVA RUSSA
Dopo aver consolidato le loro posizioni i reparti federali presero ad avanzare verso il villaggio di Khankala e la base militare adiacente, ma i reparti di Dashaev tornarono presto all’attacco. Nella notte tra il 25 ed il 26 Dicembre ciò che rimaneva delle unità corazzate cecene (un carro T- 72 ed alcuni blindati) si lanciarono contro i reparti nemici, riuscendo a distruggere alcuni veicoli ed a interrompere l’avanzata dei russi. Durante lo scontro, tuttavia, i separatisti accusarono forti perdite e lasciarono sul campo tutti i mezzi in dotazione, bersagliati dall’aereonautica o messi fuori combattimento dai carri armati del 133°. Per tutta la giornata del 27 Dicembre i ceceni tentarono di impedire ai russi di mettersi in posizione offensiva, bersagliando le loro posizioni con colpi di mortaio e ferendo alcuni di loro. La mattina del 28, tuttavia, la difesa sembrò iniziare a cedere, ed i reparti di Mosca presero ad avanzare lungo due direttrici: da nord, lungo la ferrovia Gudermes – Grozny, e dal centro, lungo il campo di aviazione della base verso gli acquartieramenti militari.
I federali avanzarono piuttosto speditamente fino alle 11:30, incontrando scarsa resistenza e convincendosi di aver definitivamente sloggiato i difensori, ma quando giunsero all’altezza delle caserme della base, posizionate ad ovest del complesso, furono investiti dal fuoco di numerose mitragliatrici pesanti, oltre che dal tiro di almeno 5 carri T – 72 ed un T – 62. Dashaev aveva predisposto le unità in modo da mascherarle all’azione dell’aereonautica e poter sfruttare la massima potenza di fuoco laddove aveva la miglior copertura offerta dagli edifici della base. La battaglia infuriò per tutta la giornata, ed i federali accusarono gravi perdite, tra le quali almeno due T- 80. Nonostante l’agguerrita reazione dei federali, i separatisti rimasero barricati nelle baracche, costringendo gli attaccanti ad arrestare l’azione ed a porsi in posizione difensiva fuori dal raggio degli RPG. Durante l’azione di ripiegamento Umalt Dashayev, già ferito tre volte durante gli scontri, fu centrato mentre tentava di assaltare un veicolo nemico armato di lanciagranate.
Mezzo blindato dell’esercito regolare della ChRI nel 1994, poco prima dello scoppio della Prima Guerra Cecena
ESITI DELLA BATTAGLIA
Da un punto di vista strategico la battaglia si risolse con una vittoria russa. Le deboli unità corazzate della ChRI non riuscirono ad arrestare l’avanzata federale, dimostrandosi incapaci di impegnare seriamente il nemico in campo aperto, senza adeguata copertura aerea. La difesa approntata da Dashaev presso la base di Khankala rallentò i progressi russi, ma non impedì che il braccio sinistro della tenaglia predisposta dai comandi di Mosca si allungasse fino a coprire tutto l’arco necessario a chiudere l’accerchiamento. Tuttavia è importante notare che la fiera resistenza offerta dai separatisti fu tra le ragioni che portarono, alcuni giorni dopo, il Ministro della Difesa russo Pavel Grachev ad abbandonare l’idea di un lungo e difficile assedio in favore di un attacco diretto al centro cittadino, decisione che avrebbe portato al tragico “Assalto di Capodanno”, rivelatosi un fiasco.
La morte di Umalt Dashaev privò Maskhadov di uno dei più valenti e rispettati comandanti separatisti, ma produsse anche il primo “martire” della guerra contro i russi: Dzhokhar Dudaev insignì il defunto Dashaev del titolo “Qoman Turpal” (“Eroe della Nazione”) facendone il primo campione dell’indipendenza del Paese. Al termine della Prima Guerra Cecena Maskhadov gli avrebbe dedicato uno dei battaglioni della ricostituita Guardia Nazionale.
(raccolta dalla rivista Small Wars Journal nel Giugno 1999)
NOTA: Ilyas Akhmadov è nato nel 1960 in Kazakhistan. Dopo essersi laureato in Scienze Politiche all’università di Rostov nel 1991 si trasferì in Cecenia, trovando un impiego presso il Ministero degli Esteri. Nel 1994 prese parte ai combattimenti contro l’opposizione armata di Ruslan Labazanov ad Argun, rimanendo ferito. Durante la Prima Guerra Cecena servì come addetto alle pubbliche relazioni del Quartier Generale, direttamente a contatto con Aslan Maskhadov. Al termine della guerra si ritirò a vita privata, ma il 27 Giugno 1999 fu richiamato da Maskhadov, nel frattempo divenuto Presidente della Repubblica, a dirigere il Ministero degli Esteri, dopo le dimissioni di Akhyad Idigov. Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena fu inviato in Europa con l’obiettivo di sponsorizzare l’apertura di negoziati politici tra Russia e Cecenia. Akhmadov operò in veste di Ministro degli Esteri fino alla morte di Maskhadov, nel Marzo 2005. Il 23 Agosto il successore del defunto Presidente, Abdul Khalim Sadulayev, lo sostituì con un altro esule ed ex ministro della Repubblica, Usman Ferzauli. La presente intervista fu rilasciata all’indomani della sua nomina a Ministro degli Esteri, nel Giugno del 1999
Ilyas Akhmadov
La prima azione militare
Ho visto l’azione militare come membro del Battaglione di Shamil Basayev durante le operazioni contro Ruslan Labazanov nell’Agosto 1994. Sono stato ferito ad una gamba ad Argun, e non ho potuto camminare per quattro mesi. Ho lasciato la Cecenia per motivi medici e sono riuscito a tornare soltanto nel pomeriggio del 30 Dicembre. Ho preso parte alla difesa di Grozny come volontario il 31 Dicembre . Successivamente mi sono unito al Quartier Generale. In qualità di combattente ordinario, era difficile per me avere il quadro completo di ciò che stava succedendo. Posso soltanto parlare di ciò a cui ho assistito.
