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IBN AL – KHATTAB: MEMORIE DI UN TERRORISTA (PARTE 1)

Nel 2016 il blog di informazione https://arabskayavesna.wordpress.com/  ha pubblicato il testo integrale delle memorie di Sāmir Ṣālaḥ ʿAbd Allāh al-Suwaylim: “Memories of Amir Khattab: The Experience of the Arab Ansar in Cecenia, Afghanistan e Tagikistan”.Dai più conosciuto come Emir Al Khattab, è stato il più celebre “Comandante di Campo” della guerriglia cecena, mettendo in atto alcune delle più audaci azioni di guerra contro l’esercito russo, e rendendosi parimenti responsabile di alcuni tra i più odiosi atti terroristici che abbiano macchiato il suolo del Caucaso. Fervente islamista, fu tra i promotori della “svolta fondamentalista” della resistenza cecena, preparando centinaia di giovani combattenti al “martirio” e costituendo l’organizzazione alla base dell’autoproclamato “Emirato Islamico”. In questa sede pubblichiamo alcuni stralci dell’intervista. Chiariamo subito che il nostro intento non è quello di glorificare una figura di Al Khattab, di giustificarne le azioni o di supportare il radicalismo islamico (come specificato nella sezione “Mission” di questo blog). Nel nostro trattare l’argomento della Repubblica Cecena di Ichkeria non possiamo ignorare la voce di questa parte della “resistenza” che fu così fondamentale per l’evoluzione confessionale della ChRI. Per questo, e per nessun altro motivo, riportiamo alcuni stralci del libro di Ibn Al Khattab.

Copertina della versione inglese dell’autobiografia di Ibn Al – Khattab

            BIOGRAFIA DI IBN AL – KHATTAB

Nato ad Arar, in Arabia Saudita, nel 1969, Samir Salah Al – Suwaylim proveniva da una famiglia benestante, il che gli permise di affrontare con successo gli studi secondari. Fin dall’adolescenza si appassionò alle grandi figure dell’Islam, maturando una visione radicale dell’impegno religioso che lo portò, ancora diciassettenne, ad unirsi alle file degli arabi afghani nella guerra contro l’esercito sovietico. Durante la sua permanenza in Afghanistan Al Suwaylim combattè come gregario in formazioni di mijahudeen vicine al fondamentalismo islamico, guadagnandosi il nome di battaglia di Ibn Al – Khattab, ispirato al celebre Califfo Omar Ibn – Al Khattab, vissuto nel VII Secolo. Nell’incauto maneggiamento di esplosivi, il giovane perse quasi completamente l’uso della mano destra.

Tra il 1993 ed il 1995 Khattab combattè in Tajikistan, al fianco dell’opposizione islamica. Secondo una sua dichiarazione, combattè anche in Bosnia, al fianco delle milizie islamiche locali. Recatosi per la prima volta in Cecenia nel 1995, ed infiltratosi fingendosi giornalista, costituì un’unità combattente guidata da lui stesso e da alcuni suoi uomini fidati ma composta prevalentemente da daghestani e ceceni con la quale, tra il 1995 e il 1996, mise a segno numerose imboscate tra le quali quella più celebre presso  la gola di Yarish – Mardy, durante la quale distrusse completamente una colonna della Quarantasettesima divisione corazzata dell’esercito federale.

Alla fine della Prima Guerra Cecena Khattab rimase sul territorio della ChRI, dove gestì un campo di addestramento di Mujahideen e raccolse milioni di dollari in donazioni dalle organizzazioni islamiste di tutto il pianeta, ivi compresa Al Qaeda. Sotto la sua guida si formarono centinaia di jihadisti, con i quali Khattab mise a segno il 22 Dicembre 1997 un’incursione in Daghestan, presso la base militare di Buinaksk. L’attacco fu un fiasco, i jihadisti dovettero rientrare precipitosamente in Cecenia e lo stesso Khattab rimase ferito.

