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GLI AMBASCIATORI DI ICHKERIA – Seconda Parte

SECONDA PARTE: DAL 1993 AL 1996

Proseguiamo la nostra rassegna sulla politica estera della Repubblica Cecena di Ichkeria (QUI LA PRIMA PARTE). Come abbiamo visto, tra il 1991 ed il 1992 il principale attore nella politica estera repubblicana fu il Presidente Dudaev. Egli intese fin da subito il suo ruolo come centrale nell’azione di difesa dell’indipendenza cecena. Questo atteggiamento “protagonista” si tradusse in azioni politiche spesso al di là dei suoi limiti “di protocollo istituzionale” alienandogli il favore sia del primo Ministro degli Esteri della Repubblica, Shamil Beno (il quale si dimise, in polemica con il Presidente, nel Settembre 1992) sia del Parlamento, il quale intendeva portare avanti una politica meno provocatoria nei confronti di Mosca e più orientata ai “piccoli passi”, evitando di alzare la tensione tramite sterili visite ufficiali che non avrebbero certamente portato al riconoscimento della ChRI, ma che invece avrebbero messo in imbarazzo Mosca, allontanando la prospettiva di una secessione “negoziata” con la Russia.

OGNUNO PER SE’, DUDAEV PER TUTTI

Mentre Dudaev svolgeva il suo “gran tour” nei paesi mediorientali ed occidentali, una delegazione parlamentare guidata dal Vicepresidente dell’Assemblea, Magomed Gushakayev, intesseva fitti rapporti con i paesi baltici, ed in particolare con la Lituania. Qui il Presidente del Consiglio Supremo, Vyautas Landsbergis, si era dimostrato molto sensibile alle istanze dei ceceni, ed accolse con entusiasmo una rappresentanza del parlamento nell’Ottobre 1992. I deputati di Grozny parlarono all’assemblea parlamentare lituana, auspicando ad un riconoscimento ufficiale da parte di questa. In quell’occasione Gushakayev garantì che la stragrande maggioranza dei ceceni era favorevole all’indipendenza, e che le discussioni politiche non vertevano sul “cosa” fare, ma sul “come” farlo:

“[…] non c’è, e non esiste, una sola organizzazione socio – politica [in Cecenia, ndr.] che non sostenga l’indipendenza della Cecenia. La discrepanza è solo nella tattica per raggiungere questo obiettivo. L’esperienza lituana nel raggiungimento dell’indipendenza statale è molto importante per noi. E’ stato per questo che siamo venuti a Vilnius. La Lituania è stata e rimane un faro per la Cecenia sulla via dell’indipendenza dello Stato.”

Le tre principali autorità del Parlamento di Prima Convocazione della ChRI. Da sinistra a destra: Bektimar Mezhidov, Hussein Akhmadov, Magomed Gushakayev

IL TOUR DIPLOMATICO DEL 1993

L’atteggiamento moderato e prudente del Parlamento cozzava con quello ardimentoso e radicale di Dudaev, il quale, non appena rientrato dal suo giro di visite diplomatiche, ne organizzò subito un altro per i primi mesi del 1993. Il 29 Gennaio egli volò in Lettonia, proprio dove si erano recati i parlamentari pochi mesi prima. Accolto dal solito Landsbergis, Dudaev tenne un colloquio con il Presidente della piccola repubblica baltica, Seimas Cheslovas Yurshenas. I due parlarono di come impostare un rapporto di partnership economica e culturale, di come realizzare un programma di scambio universitario e di come sostenere vicendevolmente le rispettive economie utilizzando la Lituania come “porta per l’occidente” della Cecenia, e la Cecenia come “petroliera” della Lituania. L’incontro rimase, tuttavia, soltanto un’esperienza informale, e la Lituania non procedette a riconoscere ufficialmente la secessione cecena.

Dopo un altro giro di visite “locali” in Azerbaijan ed Armenia, teso a consolidare i rapporti tra il suo governo (ormai sul punto di diventare un vero e proprio regime dittatoriale) e gli stati più vicini, Dudave partì per la Francia, dove svolse una visita a metà tra l’ufficiale ed il privato tra il 13 ed il 16 Giugno 1993. Secondo Eduard Khachukaev, all’epoca Capo del Dipartimento per il Commercio Estero (il quale accompagnò il Presidente in quasi tutti i suoi viaggi) L’invito era giunto da rappresentanti del Ministero della Difesa francese, i quali si occuparono di organizzare l’arrivo del presidente ceceno all’aereoporto di Beauvais e di organizzare un incontro volto a concludere un contratto di consulenza militare relativamente alla difesa terrestre della repubblica.  Secondo quanto riferito da Khachukaev i funzionari francesi, sapendo che Dudaev era un pilota, lo invitarono alla basa aerea di Orange e gli presentarono il loro nuovo caccia Mirage 2000, permettendogli addirittura di guidarne uno. Non si sa molto altro di questo viaggio, na certamente le prospettive auspicate da Dudaev riguardo una collaborazione militare tra Francia e Cecenia non si concretizzarono mai.