La Battaglia per Grozny
L’artiglieria russa era posizionata sul “Sunzha Ridge” che domina Grozny. La battaglia iniziò con il bombardamento di Howitzers “152 mm” e non si fermò mai fino al 23 Febbraio. L’aviazione di prima linea combatteva anche in condizioni di nebbia fitta. Nonostante lo scarso effetto dell’artiglieria e del fuoco aereo sulle nostre unità armate, loro non si fermarono mai per più di 20 minuti, anche quando le posizioni russe e cecene furono a 50 metri le une dalle altre. In questo modo infliggevano tanto danno alle loro truppe quanto danno alle nostre.
Ho combattuto nel sobborgo cittadino di Staropromyslovsky. C’erano due tipi di unità nel distretto – i gruppi di resistenza che si erano formati spontaneamente tra gli abitanti dello stesso villaggio o quartiere cittadino e gruppi delle nostre forze armato esistenti – principalmente i battaglioni di Gelayev e Basayev. Questi battaglioni occupavano posizioni chiave su Viale Staropromislovsky, nei pressi della fabbrica “Elektropribor”. La mia prima impressione una volta arrivato a Grozny il 31 Dicembre fu che il nostro Alto Comando avesse portato tutte le nostre forze dentro Grozny. Non avevamo abbastanza risorse umane e forza per fermare l’avanzata dei russi fuori dalla città. Quello che mi ha colpito fin dall’inizio fu che i carri armati e gli APC (Armored personnel carrier – Trasporto truppe corazzato, ndr.) russi non avanzavano neanche in ordine di battaglia. Essi marciavano come in un campo da parata ad una distanza di 5 o 6 metri tra un APC e l’altro. Non erano capaci di manovrare, o di tornare indietro se necessario. Questa era una manovra suicida per gli APC. Inoltre la fanteria avanzava in completo disordine intorno agli APC.
Ho assistito ad una breve battaglia vicino all’Elektropribor nella quale 11 APC furono distrutti in 15 minuti: alle 18:00 i russi avevano raggiunto l’Elektropribor. C’era uno spacio aperto tra la fabbrica ed il 2° Sovkhoz. Loro dovevano attraversare circa un chilometro e mezzo di spazio aperto e superare uno stretto canalone di duecento metri prima di raggiungere Viale Staropromislovsky. Marciarono attraverso il campo aperto senza prendere precauzioni, probabilmente sperando nella velocità di marcia nel raggiungere la città. Avevamo 30 uomini posizionati nel canalone. Lasciammo entrare la colonna russa. Il primo APC entrato nel canalone e l’ultimo furono distrutti, gli altri 11 presero fuoco e bruciarono come scatole di fiammiferi. La battaglia durò non più di 15 minuti.
Militante separatista attraversa una strada di Grozny. Sullo sfondo un APC distrutto dell’esercito federale.
Lo stesso giorno, i russi hanno tentato esattamente la stessa manovra in terreni simili nel Distretto di Beriozka, con lo stesso disastroso risultato. All’incrocio Karpinski un pezzo di artiglieria da 152 mm e diversi APC furono distrutti. Le stesse operazioni furono ripetute in tutte le strate usate dalle colonne russe per raggiungere il centro di Grozny. Oggi possiamo avere un quadro generale della Battaglia per Grozny, usando le informazioni fornite dagli ufficiali russi. I russi si spostarono su Grozny da 3 direzioni: la colonna del Generale Rokhlin si stava spostando da Nord, il Generale Babishev da Sud – Ovest lungo la catena montuosa “Gruzinsky”, e un’altra colonna si stava muovendo da Est in direzione di Khankala, avendo scavalcano Argun. Il loro obiettivo era quello di entrare dentro Grozny e prendere posizione intorno al Palazzo Presidenziale. I prigionieri di guerra russi ci dissero che non avevano istruzioni dettagliate so come attaccare Grozny. Gli ufficiali di medio rango si sono lamentati con noi del fatto che non avevano mappe della città. Circa il 60% dei prigioneri di guerra russi era ubriaco, e non capivano dove fossero e cosa stesse succedendo. Era stato detto loro che dovevano guidare attraverso la città e circondare il Palazzo Presidenziale, dove 100 partigiani di Dudaev stavano resistendo. Erano stati rassicurati sul fatto che Dudaev ed i suoi partigiani sarebbero scappati alla viste dell’armamento pesante dell’esercito russo. L’operazione non avrebbe dovuto presentare serie difficoltà. Questo fu il più grande errore dei russi.
La colonna del Generale Babishev fu fermata nei pressi di Karpinski e, per quanto ricordo, non tentò di entrare a Grozny quel giorno. La colonna di Rokhlin fu intercettata dalle nostre unità in Via Pervomaiskaia. La colonna proveniente da Khankala fu bloccata per un certo periodo dal battaglione di Tadashaev, ma questi terminò le munizioni ed il suo battaglione fu spazzato via. Le nostre tattiche erano semplici ma efficaci: lasciavamo che le colonne russe entrassero nella città, attirando in strade nelle quali APC e carri armati non potevano manovrare. Quando una colonna veniva fatta entrare in una via stretta colpivamo l’APC di testa e quello in coda alla colonna. I Russi erano “anatre sedute”. Quando i combattimenti e le sparatorie iniziarono, molte formazioni corazzate tentarono di fuggire sulle vie laterali che non erano difese, cercando di ritirarsi dalla città. Ma quando loro capirono che erano più vulnerabili in movimento, si fermarono, cercarono di catturare posizioni dalla quale impostare una difesa. Fu allora che iniziammo a soffrire perdite più elevate: era facile inseguire obiettivi in fuga, diverso era attaccare posizioni ben trincerate.
Dopo il 3 Gennaio 1995 i russi riuscirono ed occupare posizioni in determinati punti (nel distretto della stazione ferroviaria, vicino alla fabbrica di scatolame alimentare) ed il 7 Gennaio lanciarono una nuova offensiva per prendere la città. I bombardamenti di artiglieria ed aerei furono particolarmente intensi quel giorno. I russi stessi lo hanno ammesso in seguito. La mia unità era posizionata nel cortile di un edificio dal quale vedevamo i razzi esplodere intorno a noi in 3 o 4 direzioni contemporaneamente. L’aviazione di prima linea era ugualmente in azione. Durante la settimana tra il 31 Dicembre ed il 7 Gennaio i russi riuscirono ad avanzare con unità corazzate pesanti da Serverny (l’aereoporto settentrionale della città, ndr.) e dalla parte orientale di Grozny, ma al costo di enormi perdite. Tuttavia, il 7 Gennaio, la situazione è cambiata. Le nostre perdite sono aumentate, principalmente a causa del fuoco di mortaio. I sistemi GRAD e URAGAN che i russi avevano usato in precedenza si erano rivelati inefficaci in un ambiente urbano. Il secondo assalto su Grozny il 7 Gennaio fu più massiccio del primo. Dopo il 12 Gennaio, le colonne di Rokhlin e Babishev riuscirono a sfondare per incontrarsi nel distretto vicino a “Dom Pechati”. Le nostre unit a difesa dell’area furono circondate e dovettero ritirarsi attraverso le linee russe.