Nel 1998 fu tra i promotori del Majilis  – Ul – Shura dei Mujahideen Riuniti (Consiglio Consultivo dei Sacri Combattenti Riuniti) il cui terminale politico era il Congresso dei Popoli di Ichkeria e Daghestan, con lo scopo di iniziare un’insurrezione islamista nella repubblica vicina alla ChRI e scatenare una rivoluzione islamica in tutto il Caucaso. Braccio armato dell’organizzazione fu la Brigata Islamica per il Mantenimento della Pace, al cui comando fu posto l’amico e compagno d’armi Shamil Basayev. Nell’Agosto del 1999 le forze islamiste al comando di Basayev e Khattab tentarono un’invasione del Daghestan, venendo tuttavia respinti con gravi perdite. L’azione dette il via alla ritorsione armata della Federazione Russa, la quale invase in forze la Cecenia provocando la caduta del governo separatista e lo scoppio della Seconda Guerra Cecena. Secondo l’FSB (il servizio di sicurezza federale) Khattab avrebbe diretto o organizzato i tragici attentati terroristici ai quartieri residenziali di numerose città russe, provocando centinaia di morti e feriti.

Khattab in Afghanistan

Con lo scoppio della Seconda Guerra Cecena Khattab fu reintegrato nell’esercito separatista, occupandosi di armare, addestrare e condurre le Jamaats islamiche insediatesi nel paese al termine della prima guerra. In questa veste il leader arabo si occupò anche di far fluire alla resistenza lauti aiuti economici provenienti dalle associazioni islamiche di tutto il mondo. Divenuto uno dei terroristi più ricercati del pianeta, Khattab fu oggetto di un’accanita caccia all’uomo terminata il 20 Marzo 2002, quando l’FSB riuscì ad avvelenarlo facendogli recapitare una lettera avvelenata.

KHATTAB IN CECENIA

“Mentre ci stavamo preparando per l’anno successivo, iniziarono gli eventi in Cecenia. Ho guardato la TV: lo scontro contro i russi era condotto dal generale comunista Dzhokhar Dudaev, o almeno così lo immaginavamo. Credevamo fosse un conflitto tra comunisti, non vedevamo prospettive islamiche in Cecenia.  Un giorno tornai nelle retrovie per curare il mio braccio destro ferito. La’ un Mujahideen ceceno venne da me e si offrì di portarmi in Cecenia per una o due settimane. Guardammo la mappa della Cecenia. Era una piccola repubblica di 16.000 chilometri quadrati. Era persino difficile da trovare sulla mappa. Pensavo che la sua popolazione fosse di un migliaio di persone. Quindi iniziammo il nostro viaggio. C’era una sola strada per entrare in Cecenia. In quel momento la Russi aveva iniziato ad istituire posti di frontiera, ma riuscimmo ad aggirarli.

[…] Alcuni tra i miei fratelli avevano un’opinione diversa dalla mia. Dicevano: “Perché vai in Cecenia? Ti sei affezionato alle battaglie e per te non fa differenza con chi combattere?” E’ Haraam per te combattere con queste persone, Sufi con un leader comunista, un generale sovietico? Verserai il tuo sangue invano. […] Ho discusso con loro, dicendo […] “Se Allah ha predeterminato che faremo qualcosa, allora lo faremo. Siamo venuti qui per Allah, non per i comunisti. Non supporteremo loro. Stiamo lavorando per Allah e la nostra ricompensa è con lui, quindi siate pazienti. Entriamo e diamo un’occhiata alla situazione.” […]. Questo è stato l’inizio della mia storia in Cecenia.”

Khattab armato di un lanciarazzi

FORMARE UN ESERCITO

I combattimenti si avvinarono presto alla nostra zona. I giovani discutevano se si trattasse di una Jihad, i mullah sufi dichiaravano che non lo era, che si trattava di una resa dei conti tra Dzhokhar Dudaev ed i comunisti, e gli ipocriti gettavano benzina sul fuoco con i loro commessi. I burattini dei russi (l’opposizione antidudaevita, ndr.) dicevano che questo era un problema tra loro e Dudaev, e che noi non avremmo dovuto intervenire. […] Io non conoscevo veramente la situazione perché non l’avevo studiata. Avevo una videocamera ed ho iniziato a filmare le persone, chiedendo loro per cosa stessero combattendo. E’ così che ho conosciuto Shamil Basayev. Alcune persone pensavano che fossi un giornalista. Ho visto persone sincere e, giuro su Allah, ho pianto quando ho chiesto ad una donna anziana: “Per quanto tempo sopporterete queste difficoltà?” e lei ha risposto: “Vogliamo sbarazzarci dei russi”. Le ho chiesto “Per cosa combattete?” e lei ha risposto: “Vogliamo vivere come musulmani e non vogliamo vivere con i russi”. Allora le ho chiesto. “Cosa potete dare ai Mujahideen?” E lei: “Non ho che questa giacca addosso”. Ho pianto: se questa donna anziana può aiutare avendo solo questo, perché noi ci permettiamo di avere paura e dubbi? Da quel giorno decisi con i miei fratelli di iniziare a preparare le persone alla battaglia, come primo passo.