AMBASCIATORI NON AUTORIZZATI

L’approccio disinvolto e pragmatico di Dudaev alla politica estera si concretizzava anche nel frequente ricorso a “testimonial internazionali” alla causa cecena. Impegnato nella costante ricerca di un riconoscimento politico per il suo paese, e disposto a qualsiasi cosa pur di farsi conoscere dall’opinione pubblica mondiale, il presidente non si risparmiò il ricorso alla nomina di “ambasciatori” non riconosciuti dai paesi nei quali avrebbero dovuto operare. Fu il caso ad esempio di Berkan Yashar, nominato Viceministro degli Esteri nel 1992 e poi “Ambasciatore in Turchia” (nonostante la Turchia non avesse riconosciuto la Cecenia). Berkan era un personaggio torbido, quasi sicuramente un agente reclutato dalla CIA, e a quanto pare curò più di un affare sporco per conto di Dudaev (secondo quanto dichiarò molti anni dopo, giunse perfino ad incontrare il terrorista internazionale Osama Bin Laden in un appartamento a Grozny – ma di questo parleremo in un articolo ad hoc dedicato alle “covert operations” della ChRI – ). Nello stesso modo l’americano David Christian, giunto in visita a Grozny nel 1993, fu nominato “Ambasciatore negli Stati Uniti” pur non avendò né la cittadinanza cecena, né il riconoscimento in tale ruolo da parte delle autorità statunitensi.

Dzhokhar Dudaev discute con David Christian durante la sua visita a Grozny nel 1993

Certamente la pratica di nominare “rappresentanti della repubblica” e “consoli onorari” di origine straniera ovunque ci fosse qualcuno disposto a fregiarsi di questo titolo divenne una delle principali attività diplomatiche dei presidenti della “ChRI”, pratica in vigore ancora oggi presso il governo separatista in esilio. Ad oggi abbiamo raccolto un elenco di 77 “rappresentanti” nominati tra il 1991 ed il 2020 in numerosi paesi, così come presso alcune importanti organizzazioni internazionali.

DIPLOMAZIA DI GUERRA

Lo scoppio della Prima Guerra Cecena impedì alla ChRI di portare avanti una politica estera ufficiale. Costretti ad operare in clandestinità, i secessionisti (e Dudaev in particolare) cercarono di sfruttare i canali aperti tra il 1992 ed il 1994 per garantire il costante approvvigionamento di risorse economiche, volontari ed armamenti necessari a sostenere la resistenza armata. Non ci soffermeremo su questo punto in questa sede: l’argomento richiede una trattazione molto lunga e dettagliata, e rimandiamo la questione ad articoli successivi. Chi volesse approfondire il tema della politica estera della ChRI durante la Prima Guerra Cecena può trovare informazioni utili nel libro “Libertà o morte! Storia della Repubblica Cecena di Ichkeria”, acquistabile QUI.

L’ERA YANDARBIEV

Il 21 Aprile 1996, pochi mesi prima che la guerra avesse fine con la vittoria tattica dei separatisti e gli accordi di Khasavyurt, il Presidente Dudaev morì ucciso da un missile teleguidato russo. Gli successe il suo amico, ideologo e vicepresidente, Zelimkhan Yandarbiev. A differenza di Dudaev, Yandarbiev era ben disposto all’idea di aprire contatti concreti con i movimenti islamici radicali, dei quali apprezzava la dedizione, lo spirito combattivo e non ultimo le importanti disponibilità economiche necessarie, secondo lui, a consolidare le conquiste della Rivoluzione Cecena ed a far ripartire la sgangherata economia del Paese. Tali contatti, tuttavia, avrebbero certamente alienato alla Cecenia le simpatie del mondo occidentale, e gettato sul movimento separatista il turpe alone del fondamentalismo. Per questo motivo contatti ufficiali tra la ChRI ed i movimenti jihadisti non furono mai portati avanti, neanche sotto la presidenza Yandarbiev, fino allo scoppio della Seconda Guerra Cecena.

Zelimkhan Yandarbiev discute con Boris Eltsin durante i negoziati del 1996 a Mosca

In campo internazionale l’impegno del nuovo presidente fu monopolizzato dalla gestione dei negoziati con la Federazione Russa, con la quale era necessario giungere ad un’intesa per la smilitarizzazione del Paese e la sua ricostruzione post – bellica. Fu Yandarbiev a portare avanti i negoziati che portarono al ritiro delle truppe federali entro il 31/12/1996, supportato in questo dall’autorevole Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Aslan Maskhadov, destinato a succedergli nel Febbraio 1997 alla Presidenza della Repubblica.