1995. Soldati delle truppe interne per le strade di Grozny. Gennady Khamelyanin / TAS Newsreel / TASS Newsreel
I problemi affrontati dalle forze cecene durante la battaglia
Il nostro problema principale all’epoca era la mancanza di coordinamenti. Oltre alle nostre forze armate regolari, la quali stavano cercando di coordinare le loro operazioni, molti gruppi volontari non erano stati incorporati nella struttura di comando. Esse non avevano tattiche e si dirigevano nelle aree dove sentivano l’azione. Spesso questi gruppi volontari difendevano una posizione in un distretto ed unità regolari in un distretto confinante presumevano di avere il fianco coperto. Tuttavia, poiché i volontari non erano sotto il comando dello Stato Maggiore, questi potevano decidere in qualsiasi momento di tornare a casa senza preavviso, lasciando le unità regolari non coperte. Questo ha creato il caos quanto un’operazione militare non coordinata. Pertanto i volontari erano più un ostacolo che un aiuto per le nostre unità regolari che avevano specifici ordini e compiti da eseguire. Abbiamo avuto molte vittime in quel momento tra la gente, che non sapeva dove stava andando e dove fossero le posizioni russe.
La situazione a Grozny fu il caos assoluto durante le prime due settimane di Gennaio del 1995. A volte le nostre unità erano posizionate al primo piano di una costruzione mentre i russi stavano nel cortile e nei piani superiori. Uno poteva andare via per cinque minuti e tornare, e trovare i russi nelle posizioni che aveva abbandonato. Abbiamo avuto anche casi di perdite per fuoco amico. Questi eventi erano più frequenti tra i russi perché avevano più truppe di noi, ma questo successe anche tra noi, specialmente la notte. Ma nel caso dei russi, questo raggiunse proporzioni critiche. Due battaglioni potevano ingaggiarsi in combattimento per molte ore, chiamando la stessa artiglieria ed aviazione in loro supporto! Il nostro problema principale in quel momento era la mancanza di comunicazione e la mancanza di un comando unito. I gruppi volontari hanno “confuso la mappa” nonostante il fatto che alcuni di loro combatterono con grande coraggio. Questo ha sconvolto le tattiche dello Stato Maggiore e dei comandanti in carica nella difesa di aree specifiche. Dopo il 19 Gennaio, quando abbiamo evacuato il Palazzo residenziale e ci siamo trasferiti sull’altra sponda del Sunzha, Maskhadov ha guadagnato un po’ di tempo per preparare nuove posizioni difensive. Il fronte di battaglia divenne più chiaramente definito ed il coordinamento fu implementato. Grazie a questo fummo in grado di evacuare la città il 23 Febbraio in modo organizzato.
Combattenti ceceni armati di lanciagranate prima di dirigersi verso la zona di combattimento, 13 dicembre 1994 – Misha Japaridze / AP
Dopo la caduta di Grozny
Durante la battaglia per Grozny Shamil Basaev era il comandante della guarnigione di Grozny. Andò personalmente a raccogliere tutte le unità rimanenti che ancora difendevano Grozny e le ha portate fuori dalla città in direzione di Goity, dove furono divise. Una parte andò a sud – ovest a formare il Fronte Sud – Occidentale, l’altra si diresse verso Argun. In quel momento accesi combattimenti si stavano svolgendo sia dentro che intorno ad Argun. Oggi le persone spesso dimenticano che lo stesso tipo di combattimenti di svolgeva ad Argun durante la maggior parte della Battaglia per Grozny. Lo Stato Maggiore si spostò nella fabbrica “Krasnyi Molot”. Non riuscii a capire come mai il più alto edificio della Cecenia fu selezionato come Quartier Generale.
Le diverse fasi della guerra
Guerra di posizione
Dalla fine di Febbraio ad approssimativamente il 10 Maggio 1995 si svolse una fase di guerra convenzionale di posizione. Durante questo periodo affrontammo nuove difficoltà: per varie ragioni le nostre forze stazionavano approssimativamente ad un chilometro dalle città, dai villaggi e dalle aree popolate. I russi hanno deliberatamente bombardato oltre le posizioni delle nostre forze direttamente sui villaggi. Pertanto la popolazione dei villaggi vedeva la presenza delle nostre forze come una minaccia alla loro sicurezza ed esercitava pressioni affinché queste se ne andassero. I russi usavano questa tattica al massimo, sebbene questa non portasse effetti in ogni occasione. Più tardi i comandanti divennero più decisi nei confronti dei civili, i quali temettero maggiormente di opporsi a loro.
Dal Marzo del 1995 all’inizio di Maggio i russi non si impegnarono in combattimenti di linea. Eravamo sottoposti ad un costante bombardamento di artiglieria. I loro carri armati erano sparpagliati di fronte alle nostre linee, li vedevamo chiaramente, ed ogni giorno, sempre alla stessa ora, iniziavano a sparare. Dovemmo scavare trincee. Talvolta in una scarica di artiglieria potevamo perdere tra gli 8 ed i 12 uomini. Queste erano perdite terribilmente pesanti per noi. La situazione era la stessa sul Fronte Centrale e sul Fronte Sud – Occidentale. Ma la presenza delle nostre forze tuttavia rallentava l’avanzata russa. A causa della mancanza di combattimenti ravvicinati, soffrimmo più perdite durante quel periodo che in qualsiasi altro momento della guerra.