[…] Abbiamo iniziato a radunare i giovani e abbiamo preparato per loro una base di addestramento sulla montagne. Lo Sceicco Fathi (Al – Sistani, comandante del cosiddetto Battaglione Islamico, ndr.) mi ha dato una mappa ed abbiamo scelto il villaggio di Vedeno e la zona circostante. Dopo aver trovato un Campo dei Pionieri (istituzione giovanile del Partito Comunista sovietico, ndr.) abbandonato, abbiamo iniziato a radinarvi i giovani e abbiamo stabilito un programma di addestramento. Ricordo che al primo incontro c’erano più di 80 mujahideen che ora sono divenuti Emiri. Ricordo cosa dissi loro (e Fathi tradusse): “Se qualcuno di voi vuole essere Emir, allora deve offrire il suo programma di combattimento e noi gli ubbidiremo”. Nessuno disse nulla. In quei giorni la battaglia si stava avvicinando alle montagne. Quindi dissi loro: “Non vi sto dicendo che ho conoscenza. Ho solo esperienza di combattimento in Afghanistan e Tajikistan. Forse è il momento di mettersi al lavoro. Ho un programma scaglionato in tre fasi: preparazione, armamento e operazioni. Se non saremo davanti a voi in battaglia potrete spararci. Saremo davanti a voi dopo il corso. Dopo l’armamento, inizieremo ad implementare il programma di combattimento. Andremo sempre davanti a voi, io ed i fratelli che sono con me.”

L’INCONTRO CON DUDAEV

Ho incontrato Dudaev durante una visita allo Sceicco Fathi. […] Dzhokhar iniziò a fare domande. […] Chiese: “perché dalle tua parti non ci vengono ad aiutare?” Risposi: “La verità  che le ragioni della guerra non sono chiare, e le persone non sanno per cosa stiamo combattendo.” Lui mi disse: “Fratello […] questa è una terra islamica. Non è abbastanza per te?” Rimasi scioccato dal fatto che una frase di questo genere provenisse dalle labbra di un generale russo. […] Rimasi colpito da questa personalità dignitosa e forte. Mi sedetti accanto a loro (Dudaev e Al – Sistani, ndr.) e posi a Dudaev la prima domanda: “Qual è lo scopo della tua battaglia? Combatti per l’Islam?” Lui rispose: “Ogni figlio della Cecenia e del Caucaso, oppresso da decenni, sogna che un giorno l’Islam tornerà non solo nella sua terra natale, ma in tutto il Caucaso. E io sono uno di questi figli. Fui sopraffatto da una risposta così profonda. Dissi: “Va bene, i russi sono stati assenti pe tre anni, del 1991 alla fine del 1994. Perché non hai proclamato uno Stato Islamico e non hai risolto la questione in questi tre anni?” Lui disse: “Sapevamo che non appena ci fossimo allontanati dalla Russia, questa ci avrebbe attaccati il giorno successivo. Abbiamo cercato di ingannarli, mostrandoci come dei democratici che cercano di sbarazzarsi dell’inferno russo. Ma i russi sono molto maliziosi, e astuti; sapevano che eravamo sulla strada per la restaurazione dell’Islam, quindi iniziarono l’occupazione.”

Khattab e Basayev

Allora risposi: “Il mondo islamico non sa di questa guerra. Non hai nemmeno chiamato questo paese “Repubblica Islamica Cecena” in modo che le persone sapessero che hanno il dovere di aiutare. Il mondo islamico non sa nulla degli eventi in corso in Cecenia.” Lui disse: “[…] E’ un dovere. La guerra è iniziata qui in Ceceni,a e sai che questa è la terra dei musulmani, che è tuo dovere venire qui. Sei il primo giornalista musulmano a farmi queste domande, mentre sotto i bombardamenti i giornalisti della BBC, della CNN e dell’intero mondo occidentale si siedono in ginocchio davanti a noi per saperne di più sulla guerra. Chiedono per cosa combattiamo, qual è la situazione, se siamo musulmani o cristiani e ci pongono domande sorprendenti. E finora, guarda quanti musulmani ci sono tra i giornalisti! Nessuno è venuto qui per saperne di più, o per fare domande sulla guerra!”

MEMORIE DI UN PRESIDENTE – INTERVISTA A ZELIMKHAN YANDARBIEV (17/12/2001)

Zelimkhan Abdulmuslimovich Yandarbiev nacque il 12 Settembre 1952 in esilio, nel villaggio Kazako di Vydriha, all’estremo nordest della Repubblica Sovietica Kazaka. Rientrato in Cecenia a seguito del “perdono” del governo sovietico, si trasferì con la sua famiglia a Starye Atagi, il villaggio dal quale i suoi genitori erano stati prelevati con la forza il 23 Febbraio 1944. Fondatore dell’associazione “Bart” (“Unità”), fu organizzatore e presidente del Partito Democratico Vaynakh (VDP) di orientamento nazionalista radicale. Su suo invito il Generale Dzhokhar Dudaev rientrò in patria dall’Estonia, dando un contributo determinante alla Rivoluzione Cecena. Eletto deputato al Parlamento di prima convocazione, assunse la presidenza della Commissione per i Media e l’Editoria, e fece parte della delegazione cecena nei negoziati con la Russia, partecipando agli incontri di Sochi e di Dagomys. Schierato su posizioni di pieno appoggio alla politica presidenziale, fu tra i più accaniti difensori di Dudaev nella lotta tra partito presidenziale e partito parlamentare, sostenne la proposta di emendare la costituzione in senso autoritario ed appoggiò il colpo di stato del 5 Giugno 1993, venendo in quell’occasione nominato Vicepresidente della Repubblica “ad interim”.

Yandarbiev (Sinistra) Dudaev (Centro) e Maskhadov (Destra) pregano al funerale di Zviad Gamsakhurdia

Allo scoppio della Prima Guerra Cecena combattè dalla parte dei separatisti, pur non avendo alcuna qualifica di tipo militare. Coordinò l’azione politica della resistenza all’occupazione russa, e tenne i contatti con tutti i movimenti filo – dudaeviti che dal Marzo del 1995 ricominciarono ad operare nei territori occupati. Il 21 Aprile, alla morte di Dudaev, venne riconosciuto Presidente della Repubblica “ad interim”, con l’incarico di guidare il movimento separatista e, una volta finita la guerra, organizzare elezioni democratiche. Alla fine dell’estate del 1996, quando ormai i separatisti avevano riconquistato Grozny ed i russi avevano accettato di ritirarsi dal Paese, Yandarbiev costituì un governo provvisorio, affidandone il comando al Generale Aslan Maskhadov, Capo di Stato Maggiore dell’esercito e uno dei principali artefici della vittoria cecena. Yandarbiev affrontò il mandato presidenziale con un paese in ginocchio, quasi privo di un’economia organizzata e senza le risorse per reintegrare le migliaia di miliziani che avevano combattuto per la causa secessionista. Con l’obiettivo di riportare quanto prima l’ordine in Cecenia introdusse una serie di provvedimenti che portarono la repubblica a sterzare fortemente verso un sistema confessionale: i tribunali ordinari vennero progressivamente sostituiti dalle corti religiose, ed in generale il peso delle autorità religiose si accrebbe fortemente, in particolare quelle di matrice radicale , tramite le quali affluivano in Cecenia risorse economiche essenziali per il sostentamento della popolazione.

Candidatosi alla Presidenza della Repubblica nelle elezioni di Gennaio 1997, ottenne circa il 10% dei voti, piazzandosi al terzo posto dopo Maskhadov, che ottenne più del 60%, e Shamil Basayev. Passato all’opposizione, si unì alla corrente radicale del nazionalismo ceceno, e contestò duramente Maskhadov a causa della sua politica “morbida” nei confronti della Russia. Allo scoppio della Seconda Guerra Cecena Yandarbiev ottenne l’incarico di Rappresentante della ChRI nei paesi arabi, e fuoriuscì dal paese. Nei tre anni successivi si mosse tra Pakistan, Asghanistan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, tessendo una rete di alleanze politiche e sponsorizzando la causa cecena presso gli istituti islamici, con lo scopo di arruolare volontari e finanziare la resistenza. Dopo essersi stabilito nel Qatar il qualità di “ospite personale dell’Emiro, rifugiato senza diritto di attività politica” prese dimora a Doha, continuando ad esortare gli islamici di tutto il mondo alla Ghazavat e pubblicando opere di memoria ed analisi politica. Il 13 Febbraio 2004 una bomba piazzata sotto il suo SUV esplose mentre rientrava dalla preghiera del venerdì. Yandarbiev e due delle sue guardie del corpo morirono, mentre suo figlio tredicenne, Daud, rimase gravemente ferito. Due funzionari dei servizi segreti federali furono riconosciuti colpevoli dell’assassinio e condannati all’ergastolo.