Combattimenti nelle montagne – Vedeno
La fase successiva ha visto i combattimenti nelle zone di media montagna. Due settimane prima di ritirarci da Vedeno, i russi iniziarono a ripulire la catena montuosa boscosa usando l’aviazione e l’artiglieria a lungo raggio. Io ero diretto a Vedeno ed in una settimana vedemmo i russi catturare tre importanti villaggi: Nozhay – Yurt, Vedeno e Shatoy. In precedenza, avevo sempre pensato che Vedeno potesse essere facilmente difesa per dieci anni. La gola stretta, che conduce a Vedeno, rendeva ardua l’avanzata dei carri armati. Shamil Basayev aveva organizzato un’efficace difesa sulle alture sopra la gola. “Difesa efficace” può sembrare pomposo – ciò significava che avevamo qualche bocca da fuoco calibro 12,7 o 14,5 con 4 o 5 nastri di munizioni. Ma a volta erano sufficienti a spaventare l’aereonautica russa.
Artiglieria federale bombarda posizioni separatiste durante la Prima Guerra Cecena
Ciò che è successo dopo fu questo: quando la strada tra Shali e Shatoy fu tagliata usammo un percorso tra Shatoy e Vedeno, che costeggiava un alveo, passava il villaggio di Selmentausen fino ad Ulus Kert. Era lunga all’incirca 8 chilometri. Era sufficiente sistemare 2 o 3 lanciagranate lungo quella strada per fermare i russi. Ma in qualche modo durante i due o tre mesi di guerra di posizione il nostro Comando dimenticò di proteggere quella strada. Anche il fronte di Agishty ed il Fronte Sud – Occidentale lasciarono l’area incustodita. I russi erano posizionati dentro il cimitero di Duba Yurt. Con l’aiuto di collaboratori di Duba Yurt sono riusciti ad avanzare fino a Selmentausen e Makhkety. Maskhadov lanciò tutte le forze che avevamo disponibili nel tentativo di fermare l’offensiva russa su Selmentausen, incluso il Battaglione di Naursk, che era dislocato sul Fronte di Nozhai – Yurt. Ma l’offensiva era troppo forte, con il supporto dell’aviazione e dell’artiglieria a lungo raggio ed il fronte di Vedeno troppo debole. Ci fu un’ulteriore difficoltà: la fanteria Russa si era dispersa nella foresta ed è praticamente impossibile combattere un nemico in una foresta. Quando ci ritirammo da Vedeno i russi erano riusciti a portare la loro artiglieria a lungo raggio ad Elistanzhi ed i loro carri armati erano sparpagliati sulla catena montuosa sopra Tsa – Vedeno. Stavano sparando sopra le nostre teste in direzione di Kharachoy.
Il vantaggio dei russi durante questa offensiva era dovuto al fatto che loro possedevano buone mappe, mentre noi non ne avevamo praticamente nessuna a parte quelle prese agli ufficiali russi catturati, e che usavano i servizi dei traditori ceceni che li guidavano su piccoli sentieri di montagna poco conosciuti. Dopo che avemmo abbandonato Vedeno, i combattimenti continuarono per quattro giorni a Serzhen Yurt. I comandanti a Serzhen Yurt erano uomini di Shamil Basayev. Tra il 10 Maggio ed il 4 Giugno respinsero una media di 5 o 6 attacchi russi al giorno. Erano pochi contro il Reggimento Totsky ed il 56° Reggimento. Il solo 25 Maggio contai che l’aviazione russa aveva portato a termine 425 missioni su Serzhen Yurt. Conosci gli eventi dopo che lasciammo Vedeno – il raid di Shamil Basayev seguito dal periodo di negoziazione durante il quale le nostre unità riuscirono a raggrupparsi e ad infiltrarsi dietro al nemico. Quando i negoziati fallirono le nostre unità erano pronte a combattere di nuovo.
L’aviazione
Talvolta avevamo l’impressione che i piloti russi agissero attenendosi rigorosamente agli ordini. Gli aerei volavano, trovavano un luogo conveniente sul quale rovesciare le loro bombe ed i loro missili, e continuavano a bombardare lo stesso posto per tutto il giorno con il risultato che noi potevamo muoverci in sicurezza aggirando quella particolare area. Tuttavia, quando i russi hanno avuto il sopravvento, quando noi ci stavamo ritirando circondati da colonne di rifugiati civili, i piloti divennero più audaci e pericolosi. Cominciarono a cacciare, inseguendo auto, autobus e motociclette. Rispetto agli elicotteri: durante il periodo della guerra di posizione, i nostri uomini erano spesso in grado di muoversi di notte con i DShKh o altro equipaggiamento di calibro 12,7 o 14,5 nella terra di nessuno tra le due linee del fronte. Queste armi erano efficaci contro gli elicotteri. Così siamo stati in grado di abbattere gli elicotteri praticamente dalle posizioni russe. Tuttavia queste erano occasioni rare. I piloti di elicotteri erano abbastanza audaci all’inizio della guerra, ma dopo che i nostri uomini ebbero avuto qualche successo con loro, essi iniziarono a cedere al panico ed a sparare in tutte le direzioni, incluse le loro stesse posizioni.
Un elicottero da combattimento russo sorvola i resti della flotta aerea civile cecena, distrutta al suolo durante le prime fasi dell’invasione.
Pattuglie
I russi non potevano permettersi di pattugliare nel modo in cui intendete in Occidente. Di norma, la notte, loro potevano soltanto proteggere sé stessi o il loro accampamento. Durante il giorno loro provavano a sminare varie aree, condurre operazioni di pulizia (zachistka) ed il controllo dei passaporti, sempre con il supporto degli APC. Di norma i loro raid erano diretti contro la popolazione civile e non la resistenza. Di notte loro tornavano alle loro basi e non poteva fregar loro di meno riguardo quello che succedeva oltre i preimetri del loro campo. Durante l’offensiva contro Grozny il 6 Marzo 1996, le unità russe non giunsero in soccorso l’una dell’altra neanche quanto potevano vedere cosa stava succedendo vicino a loro. Unità dell’MVD (milizia armata del Ministero degli Interni, ndr.) e del Ministero della Difesa non si aiutavano a vicenda per questione di principio.