Akhmat Kadyrov (Sinistra) Zelimkhan Yandarbiev (Centro) e Dzhokhar Dudaev (Destra) conferiscono medaglie ai combattenti, 1995

La presente intervista fu rilasciata da Yandarbiev alla giornalista del “Vremya Novostey” Elena Suponina. Il colloquio si svolse a Doha il 17 Dicembre 2001, quando ormai l’esercito russo controllava la maggior parte della Cecenia ed i separatisti sembravano aver perduto l’iniziativa militare.

Quando hai parlato l’ultima volta con Aslan Maskhadov?

Molto tempo fa. Un anno fa, per telefono. Egli ha approvato molto il nostro accordo con i talebani. Mi ha chiesto di proseguire. Poi mi ha liberato dalle consegne con le quali ero partito. Non ha accettato quello che sto facendo all’estero. Non ha detto questo, ma ha compiuto azioni non necessarie che ho considerato offensive ed ho smesso di parlare a suo nome. Diciamo che non siamo d’accordo.

Cosa non ti è piaciuto di lui?

Yandarbiev spegne il dittafono e fa un commento, anche se non molto offensivo.

Puo’ essere riportato a verbale?

Non puoi. Per cosa, per giocare su questo? I poteri legali di Maskhadov come Presidente eletto della Repubblica Cecena scadono il 27 Gennaio 2002. Ma abbiamo la legge marziale e i poteri possono essere estesi per mille anni. Questo non è in discussione. Il Parlamento estenderà i suoi poteri.

Quale parlamento? Dove si incontrerà?

Perché incontrarsi? Questo può essere fatto tramite consultazioni. Legge marziale!

Voteresti per Maskhadov?

Certo! Personalmente sono molto critico nei suoi confronti. Ma questo non cambia il mio atteggiamento nei confronti della situazione.

Quindi Maskhadov non controlla la situazione in Cecenia?

E chi di voi ha incontrato i nostri comandanti per confermarlo? Khattab è un combattente disciplinato. Un mujahideen di livello mondiale e fondamentalmente un bravo ragazzo. Sta facendo la Jihad, e non è un terrorista. Ho creato il campo di addestramento di Khattab alla fine della prima guerra attraverso lo Stato Maggiore guidato da Maskhadov. Khattab non farà inutile opposizione. Come Basayev, è il comandante di un nutrito gruppo di unità. Ogni guida ha obiettivi diversi. Ma la visione mia e degli altri non va oltre la linea generale. La nostra unità non dipende dalla debolezza o dalla forza del leader. L’unificazione è dettata dalla situazione.

Yandarbiev alla vigilia delle elezioni del 1997 presso il suo villaggio natale di Starye Atagi

A proposito, di quale nazionalità è Khattab?

E’ saudita, anche se per qualche motivo lo chiamano ora ceceno giordano, ora qualcos’altro…

E se Maskhadov fosse d’accordo con Mosca sulla resa? Ha provato a negoziare tramite Zakayev?

Ciò significherà che è un traditore. Maskhadov non può accettare di mantenere la Cecenia come una parte della Russia, perché secondo la nostra Costituzione la questione dell’indipendenza non è oggetto di trattativa. Maskhadov può negoziare solo il ritiro della truppe russe e, successivamente, riguardo gli interessi comuni con la Russia. Il fatto che attivi contatti, che cerchi una via d’uscita è normale, questo è il suo dovere secondo la sua posizione. Ma non c’è da aspettarsi il tradimento.

Il Muftì Akhmad Kadyrov ha combattuto con te. Ora è il capo dell’amministrazione cecena, un alleato di Mosca.