Relazioni russo – cecene
Le nostre relazioni con i russi erano strane. I nostri operatori radio parlavano frequentemente con le loro controparti russe. A volte correvano rapporti amichevoli con operatori russi, i quali ci hanno preavvisato dell’imminenza di attacchi aerei o di artiglieria. Ho parlato spesso alla radio con operatori e funzionari russi, nella mia veste di addetto alle relazioni di Maskhadov ed ho avuto l’impressione che loro non capissero perché erano stati mandati in Cecenia. Loro non avevano idea di cosa rappresentasse la Cecenia, di chi fossero i ceceni, di quali tradizioni avessero, di cosa volessero i ceceni. Un uomo con cui ho parlato mi ha detto che era venuto a combattere in Cecenia per impedire alla Cina di attaccare la Russia.
Durante il periodo dei negoziati i soldati russi volevano delle foto con i luogotenenti di Maskhadov. CI fermarono con Hussein (Iskhanov, ndr.). Li lasciammo fare le fotografie e chiacchierammo con il loro ufficiale che aveva studiato nel mio stesso istituto. Avevamo avuto gli stessi insegnanti, le stesse conoscenze. Tuttavia i semi crudeli di una guerra etnica erano lì – per 70 anni siamo stati costretti ad abbracciare i russi nel nome dell’amore fraterno internazionalista. Il risultato di tale coazione era l’odio. Ora avevamo un’opportunità per rimediare, conoscendo le debolezze dell’altra parte. Fu allora che la guerra divenne crudele. Sebbene i russi non capissero le nostre motivazioni, loro sapevano come ferirci maggiormente, ad esempio quando costringevano la nostra gente a comprare i corpi dei nostri morti. Purtroppo oggi molti ceceni si sono dimostrati essi stessi degni allievi dei russi. I russi erano all’origine di fenomeni come la “tratta degli schiavi” ed i rapimenti per riscatto.
La maggioranza della popolazione russa di Grozny era felice dell’arrivo dell’esercito russo. Il periodo tra il 1991 ed il 1994 fu duro per loro. Dal giorno alla notte avevano perso lo status di nazione favorita e dominante. Loro credevano che i generali russi si sarebbero presi cura di loro ed avrebbero distribuito cibo. Ma quando le truppe russe giunsero queste erano di solito ubriache e non si fregavano molto del fatto che le persone che uccidevano fossero russi o ceceni. Quando la barbarie del contingente russo divenne evidente, loro (i russi di Grozny, ndr) divennero disillusi. Alcuni russi combatterono dalla nostra parte, ma la maggioranza fu pronta a cooperare con le forze d’invasione.Le forze russe non tentarono di usare la popolazione russa per il lavoro di intelligence e di informazione. Loro sapevano che i russi locali non potevano permettersi di sollevare i sospetti dei ceceni. Hanno preferito usare i ceceni. Lo hanno fatto piuttosto bene, almeno all’inizio della guerra. Più tardi le persone divennero più sospettose verso i traditori, talvolta eccessivamente – certe persone potevano essere erroneamente accusate al minimo dubbio.
Militari russi festeggiano davanti alle rovine del Palazzo Presidenziale
Lezioni di guerra
La guerra fu intensa e dinamica. Se uno confrontasse i mezzi e le risorse russi– munizioni, armi, trasporti, rifornimenti medici e via dicendo, rispetto alle nostre, i nostri rifornimento ammonterebbero a quelli di un reggimento motorizzato russo (motostrelkovyi). Eravamo degli straccioni rispetto ai russi. Immagina un battaglione russo supportato da 5 o 6 carri ed APC, artiglieria ed un paio di elicotteri. Anche quando posizionato su un terreno aperto poteva impedirci di avvicinarci a meno di 1,5 km. Di notte avevano sistemi di illuminazione intorno alle loro posizioni ed attrezzature per la visione notturna. Le nostre armi più potenti, i lanciagranate, avevano una portata di 400 metri. Quella era la principale forza dei russi. La lezione che ho acquisito fu che era più facile combattere i russi quando questi erano in movimento o quando stavano avanzando. Non appena iniziavano a trincerarsi era molto più difficile attaccarli e batterli.
Nelle aree urbane era molto più facile affrontare i russi. La loro mancanza di coordinamento, dovuta a due sistemi di comando, quello del Ministero degli Interni e quello del Ministero della Difesa e la loro reciproca avversione giovavano in nostro favore. Avevamo un altro vantaggio: per tutti i ceceni che avevano prestato servizio nell’esercito sovietico i russi erano totalmente prevedibili. Con testardaggine il comando russo ha provato ad applicare le regole di combattimento delle forze di terra convenzionali. In questa guerra, queste tattiche non furono applicate. Come ha specificato Mumadi Saidaev, il fronte e la linea del fronte non significavano niente per noi. Il nostro obiettivo era semplice: avevamo un nemico; esso doveva essere trovato, inseguito e ucciso. Ecco perché le colonne russe in marcia erano particolarmente vulnerabili anche quando avevano supporto aereo. Un altro fattore ha contribuito alla scarsa performance delle truppe russe – il fatto che con alcune eccezioni come la Brigata Maikop ed il Reggimento Samarski, la maggior parte delle unità erano di nuova formazione (svodnye chasti) per il servizio in Cecenia. AI reggimenti in giro per le Federazione Russa fu chiesto di fornire soldati per il servizio in Cecenia. Naturalmente questi reggimenti hanno cercato di sbarazzarsi dei loro elementi peggiori. In alcuni casi le nuove formazioni non avevano neanche nomi e numeri proprio. I prigionieri di guerra avevano spesso documenti riguardanti le unità lasciate prima dell’11 Dicembre 1994, ma nessuna menzione riguardo alle nuove unità cui si erano uniti. Questo fu un modo per i russi di nascondere le loro vittime. Quando un soldato lasciava la sua unità, semplicemente “scompariva” dal punto di vista della contabilità dell’esercito russo – non è stata tenuta traccia di dove fosse andato.
I resti di un APC distrutto durante i combattimenti. A terra giacciono i cadaveri dei militari che lo occupavano.