Ci sono traditori in un milione di ceceni. Qualcuno si sta arrendendo adesso. Kadyrov collabora con il KGB dal 1981, quando in Cecenia era proibito pregare! Lo abbiamo saputo nel 1996, quando la brigata di Shamil conquistò Gronzy e gli archivi del KGB, ma non lo capimmo immediatamente. Anche se anche allora pensavo: dev’esserci un motivo se solleva questioni sul pericolo dei wahabiti. Poi l’ho maledetto e minacciato.

Quindi aveva ragione! Perché hai accettato mercenari stranieri, estremisti?

Il fondamentalismo islamico è al sicuro. Questa è una partenrship. Relazioni internazionali. Non pensi che sia un errore che gli investitori occidentali girino per la Russia, giusto? Gli aiuti non sono suddivisi in aiuti dai wahabiti ed aiuti da altre fonti.

Raccogli soldi anche qui?

Sono in politica. Solo che adesso lo faccio non per conto di Maskhadov, ma come ex Presidente e rappresentante dei mujahidee. Abbiamo altre persone per raccogliere donazioni. Alcuni ci forniscono aiuto tramite me, anche finanziario, ma non raccolgo denaro. Facciamo tutto il possibile. E stiamo conducendo una guerra quasi solo a nostre spese. Gli arabi non sprecano denaro invano, lo tengono nelle banche occidentali.

Dopo tutto, in Cecenia ci sono distaccamenti di mercenari stranieri, diverse centinaia di persone. Dicono che Osama bin Laden abbia mandato loro dei soldi.

Non ci sono più di 50 persone dall’estero in Cecenia. I confini sono chiusi. E non abbiamo problemi con le reclute. E Bin Laden non ci ha dato i soldi. Ci sono state donazioni da musulmani che hanno raccolto briciole per noi in nome di Allah. I vostri giornali hanno scritto che vivevo in Afghanistan – una bugia! Ci sono stato solo due volte! Un totale di 10 giorni. La prima volta è stata nel novembre 1999. E nel secondo, dopo i negoziati in Pakistan, sono arrivato in Afghanistan nel gennaio 2000. Poi i talebani e io abbiamo firmato un accordo sul riconoscimento reciproco, aperto un’ambasciata a Kabul e un consolato a Kandahar. L’ambasciatore non fece in tempo ad arrivare e il console rimase lì fino all’autunno, quando andò a Baku da sua moglie, ma non poté tornare. Tutti i documenti hanno la mia firma e la firma del ministro degli esteri afghano Ahmad Mutawakkil. Non ho incontrato bin Laden, non poteva accettarmi, perché andavo di fretta in Iran e Pakistan. Ho incontrato il resto della leadership dell’Afghanistan, due volte con il Mullah Omar. Adesso in Afghanistan vengono catturati alcuni ceceni. Non ci sono! Bin Laden non aveva legami con i ceceni! Non abbiamo tempo per l’Afghanistan. Abbiamo il nostro fronte.

Che impressione ti ha fatto il Mullah Omar?

Grande. L’uomo più puro. Timorato di Dio. E riguardo a ciò di cui è accusato, non ci sono prove. A Mosca, anche i ceceni sono accusati di case fatte saltare in aria. Dov’è la prova? Coloro che hanno fatto tutte queste sciocchezze a New York – pensa dalla bella vita? Sono stati costretti a farlo dalla politica dell’Occidente, della Russia e di altri mostri che impediscono alle persone di vivere rettamente. Sebbene gli Stati Uniti sostengano l’indipendenza della Cecenia, portano il male solo con i guanti. E qual è la differenza come far marcire il mondo, con o senza guanti? I talebani sono persone meravigliose.

Zelimkhan Yandarbiev con il plenipotenziario russo Alexander Lebed conducono i negoziati per la tregua militare a Starye Atagi, 1996



Ma hanno vietato la televisione, la radio?

Ci sono periodi nella storia in cui è necessario limitare qualcosa. Anche qui Bush limita la libertà con il pretesto di combattere il terrorismo. Come la vedete, signori democratici? I talebani hanno stabilito un ordine brillante in Afghanistan. Sai cosa è successo sotto Rabbani? Illegalità! Masud, Dostum: tutti hanno combattuto per il potere, tutti hanno marciato con le armi. Quando sono arrivati ​​i talebani, l’uomo comune ha smesso di avere paura. Ora non ci sarà ordine, vedrai. I nuovi leader non hanno un’idea comune. Si sono mobilitati solo durante la guerra contro le truppe sovietiche. La guerra continuerà. Sia in Cecenia che in Afghanistan.

Ti sei fatto crescere questa barba dopo aver visitato l’Afghanistan? Cinque anni fa non ne avevi uno, ma ora sembra proprio quella dei talebani!

Non tutti i talebani hanno la barba lunga. Il nostro Ruslan Gelayev, ad esempio, generalmente appartiene a un movimento speciale in Pakistan che promuove l’Islam, e la sua barba è più lunga della mia. La coltivo dal 1992, dal primo pellegrinaggio alla Mecca. Là avevo un’intenzione: in nome di Allah, non radermi la barba. All’inizio l’ho tagliata un po’, ma dopo la guerra mi sono fermato. Il mondo è in una situazione tragica che sto cercando di risolvere. Sono sempre stato un credente. Se non fossi stato così, non avrei introdotto la Sharia in Cecenia durante i nove mesi in cui sono stato presidente. Sebbene quasi tutta la dirigenza non volesse che introducessi la Sharia così frettolosamente.

E perché l’hai fatto? Perché non lasciare che la Cecenia rimanesse laica?

La Cecenia non è mai stata laica. I ceceni hanno sempre combattuto sotto la bandiera verde del gazavat. Gli sceicchi Mansur e Shamil hanno governato nel secolo scorso come imam, il che significa potere sia secolare che spirituale secondo le leggi di Allah.

Perché sei accettato dal Qatar e dagli Emirati Arabi? Non hai paura che la situazione cambi e che si discuta della tua estradizione a Mosca?

La terra di Allah è vasta. Sono in Qatar da circa un anno. Prima di allora ero negli Emirati, e in altri posti. L’emiro del Qatar è un musulmano onesto e coraggioso. In generale, in questi paesi, tutti credono che la Cecenia abbia diritto all’indipendenza. Ho incontrato qualcuno in Arabia Saudita, non dirò chi. Ma quando fai un lavoro che a uno Stato così grande come la Russia non piace, non puoi fermarti in un posto. Il vostro ministero degli Esteri ha fatto così tante proteste in Qatar quando ho incontrato l’emiro un anno fa, in Pakistan, dove ho incontrato il presidente Musharraf, e in Turchia! In alcuni luoghi avevano inziaito a sorgere problemi con i visti. L’emiro del Qatar ha paura solo di Dio, mentre i leader di altri stati a volte hanno paura della Russia. Questo non va bene. Dove il leader non si sente come il capo, possono sorgere problemi.

Non posso fare a meno di chiederti una cosa. Dzhokhar Dudayev è morto il 21 aprile 1996? Raduev afferma che sia ancora vivo…

– Ma come potrebbe un uomo come Dudayev nascondersi da qualche parte? Dudayev è morto sul colpo. Anche se fosse stato incosciente, ma avesse ancora respirato, non avrei osato nasconderlo alla gente per cinque minuti.

Yandarbiev, Presidente ad interim della Repubblica Cecena di Ichkeria, costringe Eltsin ad alzarsi dal capotavola dei negoziati ed a prendere posizione come parte in causa sul versante dei rappresentanti russi. 1996


C’è un’opinione secondo cui Dudayev ad un certo punto ha iniziato a interferire con il te?

Questa è una terribile bugia.

Ma chi lo ha segnalato? Perché le guardie sono state così negligenti?


È stato un attacco di missili superficie-superficie e aria-terra. Avevano puntato il telefono satellitare. In precedenza, Dudayev è stato bombardato tre volte quando si è messo in contatto nell’area di Salazhi. La prima volta hanno bombardato una parte del villaggio. Si udì un altro rumore che diceva che un pacifico villaggio veniva bombardato. Nessuno sapeva perché. Ed è stato Dudayev che si è messo in contatto. La terza volta ha parlato al telefono alla periferia del villaggio, e di nuovo i russi lo hanno bombardato, fu ferito con una scheggia al braccio. Da allora, ha smesso di comunicare vicino al villaggio in modo che i residenti non ne soffrissero. E nel villaggio c’erano molte fonti di energia, i televisori funzionavano, questo creava interferenze e il segnale andava spesso perso. Ciò mi ha salvato quando volevano uccidermi, ed ha salvato anche Dudaev. A causa delle interferenze il missile ha colpito un’altra casa a circa 30 metri di distanza.