La Battaglia di Dolinsky fu il primo scontro in campo aperto della Prima Guerra Cecena. Esso occorse tra il 12 ed il 22 Dicembre 1994, e vide contrapposte le forze avanzanti dell’esercito federale (elementi della 106a Divisione e della 56a Brigata d’Assalto aviotrasportate) ed i reparti del Fronte Nord – Occidentale della ChRI. Lo scontro si risolse in una vittoria tattica delle forze cecene, le quali costrinsero i nemici ad interrompere l’avanzata ed a schierarsi in posizione difensiva, interrompendo l’avanzata verso Grozny ed impegnandosi in una distruttiva battaglia di logoramento di dieci giorni, permettendo allo Stato Maggiore ceceno di predisporre un’efficace difesa di Grozny.
RALLENTARE IL NEMICO
Dopo il fallimento dell’Assalto di Novembre (26/11/1994) e la dissoluzione delle milizie cecene antidudaevite, il Presidente russo Boris Eltsin ordinò l’intervento armato diretto contro il regime di Dudaev. Il 1 Dicembre 1994 l’aereonautica federale portò a termine la distruzione al suolo dell’aereonautica cecena, e dall’11 Dicembre i reparti armati del Raggruppamento delle Forze Unite (il corpo di spedizione federale) iniziarono a penetrare in territorio ceceno, con l’obiettivo di raggiungere Grozny in 48 ore. Lo Stato Maggiore ceceno, impegnato fino alla fine di Novembre contro le milizie antigovernative, non aveva ancora finito di predisporre un efficace dispositivo di difesa dentro Grozny, che con ogni evidenza sarebbe stato il centro di gravità dell’azione bellica. Per guadagnare tempo prezioso e completare la disposizione delle unità dentro la capitale, Maskhadov costituì una linea difensiva esterna alla città lungo il cosiddetto “Terek Ridge”, la cresta di colline che sovrasta Grozny da Nord e che separa la Cecenia centrale dai distretti settentrionali del paese. Cardini della linea difensiva furono i villaggi di Petropavlovskaya ad Est e Dolinsky ad Ovest. Il comando della parte occidentale del fronte fu affidato all’ex Capitano di Polizia e Deputato del Parlamento separatista Vakha Arsanov, promosso Generale di Brigata per assolvere al compito. Per sostenere le azioni di disturbo e rallentamento necessarie, Arsanov fu fornito di alcuni mezzi corazzati T – 72 del Reggimento Corazzato Shali ed almeno 4 sistemi lanciarazzi BM – 21 “Grad”, conosciuti nella cultura popolare con il nomignolo di “Organi di Stalin”. Si trattava di dispositivi mobili capaci di lanciare salve di 40 razzi esplosivi in contemporanea, capaci di distruggere intere colonne motorizzate con un singolo attacco. Al ritiro dell’esercito sovietico nel Giugno del 1992 l’esercito ceceno era riuscito a mettere le mani su 16 di questi, e su almeno un migliaio di proiettili. Questi sarebbero stati poco utili in un combattimento urbano, ma certamente potevano svolgere un eccellente servizio nelle pianure settentrionali del paese, se opportunamente manovrate. Arsanov sistemò i suoi mezzi nei pressi della prigione del villaggio di Dolinsky, ed organizzò una linea di difesa elastica lungo le alture sovrastanti. Poi inviò alcuni suoi uomini in abiti civili lungo le direttrici di avanzata delle truppe federali, in modo che gli riferissero i loro movimenti e gli permettessero di agire al momento opportuno.
Sistema lanciamissili “Grad”
L’IMBOSCATA
La sera dell’11 Dicembre uno degli scout di Arsanov riferì che elementi della 106a Divisione e della 56a Brigata d’Assalto aviotrasportate dell’esercito federale erano in arrivo dal villaggio di Kalaus, e che avrebbero raggiunto Dolinsky nella giornata successiva. Arsanov dispose le sue batterie dentro il perimetro di una grande raffineria a nord del villaggio. Si trattava di un intricato sistema di edifici, oleodotti e condutture metalliche all’interno del quale un mezzo come il BM – 21 “Grad” avrebbe potuto facilmente mimetizzarsi. Inoltre la raffineria era situata su di un’altura sovrastante il percorso che i russi avrebbero dovuto seguire per raggiungere le porte del villaggio. Quando la colonna nemica raggiunse il punto prestabilito Arsanov ordinò di far fuoco su di essa. Una salva di quattro razzi investì in pieno la colonna, e solo il fatto che questa fosse molto allungata fece sì che l’imboscata non si trasformasse in una tragedia. L’attacco produsse comunque la distruzione di svariati mezzi blindati e da trasporto, ed il danneggiamento di numerosi altri. Perirono 6 militari russi, ed altri 13 furono ricoverati con ferite gravi. Le truppe federali, trovatesi improvvisamente sotto il tiro dell’artiglieria nemica, chiesero il pronto intervento dell’aereonautica per individuare le batterie cecene e metterle a tacere, ma quando fu chiaro che queste sparavano dalla raffineria il comando ordinò che questa non intervenisse, giudicando l’azione contraria alle regole di ingaggio previste. L’intervento federale, infatti, era considerato sostanzialmente un’operazione di polizia, e non si prevedeva l’utilizzo di armamenti pesanti contro obiettivi industriali e civili. Per questo motivo i ceceni poterono continuare a bersagliare la colonna russa con altre due salve, danneggiando altri veicoli e costringendola ad assumere una posizione difensiva. I coscritti che componevano il reparto avanzante ebbero così un primo assaggio di cosa questa operazione fosse in realtà: non un’operazione di polizia contro bande di briganti semi – disarmati, ma una vera e propria battaglia campale contro un esercito armato di artiglieria pesante e mezzi corazzati. Il filmato dei “Grad” ceceni che tormentano le avanguardie russe, girato da un corrispondente dell’emittente NTV e mandato in onda nei giorni successivi scioccò l’opinione pubblica russa: Eltsin aveva parlato di “qualche centinaio di estremisti disperati”, ed il Ministro della Difesa Pavel Grachev aveva assicurato che il “ripristino dell’ordine costituzionale” avrebbe richiesto l’impiego di qualche brigata di paracadutisti in una breve operazione militare.
La mappa mostra il movimento della colonna avanzante (rosso) e la linea di difesa approntata da Arsanov (verde). Il punto nel quale si interrompe la prima linea di avanzata ed inizia la seconda è dove la colonna fu investita dalle salve dei “Grad” ceceni. La raffineria dalla quale questi lanciarono i loro attacchi è raffigurata subito all’interno della linea verde, dove questa piega ad angolo.
Su google map è possibile individuare il luogo della battaglia. Il villaggio di Dolinsky è stato completamente restaurato nel 2015, ma della raffineria restano soltanto alcune rovine, il cui profilo (segnalato quì con una stella verde) è identificabile dal satellite.
LA BATTAGLIA DI DOLINSKY
Anche i due carri T – 72 a disposizione di Arsanov entrarono presto in azione, impegnando i federali in una estenuante battaglia e tenendo a distanza gli elicotteri giunti in soccorso con le loro mitragliatrici di bordo. Le forze di Arsanov continuarono ad attaccare le truppe federali per quattro giorni poi assunsero una posizione difensiva, subendo il contrattacco federale e resistendo fino al 22 Dicembre tra le rovine di Dolinsky. Al termine dello scontro il comando delle Forze Unite dichiarò di aver eliminato 60 “militanti” e di aver distrutto tutti i mezzi a loro disposizione (2 carri armati, 3 lanciamissili “grad” ed un veicolo blindato per il trasporto della fanteria) affermando di aver perduto 6 soldati. La versione del comando ceceno fu molto diversa, ed in un’intervista successiva il comandante del reparto agli ordini di Arsanov, Colonnello Hussein Iskhanov, dichiarò che le perdite russe tra morti e feriti sfiorarono le duecento unità. La caparbia difesa di Dolinsky da parte delle forze cecene imbarazzò i comandi militari russi, ed il Ministro Grachev si affrettò a rimuovere il comandante sul campo, Generale Mityukhin, sostituendolo dapprima con il Colonnello Generale Voroybov, il quale tuttavia si rifiutò di accettare l’incarico, poi con il Tenente Generale Anatoly Kvashnin il quale riprese prontamente le azioni militari ed iniziò a comprimere la difesa cecena, costringendola ad arroccarsi nel villaggio di Pervomayskaya, alle porte di Grozny.
Carro da battaglia equipaggiato dall’esercito ceceno. La maggior parte dei mezzi corazzati in dotazione alle forze armate della ChRI fu distrutta durante le prime fasi del conflitto e durante la Battaglia di Grozny.
1993: Dzhokhar Dudaev posa insieme alla Guardia Presidenziale
LE ORIGINI
La Guardia Presidenziale fu una delle prime unità armate della Repubblica Cecena di Ichkeria. All’indomani della dichiarazione di indipendenza, mentre il Parlamento istituiva la Guardia Nazionale, il Generale Dudaev, appena eletto Presidente della Repubblica, istituì per decreto un’unità di “pretoriani” che proteggesse la sua persona, la sua famiglia ed i suoi funzionari. Nell’idea del nuovo Capo dello Stato la Guardia Presidenziale avrebbe dovuto rappresentare l’élite non soltanto militare, ma anche politica della nuova Cecenia. Per questo motivo ordinò che ogni villaggio del paese inviasse il suo miglior soldato, scelto appositamente dal consiglio degli anziani locale. La forza armata avrebbe avuto la consistenza di 200 uomini, ed avrebbe seguito il Presidente in ogni suo spostamento, oltre a difendere il Palazzo Presidenziale e la sua residenza privata. A capo dell’unità Dudaev pose Movlad Dzhabrailov, cintura nera di karate e maestro di arti marziali personale del Presidente.
Al momento della sua istituzione la Guardia Presidenziale constava di appena 7 uomini. Un mese più tardi questi erano già 14, e potevano alterarsi su tre turni di otto ore. Erano alloggiati nell’Hotel Kavkaz, una costruzione destinata originariamente all’alloggio degli ospiti del Soviet Supremo Ceceno Inguscio e diventata il luogo di soggiorno degli alti funzionari della nuova repubblica. Ai primi di Marzo del 1992 l’organico fu completato, ed i 200 uomini della Guardia furono alloggiati in una ex scuola di polizia, in Via Zhukovsky. Quì iniziarono un intenso corso di addestramento, volto a formare le nuove reclute non soltanto nell’uso delle armi, ma anche nelle arti marziali. Una squadra di 30 uomini venne inviata in Pakistan per sottoporsi ad un addestramento orientato alla guerriglia ed alla controguerriglia.
La forza armata appena costituita mancava di tutto: non esistevano divise, equipaggiamento ed armamento comuni. Nei dintorni di Grozny, tuttavia, vi erano numerosi depositi militari dell’esercito sovietico abbondanti di ogni sorta di equipaggiamento. Nella primavera del 1992 la Guardia Presidenziale iniziò a muoversi per prendere il controllo di questi depositi e potersi armare di tutto punto. Il primo deposito a cadere nelle sue mani fu la seconda città militare, una base sovietica al cui interno si trovavano armi leggere, munizioni ed uniformi in gran quantità. L’esercito russo non vedeva l’ora di abbandonare la Cecenia, e bastò che i soldati di Dudaev minacciassero di prendere la città militare con la forza perché i militari di Mosca abbandonassero in fretta e furia la posizione. Stessa operazione fu messa a segno alcuni giorni dopo su un altra base sovietica, la prima città militare. Con il bottino delle prime due “imprese” la Guardia Presidenziale potè proseguire indisturbata nella confisca dei depositi situati nei pressi della città.
Uomini della Guardia Presidenziale montano la guardia davanti al Palazzo Presidenziale allo scoppio della Prima Guerra Cecena
LA GUARDIA IN AZIONE
La prima azione di una certa importanza nella quale si trovò coinvolta la Guardia Presidenziale occorse il 31 Marzo 1992, quando l’opposizione tentò di rovesciare Dudaev con un colpo di stato. Gli insorti riuscirono a prendere il controllo della TV di Stato ed a portare in piazza parecchie centinaia di persone: in quell’occasione la Guardi fu l’unico reparto a schierarsi senza se e senza ma dalla parte del Presidente, mentre le altre unità dell’esercito e la milizia del Ministero degli Interni tergiversavano, restando in attesa di capire chi avrebbe prevalso tra il Generale ed i suoi oppositori. L’intervento dei pretoriani di Dudaev fu determinante a disperdere la milizia armata dei golpisti, e nel giro di 24 ore riconquistò il centro televisivo e disperse gli insorti.