Con Dudaev i russi si erano premuniti. Le luci erano spente, a chiunque era vietato usare la connessione. Avevamo solo due o tre telefoni, a casa di Dudaev ed a casa mia. Ha avuto il telefono da me. Ha parlato con Kostantin Borov e con Radio Liberty. Poi Alla Dudaeva, sua moglie, ha letto alcune poesie. Sia Alla che i loro figli si erano sistemati ad una decina di metri di distanza. Solo quattro uomini erano vicini al telefono. Dudaev chiese ad Alla di aspettare finché non avesse finito, poi si avvicinò. Poi questa cosa è apparsa nell’aria. Immediatamente si è sentito un ronzio come “oo-oo-oo”. Le guardie, che si erano allontanate dall’auto, hanno detto che Dudaev aveva già spento il telefono. Poi lo ha di nuovo acceso, e quella cosa è apparsa di nuovo. Lui, per qualche motivo, si è rifiutato di chiudere la conversazione. Ha scherzato, guardando gli altri: “Siete spaventati?” Poi ci furono le esplosioni. E ancora, altri aerei volando alti provocarono un forte bombardamento. Ero a 2 – 3 chilometri di distanza. Pensavamo che avessero individuato i nostri ragazzi, ma non sapevamo ancora che fosse Dudayev. Lo abbiamo scoperto la mattina dopo.

Un mese dopo la morte di Dudayev, sei andato a Mosca per i negoziati …

Sono stato chiamato al Cremlino. Avevano firmato un documento sulla cessazione delle ostilità, prima delle elezioni di Eltsin. Eltsin suggerì di proseguire i negoziati sul ritiro delle truppe. Andammo alla sua dacia. Eltsin promise che il giorno dopo l’intero governo sarebbe venuto con Chernomyrdin. Aspettammo. Apparvero Mikhailov (allora Ministro delle Nazionalità. – Ed. ), Kvashnin (allora comandante del distretto militare del Caucaso settentrionale. – Ed.). E all’improvviso: “E Eltsin è a Grozny!” — “Non può essere!” – “Accendi la radio!” Maria Bazilyuk mi chiama dall’Ucraina: “Siete ostaggi?” Probabilmente no! Eltsin è andato a Grozny per un viaggio pre-elettorale. Se mi avesse detto: “Sig. Yandarbiev, abbiamo sbagliato, voliamo insieme e vediamo “. Lo avrei accompagnato! Non ci sarebbe stato nulla di cui aver paura! E così, nei negoziati tutto sarebbe andato al top. Ma nessuno di loro aveva lo spirito o il cervello per parlare di un simile viaggio. Rendi Zelimkhan un ostaggio! Peccato per la Russia!

Quale politico russo ti ha fatto la migliore impressione?

Stepashin (allora capo del dipartimento amministrativo dell’apparato governativo. – Ed.). Come Capo dello Stato ceceno, sono venuto dal capo della Russia su richiesta di Mosca. Ma qualcuno ha consigliato ad Eltsin di parlare con me come fosse il mio capo. Dovette alzarsi dalla sedia sulla quale si era seduto. Dovette sedersi dove gli indicavo io. E tutto questo nel suo ufficio, al Cremlino! Stepashin, quando siamo ripartiti, mi ha detto: “Mi scuso con te per quello che è successo qui”.  Questo è un uomo con un granello di coscienza e onore.

Yandarbiev (Sinistra) e Lebed (Destra) posano a seguito dei colloqui di pace. Dietro Lebed si vedono Movladi Ugudov (a destra, con il copricapo) ed Akhmed Zakayev (a sinistra, vestito di rosso)



Come ti senti riguardo al processo a Raduev?

E una commedia. Raduev è un combattente dell’esercito ceceno, che adempie al suo dovere.

Anche la tragedia di Budennovsk, nell’ospedale di maternità, è un dovere?

Budennovsk è stata una brillante operazione militare. Non era un ospedale per la maternità, ma un ospedale. I nostri hanno portato lì i feriti, e poi i russi hanno cominciato a circondarli. Pertanto, ci siamo chiusi lì, non era previsto. Non credo che Budennovsk sia un errore.