Un’altra azione di una certa importanza occorse nell’estate del 1992, quando l’opposizione antidudaevita mise in atto un attentato alla vita di Dudaev. Il convoglio presidenziale si trovava presso il villaggio di Dolinsky, quando un potente ordigno esplose al lato della colonna. L’esplosione non coinvolse l’auto del Presidente, ma prese in pieno una delle auto di scorta, ferendo una delle guardie. Fu il primo ferito nella storia della Guardia Presidenziale. Tra il 1992 ed il 1994 l’aumentare della tensione politica rese sempre più impegnativo il lavoro del reparto, il quale in più di un’occasione si trovò sotto il fuoco dell’opposizione armata. Nel Dicembre del 1993 Dzhabrailov, coinvolto in un omicidio di natura familiare, fu arrestato a Makhachkala, in Daghestan e condannato al carcere. Al suo posto Dudaev nominò comandante della Guardia Abu Arsanukaev. La nuova nomina creò parecchia confusione del corpo, e parecchi militari lo abbandonarono, considerano Arsanukaev un carrierista che nulla aveva a che condividere con loro. Così allo scoppio della Prima Guerra Cecena l’organico contava appena 98 persone su 200. Il reparto era piccolo, ma estremamente agguerrito e totalmente fedele al Presidente. Con l’inizio delle ostilità
LA GUARDIA IN GUERRA
Con l’avvio dell’invasione russa la Guardia si mobilitò in servizio permanente. Il Vicecomandante del reparto, Masud Bamatgiriev ideò un’azione simbolica e spettacolare: un reparto di ventitrè guardie avrebbe portato a termine un raid nella base militare russa di Mozdok, uno dei luoghi di partenza delle forze d’invasione. L’azione fu autorizzata, ed ebbe successo. Secondo quanto riportato dai protagonisti dell’attacco furono distrutti dieci velivoli, ed un magazzino di munizioni fu fatto saltare in aria. Durante il raid, tuttavia, Bamatgiriev ed altri due uomini rimasero uccisi.
Rovine di Grozny al termine dell’offensiva federale. Sullo sfondo i ruderi del Palazzo Presidenziale, sventrato dai bombardamenti. Un distaccamento della Guardia difese l’edificio per 18 giorni, respingendo numerosi assalti dell’esercito russo.
Quando le forze federali iniziarono l’attacco a Grozny la Guardia Presidenziale fu divisa in reparti ed assegnata a zone diverse del fronte, dove avrebbe potuto costituire la punta di lancia di reparti meno addestrati ed organizzati. Abu Arsanukaev rimase il comandante formale dell’unità, ma ne perse fin da subito il controllo effettivo. Il primo scontro di una certa entità fu combattuto proprio nei pressi del Palazzo Presidenziale. Un reparto costituito da una ventina di uomini della guardia e da numerosi miliziani di supporto, al comando del Comandante di Compagnia Akhmed Aslambekov intercettò un reparto federale e si lanciò all’attacco, distruggendo 2 carri armati, 2 veicoli blindati per il trasporto truppe e danneggiò altri 17 mezzi di supporto alla fanteria. Il giorno successivo, in un nuovo attacco tra le rovine della capitale il reparto di Aslambekov distrusse 1 carro armato e 6 veicoli blindati. Nei giorni successivi, asserragliata dentro il Palazzo Presidenziale, la Compagnia Aslambekov resistette a numerosi attacchi dell’esercito russo. Un altro distaccamento, schierato nei dintorni della stazione ferroviaria si fece valere partecipando all’annientamento della 136a Brigata dell’esercito federale durante l’Assalto di Capodanno.
Tra il 7 e l’9 Gennaio i federali tentarono nuovamente di prendere il centro di Grozny. La Guardia Presidenziale, schierata in vari punti della città riuscì a respingere gli attaccanti, dichiarando la distruzione di altri 3 mezzi corazzati, 4 veicoli da combattimento e decine di fanti nemici. L’attacco fu fermato, ma il 14 Gennaio fu rinnovato, e stavolta le difese cecene iniziarono a cedere. Tra il 16 ed il 18 Gennaio l’aereonautica iniziò il bombardamento a tappeto del Palazzo Presidenziale, riuscendo a far penetrare al suo interno due bombe di grandi dimensioni, una delle quali detonò uccidendo decine di persone. La notte del 18 Gennaio i sopravvissuti fuoriuscirono dall’edificio, scortando gli uomini dello Stato Maggiore dell’Esercito che vi si trovavano asserragliati, tra i quali il Comandante in Capo Aslan Maskhadov.
Dzhokhar Dudaev passa in rassegna della Guardia Presidenziale in alta uniforme
Tra il Febbraio ed il Marzo del 1995 La Guardia fu la punta di lancia dello schieramento ceceno, partecipando a tutte le battaglie difensive ed assicurando il progressivo ripiegamento delle unità ancora in grado di combattere verso il sud montagnoso della Cecenia. Alla caduta di Grozny, nel Marzo del 1995, la Guardia era ridotta ad un reparto di una venticinquina di uomini. Questi seguirono lo Stato Maggiore dell’Esercito nella sua progressiva ritirata a Sud (prima a Shali, poi a Vedeno, infine a Dargo), svolgendo sia attività militare che compiti di polizia e di controspionaggio. Pattuglie della Guardia combatterono a Serzhen – Yurt tra il 12 Aprile ed il 30 Maggio, infliggendo pesanti perdite ai federali, mentre ad Elistanzhi riuscirono a distruggere un ponte essenziale all’avanzata dei russi, i quali dovettero fermarsi, permettendo ai separatisti di ricostituire le loro linee. Tuttavia alla fine di Maggio del 1995 gli uomini della Guardia rimasti in vita o in grado di operare non erano più di 15. Vennero quindi assegnati alla protezione del Presidente e delle delegazioni che, dal Giugno 1995, iniziarono a negoziare la conclusione del conflitto. Il reparto rimase operativo fino alla fine della guerra, partecipando al raid su Grozny del Marzo 1996 ed all’Operazione Jihad dell’Agosto 1996. Al termine del conflitto, conteggiando i feriti che erano tornati in campo ed alcuni nuovi reclutamenti la Guardia Presidenziale contava 31 uomini e 19 cadetti in addestramento.